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Spoils system alla Consulta

Di Luigi Oliveri
 

 

L’incostituzionalità della decadenza automatica dei dirigenti derivante dall’insediamento di un nuovo vertice politico-amministrativo torna d’attualità e mette in seria discussione l’impianto della riforma Madia.

La Corte di cassazione, sezione lavoro, con ordinanza 15 luglio 2016, n. 14593 indirettamente entra nel dibattito aperto sulla riforma della dirigenza, sollevando la questione di legittimità costituzionale relativamente all’articolo 9, comma 6, delta legge reg. Friuli Venezia Giulia del 3 marzo 1998, n. 6, nella parte in cui, appunto, dispone la decadenza automatica dei dirigenti dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.

La Sezione lavoro fa sue e riprende le motivazioni con le quali la Corte costituzionale esprime da anni un indirizzo giurisprudenziale fortemente contrario agli elementi di spoils system che vìolino l’articolo 97 della Costituzione in tema di accesso agli impieghi pubblici mediante concorsi e, soprattutto, il principio di continuità dell’azione amministrativa.

Tale indirizzo, ricorda la Cassazione citando alcune delle sentenze più rilevanti pronunciate dalla Consulta, afferma che meccanismi di decadenza automatica, se riferiti a dirigenti preposti alla direzione di uffici amministrativi per la cui scelta l’ordinamento non attribuisce, in ragione della loro funzioni, rilievo esclusivo o prevalente al criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell’organo che nomina, pregiudicano la continuità dell’azione amministrativa oltre ad introdurre altri elementi problematici.

In primo luogo, la parzialità del dirigente, se scelto in relazione all’orientamento politico; inoltre, la sottrazione del dirigente dichiarato decaduto dalle garanzie del giusto procedimento, a causa del fatto che la decadenza automatica svincola la rimozione del dirigente dall’accertamento oggettivo dei risultati conseguiti. Indirettamente queste affermazioni, ormai pacifiche nella giurisprudenza costituzionale, incidono sulla riforma della dirigenza, in elaborazione frenetica in questi giorni. La legge 124/2015, infatti, pur non prevedendo ipotesi di decadenza automatica dei dirigenti connessa all’insediamento di nuovi organi di governo, di fatto estende a dismisura la lesione del principio di continuità dell’azione amministrativa. Infatti, si prevede una durata degli incarichi dirigenziali al massimo di quattro anni, prorogabili di altri due in caso di valutazioni positive, dopo di che si ha la decadenza necessaria dall’incarico e la collocazione a disposizione dei ruoli dirigenziali, a prescindere da qualsiasi valutazione dei risultati conseguiti. La riforma Madia, insomma, così come pensata espone tutti i dirigenti all’assenza di incarico per fatti del tutto casuali, come la scadenza dell’incarico e la mancata nomina per nuovi incarichi, del tutto estranei alle vicende del rapporto di lavoro, proprio perché l’assenza dell’incarico dirigenziale non sarebbe giustificata da ragioni aziendali o soggettive, come valutazioni concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi o il verificarsi di cause che legittimerebbero la risoluzione per inadempimento del rapporto.

Anzi, paradossalmente la riforma porrebbe sullo stesso piano tanto i dirigenti rimasti senza incarico per scadenza naturale del termine, quanto i dirigenti privati dell’incarico in conseguenza di valutazioni negative: in entrambi i casi i dirigenti si ritroverebbero a languire nei ruoli unici, privi della retribuzione di posizione e risultato (che va dal 40% al 70% circa del trattamento stipendiale complessivo a seconda degli enti e dei tipi di incarico), con la prospettiva di essere licenziati se tale condizione si prolunga per sei anni nel corso dei quali annualmente la retribuzione si riduce del 10% annuo, oppure di chiedere il demansionamento a funzionari. Simili conseguenze possono ammettersi in presenza di un giustificato motivo soggettivo. Ma, la casuale indisponibilità di determinati organi di governo ad assegnare incarichi ai dirigenti difficilmente si forma consiste nel dissociare la qualifica dirigenziale dal simmetrico obbligo degli organi di governo a reperire dai ruoli dei dirigenti i vertici da incaricare. La riforma vuole puntare sulla rotazione dei dirigenti: ma la dissociazione tra appartenenza al ruolo e diritto all’incarico (vulnerato ovviamente nel caso di valutazioni negative) non crea rotazione, ma solo quello spoils system automatico, che consente di lasciare a casa dirigenti non apertamente aderenti all’orientamento politico, senza alcun riferimento ai risultati ed alla capacità espressi nell’espletamento del loro incarico.

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