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Cantone: non basta la parola per sconfiggere la #corruzione

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In un Paese nel quale ormai trionfa la personalizzazione delle istituzioni, molti sono convinti che la lotta alla corruzione il Governo l’abbia condotta per il solo fatto di aver incaricato come presidente dell’Anac Raffaele Cantone.

In ogni intervista o dibattito televisivo, non c’è esponente della maggioranza o del Governo che, sollecitato sulla questione della corruzione, non evidenzi che il Governo ha nominato Cantone.

Siamo, insomma, come per il famoso confetto: basta la parola, Cantone, e la corruzione è sconfitta.

Talmente le idee sono state confuse da questo diluvio propagandistico che in molti sono realmente persuasi che la scoperta del giro di malaffare dietro la struttura alla guida delle Grandi Opere sia merito dell’Autorità e, ovviamente, di Cantone (basta la parola).

L’Anac, invece, con la vicenda non ha nulla a che vedere, perché la scoperta del giro è tutta della magistratura inquirente, segnatamente della Procura della Repubblica a Firenze, titolare dell’inchiesta.

In pochi, per altro, hanno capito che Raffaele Cantone, nella veste di presidente dell’Anac, non opera come magistrato. Cantone è in aspettativa e svolge, attualmente, una funzione amministrativa, non giudiziaria. E dispone, dunque, dei pochissimi, quasi irrilevanti, poteri di ispezione amministrativa e sanzionatori che la legge sugli appalti, il d.lgs 163/2006 attribuisce all’Anac (per chi ha voglia, legga l’articolo 6 della norma citata).

Il fatto reale è che l’Anac e Cantone, fin qui, rispetto ai fenomeni di mega corruzione come Expo, Mose, Mafia Capitale e, ora, Grandi Opere, hanno avuto influenza pari a meno di zero, proprio per la limitatezza dei poteri (e anche risorse).

Eppure, la narrazione dipinge la vicenda delle Grandi Opere come frutto di un clima che sarebbe cambiato anche grazie all’incarico del magistrato in aspettativa presso l’Anac. Saranno i poteri extrasensoriali di cui evidentemente – per fortuna – Cantone dispone, che irretiscono corruttori e corrotti, i quali sono presi dall’irrefrenabile impulso di farsi scoprire.

Sta di fatto che, invece, le scoperte dei gravissimi fatti all’attenzione dei giornali, sono frutto delle solite dure indagini giudiziarie: pedinamenti, informazioni, documenti e le tanto discusse, ma sempre più fondamentali, intercettazioni telefoniche.

Se tutto dovesse dipendere dall’attività dell’Anac, campa cavallo. Si attribuisce a Raffaele Cantone, molto di frequente, il merito – per la verità indubbio – di aver compreso che le varianti ai contratti sono uno degli effetti più evidenti della corruzione. Infatti, è attraverso le varianti che contratti aggiudicati con ribassi inverosimili e progetti sommari, possono lievitare i costi e modificarsi quasi radicalmente i progetti, a compensazione dei ribassi insostenibili.

Ora, sulle varianti è stato posto in essere un intervento normativo mediante il d.ll 90/2014 ed il suo articolo 37, ai sensi del quale “Fermo restando quanto previsto in merito agli obblighi di comunicazione all’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture previsti dall’articolo 7 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, le varianti in corso d’operadi cui all’articolo 132, comma 1, lettere b), c) e d), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, di importo eccedente il 10 per cento dell’importo originario del contratto sono trasmesse, unitamente al progetto esecutivo, all’atto di validazione e ad apposita relazione del responsabile del procedimento, all’ANAC entro trenta giorni dall’approvazione da parte della stazione appaltante per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza”.

Se vogliamo partecipare a quella sorta di rito consolatorio che appare essere confidare tutto in Cantone e nell’Anac, possiamo accontentarci di questa attenzione normativa alle varianti.

Se, invece, si volesse davvero prendere in considerazione una misura efficace contro la corruzione, non si può non osservare che la norma citata sopra praticamente ha efficacia nulla. Infatti, i più attenti avranno constatato che essa impone di inviare all’Anac le varianti dopo la loro approvazione. Non prima che vengano approvate, come un sistema di controlli davvero efficace imporrebbe. Nè si intravede alcun sistema per monitorare il mancato invio. Per altro gli Osservatori o l’Anac dovrebbero poter analizzare decine di migliaia di varianti, potendo contare su pochissime decine di funzionari alle proprie dipendenze.

Dunque, l’idea di contrastare le varianti c’è, la norma pure, ma il modo con cui essa concretizza il sistema di contrasto per l’altro e ben più oliato e funzionante “sistema” della corruzione rischia di essere poco più che simbolico.

Sarebbe, allora, il caso di finire di immaginare che un uomo solo possa avere la forza e la capacità di risolvere immani problemi. Occorrono, allo scopo, certamente uomini di grande valore come è Raffaele Cantone, ma insieme a questo organizzazione e norme.

I controlli debbono essere preventivi e non successivi, altrimenti servono solo a chiudere i cancelli una volta che è scappata la mandria. L’Anac, come tutti gli uffici di ispezione e controllo, andrebbe notevolmente rafforzata. I dirigenti preposti agli appalti, specie delle Grandi Opere, chiamati ad una valutazione del loro operato sul piano economico e finanziario da parte di advisor o dell’Anac stessa, che dovrebbe essere essa stessa dotata del potere di imporre la rotazione.

Inoltre, la normativa sugli appalti dovrebbe essere semplificata, eliminando ogni norma speciale, come quella proprio delle grandi opere che, paradossalmente, consente procedure per trattativa diretta o, comunque, in deroga alle gare pubbliche, quando, invece, anche per comprare una matita il sistema è molto più rigoroso.

Altra cosa opportuna: sarebbe il caso di abbandonare l’illusione che la concentrazione delle competenze a gestire gli appalti in poche stazioni sarebbe uno strumento contro la corruzione. La struttura di missione sulle Grandi Opere è un sistema accentrato di gestione e si è visto come è finita.

 

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