20/11/2015 – Contratti pubblici: Cantone interviene sull’utilizzo improprio delle proroghe/rinnovi

Contratti pubblici: Cantone interviene sull’utilizzo improprio delle proroghe/rinnovi

 

Nella Nota si evidenzia che l’A.N.AC. ha concluso un’indagine sulle motivazioni dell’utilizzo di questa procedura, sviluppata su un campione significativo di 39 stazioni appaltanti.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, sul sito istituzionale, ha pubblicato in data 18 novembre il Comunicato 4.11.2015 del Presidente Raffaele Cantone, avente ad oggetto l’utilizzo improprio delle proroghe/rinnovi di contratti pubblici.

Nella Nota si evidenzia che l’A.N.AC. ha concluso un’indagine sulle motivazioni dell’utilizzo di proroghe sviluppata su un campione significativo di 39 stazioni appaltanti che fanno parte di vari servizi sanitari regionali e relativa a contratti di lavanolo, pulizie e ristorazione.

Dall’indagine – riferita a 78 contratti più volte prorogati – è emersa una durata media di 36 mesi (da 9 a 72 mesi) e solo 35 contratti prevedevano opzioni, mediamente di circa 30 mesi (da 9 a 48) pari all’85% della durata media dei contratti originari, con opzioni di durata che oscilla dal 33% a 150% della durata contrattuale originaria.

La misurazione delle proroghe dei contratti oggetto di analisi ha evidenziato una sommatoria complessiva di 5694 mesi di proroghe che rappresentano ben il 203% delle durate originarie (2804 mesi) ed il 149% delle durate originarie incrementate dalle opzioni previste (3827 mesi).

Sul già sorprendente dato medio di 73 mesi di proroghe “tecniche”, pari a poco più di 6 anni, spiccano i casi limite; in ben 18 casi è stata superata la percentuale del 300% (da un contratto di durata di 36 mesi prorogato per altri 112 mesi, pari al 311%, al caso estremo di un contratto di 12 mesi prorogato per ben 158 mesi pari a più di 13 volte la durata originaria).

Le proroghe rilevate sono state classificate in gruppi di motivazioni – nella pur ampia eterogeneità delle affermazioni rinvenibili nella documentazione acquisita (relazioni ed atti) consultabili nel testo integrale in calce.

Nella tabella (sempre consultabile nel testo in calce) si evidenzia come la assoluta maggioranza (70% ca) delle proroghe è imputabile alla difficoltà delle stazioni appaltanti di predisporre gli atti di gara e a svolgere le gare garantendo il corretto avvicendamento degli affidatari.

La seconda motivazione comprende i casi relativi a mutamenti del quadro normativo sia nazionale (1% ca) che regionale (8% ca).

Significativa è la percentuale dell’8% dei casi di proroga tecnica imputabili ad una sorta di cortocircuito determinato dalla regolazione regionale che impedisce nuove gare agli enti, ma al contempo le centrali di acquisto avviano e completano con forti ritardi le gare di loro competenza.

Da ultimo si rileva come sia minimo (1% ca) l’effetto delle vicende giudiziarie sulla origine delle proroghe tecniche.

Fenomeni emergenti dall’indagine. La posizione dell’Autorità.

L’analisi dei dati riportati ed ancor più la lettura degli atti autorizzativi delle proroghe, ha consentito di individuare un utilizzo distorto delle proroghe “tecniche” così come previste dalla elaborazione giurisprudenziale e dall’Autorità.

Sull’istituto della proroga e del rinnovo, l’Autorità è intervenuta in numerosi casi; con la deliberazione n. 34/2011, ha chiarito che la proroga – oggetto di numerose pronunce da parte della giustizia amministrativa – è un istituto assolutamente eccezionale ed, in quanto tale, è possibile ricorrervi solo per cause determinate da fattori che comunque non coinvolgono la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice.

Al di fuori dei casi strettamente previsti dalla legge (art. 23, legge n. 62/2005) la proroga dei contratti pubblici costituisce una violazione dei principi enunciati all’art. 2 del d.lgs. 163/2006 e, in particolare, della libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza.

La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro. Una volta scaduto un contratto, quindi, l’amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara (Cons. di Stato n. 3391/2008).

Quanto al rinnovo, è stato chiarito che a seguito dell’intervento abrogativo dell’art. 23 della legge n. 62/2005 (c.d. legge comunitaria 2004), nei confronti della legge n. 537/1993, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario attribuisce al divieto di rinnovo dei contratti di appalto scaduti una valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni della normativa nazionale che consentono di eludere il divieto di rinnovazione dei contratti pubblici.

Tuttavia, l’Autorità ha rilevato residuali margini di applicabilità del rinnovo espresso a determinate condizioni e nel rispetto dei principi comunitari di trasparenza e par condicio alla base dell’evidenza pubblica.

In particolare, l’art. 57 comma 5 lett. b) del d.lgs. n. 163/2006 ripristina indirettamente la possibilità di ricorrere al rinnovo dei contratti, ammettendo la ripetizione dei servizi analoghi, purché tale possibilità sia stata espressamente prevista e stimata nel bando e rientri in determinati limiti temporali (cfr. Parere n. 242/2008; Deliberazione n. 183/2007 della ex Avcp).

Ma, soprattutto, condizione inderogabile per l’affidamento diretto dei servizi successivi è che il loro importo complessivo stimato sia stato computato per la determinazione del valore globale del contratto iniziale, ai fini delle soglie di cui all’art. 28 del citato d.lgs. 163 e degli altri istituti e adempimenti che la normativa correla all’importo stimato dell’appalto.

Proroga tecnica come ammortizzatore pluriennale di inefficienze

La corretta programmazione delle acquisizioni di beni e servizi e delle attività di gara, volte ad assicurare il regolare e tempestivo avvicendamento degli affidatari, non traspare in alcun modo dalle relazioni analizzate.

Per quanto l’art. 271, comma 1 del Regolamento n. 207/2010 stabilisca la facoltà della programmazione dell’acquisto di beni e servizi, il sistematico mancato utilizzo dello strumento della programmazione comporta, tra le varie conseguenze, anche l’assenza della definizione di termini, seppur semplicemente programmatori, di avvio delle procedure di selezione del nuovo affidatario.

Impatto dei processi di riorganizzazione

Nella descrizione corale ricavabile dalle relazioni e atti esaminati è costante la descrizione di una attività di continuo rimescolamento dei modelli organizzativi degli enti appaltanti.

Dalle relazioni si desume come, nel decennio passato, la ricerca di efficienza degli enti del servizio sanitario, resa ancora più acuta dal diminuire delle risorse disponibili, si stia attuando con un caotico susseguirsi di iniziative che alternano modelli organizzativi differenziati.

Forme di acquisto centralizzate/associate

La chiara indicazione del legislatore, sia nazionale che della stragrande maggioranza delle regioni, di obbligare gli enti del servizio sanitario a forme di acquisto sempre più unificate ove non attuata attraverso una specifica programmazione, ha di fatto determinato, nelle situazioni monitorate, effetti distorsivi.

La normativa inoltre spesso contiene divieti assoluti per le stazioni appaltanti di procedere in autonomia a nuove procedure.

Quanto evidenziato sull’uso improprio delle proroghe, può assumere profili di illegittimità e di danno erariale, allorquando le amministrazioni interessate non dimostrino di aver attivato tutti quegli strumenti organizzativiamministrativi necessari ad evitare il generale e tassativo divieto di proroga dei contratti in corso e le correlate distorsioni del mercato.

Per saperne di più rispetto alla sintesi sopra riportata:

vai al testo integrale del Comunicato

Fonte: A.N.AC.

 

 

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