Tratto da www.dirittodeiservizipubblici.it Autore Maurizio Lucca

1. Il quesito. 2. Il perimetro normativo di riferimento. 3. L’onnicomprensività del trattamento economico. 4. Il diritto all’incentivo (quale deroga all’onnicomprensività). 5. I termini delle questioni. 6. L’evoluzione della materia. 7. La ratio della disciplina. 8. I presupposti dell’erogazione. 9. Incentivabilità dell’attività di verifica preventiva della progettazione. 10. Il dipendente in convenzione. 11. Il principio di diritto.

1. Il quesito

La sez. controllo Emilia – Romagna, con deliberazione n. 87 nella seduta del 6 ottobre 2020 (relatore Scognamiglio), interviene su una questione di vivo interesse: la spettanza o meno dell’incentivo per funzioni tecniche, ex art. 113 del d.lgs. n. 50/2016, per l’attività di verifica del progetto di una opera pubblica (ex art. 26, lettera c) del cit. Codice) quando il tecnico, dipendente pubblico, appartiene ad una diversa Amministrazione e il rapporto convenzionale ne disciplina l’utilizzo della risorsa umana.

In termini più esplicativi, il quesito verteva sulla possibilità della specifica prestazione e, al contempo, la valenza di una clausola convenzionale sulla remunerazione, «tramite il trasferimento di dette somme dall’amministrazione committente i lavori, a favore di quella che mette a disposizione l’ufficio tecnico al fine dell’attività di verifica».

2. Il perimetro normativo di riferimento

Giova rammentare che l’art. 113, «Incentivi per funzioni tecniche», del Codice dei contratti pubblici prevede che le P.A. per le attività di cui al comma 1 «destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2 per cento modulate sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti» per un decalogo di attività appositamente elencate dalla norma del comma 2, con la precisazione che «tale fondo non è previsto da parte di quelle amministrazioni aggiudicatrici per le quali sono in essere contratti o convenzioni che prevedono modalità diverse per la retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai propri dipendenti. Gli enti che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza possono destinare il fondo o parte di esso ai dipendenti di tale centrale».

Il comma 5, del cit. art. 113, si cura di stabilire che «per i compiti svolti dal personale di una centrale unica di committenza nell’espletamento di procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture per conto di altri enti, può essere riconosciuta, su richiesta della centrale unica di committenza, una quota parte, non superiore ad un quarto, dell’incentivo», costituendo una facoltà che deve essere espressa negli accordi tra le parti (CUC e Amministrazione aderente).

È di rilievo annotare, per ciò che interessa, che la giurisprudenza[1] ha riconosciuto l’incentivo al personale interno per i diversi e complessi compiti connessi alla gara svolta da un soggetto aggregatore, potendo l’Amministrazione stanziare e destinare risorse nell’apposito fondo per il personale interno che svolge attività nell’ambito della centrale di committenza, soggetto giuridicamente diverso dall’Amministrazione di appartenenza.

Il corollario di tale ultimo rilievo abilita a ritenere che qualora l’Amministrazione si avvalga di un soggetto aggregatore non può dirsi di per sé preclusivo al riconoscimento di incentivi per funzioni tecniche; il che, dunque, non esclude la possibilità per l’Ente di stanziare e destinare una quota percentuale del fondo ai dipendenti interni che operino nell’ambito della centrale di committenza, fermo restando l’indefettibile esperimento, a monte, di una gara, poiché in mancanza di tale requisito non può esservi l’accantonamento delle risorse nel fondo, l’incentivo potrà dirsi spettante se l’Amministrazione abbia stanziato somme per far fronte all’incentivo, oltre ovviamente ai presupposti di legge[2].

Lo scopo dell’incentivo, sin dall’esordio per poi apprezzarsi nell’efficienza, era quello di rispondere all’esigenza di razionalizzazione della spesa, attraverso la valorizzazione delle risorse interne (c.d. principio dell’autosufficienza organizzativa)[3].

3. L’onnicomprensività del trattamento economico

Gli incentivi, dunque, non sono dovuti per le «funzioni tecniche» al di fuori delle previsioni di cui all’art. 113 del D.lgs. n. 50/2016[4], chiarendo che gli stessi, in ragione di una riduzione della spesa e di valorizzazione delle risorse interne (c.d. favor legislatoris), derogano il principio cardine – di stretta interpretazione – dell’“onnicomprensività” del trattamento economico, ex comma 3, dell’art. 24 del D.lgs. n. 165/2001 (c.d. TUPI), ossia, della «inderogabilità» della struttura della retribuzione stabilita dai contratti collettivi.

In questo senso, la definizione contrattuale delle componenti economiche, fissato dal successivo art. 45, comma 1, del cit. D.lgs. n. 165/2001, disciplinano le regole di quanto dovuto del trattamento economico fondamentale ed accessorio al dipendente[5]

I principi alla luce dei quali si conviene che nulla è dovuto oltre il trattamento economico fondamentale ed accessorio, stabilito dai contratti collettivi, al dipendente che abbia svolto una prestazione rientrante nei suoi doveri d’ufficio[6]: gli incentivi tecnici (si aggiungono e) derogano il principio generale.

4. Il diritto all’incentivo (quale deroga all’onnicomprensività)

Il diritto a percepire l’incentivo sorge, alle condizioni previste dalla normativa, in conseguenza della prestazione dell’attività incentivata e nei limiti fissati dalla contrattazione decentrata e dal regolamento adottato dall’Amministrazione (che ne disciplina le modalità, i limiti e la decorrenza)[7], rilevando che l’omesso avvio della procedura di liquidazione o il mancato completamento della stessa non impedisce l’azione di adempimento, che può essere proposta dal dipendente una volta spirati i termini previsti dalla fonte regolamentare[8], divenendo in quel momento il credito esigibile, ai sensi degli artt. 1183 e ss. c.c., in quanto gli atti della predetta procedura non sono costitutivi del diritto, ma hanno la finalità di accertare, in funzione meramente ricognitiva, che la prestazione sia stata resa nei termini indicati dalla fonte attributiva del diritto stesso (in adesione anche del principio della competenza finanziaria potenziata)[9].

Ne consegue che una volta resa (accertata) la prestazione e qualificata all’interno dei presupposti di legge e regolamentari, il dirigente (ovvero, il responsabile di servizio preposto alla struttura competente) provvede (senza margini di discrezionalità) alla liquidazione al singolo dipendente, nei limiti del 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo.

L’approdo porta a ritenere che gli incentivi possono essere liquidati al di fuori dei limiti dell’onnicomprensività, anche di quelli previsti dalla rigidità della spesa del personale, dovendo osservare un rigore interpretativo non estensibile ad altre fattispecie non codificate dalla legge “autorizzatoria”, con necessità indifferibile, ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate al fondo, della previa adozione del regolamento interno e della sottoscrizione dell’accordo di contrattazione[10]

5. I termini delle questioni

Fatte queste premesse di perimetro e soffermandosi (ora) sul merito del parere, la Corte stabilisce le questioni da affrontare sotto due distinti profili:

 

a) la possibilità di incentivare la funzione di «attività di verifica del progetto di una opera pubblica, ex art. 26 lettera c) D.lgs. 50/2016»

 

b) la possibilità di remunerare «il tecnico dipendente pubblico posto in ausilio all’amministrazione appaltante».

 

6. L’evoluzione della materia

 

La Corte descrive il percorso e l’evoluzione legislativa degli incentivi:

 

  • l’introduzione nell’ordinamento risale alla legge 11 febbraio 1994, n. 109 (c.d. legge Merloni), nel prevedere la ripartizione a favore di determinati soggetti (il responsabile unico del procedimento, gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, ed i loro collaboratori) di un incentivo a valere sugli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori, fissato entro il limite massimo del 1,5% dell’importo posto a base di gara;

     

  • seguiva il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli appalti) che portò il limite delle risorse destinabili all’incentivo al 2% dell’importo a base di gara, ma prevedendo allo stesso tempo un vincolo ulteriore, per il quale l’incentivo erogato non doveva comunque superare l’importo del trattamento complessivo annuo lordo già in godimento dal singolo dipendente;

     

  • la legge 11 agosto 2014, n. 114, di conversione del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, istituì poi il “fondo per la progettazione e l’innovazione”, a valere sugli stanziamenti destinati a finanziare gli incentivi, da ripartirsi secondo percentuali prestabilite: l’80% destinato agli incentivi per il RUP e gli altri soggetti che svolgono le funzioni tecniche, nonché i loro collaboratori, ed il restante 20%, destinato invece all’acquisto di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione e di implementazione delle banche dati per il controllo e il miglioramento della capacità di spesa;

     

  • la disciplina del d.lgs. n. 50/2016 definì puntualmente (estendendole rispetto alla pregressa disciplina ed escludendone altre) le prestazioni incentivabili e assegnò il limite erogabile al 50% del trattamento economico complessivo annuo lordo erogabile al singolo dipendente (allargando la platea dei beneficiari), con l’evidente scopo perequativo e solidaristico di incentivare anche attività che accrescano efficienza (declinata non solo in relazione al concetto di “risparmio”, secondo la nozione inglese di economy, ma di uso efficiente di risorse economiche, personale e beni, ex art. 1 della legge n. 241/1990) ed efficacia (raggiungimento di obiettivi di risultato, secondo le politiche del management by objectivies, MbO) di attività tipiche dell’Amministrazione;

     

  • l’art. 76 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, che ha esteso l’imputazione degli oneri per le attività tecniche ai pertinenti stanziamenti degli stati di previsione della spesa, non solo con riguardo agli appalti di lavori (come da formulazione originaria della norma), ma anche a quelli di fornitura di beni e di servizi, con ciò ammettendone l’incentivabilità[11];

     

  • l’art. 1, comma 526, della legge n. 205 del 2017, specificò che il finanziamento del fondo per gli incentivi tecnici grava sul medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi o forniture (l’inciso del nuovo comma 5 bis, introdotto dalla legge di bilancio per il 2018, dell’art. 113 precisa infatti che «gli incentivi di cui al presente articolo fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servzi e forniture»)[12].

     

7. La ratio della disciplina

 

La ratio della disciplina va rinvenuta, quindi, nella finalità di accrescere l’efficienza della spesa attraverso l’incentivazione di un set di attività funzionali alla realizzazione di appalti di ogni tipo, realizzabili da parte di dipendenti delle stazioni appaltanti a tali attività assegnati, senza che i relativi oneri gravino sui vincoli di spesa in materia di personale, incidendo direttamente sui quadri economici di progetto[13].

 

Una prestazione incentivabile finalizzata alla progettazione interna di opere pubbliche, che si caratterizza nella sua unicità in quanto si tratta all’evidenza di risorse correlate allo svolgimento di prestazioni professionali specialistiche offerte da personale qualificato in servizio presso l’Amministrazione pubblica, la cui assenza veniva e viene sopperita ricorrendo al mercato esterno dei servizi con professionisti abilitati e conseguente aggravio di costi per il bilancio della P.A.[14].

 

Principio non estensibile in via analogica al di fuori della disciplina di riferimento[15], ritraibile già dal generale principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dipendenti pubblici[16], a conferma che gli incentivi, di cui all’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016, hanno una funzione premiante di competenze e responsabilità legate inscindibilmente allo svolgimento di peculiari funzioni tecniche, nell’ambito di iter predeterminati e per risultati conseguiti: un riconoscimento economico per attività puntuali svolte nell’ambito di appalti di lavori, servizi e forniture che, secondo le norme siano stati affidati previo espletamento di una procedura comparativa in casi tassativamente previsti dalla legge.

 

 

 

8. I presupposti dell’erogazione

 

Definito in modo esaustivo il quadro di riferimento, la Corte non può che richiamare i necessari e conseguenti presupposti, desumibili dalle norme, per ritenere legittima l’erogazione dell’incentivo delle funzioni tecniche:

 

a) la presenza – quale condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo – di un regolamento interno adottato, secondo i criteri definiti in contrattazione decentrata;

 

b) una ripartizione delle risorse finanziarie del fondo per intervento (per ciascuna opera, lavoro, servizio e fornitura)[17];

 

c) il relativo impegno di spesa assunto a valere sulle risorse stanziate nel quadro economico dell’appalto, attraverso la costituzione di un apposito fondo vincolato non superiore al 2% dell’importo dei lavori posti a base di gara, che richiede inscindibilmente l’espletamento di una gara;

 

d) il limite soggettivo erogabile dentro il tetto annuo lordo del 50% del trattamento economico complessivo;

 

e) le attività tassativamente ricomprese, come si deduce dall’utilizzo dell’avverbio “esclusivamente” che lo precede, all’interno del comma 2, dell’art. 113 del Codice dei contratti pubblici (programmazione della spesa per investimenti; valutazione preventiva dei progetti; predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici; RUP; direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione; collaudo tecnico amministrativo ovvero verifica di conformità; collaudatore statico, ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti).

 

 

 

In relazione alle indicazioni della Corte e volendo definire una dettagliata check list degli incentivi, con effetti performanti e di vigilanza sulla spesa, sono collegati e/o erogabili:

 

a) agli appalti di lavori, di fornitura di beni e di servizi[18];

 

b) al meccanismo indiretto di costituzione di un fondo;

 

c) alla contabilizzazione per specifiche procedure[19];

 

d) alla valorizzazione “esclusivamente” di un tassativo elenco di attività rispetto ad altre funzioni necessarie nelle varie fasi di esecuzione di un contratto pubblico[20];

 

e) la tassatività dell’elencazione «si deduce dall’utilizzo dell’avverbio “esclusivamente” che lo precede, ad ulteriore conferma della portata derogatoria della norma al principio di onnicomprensività della retribuzione, che ne implica la non estensibilità in via analogica»[21];

 

f) all’espletamento di una procedura comparativa (procedure competitive, ordinarie e programmate), incompatibile con lavori ed altri investimenti attuati con procedure di somma urgenza o ad affidamento diretto[22];

 

g) all’effettivo svolgimento delle prestazioni a cui gli incentivi sono correlati, in modo da remunerare il concreto carico di responsabilità e di lavoro assunto dai dipendenti;

 

h) disposta, ai sensi del comma 3, dell’art 113, dal dirigente o dal responsabile di servizio preposto alla struttura competente, previo accertamento delle specifiche attività svolte dai dipendenti: un accertamento e prova della loro erogabilità[23];

 

i) riconosciuti solamente in caso di contratti di appalto, con esclusione sia dei contratti di concessione[24], sia degli altri contratti di partenariato pubblico – privato[25];

 

j) (si aggiunga) non applicabilità ad una clausola inserita in un atto unilaterale d’obbligo che ponga a carico del privato gli oneri per gli incentivi tecnici, di cui all’art. 113, del D.lgs. n. 50/2016, alle opere realizzate dal privato a scomputo degli oneri di urbanizzazione, ex art. 16, comma 2, D.P.R. n. 380/2016[26].

 

9. Incentivabilità dell’attività di verifica preventiva della progettazione

 

Nello specifico della funzione di «verifica preventiva della progettazione», attività disciplinata dall’intero art. 26 del Codice, articolata in differenti accertamenti con elencazione non esaustiva (come si evince dall’utilizzo dell’inciso “in particolare”, nel comma 4), rilevando che la richiesta di parere cita testualmente l’«art. 26 lettera C)» senza ulteriore precisazione, la Sezione ritiene dare risposta nei seguenti termini:

 

a) non sussistono indici normativi a sostegno della ipotesi di incentivabilità della sola attività complessivamente intesa, potendosi ben ammettere che la medesima attività sia suddivisa in sottofasi, ognuna delle quali risulti astrattamente incentivabile, evidentemente per quota parte;

 

b) le attività da incentivare devono essere caratterizzate in concreto da quella particolare “complessità” che consenta di derogare al principio di onnicomprensività della retribuzione già in godimento;

 

c) l’assenza di complessità, ad es. in relazione alla non incentivabilità delle funzioni tecniche finalizzati alla realizzazione di lavori di manutenzione[27], rafforza il requisito e il convincimento descritto della necessaria presenza di un’attività che richieda un quid superiore rispetto alle ordinarie prestazioni (peraltro giustificabile da una professionalità specifica che richiederebbe un’apposita abilitazione professionale), ovvero, quelle che non esigono un supporto istruttorio rilevante, oltre alla sola elencazione prestazionale, come la semplice adesione ad una convenzione Consip[28];

 

d) la determinazione ex ante dei «criteri e le modalità per la riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro» nel caso di «eventuali incrementi dei tempi o dei costi» collega necessariamente l’erogazione dell’incentivo al completamento dell’opera o all’esecuzione della fornitura o del servizio oggetto dell’appalto in conformità ai costi ed ai tempi prestabiliti.

 

Orbene, la collocazione sistematica dei requisiti e lo svolgimento dell’attività di verifica da parte dagli «uffici tecnici delle stazioni appaltanti», richiede di acclarare la presenza o meno delle limitazioni e requisiti imposti dai commi 6 e 7 dell’art. 26 del d.lgs. n. 50/2016, sia in termini di valori (importi) e professionalità esigibile (dotati, cioè di una abilità specifica) che in relazione alle incompatibilità oggettive (nessun coinvolgimento) nello svolgimento dell’attività di verifica (c.d. virgin mind)[29].

 

L’art. 26, comma 6, lettera c) del Codice individua gli «uffici tecnici delle stazioni appaltanti», inciso quest’ultimo che, tuttavia, annota la Corte, preso isolatamente, non rappresenta un sicuro indice normativo di risoluzione circa la questione se risultino incentivabili o meno i dipendenti pubblici facenti parte degli uffici tecnici di una Amministrazione diversa dalla stazione appaltante, che con un ragionamento a contrario ne conferma l’incentivabilità della prestazione per i propri dipendenti (dato già di per sé significativo di un’identità della debenza).

 

10. Il dipendente in convenzione

 

Stabilità l’incentivabilità della prestazione di verifica preventiva del progetto, viene affrontata la possibilità di riconoscere il quantum anche al dipendente pubblico posto in ausilio ad altra Amministrazione, in convenzione o scavalco condiviso[30], quali l’assegnazione temporanea di personale, di cui all’articolo 23 bis, comma 7, del d.lgs. 165/2001 o l’avvalimento, disciplinato dal comma 124 della legge n. 145 del 2018.

 

Giova rammentare, a tal proposito, a livello generale il primo comma dell’art. 30 del d.lgs. n. 267/2000 ammette «al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni» spingendosi alla piena condivisione del personale dove all’ultimo comma del cit. art. 30 si stabilisce che le convenzioni «possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l’esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all’accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all’accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti».

 

La convenzione consente forme associate e condivise di funzioni, attività e personale, attuando una forma di cooperazione fra due Enti pubblici nell’adempimento di compiti di interesse pubblico, senza far ricorso a professionalità esterne, non appartenenti ai propri servizi[31], dovendo affermare che l’“esternalizzazione” del servizio tecnico comunale, o parte di esso (comprese le attività di verificazione), può avvenire solo mediante ricorso agli istituti previsti dall’art. 30 (convenzioni) e dall’art. 33 (esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni) del d.lgs. n. 267/2000[32].

 

A ben vedere anche la centrale di committenza costituisce un modulo procedimentale di concentrazione e semplificazione amministrativa, attraverso il quale più Amministrazioni pubbliche esternalizzano e centralizzano le procedure di acquisti e/o di aggiudicazioni di appalti e/o di stipulazione di accordi quadro destinati ad altre Amministrazioni aggiudicatrici, con personale messo a disposizione della centrale di committenza a mezzo di un preventivo accordo/convenzione[33].

 

In ogni caso, la questione sulle modalità di convenzionamento non viene approfondita per non interferire sulle scelte operative dell’Amministrazione (sulle modalità di gestione attiva preclusa alla Corte se non di carattere generale), affrontando invece i requisiti contabili e regolamentari per la verifica delle condizioni generali per l’incentivabilità, della prestazione del «tecnico dipendente pubblico posto in ausilio all’amministrazione appaltante», osservando «che gli indici normativi a disposizione non sembrano negare in alcun modo la possibilità di incentivare il dipendente di altra amministrazione a fronte dello svolgimento di funzioni tecniche».

 

Il modello organizzativo – mediante accordo (rectius convenzione) – non distingue nella sostanza la prestazione lavorativa del dipendente, quanto semmai le modalità dislocate in un ambito più esteso, da ricomprendere l’Amministrazione aderente, la quale usufruirà del servizio in convenzione, senza limiti di competenza funzionale o di prestazione, da parte della risorsa umana utilizzata.

 

Il convincimento sulla scelta interpretativa, annota la Corte, è desumibile dalla lettura della estensiva dell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 dove individua:

 

a) al comma 2 nelle «amministrazioni aggiudicatrici»[34] i soggetti che possono destinare compensi incentivanti per funzioni tecniche «svolte dai dipendenti delle stesse»;

 

b) al comma 3, quarto periodo, si afferma che «gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente, anche da diverse amministrazioni, non possono superare l’importo del 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo», ammettendo per implicito la possibilità per il dipendente pubblico di essere remunerato per funzioni tecniche anche da parte di altre Amministrazioni aggiudicatrici;

 

c) il comma 5, per i dipendenti della centrale unica di committenza diversi dall’Amministrazione richiedente, «può essere riconosciuta… una quota parte, non superiore ad un quarto, dell’incentivo previsto dal comma 2» per i dipendenti interni alle P.A., avvalorando la possibilità di un riconoscimento di tutte le attività utili all’espletamento «di procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture per conto di altri enti» (su questo aspetto la Corte si sofferma a dire che «una differente interpretazione potrebbe indurre a ritenere che la disposizione… abbia voluto ricomprendere nel proprio ambito applicativo solo quelle funzioni tecniche la cui disciplina puntuale ammetta poi esplicitamente l’incentivabilità di dipendenti esterni alla stazione appaltante»).

 

In effetti, l’estensione dell’incentivo, anche qualora il dipendente presti la propria attività verso altra Amministrazione, è coerente con la ratio originaria della norma, la quale – per ragioni di contenimento della spesa – privilegia prioritariamente gli affidamenti interni prima di ricorrere a professionalità esterne (con aggravio di bilancio), con analogo riferimento all’art. 7, «Gestione delle risorse umane», comma 6 del d.lgs. n. 165/2001 per le consulenze)[35], per poi espandere l’aspetto valoriale dell’accrescimento dell’efficienza della spesa attraverso l’incentivazione di un novero di attività, anche puramente amministrative, pur sempre funzionali alla realizzazione di appalti: «tale finalità non sembra in effetti in alcun modo contraddetta dal ricorso a professionalità reperibili nell’ambito dei soggetti qualificati come amministrazioni aggiudicatrici».

 

A sostenere ulteriormente il ragionamento seguito il dato normativo emergente dall’art. 102, comma 6, dove si prevede che «per effettuare le attività di collaudo sull’esecuzione dei contratti pubblici… le stazioni appaltanti nominano tra i propri dipendenti o dipendenti di altre amministrazioni pubbliche da uno a tre componenti con qualificazione rapportata alla tipologia e caratteristica del contratto», stabilendo che:

 

a) «il compenso spettante per l’attività di collaudo è contenuto, per i dipendenti della stazione appaltante, nell’ambito dell’incentivo di cui all’articolo 113», ossia, nel caso del dipendente dell’Amministrazione procedente;

 

 

 

b) «mentre per i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche è determinato ai sensi della normativa applicabile alle stazioni appaltanti e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 61, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», ossia, per i dipendenti esterni all’Amministrazione procedente.

 

 

 

Dalla norma del sesto comma, dell’art. 102 del Codice dei contratti pubblici, si confermano le argomentazioni poste nel senso di una deroga al principio generale, ribadendo «che esso va individuato nella incentivabilità del dipendente di altra amministrazione aggiudicatrice», peraltro una diversa prospettazione indurrebbe a celare una palese disparità di trattamento tra prestazioni identiche (in violazione più elementari regole del diritto del lavoro, ex artt. 3 e 36 Cost.), dove se svolte per l’Amministrazione di appartenenza sono remunerate, mentre se prestate per un’altra Amministrazione, in convenzione, sarebbero gratuite (una discriminazione non apparente).

 

 

 

Il costrutto complessivo non può che ricoprire tutti gli ambiti della prestazione, di cui al comma 2, dell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016, in relazione all’attività di verifica della progettazione, ai sensi dell’art. 26 del cit. Codice.

 

11. Il principio di diritto

 

Alla luce delle considerazioni che precedono, la sez. controllo della Corte dei conti per l’Emilia – Romagna postula il seguente principio di diritto: «l’attività di verifica preventiva della progettazione di cui all’art. 26 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, svolta dai soggetti o dal soggetto individuati dal comma 6 dell’art. 26 nel rispetto delle condizioni di incompatibilità di cui al successivo comma 7, nonché caratterizzata in concreto da una particolare complessità che consenta di derogare al principio di onnicomprensività della retribuzione già in godimento, è incentivabile a norma dell’art. 113 del medesimo decreto legislativo, ricorrendone le condizioni generali elencate al punto 2.1 in diritto, anche a favore del dipendente pubblico di altra amministrazione aggiudicatrice posto in ausilio della stazione appaltante».

 

 

 

Le condizioni possono essere riassunte:

 

a) presenza di un regolamento interno sull’incentivo;

 

b) imputazione finanziaria (per singolo intervento e nel quadro economico), con le modalità e i criteri di ripartizione del fondo (vincolato) stabilito in sede di contrattazione decentrata integrativa;

 

c) la necessaria procedura di gara;

 

d) erogazione al singolo dipendente non eccedente al tetto annuo lordo del 50% del trattamento economico complessivo.

 

La Corte dei Conti, sez. controllo Emilia – Romagna, con la deliberazione n. 87/2020, entra in modo cangiante e direttamente, seppure soffermandosi un profilo specifico, in una serie di questioni di immediata rilevanza, chiarendo i termini e i presupposti per procedere alla liquidazione dell’incentivo sulle attività tecniche, in relazione sia all’apporto del singolo che ai servizi in convenzione (modalità sempre più vissuta in ambito locale, anche in relazione alla carenza di personale), risolvendo una serie di profili e dubbi interpretativi, che spaziano in una molteplicità di argomenti attinenti alle prestazioni tecniche, le cui ricadute sono diverse, si veda, ad es. i collaudi e il diverso trattamento in termini di liquidazione rispetto all’Amministrazione propria o diversa.

 

Seguendo il percorso logico e sistematico si può validamente giungere ad un quadro completo di riferimento normativo e giurisprudenziale la cui volontà del Legislatore di incentivare il lavoro del personale dipendente, e allo stesso tempo di ridurre la spesa pubblica senza dimenticare che la prestazione fornita aumenta l’efficienza dell’azione amministrativa, qualificando le risorse umane interne, innervando il principio costituzionale di buon andamento (ex art. 97 Cost.), come declinato dall’art. 1 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, osservando, a margine, che non sembra esserci spazio per alcuna distinzione relativa alla tipologia di appalto e alla natura, corrente o di investimento, della spesa che lo finanzia[36].

 

La possibilità di remunerare le funzioni tecniche, secondo le tassativamente tipologie previste dalla norma, avvalora la natura sinallagmatica dell’incentivo, assumendo autonomo rilievo, rispetto alla stipula del contratto, il momento di effettivo svolgimento dell’attività con il relativo accantonamento delle risorse, non potendo impegnare ex post, ossia in un successivo esercizio, risorse riferibili ad obbligazioni già scadute in quanto di competenza dell’esercizio precedente, in coerenza con il momento effettivo dell’attività svolta (in piena adesione con l’intera struttura dell’incentivo).

 

Gli incentivi fanno capo al «medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture», ex comma 5 bis dell’art. 113 del Codice dei contratti pubblici, previsione che «impone che l’impegno di spesa, ove si tratti di opere, vada assunto nel titolo II della spesa, mentre, nel caso di servizi e forniture, deve essere iscritto nel titolo I, ma con qualificazione coerente con quella del tipo di appalti di riferimento»[37].

 

Il pronunciamento si presta per una completa calibratura dell’impianto generale per erogare legittimamente l’incentivo per le funzioni tecniche delle attività afferenti al Codice dei contratti pubblici, a garanzia dell’effettività del principio dell’equilibrio dinamico di bilancio, elevato dall’art. 81 Cost. a principio di sana amministrazione[38], nonché per accelerare gli investimenti e semplificare il quadro normativo, ridando efficienza ad un sistema degli “appalti pubblici” che dovrebbe rilanciare l’economia e lo sviluppo del Paese (anche in epoca Codiv-19).

 

 

 

[1] Corte Conti, sez. contr. Lombardia, delibera 111 del 9 settembre 2020.

 

[2] Corte Conti, sez. contr. Emilia – Romagna, deliberazione 10 aprile 2020, n. 30 e 30 aprile 2020, n. 33.

 

[3] Cfr. Corte Conti, sez. giur. Abruzzo, 3 aprile 2002, n. 162, ove si chiarisce che qualora non rinvenibili nell’ambito delle risorse umane dell’Amministrazione la professionalità necessaria sia possibile fare ricorso all’affidamento di incarichi esterni

 

[4] Corte Conti, sez. contr. Liguria, deliberazione 23 dicembre 2019, n. 122.

 

[5] In tema di dirigenza pubblica, la misura economica deve trovare necessario fondamento nella contrattazione collettiva, neppure può ritenersi configurabile una responsabilità per inadempimento dell’Amministrazione nei confronti del dipendente per non essere pervenuta alla conclusione del contratto collettivo, Cass. civ., sez. lavoro, 7 agosto 2019, n. 21166.

 

[6] Corte Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 7/SEZAUT/2014/QMIG del 15 aprile 2014.

 

[7] È compito dell’Ente, nell’iter di adozione del preventivo ed obbligatorio regolamento, nell’ambito della propria autonomia, disciplinare criteri e modalità di svolgimento delle prestazioni, Corte Conti, sez. contr. Abruzzo, deliberazione 23 dicembre 2019, n. 178.

 

[8] Infatti, l’obbligazione nei confronti del personale incentivato si costituisce nel momento in cui, con il relativo regolamento dell’Amministrazione, vengono individuati i soggetti incaricati di svolgere le attività, Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione 7 novembre 2019, n. 320.

 

[9] Cass. civ., sez. lavoro, 28 maggio 2020, n. 10222.

 

[10] Cfr., Corte Conti, sez. contr. Lombardia, deliberazione n. 310/PAR/2019; Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione n. 72/PAR/2019 e n. 353/PAR/2016; Corte Conti, sez. Autonomie, deliberazioni n. 6/QMIG/2018 e n. 2/QMIG/2019.

 

[11] Corte Cont, sez. contr. Lombardia, deliberazione n. 333/2016/PAR del 16 novembre 2016.

 

[12] Vedi, Corte Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 6/SEZAUT/2018 del 26 aprile 2018, dove è stato chiarito come la contabilizzazione prescritta dal legislatore consenta di desumere l’esclusione di tali risorse dalla spesa del personale e dalla spesa per il trattamento accessorio.

 

[13] La corretta contabilizzazione delle spese per l’incentivo implica il riferimento agli stanziamenti riguardanti l’opera complessiva, alla quale, in definitiva, l’attività progettuale è funzionalmente correlata, Corte Conti, sez. contr. Liguria, deliberazione 28 luglio 2020, n. 66.

 

[14] Corte Conti, sez. Riunite in sede di controllo, deliberazione n. 51/2011/CONTR del 4 ottobre 2011.

 

[15] Corte Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 15/2019/QMIG del 25 giugno 2019.

 

[16] Corte Conti, sez. giur. Campania, sentenza n. 1396 del 31 agosto 2011 e sez. contr. Abruzzo, deliberazione n. 53/2017/PAR del 23 marzo 2017.

 

[17] Gli incentivi, che «fanno carico agli stanziamenti previsti per i singoli appalti di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti», rispondono all’esigenza di remunerare le attività dirette ad assicurare l’efficacia della spesa e l’effettività della programmazione a tutti quei soggetti che, a vario titolo, partecipano alle diverse fasi del procedimento di spesa, dalla programmazione all’esecuzione del contratto, escludendo l’applicazione degli incentivi alla progettazione, come era previsto in origine, Corte Conti, sez. contr. Toscana, deliberazione 14 dicembre 2017, n. 186.

 

[18] Corte Conti, se. contr. Veneto, deliberazione 7 gennaio 2019, n. 1; Corte Coti, sez. contr. Lombardia, deliberazione 16 novembre 2016, n. 333.

 

[19] Si tratta del principio dell’accessorietà rispetto alla spesa principale, della quale seguono l’iscrizione in bilancio, nel rispetto del principio della competenza finanziaria potenziata che postula, ai fini dell’assunzione dell’impegno, il momento di effettivo svolgimento dell’attività, Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione 7 novembre 2019, n. 320.

 

[20] La giurisprudenza contabile è concorde nell’escludere l’incentivabilità di funzioni o attività diverse da quelle considerate dall’art. 113, comma 2, del decreto legislativo n. 50/2016, Corte Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 18/SEZAUT/2016/QMIG; Corte Conti, sez. contr. Puglia, deliberazione n. 204/2016/PAR; Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione n.134/2017/PAR. Tale orientamento al fine di evitare un ingiustificato ampliamento dei soggetti beneficiari dell’incentivo stesso, con il ragionevole rischio di elusione del limite espressamente posto dall’art. 113, comma 2, ultimo periodo, che a chiare lettere riconduce, e circoscrive, gli incentivi per gli appalti di lavori, servizi o forniture alle ipotesi sopra rappresentate, Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione n. 121 del 15 settembre 2020. In questo ultimo parere, la Corte chiarisce anche che la disciplina in deroga introdotta con l’art. 1 decreto-legge n. 76/2020 è distretta interpretazione e non consente alcun effetto estensivo del regime derogatorio, che possa autorizzare alcun riflesso di modificazione della portata letterale dell’art. 113, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 il quale rimane invariato ed inderogabile nel riferimento alla gara e/o alla procedura comparativa e nella specificazione delle prestazioni tecniche incentivabili.

 

[21] Conte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione 12 aprile 2017, n. 338.

 

22] Corte Conti, sez. contr. Liguria, deliberazione, 21 dicembre 2018, n. 136 e Corte Conti, sez. contr. Lombardia, 10 maggio 2017, n. 190. L’indefettibile presupposto è l’esperimento, a monte, di una “gara”, poiché in mancanza di tale requisito non può esservi l’accantonamento delle risorse nel fondo, Corte Conti, sez. contr. Emilia – Romagna, deliberazione n. 30/2020, idem Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione n. 455/2018; Corte Conti, sez. contr. Lazio, deliberazione n. 57/2018/PAR.

 

 

 

[23] Corte Conti, sez. contr. Lombardia, deliberazione n. 310/PAR/2019; Corte Conti, sez. contr. Lazio, deliberazione n. 57/PAR/2018.

 

[24] Corte Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 15/QMIG/2019.

 

[25] Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione 22 gennaio 2020, n. 20; Corte Conti, sez. contr. Lombardia, 21 novembre 2019, n. 429 e 18 luglio 2019, n. 311; Corte Conti, sez. contr. Liguria, 23 dicembre 2019, n. 122.

 

[26] Corte Conti, sez. contr. Liguria, deliberazione 23 dicembre 2019, n. 122.

 

[27] Cfr. Cons. Stato, parere dell’11 ottobre 2018, n. 2324, «schema di regolamento concernente norme per la ripartizione degli incentivi per funzioni tecniche ai sensi dell’art. 113 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50», ove si rileva che i «lavori (puntuali) di manutenzione ordinaria (che non si collochino entro un più ampio quadro di global service e di facility management) non sembrano giustificare “attività tecniche” del tipo preso in considerazione dall’art. 113 del codice dei contratti tali da consentire l’applicazione degli incentivi». Si richiama, anche, l’esclusione dei lavori di manutenzione dall’ambito applicativo dell’incentivo, segnalando un orientamento (non costante) della Corte Conti, sez. contr. Veneto, 12 maggio 2017, n. 338; Corte Conti, sez. contr. Marche, 27 aprile 2017, n. 52; Corte Conti, sez. contr. Umbria, 26 aprile2017, n. 51; Corte Conti, sez. contr. Puglia, 24 gennaio 2017, n. 5, «nel senso della negazione dell’incentivo anche nei casi di manutenzione straordinaria».

 

[28] Cfr. Corte Conti, sez. contr. Lombardia, deliberazione n. 185/2017/PAR del 9 giugno 2017; Corte Conti, sez. contr. Toscana, deliberazione n. 19/2018/PAR del 27 marzo 2018 e Corte Conti, sez. contr. Veneto con deliberazione n. 72/2019/PAR del 9 aprile 2019.

 

[29] Cfr. similare ed espressione del principio di imparzialità che deve assistere i componenti del seggio di gara, ossia la totale mancanza di un pregiudizio nei riguardi dei partecipanti alla gara stessa, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 29 giugno 2017, n. 1074.

 

[30] Il c.d. “scavalco condiviso”, ex art. 14 del CCNL Regioni e Autonomie Locali del 22 gennaio 2004, anche con oneri finanziari a carico dell’Ente utilizzatore; l’istituto consente l’utilizzo parziale di un lavoratore che presta il proprio lavoro in favore di altro ente mantenendo in essere il rapporto d’impiego con l’Amministrazione originaria, rapporto disciplinato da una convenzione dove si definiscono i riparti della spesa complessiva e la quota a carico dell’utilizzatore, Corte Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 10 del 29 maggio 2020. Vedi, anche, Corte Conti, sez. contr. Molise, deliberazione 7 aprile 2017, n. 109, ove si relaziona sull’istituto dello “scavalco condiviso” (ex art. 53, comma 1, d.lgs. n. 165/2001; per gli Enti locali, ex art. 1, comma 58 bis della legge n. 662/1996) e dello “scavalco d’eccedenza” (ex art. 1, comma 577, della legge n. 311/2004).

 

[31] Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2016, n. 3861.

 

32] Corte Conti, sez. contr. Liguria, deliberazione 30 luglio 2015, n. 61.

 

[33] Vi sono anche altri istituti negoziali, quali il comando o il distacco. Il primo, descrive il fenomeno per cui il pubblico impiegato, titolare di ruolo presso una Pubblica Amministrazione viene temporaneamente assegnato a prestare servizio presso altra Amministrazione, nell’interesse dell’Amministrazione di destinazione; il secondo, si presenta come un’utilizzazione temporanea del dipendente presso un ufficio diverso da quello che costituisce la sua sede ordinaria di servizio, svolgendo la prestazione lavorativa a beneficio dell’Amministrazione di appartenenza e datrice di lavoro. Tali istituti non incidono sullo stato giuridico del pubblico dipendente, né comportano il sorgere di un nuovo rapporto di impiego con l’ente di destinazione, ma lasciano inalterato quello originario alla cui disciplina il dipendente rimane sottoposto, con la sola evidente eccezione concernente il rapporto gerarchico nel quale, all’ente di appartenenza, si sostituisce quello di destinazione, T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 2 settembre 2008, n. 8008. Si rinvia, per ulteriore approfondimento, LUCCA – ZANON, L’istituto del comando: aspetti vecchi e nuovi alla luce degli orientamenti giurisprudenziali e nell’evoluzione normativa del Comparto delle Autonomie locali, LexItalia.it, 2014, n. 9.

 

[34] Ai sensi dell’art. 3, «Definizioni», comma 1, lettera a) del Codice dei contratti pubblici per «amministrazioni aggiudicatrici» deve intendersi «le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti». Le associazioni tra Enti locali – a seguito di apposita convenzione – rientrano nella categoria delle «amministrazioni aggiudicatrici», ANAC, delibera n. 6 del 10 gennaio 2018.

 

[35] L’assenza di professionalità dovrà essere dichiarata a seguito di un accertamento concreto che si manifesta con una attestazione delle circostanze oggettive che consentono di rivolgersi all’esterno, assolvendo alla funzione di salvaguardare gli apparati amministrativi sotto i profili dell’imparzialità e il buon andamento dei pubblici uffici (ex art. 97 Cost.), che devono eseguire i servizi con il proprio personale, in relazione al cit. supra principio di “autosufficienza”, Corte Conti, sez. giur. Lazio, 1/26 giugno 2006, n. 1857. Ricorrendo all’esterno il soggetto dovrà possedere la professionalità richiesta, vedi, LUCCA, La natura specialistica dell’attività, in Incarichi di consulenza e di servizi legali, Santarcangelo di Romagna, 2020, pag. 102.

 

[36] Opinando diversamente, si introdurrebbe in materia una distinzione fra le diverse tipologie di appalto pubblico che non trova fondamento nel dato normativo, Corte Conti, sez. contr. Puglia, deliberazione n. 52/2019/PAR; la sez. afferma, altresì, che per le ipotesi di appalti di servizi e forniture, una specifica condizione è posta dall’ultimo inciso del comma 2, dell’art. 113 del Codice, che limita gli emolumenti incentivanti al «caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione». Si richiama, sul punto, Linee guida ANAC n. 3, «Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni», laddove la nomina del direttore dell’esecuzione del contratto, quale soggetto diverso dal RUP, è richiesta per gli appalti di importo superiore a una determinata soglia, ovvero connotati da profili di complessità (§ 10.2).

 

[37] Corte Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 6/SEZAUT/2018/QMIG.

 

[38] Corte Conti, sez. contr. Piemonte, deliberazione, 19 marzo 2019, n. 25.

ALLEGATO:

Nessun tag inserito.

Torna in alto