Dal sito leautonomie.asmel.eu un articolo di Luigi Oliveri

Comunque la si veda. la regolazione degli incentivi per funzioni tecniche da parte del codice, per altro scritta come sempre in modo lacunoso, incompleto e dunque fonte di dubbi applicativi ed interpretativi, è un’intromissione nella disciplina economica del rapporto di lavoro, che il d.lgs 165/2001 riserva alla contrattazione collettiva.

Il Legislatore avrebbe dovuto astenersi totalmente dal disciplinare puntualmente gli incentivi, per altro introducendo la complicazione del completamento della disciplina, che ancora in troppi ritengono connessa ad un regolamento, quando invece, proprio perchè si tratta di regolare rapporti contrattuali economici, la fonte di ciò può essere solo il contratto.

Ciascuno dovrebbe fare il proprio “mestiere”. il Parlamento o il Governo delegato limitarsi alle norme, nel caso di specie dedicate alla regolazione degli appalti, sistema al quale l’incentivazione dei dipendenti è totalmente estranea: infatti, nelle direttive europee non se ne trova la minima traccia. La contrattazione collettiva si sarebbe dovuta interessare del se e del come regolare gli incentivi.

Purtroppo, invece, i redattori del codice sono nuovamente caduti in uno dei vizi più gravi dell’ordinamento: la legge “provvedimento”, che dispone dettagli operativi quasi il Legislatore fosse un “capoufficio”, invece che il soggetto preposto a tradurre in indirizzo politico la rappresentanza ottenuta col voto.

Eppure, il nuovo codice è stato presentato, e ancora – nonostante tutte le evidenze contrarie – ritenuto come norma “di principi”, che fonda la propria regolamentazione su principi generali, esaltando la “discrezionalità” delle amministrazioni.

Talmente è tale la “discrezionalità”, che il codice fissa il dettaglio quasi minimale se se, come, quando e perchè attivare gli incentivi per forniture e servizi, per altro con i metodi peggiori possibili: per le forniture, fissando un importo fisso, necessariamente maggiore della soglia di 500.000 euro; per i servizi producendosi in un’elencazione di tipologie, che immediatamente scatena il solito problema della comprensione se si tratti di elenco tassativo o solo esemplificativo, con il corollario dell’identificazione dello spazio per eventuali estensioni, però da motivare.

Il tutto, condito dalla necessità che gli incentivi scattino solo se sia nominato un direttore dell’esecuzione diverso dal Rup. Condizione assai strana e del tutto ingiustificata, per la semplice ragione che la funzione di direzione di esecuzione è comunque necessaria, sia che la svolga il Rup, sia che la svolga un soggetto diverso.I bizantinismi, gli errori nell’identificazione delle potestà normative, i vizi normativi che anche il d.lgs 36/2023 si porta appresso, poi, sublimano nelle interpretazioni tra il barocco e il perversamente restrittivo delle Sezioni regionali della Corte dei conti, che in questo brodo di coltura navigano a proprio agio, fornendo l’ennesimo esempio di pareri emessi nell’esercizio del controllo “collaborativo”, che di collaborativo ha pochissimo, ma moltissimo di esibizione di nozionismo burocratico a prescindere, come la deliberazione 8 giugno 2023, n, 191 della Sezione Campania, che ripete stancamente gli stilemi interpretativi sul tema, chiudendo le porte alla possibilità di attivare gli incentivi per forniture e servizi in applicazione della vera discrezionalità e della vera autonomia organizzativa e negoziale delle PA, ectoplasmi sempre evocati, ma in realtà inesistenti.

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