Lunga la strada per arrivare al contratto nazionale e decentrato
A. Bianco (La Gazzetta degli Enti Locali 19/7/2016)
Vi è ancora molta strada da percorrere per arrivare alla stipula dei contratti collettivi nazionali di lavoro per il triennio 2015/2017: i passi compiuti finora, con riferimento alla stipula del CCNQ sui comparti ed alla emanazione del DPCM con la quantificazione degli oneri contrattuali per Regioni ed Enti Locali, sono infatti solo una parte di quelli preliminari.
Anche per questa ragione è opportuno che si dia corso alla contrattazione decentrata e, a tal fine, le amministrazioni –e per essi i dirigenti o responsabili- devono sollecitamente costituire i fondi. In questo modo si possono inoltre evitare le conseguenze negative che derivano, a seguito della entrata in vigore della cd armonizzazione contabile, dalla mancata contrattazione e, in misura ancora maggiore, dalla mancata costituzione dei fondi, per come riassunto dai pareri delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti del Molise n. 218/2015 e del Veneto n. 263/2016.
La costituzione del fondo
Le regole per la costituzione dei fondi del personale e della dirigenza sono sempre quelle dettate dai contratti nazionali. Le novità di maggiore rilievo degli ultimi anni sono date da 2 pareri dell’ARAN dello scorso anno:
la utilizzazione dell’articolo 15, comma 5, del CCNL 1.4.1999 che consente l’incremento in caso di attivazione di nuovi servizi è consentita anche attraverso la ripetizione delle risorse in caso di obiettivi di mantenimento di miglioramenti realizzati. Lo stesso principio si può applicare ai corrispondenti incrementi del fondo dei dirigenti ex articolo 26, comma 3, CCNL 23.12.1999;
il divieto di inserimento nel fondo dei dirigenti dei risparmi derivanti dalla mancata integrale erogazione delle indennità di risultato in caso di valutazione non interamente positiva.
Si deve inoltre ricordare che, a seguito della abrogazione ex d.l. 113/2016 del vincolo per cui la incidenza delle spese per il personale non deve superare quella media del triennio 2011/2013, non è più richiesta questa condizione per l’incremento della parte variabile del fondo per la contrattazione collettiva decentrata integrativa.
Il tetto del fondo
Il fondo del 2016 non deve superare quello del 2015. Nella applicazione di questa disposizione occorre tenere conto che vi sono delle voci che non vanno conteggiate: la incentivazione del personale degli uffici tecnici, i compensi derivanti da successi con condanna dell’altra parte al pagamento delle spese legali per gli avvocati, i risparmi del fondo dell’anno precedente, i risparmi del fondo per lo straordinario dell’anno precedente, i compensi erogati dall’Istat ed i proventi dei piani di razionalizzazione di cui all’articolo 16 del d.l. n. 98/2011.
Vi sono dei dubbi sulla inclusione delle:
risorse derivanti dalle sponsorizzazioni, cessioni di servizi, consulenze (articolo 15, comma 1, lettera d), CCNL 1.4.1999 come modificato dal CCNL 5.10.2001;
proventi derivanti dalle sanzioni per le violazioni al codice della strada;
risorse destinate alla incentivazione dei dipendenti che assistono le amministrazioni nei contenziosi tributari, in caso di successo.
Vi sono poi resistenze alla applicazione delle indicazioni della deliberazione della sezione autonomie della Corte dei conti n. 26/2014, per la quale negli enti con dirigenti non si possono superare le risorse destinate al salario accessorio delle posizioni organizzative nel 2015. Si comincia in alcune amministrazioni a prevedere la possibilità di fare un unico contenitore con le risorse del fondo, del fondo per lo straordinario e di quelle destinate al salario accessorio del segretario, in modo da applicare un tetto unico. Su questa soluzione appare opportuno attendere indicazioni che lo consentano.
La riduzione del fondo
La legge di stabilità vincola gli enti alla riduzione del fondo in misura proporzionale alla diminuzione del personale, fatte salve le capacità assunzionali.
Si suggerisce l’applicazione del metodo della media aritmetica del personale in servizio nel 2015 e nel 2016, metodo messo a punto dalla Ragioneria Generale dello Stato e rilanciato nella recente circolare RGS 12/2016. Per l’applicazione delle nuove regole che consento di tenere conto del personale assumibile e quindi di ridurre il taglio, si suggerisce di dare corso alle indicazioni contenute in tale circolare, quindi di fare riferimento alla programmazione del fabbisogno, ivi comprese le risorse provenienti dai risparmi del triennio precedente. Vi è un punto da chiarire: la circolare usa la espressione fatta salva la verifica finale. A parere di chi scrive essa fa riferimento alla eventuale mancata utilizzazione delle capacità assunzionali maggiori derivanti dalla destinazione al personale in sovrannumero degli enti di area vasta. Se essa facesse riferimento al numero di dipendenti effettivamente assunti non vi sarebbero novità rispetto alla utilizzazione del metodo della media aritmetica.
La contrattazione
La contrattazione collettive decentrata integrativa deve dare corso alla ripartizione del fondo 2016. Nei casi in cui le amministrazioni lo ritengano opportuno e comunque in tutti quei casi in cui i contratti decentrati non sono ancora stati adeguati alle previsioni del d.lgs. 150/2009, cd legge Brunetta, si può dare corso alla revisione anche degli aspetti normativi.
Vi è una forte spinta in numerose realtà alla concessione di nuove progressioni orizzontali. Si raccomanda in questi casi di prestare particolare attenzione ai seguenti aspetti, anche perché a partire dal conto annuale del 2015 la corretta utilizzazione di questo istituto è monitorata dalla Ragioneria Generale dello Stato:
evitare che il numero dei beneficiari sia elevato, stante il vincolo legislativo alla quantità ridotta;
utilizzare metodi selettivi e meritocratici, ricordando che la definizione della metodologia è oggetto di semplice informazione e, a richiesta, concertazione;
garantire l’integrale e permanente finanziamento tramite la parte stabile del fondo;
evitare decorrenze retroattive.
La contrattazione nazionale
Il rinnovo dei contratti nazionali non è alle viste. Le trattative non sono state ancora neppure avviate e la definizione dei quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e la fissazione del tetto degli aumenti contrattuali per il personale ed i dirigenti degli enti locali, delle regioni e della sanità, fissando nel contempo anche la misura delle risorse aggiuntive che devono essere previste dai bilanci annuali sono solo dei passaggi preliminari.
Occorrono le direttive che devono essere impartite dal Governo e dai comitati di settore e che non sembra giungeranno in tempi brevi. Rimane tutto da accertare il consenso dei sindacati all’avvio delle trattative con queste risorse ridotte. Il Governo ha tempo fino a febbraio per esercitare la delega conferita dal Parlamento con la legge 124/2015 alla riscrittura del d.lgs. 165/2001, nel cui ambito è prevista anche la revisione delle regole sulla contrattazione collettiva.
I comparti di contrattazione
ARAN ed organizzazioni sindacali hanno firmato mercoledì 13 luglio il Contratto Collettivo Nazionale Quadro “per la definizione dei comparti di contrattazione e delle relative aree dirigenziali per il triennio 2016-2018”.
I quattro comparti e le corrispondenti aree dirigenziali sono i seguenti:
Funzioni centrali (nel quale confluiscono gli attuali comparti Ministeri, Agenzie fiscali, Enti pubblici non economici ed altri enti e, per la dirigenza, i dirigenti delle amministrazioni che confluiscono nel comparto Funzione centrali, cui si aggiungono i professionisti e i medici degli enti pubblici non economici);
Funzioni Locali (si conferma l’attuale comparto Regioni-autonomie locali per il personale e per la dirigenza quelli degli enti del comparto Funzioni locali, i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali degli enti ed aziende del comparto Sanità, i segretari comunali e provinciali);
Istruzione e ricerca, (nel quale sono compresi per il personale e per i dirigenti gli attuali comparti Scuola, Accademie e conservatori, Università, Enti pubblici di ricerca ed altri enti);
Sanità (nel quale sono compresi per il personale gli enti ed aziende dell’attuale comparto Sanità e per la dirigenza quelli del comparto ad eccezione ad eccezione dei dirigenti amministrativi, tecnici e professionali).
Il contratto prevede che vi possa essere una parte comune e “parti speciali o sezioni lavoratori di tutte le amministrazioni afferenti al comparto o all’area e da eventuali parti speciali o sezioni, dirette a normare taluni peculiari aspetti del rapporto di lavoro che non siano pienamente o immediatamente uniformabili o che necessitino di una distinta disciplina. Le stesse possono anche disciplinare specifiche professionalità che continuino a richiedere, anche nel nuovo contesto, una peculiare regolamentazione”.
Gli oneri per i rinnovi contrattuali
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 aprile 2016 “Criteri di determinazione degli oneri per i rinnovi contrattuali, ai sensi dell’articolo 1, comma 469, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016)”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 dello 8 giugno 2016, stabilisce che le regioni e gli enti locali nel bilancio preventivo del 2016 ed in quello pluriennale 2016/2018 devono inserire, per finanziare i maggiori oneri che saranno determinati per il triennio 2016/2018 dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro, un aumento del costo del personale. Esso deve essere pari allo “0,4% del monte salari utile ai fini contrattuali e costituito dalle voci retributive a titolo di trattamento economico principale e accessorio rilevate dai più recenti dati inviati in sede di conto annuale”, cioè del 2015.
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