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Abuso edilizio: acquisizione gratuita al patrimonio comunale e tutela del proprietario estraneo
Un principio pacifico, sancito dalla miliare pronuncia n. 345/1991 della Consulta e confermato sine glossa dalla consolidata giurisprudenza amministrativa
 
Di Ennio Esposito – Professionista – Avvocato – Pubblicato il 19/06/2020
 
In tema di abusi edilizi, con particolare riguardo al procedimento sanzionatorio delineato dall’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 (T.U. dell’Edilizia), costituisce dato inveterato del diritto vivente quello in forza del quale l’acquisizione gratuita di diritto al patrimonio comunale prevista dal terzo comma della norma citata non è una misura strumentale per consentire al Comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all’inottemperanza all’ingiunzione demolitoria.
Trattasi di principio più che pacifico, sancito dalla miliare pronuncia n. 345/1991 della Corte Costituzionale (che si era espressa sull’analoga previsione di cui al terzo comma dell’art. 7 L. n. 47/1985) e confermato sine glossa dalla consolidata giurisprudenza amministrativa.
La sanzione dell’acquisizione in parola ha come presupposto un illecito diverso dall’abuso edilizio, che consiste nell’omessa ottemperanza all’ordine di demolizione in precedenza emesso dall’Amministrazione.
Presupposto essenziale affinché possa configurarsi l’acquisizione gratuita è, quindi, la mancata ottemperanza all’ingiunzione demolitoria dell’immobile abusivo entro il termine di novanta giorni, fissato ex lege, dalla notifica della relativa ordinanza.
Inoltre, è jus receptum che l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza alla stessa ingiunzione a demolire, mentre il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 18/5/2020, n. 3120; sez. VI, 25/6/2019, n. 4336; sez. IV, 7/7/2014, n. 3415).
La rigidità di siffatti principi, in determinate e specifiche ipotesi, viene però attenuata dalla stessa giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 4/5/2020, n. 2813), laddove afferma che l’acquisizione in questione risulta legittima unicamente nel caso in cui emerga la volontaria o colpevole inottemperanza protrattasi ininterrottamente per novanta giorni dall’ingiunzione, ovvero quando ricorra l’inerzia dell’interessato in assenza di validi impedimenti di diritto o di fatto alla demolizione delle opere nell’anzidetto termine (nello stesso senso, cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 29/3/2019 n. 2100).
Ne consegue che la tesi della natura dichiarativa dell’atto amministrativo di accertamento, in virtù della quale rileva l’effetto, già prodotto ipso iure, del passaggio al patrimonio comunale del manufatto abusivo, non implica che l’automaticità dell’effetto ablativo vada intesa in senso meccanicistico o formale, tanto è vero che tale effetto non si produce qualora l’ottemperanza sia involontaria, o nell’ipotesi in cui l’area appartenga a soggetto o, in caso di comproprietà, a soggetti estranei alla commissione dell’illecito edilizio cui non sia stato notificato l’ordine di demolire (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10/9/2018, n. 5308).
«Ciò perché risponde ad ovvi principi di tutela del diritto di difesa e di partecipazione procedimentale il non riconoscere idoneità fondativa dell’irrogazione della sanzione dell’acquisizione al patrimonio nei riguardi dei comproprietari che non abbiano ricevuto regolare notifica dell’ordinanza di demolizione, l’inottemperanza alla quale costituisce presupposto per l’irrogazione della sanzione acquisitiva; nonché perché con la sanzione dell’acquisizione si viene a pregiudicare definitivamente il soggetto già titolare del diritto di proprietà sui beni confiscati (e cioè il fabbricato e le aree circostanti, nella misura indicata dalla legge), per cui necessariamente tale provvedimento ablatorio, a contenuto sanzionatorio, deve essere notificato al proprietario inciso, e, se i proprietari siano più di uno, esso deve essere notificato a tutti, atteso che non sarebbe possibile una spoliazione solo pro quota (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII 08 novembre 2017 n. 5245)» (in termini, T.a.r. Sicilia, Palermo, sez. I, 14/5/2018, n. 1068. Principio granitico più di recente ribadito anche da Cons. Stato, sez. VI, 23/3/2020, n. 2030; T.a.r. Campania, Napoli, sez. VIII, 5/5/2020, n. 1645; sez. IV, 27/3/2020, n. 1284).
I reati urbanistico-edilizi
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Una fattispecie particolare riguarda però il caso in cui il proprietario del bene interessato sia estraneo all’abuso commesso da altri, non sia nella materiale disponibilità dello stesso bene ed abbia, comunque, ricevuto la notifica dell’ordinanza di demolizione. In questa ipotesi, può il proprietario sfuggire alla sanzione dell’acquisizione in caso di inottemperanza all’ordine demolitorio?
Al riguardo, va anzitutto rimarcato che la sanzione ablatoria in esame, come quella demolitoria, non ha carattere personale ma reale, essendo adottata «in funzione di accrescere la deterrenza rispetto all’inerzia conseguente all’ordine demolitorio e di assicurare ad un tempo la effettività del provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi e la soddisfazione del prevalente interesse pubblico all’ordinato assetto del territorio. (cfr., sul punto, Cons. St., VI, 15 aprile 2015 n. 1927). La giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St., VI, 13 maggio 2016, n.1951) ha avuto, peraltro, modo di affermare che tale sistema non presenta profili di criticità sul piano del rispetto dei principi costituzionali; poiché si tratta comunque di conseguenza oggettivamente incidente sul diritto di proprietà (estesa al sedime ed eventualmente all’area necessaria per opere analoghe), qualora il proprietario abbia avuto conoscenza dell’abuso ed abbia avuto modo di collaborare con l’Amministrazione per ripristinare la legalità violata» (così, T.a.r. Campania, Napoli, sez. IV, 11/9/2017, n. 4346; negli stessi termini, fra molte, Cons. Stato, sez. VI, 20/10/2016, n. 4400).
A fronte di tale carattere reale e non personale della sanzione in parola diviene, pertanto, dirimente per il Giudice valutare se il proprietario, estraneo all’abuso commesso da altri e che non abbia la diretta disponibilità dell’immobile (ad esempio, perché locata o concessa ad altro titolo a terzi), «nel rispetto dei doveri di diligente amministrazione, correttezza e vigilanza nella gestione dei beni immobiliari di cui è titolare, si sia adoperato con i mezzi previsti dall’ordinamento per impedire la realizzazione degli abusi edilizi o per agevolarne la rimozione (orientamento consolidato: cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2016 n. 358 e 30 marzo 2015 n. 1650; TAR Campania Napoli, Sez. III, 8 gennaio 2016 n. 14; TAR Campania Napoli, Sez. II, 6 marzo 2014 n. 1360)» (in termini, T.a.r. Campania, Napoli, sez. II, 13/5/2020, n. 1768).
Solo in caso di scrutinio positivo il proprietario è ritenuto indenne dall’acquisizione gratuita del bene e dell’area di sedime.
Ma tale scrutinio, avvertono i giudici amministrativi, non può prescindere dalla prova rigorosa, che deve essere fornita dallo stesso proprietario, circa «la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa. Se, per ipotesi, la proprietà potesse dissociarsi soltanto con mere dichiarazioni o affermazioni di dissociazione o con manifestazioni di intenti, senza alcuna attività materiale o almeno giuridica di attivazione diretta ad eliminare l’abuso (risoluzione iniziata giudiziariamente per inadempimento contrattuale, diffide ad eliminare l’abuso, attività materiali), la tutela dagli abusi rimarrebbe inefficace nei casi di locazione» (così, T.a.r. Napoli, n. 1768/2020, cit.).
Approdo giurisprudenziale saldamente ancorato all’insegnamento costante del Consiglio di Stato secondo cui «il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31 del testo unico dell’edilizia della demolizione o dell’acquisizione come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa. Perché vi siano misure concretanti le “azioni idonee” ad escludere l’esclusione di responsabilità o la partecipazione all’abuso effettuato da terzi, prescindendo dall’effettivo riacquisto della materiale disponibilità del bene, si ritiene necessario un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o in altre iniziative di carattere ultimativo nei confronti del conduttore (“che si sia adoperato, una volta venutone a conoscenza, per la cessazione dell’abuso”, tra tante, si veda Cassazione penale, 10 novembre 1998, n.2948), al fine di evitare l’applicazione di una norma che, in caso di omessa demolizione dell’abuso, prevede che l’opera abusivamente costruita e la relativa area di sedime siano, di diritto, acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune, non bastando invece a tal fine un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali» (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 4/5/2015, n. 2211; 7/8/2015, n. 3897).
Cosicchè merita di essere segnalato il principio affermato dalla surrichiamata recente pronuncia dello stesso Consiglio di Stato, Sez. VI (la n. 2813 del 4 maggio 2020) che, pur in presenza di una inottemperanza (anche se per vero trattavasi di una tardiva ottemperanza) all’ordinanza di demolizione, ha ritenuto illegittimo l’atto comunale di acquisizione,  valorizzando, tra le altre, le risultanze che -al tempo della notifica dell’ordinanza di demolizione al proprietario- quest’ultimo non fosse nella materiale disponibilità dell’immobile interessato perché locato a terzi e che, subito dopo il rilascio della parte conduttrice (tre giorni dopo), lo stesso proprietario avesse stipulato con una impresa edile il contratto per procedere all’ingiunta demolizione, inferendo i Giudici di Palazzo Spada la buona fede del proprietario, parte appellante, dal fatto, espressamente sottolineato in sentenza, «che, non appena l’immobile è stato liberato, questa si è attivata immediatamente per il ripristino», ripristino peraltro poi interamente eseguito ad opera del medesimo proprietario.
Peraltro, allo stesso modo, è stato positivamente apprezzato (cfr., T.a.r. Campania, Napoli, sez. II, 20/1/2020, n. 225), per escludere la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della sanzione ablatoria in parola, il contegno serbato da quei proprietari che, sebbene estranei alla diretta commissione degli illeciti edilizi e privi della materiale disponibilità dei locali, una volta attinti dall’ordinanza di demolizione si siano tempestivamente attivati nel termine di legge per eliminare la situazione di illiceità diffidando e portando in giudizio la parte conduttrice dell’immobile sia con un’azione ex art. 447-bis c.p.c. per la risoluzione del contratto di locazione, sia poi (a seguito della declaratoria di improcedibilità di tale azione) con un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. «al fine di conseguire l’immissione nel possesso dei locali “per il tempo necessario ad eseguire i lavori di demolizione e ripristino meglio precisati nell’ordinanza di demolizione (…)”».

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