21/04/2016 – Responsabilità erariali sempre più estese

Responsabilità erariali sempre più estese

 

di Arturo Bianco

La responsabilità amministrativa matura in capo ai dirigenti per la irrogazione di sanzioni disciplinari palesemente illegittime, anche se di entità modeste;  per l’aggiudicazione della gestione di un servizio ad una società mista senza una procedura di gara e per la scelta di fare svolgere in modo fittizio attività di formazione in luogo di quelle di consulenza. Siamo in presenza di tre principi fissati dalla Corte dei conti della Toscana con le sentenze, rispettivamente, n. 89/2016, n. 91/2016 e n. 28/2016.

Questi pronunciamenti evidenziano il ruolo assai rilevante che i dirigenti hanno nella adozione degli atti di gestione, di vero e proprio “motore” dell’attività amministrativa, e di conseguenza sottolineano l’assai elevato grado di assoggettamento ai vincoli dettati dalla giurisprudenza della Corte dei conti.

1. Le sanzioni disciplinari illegittime

La irrogazione di una sanzione disciplinare palesemente illegittima, anche se di entità assai modesta, determina la maturazione di responsabilità amministrativa in capo al dirigente che se ne sia reso responsabile con una condotta gravemente colposa. Può essere così riassunto il principio fissato dalla sentenza della Corte dei conti della Toscana n. 89 del 29.3.2016. 

La sentenza è stata adottata a seguito della pronuncia con cui il giudice del lavoro ha annullato il semplice rimprovero verbale irrogato da un dirigente ad un dipendente.

Ci viene detto che:

  1. è del tutto evidente l’assoluta inconsistenza delle contestazioni disciplinari e quindi l’illeicità della condotta sfociata nell’adozione del rimprovero verbale annullato in sede giurisdizionale con conseguente danno pari all’importo delle spese di lite oggetto di rifusione a favore della ricorrente”;
  2. nella fattispecie risulta ravvisabile l’elemento soggettivo della colpa grave in capo alla convenuta. Infatti la condotta tenuta in concreto da .. si configura macroscopicamente deviante rispetto al comportamento che avrebbe dovuto tenere un dirigente che avesse improntato la condotta a diligenza anche minima”;
  3. alla base della constatazione della colpa grave vi è la constatazione che è stata lamentata la violazione di una disposizione di servizio che non risulta essere mai stata impartita, in quanto è stata addebitata “una condotta che avrebbe indotto in errore l’utenza, quando in realtà la situazione creata dipendeva esclusivamente dalla dirigenza stessa”;
  4. la condotta della dirigente deve essere giudicata come a improntata “da una notevole superficialità ed approssimazione”, elemento da cui scaturisce la constatazione della condotta gravemente colposa.

Dalla sentenza traiamo infine la considerazione che occorre operare un netta “distinzione tra illeicità del comportamento e illegittimità dell’atto”. Ci viene detto che “solo il primo e non il secondo è oggetto del giudizio di responsabilità amministrativa e che i vizi di legittimità di un atto non comportano ex se un illecito contabile.. l’illegittimità di un atto è soltanto un sintomo della illeicità di un comportamento alla cui produzione concorrono i requisiti della dannosità della condotta e dell’atteggiamento gravemente colposo del suo autore.. l’illegittimità dell’atto amministrativo, nel giudizio per danno erariale, può rappresentare semplicemente uno degli elementi della più complessa fattispecie di responsabilità contabile”.

2. L’aggiudicazione ad una società mista senza gara

Matura responsabilità amministrativa per l’affidamento senza gara ad una società mista della gestione dei servizi da parte del comune. La sua misura è fissata nel risparmio che l’ente avrebbe potuto conseguire a seguito di una tale procedura e, in mancanza di una tale definizione, nella intera misura delle somme versate. Sono queste le principali indicazioni contenute nella sentenza della sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Toscana n. 91/2016.

La violazione dei principi minimi della concorrenza “determina (oltre alla lesione degli interessati a partecipare alla gara) una perdita della possibilità per l’Amministrazione di scegliere tra le migliori offerte, con conseguente dispendio di risorse pubbliche”. Di conseguenza, “la violazione delle norme sulla scelta del contraente ha determinato una maggiore spendita di denaro pubblico”; la misura di tale danno, stante che nel caso specifico la società mista era una sorta di scatola vuota (tanto è vero che ha affidato la scelta della gestione di tali servizi ad una società privata scelta senza alcuna evidenza pubblica), “è pari all’intero ammontare differenziale contestato”.

Per la maturazione di questa forma di responsabilità occorre, come è noto, la presenza del requisito psicologico del dolo o della colpa grave. Nel caso specifico “la nozione di dolo non si identifica con quella di cui all’art. 43 c.p., ovvero come volontà dell’evento dannoso (evento voluto e previsto dal soggetto legato da rapporto di servizio), ma come civile contrattuale determinato dalla volontà di non adempiere agli obblighi di servizio, dalla consapevolezza della natura illecita dell’attività posta in essere, come dolo c.d. contrattuale o in adimplendo, come inadempimento di una speciale obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte e consiste nella coscienza e volontà di venir meno ai propri obblighi e doveri di ufficio e nel proposito di non adempiere l’obbligazione”.

La sentenza è molto netta nel fissare gli ambiti entro cui opera il vincolo legislativo della non sindacabilità delle scelte discrezionali da parte della Corte dei conti:

1) “se è indubitabile che l’esercizio, in concreto, del potere discrezionale dei pubblici amministratori costituisce espressione di una sfera di autonomia che il legislatore ha inteso salvaguardare dal sindacato della Corte dei conti, il limite in questione va posto in correlazione con l’articolo 1, comma 1, della legge 241/1990, il quale stabilisce in via generale che l’esercizio dell’attività amministrativa deve ispirarsi a criteri di economicità ed efficacia”;

2) “la verifica della legittimità dell’attività amministrativa non può prescindere dalla valutazione tra gli obiettivi conseguiti ed i costi sostenuti ed il magistrato contabile ha comunque il potere-dovere di verificare la ragionevolezza dei mezzi impiegati in relazione agli obiettivi perseguiti dal momento che anche tale verifica è fondata su valutazioni di legittimità e non di mera opportunità”;

3) “la cognizione della Corte dei conti riguarda in linea di massima anche le scelte discrezionali dell’Amministrazione per verificare se esse siano coerenti con i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa ovvero comportino l’adozione di scelte arbitrarie e diseconomiche ed in tal senso il magistrato contabile con giudizio ex ante può verificare se la scelta operata corrisponde a criteri di logica e ragionevolezza”; 

4) il “giudice contabile può e deve verificare in concreto se l’esercizio del potere discrezionale è avvenuto o meno nel rispetto dei limiti dell’ordinamento giuridico (quali la razionalità, la logicità delle scelte, il risultato di economicità e buona amministrazione, la congruità e proporzionalità mezzo fine)”;

5) il “giudice contabile non può censurare nel giudizio di responsabilità amministrativa l’opzione discrezionale scaturente da un giudizio di opportunità, ma può ben conoscere della non conformità del comportamento con i principi del buon andamento dell’azione amministrativa, di economicità, efficacia ed efficienza della stessa”. 

Da evidenziare, in conclusione, che la sentenza condanna, oltre al dirigente, cui viene attribuita comunque la quota più elevata di responsabilità, anche il segretario e gli amministratori.

3. La responsabilità per la consulenza mascherata

Il conferimento di incarichi di consulenze mascherato da attività di formazione determina la maturazione di responsabilità amministrativa per la sentenza della Corte dei conti della Toscana n. 28 del 25.1.2016.

Tutte le amministrazioni pubbliche devono fare riferimento, in materia di formazione, alla Direttiva del Ministro della Funzione pubblica del 13 dicembre 2001, che prevede tra l’altro la necessità della preventiva adozione da parte dell’amministrazione di un piano di formazione. In termini generali “nulla quaestio in ordine alla possibilità per il personale di essere affiancato da esperti esterni nella fase di apprendimento di procedure complesse od innovative ma, nella fattispecie, tutto ciò non è avvenuto ed il rapporto si è invece concretizzato nella classica figura della consulenza” e, quindi, con l’applicazione delle relative disposizioni e dei vincoli specifici. Vi è, nel caso specifico, “un nesso tra il comportamento, connotato da colpa azionabile e l’erogazione contra legem delle somme in questione”. La responsabilità amministrativa matura “per la non corretta imputazione e qualificazione della prestazione resa dalla Srl esterna” ed inoltre per la sua sostanziale “inutilità”, in quanto il comune non ha dato applicazione alle indicazioni nella stessa contenute.

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