Le principali pronunce e indirizzi della Corte dei Conti-1/15 novembre 2018
di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria e Vicesegretario del Comune di Serramazzoni
La Giurisprudenza Consultiva
CONTABILITA’ E CONTROLLI
– Dalla disciplina dell’art. 7, comma 8, L. n. 131 del 2003, successivamente modificata ed integrata, si ricava che le istanze di parere alla Corte dei conti in materia di contabilità pubblica degli Enti locali, soggiacciono ad un iter perfezionativo articolato, in quanto di norma comprensivo del coinvolgimento di un organo esterno, portatore di una peculiare legittimazione nel veicolare la richiesta. L’inoltro tramite CAL rappresenta condizione ordinaria di procedibilità, derogabile da parte degli Enti interessati motivatamente ed in presenza di esplicitate ragioni, la cui fondatezza rimane oggetto di vaglio collegiale in concreto.
Corte dei conti-Lazio, delibera 15 ottobre 2018, n. 65
– Gli interventi di c.d. soccorso finanziario ex art. 14, comma 5, D.Lgs. n. 175 del 2016, in favore di società in liquidazione sono vietati, ove motivati dalla sola esigenza di evitare la dichiarazione d’insolvenza della società e di garantire la tutela dei creditori sociali. Non giova a supportarne la legittimità, l’accantonamento a bilancio dell’Ente socio nell’apposito fondo di cui all’art. 21, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 175 del 2016, rispondente alla diversa ratio di neutralizzare prospetticamente le ricadute negative della gestione societaria, riducendo le capacità di spesa annua dell’Ente stesso. Detto fondo non è in sé vincolato al ripiano delle finalità d’esercizio del soggetto partecipato, che va comunque ricondotto ad autonome ed argomentate valutazioni di convenienza, nell’interesse generale.
Corte dei conti-Lazio, delibera 17 ottobre 2018, n. 66
– Fanno parte, in base al principio contabile 4/4, da ultimo modificato dal D.M. 11 agosto 2017, gli enti strumentali dell’amministrazione pubblica capogruppo, intesi come soggetti (pubblici o privati) dotati di personalità giuridica e autonomia contabile. A titolo esemplificativo e non esaustivo, rientrano in tale categoria le aziende speciali, gli enti autonomi, i consorzi, le fondazioni.
Corte dei conti-Lombardia, delibera 6 novembre 2018, n. 303
– L’accertamento dell’esistenza di elevati residui passivi del Titolo I e II provenienti dal 2015 e da esercizi precedenti costituisce criticità, la cui mancata correzione può causare nel tempo una gestione non economica delle risorse, ovvero situazioni di squilibrio. Detta criticità, che si caratterizza per il basso grado di smaltimento dei residui, si pone in contrasto coi principi contabili secondo i quali la gestione dei residui è diretta a verificare la corretta applicazione del nuovo principio della competenza finanziaria di cui all’all. 4/2, D.Lgs. n. 118 del 2011, principio il quale dovrebbe comportarne una sensibile riduzione.
Corte dei conti-Piemonte, delibera 7 novembre 2018, n. 123/2018/PRNO
– Il sistematico ritardo nella restituzione di una parte dell’anticipazione di tesoreria al termine di ogni esercizio (posto che, reiterandosi detto evento per oltre un triennio, lo stesso ha assunto i caratteri della stabilità), può contribuire a causare nel tempo una gestione non economica delle risorse, ovvero perpetuare situazioni di squilibrio. Il mancato predetto tempestivo adempimento appare anche sintomatico di una generale sovrastima in fase di programmazione delle risorse disponibili, che nella fase della gestione risultano insufficienti a coprire i fabbisogni dell’ente. Il ricorso costante all’anticipazione di tesoreria è indice sintomatico di un grave squilibrio strutturale, espressione dell’incapacità dell’Ente di far fronte con le entrate ordinarie ai pagamenti. Ciò in quanto l’anticipazione di tesoreria è una forma di finanziamento a breve termine, alla quale si deve ricorrere eccezionalmente, per far fronte a momentanei problemi di liquidità al verificarsi di situazioni straordinarie e imprevedibili. Al contrario, il ricorso costante all’anticipazione di tesoreria, comporta che l’Ente sconfini in una forma (anomala) d’indebitamento, trasformando l’anticipazione in una forma di debito di medio termine senza tenere conto degli obblighi statuiti dall’art. 119 Cost., che pone stringenti limiti in ordine all’utilizzo dell’indebitamento, con ogni conseguenza di legge.
Corte dei conti-Piemonte, delibera 7 novembre 2018, n. 120/2018/PRNO
Corte dei conti-Piemonte, delibera 7 novembre 2018, n. 122/2018/PRNO
– E’ stato accertato il mancato rispetto negli esercizi 2014/2016 del limite d’indebitamento disposto dall’art. 204 del TUEL, con le modifiche di cui all’art. 8, comma 1, L. n. 183 del 2011. Il rispetto di detto limite non è solo formale, in quanto il Comune è tenuto ad esercitare la sua autonomia decisionale comunque nell’osservanza degli obblighi nazionali ed internazionali che comportano la necessità di un generalizzato abbassamento del livello d’indebitamento, a garanzia di salvaguardia della stabilità dei conti, nazionali e sovranazionali e di protezione del più generale interesse della finanza pubblica. Infatti, sulla base dell’art. 81 Cost., va costantemente verificato il permanere non solo di un effettivo equilibrio di bilancio, ma anche della sostenibilità dell’indebitamento. Ne discende che l’Ente locale potrà ricorrere alla contrazione dei mutui autorizzati o autorizzabili soltanto in coerenza coi nuovi vincoli normativi e col livello complessivo dell’indebitamento a livello regionale.
Corte dei conti-Piemonte, delibera 7 novembre 2018, n. 119/2018/PRNO
– L’Ente locale può rivedere tutte le partite di bilancio sia della gestione di competenza che delle gestioni passate con rettifiche ed integrazioni, purché in ossequio ai principi contabili e, in particolare, di quello della salvaguardia del conto dei residui da quello della competenza e del principio di veridicità. Pertanto, in caso di errori nel rendiconto dell’esercizio accertati dopo la relativa approvazione, non è possibile assegnare alle riscritture un effetto retroattivo sulla gestione di competenza di quell’esercizio, in quanto significherebbe vanificare la funzione di veridicità “storica” insita nel rendiconto e ne sarebbe inevitabilmente pregiudicata la funzione certificativa del rendiconto redatto ex artt. 227 e 228 del TUEL; l’ente locale può compiere attività di riesame del proprio operato e delle operazioni contabili delle gestioni passate operando sulla gestione dei residui, con efficacia ex nunc, senza alterare il rendiconto della gestione di competenza. Nel bilancio comunale, il conto dei residui va tenuto distinto da quello della competenza; tale principio non può essere derogato poiché inteso a garantire la conformità al vero delle scritture contabili.
Corte dei conti-Piemonte, delibera 7 novembre 2018, n. 117/2018/PRNO
– La Regione Lombardia, con l’art. 2, comma 1, L.R. n. 33 del 2015, ha trasferito ai comuni (singoli o associati), le funzioni regionali, disciplinate dal D.P.R. n. 380 del 2001 (agli artt. 61, 90, comma 2, 93, comma 1, 94, comma 1, 96, 97, 99, 100 e 104), in materia di costruzioni in zone sismiche. Il comma 4, art. 4, L.R. n. 22 del 2017, Lombardia, ha disposto, nei limiti delle disponibilità di bilancio, l’assegnazione di contributi a detti enti per l’esercizio delle funzioni regionali trasferite, “in funzione delle necessità organizzative e di supporto specialistico in materia sismica delle strutture tecniche comunali”. La Delib.G.R. n. 699 del 2018, quindi, assegna una somma, a valere sul bilancio 2018, ripartita in pari quote, ai comuni singoli/associati del territorio lombardo, classificati nelle zone sismiche 2 e 3, quale contributo per l’esercizio, nella corrente annualità, delle funzioni trasferite con l’art. 2, comma 1, L.R. n. 33 del 2015, ovvero quale contributo per l’esercizio delle funzioni, trasferite ai comuni, singoli/associati. Tali somme vanno accertate in entrata quali trasferimenti regionali (titoli II dell’entrata) ed imputate ai capitoli su cui insistono le spese correlate all’esercizio delle funzioni trasferite, conformemente alla natura dei costi dei fattori produttivi a tal fine utilizzati dall’ente; a secondo delle dotazioni organiche e strumentali già in essere, infatti, tali risorse aggiuntive dovranno essere destinate all’acquisto dei fattori produttivi mancanti per l’esercizio di dette funzioni, generando in tal modo, a seconda delle possibili evenienze, spesa per personale, per beni o per servizi. L’unità elementare di bilancio interessata dalla spesa dovrà rispecchiarne la natura, secondo la classificazione economica e funzionale della stessa prevista conformemente alla c.d. armonizzazione contabile.
Corte dei conti-Lombardia, delibera 7 novembre 2018, n. 309
– Circa la richiesta di parere sulla possibilità di applicare l’avanzo di amministrazione (vincolato e accantonato) in presenza di disavanzo (da riaccertamento straordinario), la Sezione, in assenza di una disciplina espressa di legge, ritiene sia necessario rifarsi al precetto dell’equilibrio, alla clausola generale della copertura economica e finanziaria delle spese (art. 81 e 97 Cost.) ed al nuovo sistema della contabilità armonizzata improntato a maggiore prudenza (Allegato 1, D.Lgs. n. 118 del 2011, p. 9) dal quale emergono più rigorosi limiti al finanziamento della spesa mediante applicazione del risultato d’amministrazione. Il sistema di finanziamento della spesa degli esercizi futuri più rigido impone di verificare che in ogni esercizio la copertura giuridica sia qualificata in termini di “sostenibilità finanziaria”. Sul punto, si rinvia alla decisione di parificazione del rendiconto 2015 e 2016 della Regione Campania, del. n. 101 del 2018 (All. A, p. 4 pag. 68).
Corte dei conti-Campania, delibera 8 novembre 2018, n. 127
– Il principio di diritto che risponde al quesito risiede nella differenza sostanziale tra il dissesto e la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Pur essendo ambedue procedure straordinarie per il rientro da “squilibri strutturali”, non ripianabili ai sensi degli artt. 193 e 194 del TUEL, il “predissesto” è uno strumento che rimette all’ente la gestione del risanamento; il dissesto, invece, dà luogo a distinte gestioni, separando quella “dissestata” affidata all’organo straordinario di liquidazione, (art. 252, comma 4, TUEL) dalla gestione ordinaria che rimane intestata alla Giunta e al Consiglio dell’ente locale, secondo le competenze di legge. La procedura di riequilibrio lascia pressoché intatte le ordinarie prerogative gestionali e le procedure per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio (di cui devono sussistere i presupposti di riconoscimento e copertura), salvo l’obbligo di determinare la congruità del piano complessivamente inteso e di realizzare gli obiettivi intermedi in esso previsti. La soddisfazione dei creditori, pur in assenza della formale instaurazione della par condicio creditorum, deve avvenire secondo un ordine di priorità e deve ispirarsi ad imparzialità e a criteri ragionevoli e non discriminatori, nel rispetto delle cause legittime di prelazione.
Corte dei conti-Campania, delibera 8 novembre 2018, n. 128
– La Sezione, preliminarmente delineato il quadro organizzativo del servizio idrico integrato campano in cui l’Ente risulta transitoriamente (art. 172 TUA- D.Lgs. n. 152 del 2006) “Gestore” del proprio distretto, esamina il quesito delle modalità di “rimborso” ai singoli gestori di servizio delle quote di servizio, in particolare, se il criterio del riversamento del solo “riscosso” si estenda alle componenti “fiscali” della tariffa, quote di pertinenza della CSEA (Cassa Servizi energetici e ambientali) ovvero se il riversamento debba avvenire in base all’importo fatturato, a prescindere dall’effettiva riscossione. La Sezione osserva che ex art. 156 TUA, un comune investito del servizio acquedotto è altresì investito per legge della riscossione dell’integrale tariffa che costituisce posta di accertamento del bilancio su cui gravano gli oneri della riscossione (art. 156 TUA), che vanno ripartiti secondo una convenzione sottoposta al controllo dell’ARERA-Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (comma 2). Nella tariffa confluiscono, oltre a componenti di servizio il cui rischio può gravare su soggetti diversi dal gestore del servizio acquedotto, componenti di natura pubblicistica, sempre corrispettiva, poiché connesse alla volontà del fruitore. Esse realizzano ipotesi di “corrispettivo di diritto pubblico”, come tali obbligatoriamente poste a carico del fruitore della risorsa idrica, idealmente commisurate ai costi sostenuti dalla collettività e al beneficio reso. Il “rischio” di realizzazione di tali componenti della tariffa non è pertanto allocabile, direttamente, su uno specifico soggetto erogatore della prestazione. Peraltro, la disciplina della refusione delle componenti di ricavo (tariffa) ai vari soggetti che concorrono al piano dei costi (e la distribuzione del rischio di riscossione) soggiace agli accordi e alla disciplina specifica stabilita dalle parti e, per le componenti di costo correlate ad esternalità di sistema e costi sociali, alla disciplina di legge e di regolazione promanate dalle varie autorità coinvolte che esula dalla materia della contabilità pubblica.
Corte dei conti-Campania, delibera 12 novembre 2018, n. 129
– Il trasporto scolastico non rientra tra i “servizi a domanda individuale”.
Corte dei conti-Campania, delibera 12 novembre 2018, n. 126
– Per valutare se il taglio del 10% dei compensi spettanti ai revisori debba essere ancora applicato, a seguito dello spirare del termine fissato al 31/12/2017 dall’art. 13, comma 1, D.L. n. 244 del 2016, è necessario far riferimento alla volontà espressa dall’amministrazione nella delibera di nomina dell’Organo di revisione. Pertanto, se dall’esame di tale delibera si evince in modo inequivocabile che la volontà dell’amministrazione deliberante era di fissare il compenso dell’organo di revisione nella misura prevista dal D.M. del 2005 per la fascia demografica del Comune in esame, alla quale misura è stata successivamente applicata la riduzione prevista dal D.L. n. 78 del 2010, il venir meno delle prescrizioni normative ivi previste, così come da ultimo prorogate dal citato art. 13, comporterà la riespansione del compenso ai livelli precedenti alla riduzione ex lege.
Corte dei conti-Toscana, delibera 14 novembre 2018, n. 76
ORGANI DI GOVERNO
– E’ soggettivamente ammissibile il parere richiesto dal Commissario straordinario nominato dal Prefetto in ipotesi di scioglimento, rimozione o sospensione degli organi comunali, siccome soggetto cui è conferito ruolo sostitutivo dell’organo politico di vertice. La Sezione ha più volte dichiarato l’estraneità alla “contabilità pubblica” della questione della rimborsabilità – con oneri a carico del Comune – delle spese legali sostenute da un Amministratore in relazione ai giudizi penali, civili, amministrativi e contabili, affrontati per fatti/atti direttamente connessi all’espletamento delle funzioni, laddove i quesiti attengano alla qualità e quantità delle spese rimborsabili o, comunque, alla ricorrenza dei presupposti del rimborso. E’ tuttavia oggettivamente ammissibile il quesito della rimborsabilità delle spese legali sostenute da Amministratore penalmente assolto, limitatamente alla parte in cui è stata chiesta l’interpretazione dell’esatto significato della clausola “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, di cui all’art. 85, comma 5, TUEL, come modificato dalla L. n. 125 del 2015, in quanto trattasi di profilo suscettibile di ricadute dirette sulla corretta costruzione degli equilibri di bilancio e, dunque, sulla sana gestione finanziaria dell’Ente. La normativa che riconosce l’ammissibilità del rimborso delle spese agli Amministratori assolti si applica a tutte le fattispecie che non abbiano ancora esaurito i loro effetti nel tempo alla data della sua entrata in vigore. La copertura delle nuove spese è contabilmente regolare e legittima se – e nei limiti in cui – trovi capienza nelle risorse finanziarie ordinarie, in modo da non alterare l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente dell’Ente. Sono vietate soltanto le decisioni di spesa comportanti nuovi o maggiori oneri che risultino ulteriori ed esorbitanti rispetto alle risorse ordinarie (finanziarie, umane e materiali) che, a legislazione vigente, sono indispensabili a garantire gli equilibri. La disposizione interpretata, dunque, non impedisce di per sé un eventuale aggravio di spesa, purché questo sia “neutralizzato”, ossia compensato contabilmente alla luce di altre disposizioni produttive di risparmi di spese o di maggiori entrate, essendo precluso ricorrere a tal fine all’approvazione di debiti fuori bilancio.
Corte dei conti-Lazio, delibera 6 luglio 2018, n. 58
PERSONALE E PREVIDENZA
– La Sezione ha espresso il proprio parere sui quesiti proposti dal Presidente di una Provincia: 1) se gli effetti derivanti dall’applicazione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro del personale non dirigenziale possano non essere considerati ai fini del rispetto del limite di spesa entro il quale deve essere contenuto l’organico della Provincia, ai sensi dell’art. 1, comma 421, L. n. 190 del 2014; 2) se per effetto del trasferimento del personale della Provincia adibito alle funzioni del Mercato del Lavoro alla neocostituita Agenzia Regionale per le Politiche Attive del Lavoro, che ha avuto decorrenza dal 30/6/2018, la Provincia debba procedere a una riduzione del fondo per la contrattazione decentrata relativo all’anno 2018 e, nell’affermativa, se tale riduzione vada operata limitatamente ad alcune voci del trattamento economico oppure con quale altro criterio. La Sezione ha dato risposta negativa al primo quesito, atteso che il legislatore ha chiaramente ribadito la permanenza del limite di cui all’art. 1, comma 421, L. n. 190 del 2014 (v. art. 1, commi 844e 845, L. n. 205 del 2017), talché la possibilità delle Province di procedere a nuove assunzioni può esercitarsi solo nel rispetto del suddetto limite e degli altri limiti introdotti dalle disposizioni citate. Per quanto riguarda il secondo quesito, la Sezione ha ritenuto che le risorse del Fondo per il trattamento economico del personale provinciale debbano essere diminuite in relazione all’avvenuto trasferimento del personale in questione all’Agenzia regionale, in base al principio che, a esito di una procedura di mobilità, non possano aversi aumenti della spesa complessiva per il personale. Pertanto, si è ritenuto che la riduzione del Fondo debba riguardare tutte le componenti, nessuna esclusa, del trattamento economico di cui era destinatario il personale trasferito, in misura proporzionale all’entità di quest’ultimo, come indicato nella Nota Presidenza del Consiglio dei Ministri 27 marzo 2015, n. 20506.
Corte dei conti-Umbria, delibera 26 ottobre 2018, n. 106
– La Sezione si pronuncia sui seguenti tre quesiti concernenti l’erogazione degli incentivi per funzioni tecniche di cui all’art. 113, D.Lgs. n. 50 del 2016: 1) soggezione dell’incentivo al vincolo posto al complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti; 2) interpretazione art. 113, D.Lgs. n. 50 del 2016; 3) possibilità di liquidare incentivi non previsti nei quadri economici per difetto di copertura dei singoli appalti.
Corte dei conti-Lombardia, delibera 6 novembre 2018, n. 304
– Richiesta in merito all’interpretazione dell’art. 23, D.Lgs. n. 75 del 2017, in materia di trattamento economico accessorio del personale. Il parere riguarda la possibile destinazione dei risparmi di spesa derivanti dalla riduzione del personale in servizio e, in particolare, se tale riduzione determini l’obbligo per l’ente di ridurre in misura proporzionale le risorse destinabili al trattamento accessorio del personale, con conseguente economia di bilancio, o se tali risparmi possano confluire, invece, nel fondo risorse decentrate, andando ad incrementare le risorse disponibili per il trattamento accessorio dei dipendenti in servizio. La nuova formulazione dell’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75 del 2017, prevede l’obbligo di riduzione dell’ammontare complessivo delle risorse per il trattamento accessorio del personale in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio solo per gli enti che non hanno rispettato il patto di stabilità nel 2015. Da tale formulazione letterale deriva che, per gli enti rispettosi del patto, la riduzione del personale in servizio non comporta automaticamente l’obbligo di ridurre in misura proporzionale le risorse disponibili per il trattamento accessorio del personale.
Corte dei conti-Piemonte, delibera 7 novembre 2018, n. 124
– Gli incrementi del Fondo risorse decentrate previsti dall’art. 67, comma 2, lett. a) e b), CCNL Funzioni locali 21 maggio 2018, non sono assoggettati ai limiti di crescita dei Fondi previsti dalle norme vigenti e, in particolare al limite stabilito dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75 del 2017.
Corte dei conti-Lombardia, delibera 7 novembre 2018, n. 306
– Negli enti non dirigenziali i valori delle posizioni organizzative rientrano nel limite del salario accessorio dal 22/6/2017. L’art. 23, D.Lgs. n. 75 del 2017, pone un limite all’ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale in servizio presso le p.a., non distinguendo fra quelle aventi fonte nei fondi per la contrattazione integrativa previsti dai vari contratti collettivi nazionali di comparto e quelle finanziate direttamente a carico del bilancio delle amministrazioni e costituisce parametro di riferimento per la determinazione del limite di spesa sostenibile con riguardo non solo alle indennità da posizione organizzativa, ma complessivamente al trattamento accessorio del personale, di cui esse rappresentano una delle possibili voci e il cui importo è stabilito dall’art. 15 del CCNL-Comparto Funzioni Locali del 21 maggio 2018.
Corte dei conti-Campania, delibera 8 novembre 2018, n. 124
– La delibera riguarda la legittimità della corresponsione dei diritti di rogito al Segretario comunale, la determinazione del “trattamento economico in godimento” da assumere come parametro per l’applicazione del quinto dei diritti di rogito riscossi da corrispondere al Segretario, la modalità di calcolo e di corresponsione del predetto diritto e la ripartizione tra i Comuni convenzionati della restante quota. La Corte conferma il diritto di corresponsione ai Segretari comunali dei diritti di rogito anche ai Segretari comunali di fascia A e B nei comuni privi di personale dirigenziale, e le somme destinate al pagamento dei diritti di rogito devono intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori, ivi compresi quelli a carico degli Enti. Per quanto attiene al “trattamento economico in godimento”, ha ritenuto di applicare il principio definito per la determinazione del trattamento economico complessivo per l’applicazione del limite retributivo applicabile ai dipendenti pubblici di cui alla Circolare n. 8 del 2012 del Ministro per la funzione pubblica, interpretazione da ultimo condivisa anche dall’Anac con la delibera n. 241 del 2017, ossia: per il trattamento fondamentale e di posizione si dovrà far riferimento al principio della competenza, mentre per il trattamento economico accessorio (es. indennità di risultato) al momento della concreta corresponsione (principio di cassa), con acquisizione, quindi, dei diritti di rogito, riferiti esclusivamente a quelli maturati nell’anno, al bilancio degli enti per essere erogati, nei limiti del quinto del trattamento economico complessivo, al termine dell’esercizio. Ciò consentirà inoltre, con specifico Accordo tra i Comuni convenzionati, di disciplinare la ripartizione dell’eccedenza dei diritti di rogito riscossi al fine di evitare la penalizzazione di un Comune rispetto ad un altro solo in ragione del momento temporale dell’esercizio della funzione rogatoria.
Corte dei conti-Emilia Romagna, delibera 8 novembre 2018, n. 133
– In ordine al fatto se le prestazioni per gli incentivi di cui all’art. 113, D.Lgs. n. 50 del 2016, vadano o meno considerate quale spesa del personale, la Corte è giunta a ritenere che l’avere correlato normativamente la provvista delle risorse ad ogni singola opera con riferimento all’importo a base di gara commisurato al costo preventivato dell’opera, àncora la contabilizzazione di tali risorse ad un modello predeterminato per la loro allocazione e determinazione, al di fuori dei capitoli destinati a spesa di personale. Con ciò confermando che l’onere relativo non transita nell’ambito dei capitoli dedicati alla spesa del personale e quindi non può essere soggetto ai vincoli posti, agli enti territoriali, alla relativa spesa.
Corte dei conti-Veneto, delibera 13 novembre 2018, n. 405
– L’istituto della mobilità ha quale ratio quella di evitare incrementi incontrollati della spesa di personale non solo in riferimento al singolo ente, ma dell’intero comparto pubblico. Attraverso una più razionale distribuzione dei dipendenti già in servizio presso le diverse p.a., si realizza il soddisfacimento del fabbisogno professionale delle medesime senza assumere nuovo personale (con conseguente incremento di spesa). Tant’è che l’art. 1, comma 47, L. n. 311 del 2004, indica la mobilità quale forma di reclutamento consentita anche in deroga a vincoli assunzionali normativamente previsti. Sotto altro profilo, è stato ulteriormente specificato come, nelle ipotesi di mobilità per passaggio diretto tra amministrazioni, si configuri una mera modificazione soggettiva del medesimo rapporto giuridico, qualificabile come cessione di contratto. Del resto, l’effettiva cessazione del rapporto di lavoro è configurabile solo nelle diverse ipotesi di collocamento del dipendente fuori dal circuito lavorativo, con conseguente venir meno dell’obbligo retributivo a carico del datore di lavoro. Ciò posto, affinché possa dirsi finanziariamente neutrale, è necessario che la mobilità non generi alcuna variazione nella consistenza numerica dell’organico complessivo delle p.a. e, conseguentemente, non determini aumenti di spesa per il personale a livello globale. Affinché ciò sia possibile è necessario che entrambi gli enti siano soggetti a limiti assunzionali, ancorché differenziati. La neutralità garantisce quindi agli enti coinvolti che le assunzioni di personale effettuate mediante la procedura di mobilità non incidano sui contingenti assunzionali previsti dalla legge per le assunzioni dall’esterno. Quanto precede vale tuttavia al solo fine di poter qualificare come neutrale il trasferimento per mobilità. Resta inteso che dovrà venir garantito il rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche nonché il rispetto del pareggio di bilancio per l’anno precedente da parte di tutti gli enti interessati alla procedura. In quanto neutrale, la mobilità non inciderà sui preesistenti vincoli assunzionali degli suddetti enti.
Corte dei conti-Toscana, delibera 14 novembre 2018, n. 82
Gli atti di indirizzo-programmazione e verifica delle Sezioni Regionali
CONTABILITA’ E CONTROLLI
– Relazione concernente “Le misure per il sostegno alla competitività delle imprese (D.L. n. 69 del 2013 e successive modificazioni, commad. Nuova Sabatini)“. La Corte ha riferito al Parlamento sul controllo svolto sulla gestione delle risorse destinate allo strumento agevolativo introdotto dall’art. 2, D.L. n. 69 del 2013, definito “Beni strumentali” o anche “Nuova Sabatini”. Alla “Nuova Sabatini”, più volte rifinanziata dal legislatore, risultano complessivamente destinati circa 1.274 milioni, suddivisi in un arco temporale che va dal 2014 al 2023. La relazione ha esaminato il sistema impiantato dal Ministero dello sviluppo economico per sostenere, attraverso un contributo in conto impianti, le micro, piccole e medie imprese che abbiano ottenuto un finanziamento da parte delle banche e degli intermediari finanziari per acquistare, o acquisire in leasing, macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali. A conclusione della relazione, la Corte formula alcune raccomandazioni al Ministero, invitandolo ad adottare le misure idonee a superare le criticità rilevate e a proseguire nel percorso di reingegnerizzazione e informatizzazione delle procedure, da cui si attendono concreti benefici sul versante non solo delle operazioni di controllo sull’attendibilità delle dichiarazioni rese dalle imprese beneficiarie, ma anche sulla qualità delle istruttorie, sui tassi di produzione e sulle tempistiche di chiusura delle singole pratiche.
– Relazione concernente “Lo stato di attuazione delle misure per l’attivazione del Programma ‛Garanzia per i giovani′”. La relazione riguarda l’esame dello stato d’attuazione delle misure relative al Programma “Garanzia per i giovani”, oggetto di un’iniziativa comunitaria adottata nel 2013, relativa a tutti i Paesi dell’Unione Europea e avviata in Italia nel 2014. Destinatari dell’iniziativa sono stati i Neet (Not in Education, Employment or Training), ricompresi nella fascia d’età 15-29 anni, attraverso una pluralità di azioni. Al Programma hanno contribuito anche le regioni che avrebbero dovuto consentire il rafforzamento del funzionamento degli Spi (Servizi per l’impiego). Dall’indagine è emerso il pieno utilizzo, su tutte quelle previste, delle misure relative al tirocinio extracurriculare, al bonus occupazionale e alla formazione mentre i giovani occupati, a seguito dell’incentivo bonus occupazionale, sono stati circa 61 mila e il maggiore impiego ha riguardato soprattutto le aziende del settore manifatturiero, seguite da quelle del commercio all’ingrosso e al dettaglio. Non risultano differenze sostanziali tra uomini e donne; la maggiore occupabilità riguarda i 19/24enni; di contro, per quel che concerne l’indice di rischio, hanno trovato occupazione prevalentemente i giovani universitari. La Corte ha segnalato la necessità di rafforzare l’intesa Stato-Regioni-Enti territoriali, per assicurare, attraverso la piena conoscenza del mercato territoriale, l’offerta di programmi per i giovani in linea con le aspettative della domanda. Le ulteriori criticità rilevate riguardano la necessità di: una riorganizzazione degli Spi utilizzando anche valutazioni di personal advisor per intercettare informazioni più specifiche dei Neet, allo scopo di definire piani di azione individualizzati e personalizzati; campagne informative più incisive a richiamare i giovani maggiormente vulnerabili appartenenti alle classi di più alto svantaggio; misure fiscali strutturali in grado di incentivare le politiche dell’occupazione; controllo più efficace su qualità/congruità degli stage.
– La scelta dell’8 per mille dell’irpef da parte dei contribuenti e l’audit dell’Agenzia delle Entrate sui comportamenti degli intermediari.
– Audizione della Corte dei conti sul disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (A.C. 1334) presso le Commissioni riunite bilancio della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Corte dei conti-sez. Riun. controllo, novembre 2018
Le principali sentenze in materia di danno erariale
– La fattispecie concerne un’ipotesi di responsabilità amministrativa, in relazione alla quale il convenuto (Segretario comunale) è chiamato a rispondere, a titolo di colpa grave, di un danno subito dal Comune d’appartenenza. L’indagine istruttoria ha accertato che è stato posto in essere un comportamento inequivocabilmente in contrasto coi criteri di efficienza, efficacia e rispetto delle norme di buona gestione, cui ogni p.a. deve improntare la propria azione. In particolare, il Collegio osserva che il “rimborso spese” deliberato in favore di un’ex dipendente dell’Ente, era stato espressamente subordinato dall’amministrazione alla produzione di idonea documentazione giustificativa che, oltre ad essere prevista dalla lex specialis applicabile al procedimento de quo, è imposta dai generali principi cui devono uniformarsi le procedure di erogazione delle spese poste a carico dei bilanci pubblici. Negli stessi termini dispone la specifica normativa che, nel sancire il divieto per la p.a. di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già dipendenti pubblici collocati in quiescenza, fa salvi gli incarichi a titolo gratuito e subordina a rendiconto gli eventuali rimborsi (art. 5, comma 9, D.L. n. 95 del 2012, convertito nella L. n. 135 del 2012). In questa prospettiva, la condotta tenuta dal convenuto appare tanto più grave, poiché ha disposto i pagamenti citati nonostante i ripetuti rilievi di criticità sollevati dal responsabile del servizio finanziario, e ciò pur rivestendo una funzione apicale e dunque essendo in possesso di un bagaglio di conoscenze professionali tali da poter imprimere all’azione amministrativa un crisma di legalità e correttezza. Il ricorso all’incarico a titolo gratuito, con la corresponsione di un rimborso forfettario, ha dissimulato l’esecuzione di un vero e proprio rapporto di lavoro a termine: depongono in tal senso la concreta articolazione del rapporto de quo, instaurato all’indomani del pensionamento della collaboratrice con la presenza in servizio della stessa in giorni ed orari definiti (rilevata con cartellino a tempo), la corresponsione di un rimborso forfettario svincolata da ogni giustificazione circa le spese sostenute dalla stessa ed infine le stesse ammissioni formulate dal convenuto, col riconoscimento delle circostanze che il rapporto ha avuto ad oggetto, per un periodo limitato, le stesse mansioni esercitate dalla collaboratrice prima del collocamento a riposo e che è stato utilizzato come modalità per far fronte all’ordinaria funzionalità dell’ufficio. Ne consegue una chiara violazione della norma richiamata, la cui ratio è evitare che il conferimento di incarichi sia utilizzato dalla p.a. per continuare ad avvalersi di dipendenti collocati in quiescenza, e per attribuire ai medesimi responsabilità rilevanti, aggirando l’istituto del pensionamento e le disposizioni sul reclutamento del personale, ispirate al contenimento della spesa pubblica.
Corte dei conti-Lombardia, sentenza 31 ottobre 2018, n. 213
– La responsabilità della corretta quantificazione degli oneri concessori è imputabile al funzionario preposto all’Ufficio comunale competente al rilascio dei titoli edilizi. Il convenuto avrebbe dovuto applicare il corretto valore base del costo di costruzione per la quantificazione del contributo concessorio, o aggiornalo in base alle variazioni accertate dall’ISTAT, ovvero facendo riferimento al costo base fissato direttamente delle deliberazioni della Giunta regionale. Senonché il convenuto ha continuato a rilasciare permessi di costruire quantificando gli oneri concessori sulla base del valore del costo di costruzione in misura minore. La continuata e reiterata applicazione di tale valore del costo di costruzione, denota un comportamento di eccessiva trascuratezza nell’adempimento dei compiti connessi alle attribuzioni del settore cui è stato preposto e una grave inosservanza della disciplina della materia che prevedeva l’immediata ed automatica applicazione dei valori stabiliti dalla Regione o rivenienti dalle variazioni accertate dall’ISTAT.
Corte dei conti-Puglia, sentenza 2 novembre 2018, n. 727
– Costituisce danno erariale l’aver disposto una consulenza tecnica in favore di commissari di gara, in considerazione del ruolo apicale dagli stessi rivestito; in particolare, nella disposizione di conferimento dell’incarico manca un diretto riferimento alla consulenza che avrebbe dovuto essere apprestata al RUP, mentre risulta di piana evidenza che detta consulenza fosse stata attribuita in soccorso della commissione di gara, con la conseguenza che l’unica norma applicabile non poteva che essere quella stabilita dal D.Lgs. n. 165 del 2001. Rientrando, pertanto, la consulenza all’interno delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 6, T.U. pubblico impiego, le disposizioni dell’incarico difettano dei rigidi presupposti previsti dalla normativa che devono essere cumulativamente intesi, ossia: non risulta essere stata compiuta alcuna concreta verifica circa l’insussistenza/l’indisponibilità di risorse interne; non vi è una congrua specificazione dell’attività richiesta al soggetto incaricato; non sono stati esplicitati i parametri in base ai quali sono stati quantificati i compensi del consulente; non è rinvenibile alcun apprezzamento della congruità della durata delle prestazioni richieste.
Corte dei conti-II sez. giurisd. App., sentenza 2 novembre 2018, n. 625
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