tratto da lavoripubblici.it

Condono e vincolo di inedificabilità, il no del Consiglio di Stato

La sanatoria edilizia in area con vincolo di inedificabilità assoluta è possibile solo a condizione che si tratti di un intervento di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, previo parere della Soprintenenza.

Nel caso in cui invece si realizzi una nuova costruzione, l’abuso non è sanabile: lo conferma il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4700/2022 a seguito del ricorso presentato contro un’Amministrazione Comunale che aveva respinto una domanda di condono edilizio presentata ai sensi della legge n. 326/2003 (cd. “Terzo Condono Edilizio”) per un immobile realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

Oltre ad emanare l’ordine di demolizione, il Comune ha anche motivato il provvedimento di diniego specificando che: “il manufatto è stato realizzato su immobili soggetti a vincolo di inedificabilità dettato dal DM del 28 marzo 1985 “Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area” e che l’art. 32, comma 27, lettera d) della legge 326/03 dispone che “le opere abusive qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei beni ambientali e paesaggistici, qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, successivamente alla data dell’imposizione del vincolo stesso non sono suscettibili di sanatoria”.

Nel valutare la questione, il Consiglio di Stato ha preliminarmente evidenziato che, in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale, il combinato disposto dell’art. 32 della legge n. 47/1985 (cd. “Primo Condono Edilizio”) e dell’art. 32, comma 27, lettera d), del decreto-legge n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326/2003, comporta che un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • a) imposizione del vincolo di inedificabilità prima della esecuzione delle opere;
  • b) realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio;
  • c) la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo, è cioè consentita la sanatoria dei soli abusi formali);

Inoltre, sempre con riguardo agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il Consiglio ha precisato che il condono previsto dall’art. 32 del decreto legge n. 269/2003 è appunto applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del decreto stesso (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti.

I giudici di Palazzo Spada hanno quindi respinto l’appello e confermato il diniego di sanatoria su queste basi:

  • il fondo su cui l’abuso insiste è sottoposto a vincolo paesaggistico di inedificabilità assoluta;
  • l’abuso consiste nella realizzazione di una nuova costruzione non rientrante tra le tipologie di abusi ‘minori’ condonabili in zona vincolata;
  • il silenzio-assenso su un permesso in sanatoria non è ammesso con riguardo alle opere realizzate in area vincolata paesaggisticamente, occorrendo il previo rilascio del parere dell’autorità preposta alla gestione del vincolo;
  • è legittimo il diniego di condono anche quando è disposto in assenza del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, in quanto il decreto-legge n. 269 del 2003 esclude in via generale la sanabilità delle opere abusive oggetto del terzo condono nelle zone vincolate; soltanto se fossero state assenti le condizioni ostative indicate nel sopra riportato art. 32 del citato decreto-legge n. 269 del 2003, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto necessariamente chiedere il parere dell’organo tenuto per valutare la possibilità di rilasciare all’interessato un provvedimento favorevole.

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