La presenza dei debiti fuori bilancio non evidenziati nel rendiconto
Deliberazione n. 103/2019/PRSE/Bosco Chiesanuova
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL VENETO
Nell’adunanza del 13/03/2019
composta dai magistrati:
Diana Calaciura TRAINA Presidente
Maria Laura PRISLEI Consigliere
Giampiero PIZZICONI Consigliere
Tiziano TESSARO Consigliere – relatore
Amedeo BIANCHI Consigliere
Maristella FILOMENA Referendario
Marco SCOGNAMIGLIO Referendario
*****
VISTI gli artt. 81, 97, 100, 117 e 119 della Costituzione;
VISTO il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei Conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
VISTO il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei Conti con il quale è stata istituita in ogni Regione ad autonomia ordinaria una Sezione Regionale di Controllo, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000, modificato con le deliberazioni delle Sezioni Riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, e, da ultimo, con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229, del 19 giugno 2008;
VISTO il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali;
VISTA la legge 5 giugno 2003 n. 131;
VISTA la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 166 e seguenti;
VISTA la legge 31 dicembre 2009, n.196;
VISTO il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118;
VISTO l’art. 148-bis, comma 3, del TUEL, così come introdotto dalla lettera e), del comma 1 dell’art. 3, decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 213 del 7 dicembre 2012;
VISTA da ultimo, la legge 27 dicembre 2017 n. 205;
VISTA la deliberazione della Sezione delle autonomie della Corte dei conti n. 6 /SEZAUT/2017/INPR del 30 marzo 2017, recante le “Linee guida e relativo questionario per gli organi di revisione economico finanziaria degli enti locali per l’attuazione dell’articolo 1, commi 166 e seguenti della legge 23 dicembre 2005, n. 66. Rendiconto della gestione 2016”;
VISTE le proprie deliberazioni n. 903/2012/INPR e n. 182/2013/INPR;
VISTA la deliberazione n. 20/2018/INPR con la quale la Sezione ha approvato il programma di lavoro per l’anno 2018;
ESAMINATA la relazione sul rendiconto di gestione per l’esercizio finanziario 2016, redatta dall’Organo di Revisione del Comune di Bosco Chiesanuova (VR);
VISTA l’ordinanza del Presidente n.15/2019 di convocazione della Sezione per l’odierna seduta;
UDITO il Relatore, Tiziano Tessaro;
FATTO E DIRITTO
1.L’art. 1, commi 166 e 167, L. 266/2005 (Legge finanziaria 2006) stabilisce che “gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria trasmettono, alle competenti Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto dell’esercizio medesimo” (di seguito, “Questionario”) sulla base dei criteri e delle linee guida predisposte dalla Corte (Sezione delle Autonomie n. 6 /SEZAUT/2017/INPR per il rendiconto 2016).
L’art. 148-bis del D.Lgs. 267/2000, inserito nel Testo unico degli enti locali dall’art. 3 del D.L. 174/2012, esplicita le finalità del controllo de quo (“verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità dell’indebitamento, dell’assenza di irregolarità suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti.”), ne definisce l’ambito (“Ai fini di tale verifica, le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertano altresì che i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività locale e di servizi strumentali all’ente”) e stabilisce gli effetti delle relative risultanze (“Nell’ambito della verifica di cui ai commi 1 e 2, l’accertamento, da parte delle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno comporta per gli enti interessati l’obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio. Tali provvedimenti sono trasmessi alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti che li verificano nel termine di trenta giorni dal ricevimento. Qualora l’ente non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria”).
In ossequio alla natura dinamica del controllo espletato in tal sede, che impone, al fine di far emergere la concreta situazione economico-finanziaria dell’Ente, una visione prospettica degli atti del ciclo di bilancio nei vari esercizi, e in funzione dell’adozione “di effettive misure correttive funzionali a garantire il rispetto complessivo degli equilibri di bilancio” (Corte cost. 60/2013), la Sezione accerta anche criticità suscettibili di arrecare pregiudizio allo stabile mantenimento degli equilibri dell’Ente benché non integranti fattispecie di irregolarità sanzionabili nei termini sopra accennati.
Ciò doverosamente precisato e passando ora all’esame delle criticità riscontrate a seguito dell’esame della relazione redatta ai sensi dell’art. 1, commi 166 e ss., della richiamata legge n. 266/2005, dall’Organo di revisione, in relazione al conto consuntivo 2016 del Comune di Bosco Chiesanuova (VR) sono emerse una serie di criticità nell’esercizio finanziario di riferimento oggetto di rilievo. Lo scrutinio della situazione finanziaria del Comune ha richiesto in particolare uno specifico approfondimento istruttorio, sfociato in apposita nota di richiesta (prot. n. 632 del 24 gennaio 2019). I rilievi formulati s’incentravano prevalentemente sulle criticità riguardanti l’abbattimento del FCDE a rendiconto non consentito, la fragilità degli equilibri per debiti fuori bilancio e la governance sulle società partecipate.
In esito alla predetta richiesta, il Comune ha fatto pervenire, con nota prot. 1107 del 1 febbraio 2019 (prot. Cdc 916 del 5 febbraio 2018) i chiarimenti richiesti che tuttavia non hanno consentito di superare i rilievi formulati nella richiesta istruttoria.
Va preliminarmente sottolineato che il Comune di Bosco Chiesanuova era stato destinatario di apposita pronuncia per l’esercizio 2015 (n. 312/2018/PRSE), in cui la Sezione aveva proceduto a rilevare la potenziale criticità costituita dalla tardiva approvazione del rendiconto 2015, avvenuta con D.C.C. n. 14 del 6 giugno 2016, quindi successivamente ai termini stabiliti dall’art. 227 del TUEL, e dalla mancata apposizione, nell’anno 2015, al risultato di amministrazione 2015 del vincolo derivante dall’eccedenza di parte capitale e di parte dei residui passivi di parte capitale eliminati senza corrispettiva eliminazione dei residui attivi in occasione della revisione ordinaria al 31/12/2015.
Le criticità, riscontrate sulla base del questionario e dell’attività istruttoria, che vanno attentamente vagliate nella gestione del bilancio degli esercizi futuri, la cui evidenza non è venuta meno a seguito della valutazione delle argomentazioni fornite dall’ente in sede di risposta istruttoria, testimoniano della necessità di operare uno sforzo supplementare sul versante gestionale da parte dell’Ente volto a declinare in modo appropriato le esigenze sottese alla corretta applicazione dei principi contabili in chiave di tutela degli equilibri di bilancio.
Nell’esercizio qui considerato, il fondo di cassa ammonta al 31/12/2016 a € 3.054.485,75, (con una riduzione del 25% rispetto al valore al 01/01/2016), pari ad € 849,18 per abitante, ed il rapporto (Residui attivi -FCDE)/residui passivi si attesta a 1,22.
1. In particolare, così come avvenuto per l’esercizio 2015, l’Amministrazione ha approvato solo con DCC n. 23 del 5 giugno 2017, il rendiconto 2016, quindi ancora una volta oltre i termini stabiliti dall’art. 227 del TUEL.
Nel richiamare la precedente delibera n. 213/2018/PRSE, il Collegio rammenta nuovamente che il rendiconto è atto ritenuto obbligatorio dalla legge (cfr., in termini, T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 7/10/2004, n. 13591) e che dal ritardo nell’approvazione o dalla sua omissione, nei casi più gravi, può conseguire l’attivazione della procedura disciplinata dall’art. 137 del D.Lgs. n. 267/2000 e dall’art. 120, co. 2 e 3, Cost. circa l’eventuale esercizio di poteri sostitutivi degli organi, poteri attribuiti al Governo, con possibilità di intimare una diffida ad adempiere ed eventualmente nominare un commissario ad acta.
Tale atto ha natura prodromica al rendiconto del penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio, e a sua assenza potrebbe comportare rilievi di illegittimità inerenti all’attendibilità e alla veridicità del successivo bilancio di previsione, attesa la chiara espressione contenuta nell’art. 172, co. 1, lett. a), del Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. n. 267/2000) secondo cui al bilancio di previsione deve essere allegato il rendiconto deliberato.
Ulteriori limitazioni per l’ente, ope legis, si concretizzano nell’esclusivo e limitato utilizzo dell’avanzo di amministrazione “presunto”, anziché accertato (artt. 186 e 187 D.Lgs. n. 267/2000) e nell’impossibilità di ricorrere all’indebitamento attraverso la contrazione di nuovi mutui, secondo quanto stabilito dall’art. 203, comma 1, lett. a) del T.U.E.L mentre, la mancata redazione dell’apposita certificazione sui principali dati del rendiconto da parte dell’ente comporta la sospensione dell’ultima rata del contributo ordinario previsto in favore dell’ente relativamente all’anno in cui l’inadempimento è avvenuto (stante il precetto contenuto nell’art. 161, commi 1 e 3, T.U.E.L., quest’ultimo nel testo modificato dall’art. 27 co. 7, L. 28/12/2001, n. 448).
Inoltre, in via provvisoria e sino all’adempimento, la ritardata approvazione del rendiconto comporta la sospensione della seconda rata del contributo ordinario (art. 21 del Principio contabile n. 3 – rendiconto degli enti locali).
Conclusivamente, la mancata approvazione del rendiconto costituisce sintomo di criticità o di difficoltà dell’ente locale di fare corretta applicazione della normativa e dei principi contabili che disciplinano l’intera materia, atteso che il rendiconto della gestione rappresenta un momento essenziale del processo di pianificazione e di controllo sul quale si articola l’intera gestione dell’ente, in grado di contenere informazioni comparative e di misurare i valori della previsione definitiva confrontandoli con quelli risultanti dalla concreta realizzazione dei programmi e degli indirizzi politici, vale a dire dei risultati, valutandone eventuali scostamenti ed analizzandone le ragioni.
Ciò vale evidentemente anche per il ritardo con cui si approva il rendiconto atteso che lo stesso riveste carattere di atto d’urgenza che può essere approvato anche nelle particolari situazioni indicate all’art. 38 del D.Lgs. 267/2000.
Va da ultimo ricordato che la mancata approvazione del rendiconto entro il termine del 30 aprile causa ora, in virtù dell’articolo 227, comma 2 bis (introdotto dal decreto legge n. 174 del 10 ottobre 2012) del D.Lgs. 267/2000, l’attivazione della procedura prevista dal comma 2 dell’articolo 141 del Tuel.
La Sezione rammenta anche che l’art. 9, comma 1-quinquies, del Dl. n. 113/16 stabilisce il divieto per gli Enti territoriali di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, in caso di mancato rispetto dei termini per l’approvazione di determinati documenti contabili (quali il bilancio di previsione e il rendiconto).
Il divieto legale di assunzione ex art. 9, comma 1-quinquies, del D.L. 113/2016 riguarda sia le “… assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto …”, sia la stipula di “… contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi”. Tale disposizione sanziona gli enti inadempienti con un “blocco” delle rispettive risorse, le quali, nell’arco temporale che si dispiega dalla scadenza dei termini per l’approvazione dei documenti contabili fondamentali indicati dal legislatore e fino al momento dell’approvazione “tardiva”, non possono essere impiegate, neppure per spese afferenti al reclutamento di personale (come nel caso della stipula dei contratti di servizio onerosi con soggetti privati).Tale divieto opera a prescindere dal titolo contrattuale in concreto adottato per le “assunzioni” (a tempo indeterminato, a termine, ecc.), e dal tipo di attività (amministrative o ad esse estranee) che il nuovo contingente di personale è chiamato ad espletare.
Il Collegio si riserva di effettuare ulteriori controlli, atteso il permanere della criticità anche in sede di esame dei rendiconti successivi, per la verifica della corretta applicazione dei principi più sopra enunciati.
2. Durante l’approfondimento istruttorio, dalla relazione dell’Organo di revisione al rendiconto 2016, sono emersi debiti fuori bilancio riconosciuti nel 2016 per € 96.687,19 dovuti ad acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa (come già avvenuto nel 2014) per i quali l’Organo dichiara di aver provveduto alla trasmissione dei relativi atti alla Procura della Sezione Regionale della Corte dei Conti.
I debiti fuori bilancio dell’ultimo triennio sono così riassunti:
debiti fuori bilancio |
|||
|
2014 |
2015 |
2016 |
Importo d.f.b. |
52.951,30 |
– |
96.687,19 |
Entrate correnti |
4.142.449,93 |
4.017.083,52 |
4.100.498,92 |
Percentuale sulle entrate correnti |
1,28 |
0,00 |
2,36 |
Con riferimento a ciò, l’Organo di revisione ha dichiarato che dopo la chiusura dell’esercizio, ed entro la data di formazione dello schema di rendiconto, sono stati segnalati debiti fuori bilancio in attesa di riconoscimento per € 668,16, relativi a “fatture ULSS 09 per servizi veterinari pervenute nel 2017”.
Il Collegio condivide la raccomandazione espressa dall’Organo di revisione al termine della relazione secondo la quale l’Ente dovrebbe apportare maggiore attenzione sulle procedure di corretto impegno della spesa.
Osserva, inoltre, la Sezione che il Comune ha posto in essere numerose condotte violative della normativa che disciplina i presupposti, i requisiti, le modalità, la tempistica ed il procedimento di adozione degli impegni di spesa, recata dagli artt. 193 e 194 del D.Lgs. n. 267/2000, con la contestuale creazione di una serie di debiti fuori bilancio. Preliminarmente si osserva che il reiterato fenomeno dei debiti fuori bilancio può creare possibili rischi per gli equilibri di bilancio; infatti, tra i parametri obiettivi dei comuni ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, il parametro n. 8), calcolato ai sensi del decreto ministeriale del 24 settembre 2009 pubblicato sulla G.U. n. 238 del 13 ottobre 2009, considera la consistenza di tale debitoria.
Nella fattispecie oggetto di esame da parte della Sezione, consta che il Comune di Bosco Chiesanuova non abbia violato, nell’esercizio 2016, il parametro di deficitarietà n. 8).
Tuttavia, si vuole qui rammentare, innanzitutto, che il debito fuori bilancio è un’obbligazione verso terzi per il pagamento di una determinata somma di denaro, assunta in violazione delle norme giuscontabili che regolano il procedimento finanziario della spesa degli /enti locali.
L’istituto, che ha carattere eccezionale, è disciplinato dall’art. 194 del D.Lgs. n. 267/2000, che prevede, tra l’altro, che tale adempimento vada posto in essere in occasione della ricognizione dello stato di attuazione dei programmi e dell’accertamento degli equilibri generali di bilancio (art. 193 comma 2 del TUEL), nonché nelle altre cadenze periodiche previste dal regolamento di contabilità.
L’elencazione prevista dalla norma contempla una serie di ipotesi, tassative in quanto derogatorie rispetto all’ordinario procedimento di spesa, in cui è possibile procedere al riconoscimento, e tra queste (art. 194 comma 1 lett. e) rientra anche l’acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
L’operatività di quest’ultima norma è dunque subordinata all’accertamento sia dell’utilità pubblica del bene acquisito in relazione alle funzioni ed ai servizi di competenza dell’ente, sia dell’arricchimento dell’ente (che corrisponde al depauperamento patrimoniale sofferto senza giusta causa dal privato contraente ai sensi dell’art. 2041 cc.). L’accertamento della sussistenza di entrambi questi presupposti, come già più volte ricordato da questa Sezione (cfr. delibere 156/2009/PRSP e 107/2009/PRSP), è obbligatorio e non può essere automaticamente ed implicitamente ricondotto alla semplice adozione della deliberazione di riconoscimento, in quanto vi può essere una parte del debito non riconoscibile ai sensi dell’art. 191 comma 4 del D. Lgs. n. 267/00.
In questo contesto, la delibera consiliare ha dunque il compito di:
– riscontrare e dimostrare che il debito rientra in una delle fattispecie tipizzate dall’art. 194 del TUEL;
– accertare e documentare puntualmente se ed in che misura sussistano i presupposti
dell’utilità e dell’arricchimento;
– accertare, conseguentemente, se vi sia una parte del debito non sorretta da entrambi questi presupposti, e dunque non riconoscibile (per la quale, ai sensi dell’art. 191 comma 4 del TUEL, il rapporto obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la prestazione in favore dell’ente);
– ricondurre l’obbligazione all’interno della contabilità e del sistema di bilancio dell’ente;
– individuare le risorse per il finanziamento;
– accertare le cause che hanno originato l’obbligo, anche al fine di evidenziare eventuali responsabilità.
In altri termini, l’art. 194, primo comma, TUEL rappresenta un’eccezione ai principi riguardanti la necessità del preventivo impegno formale e della copertura finanziaria; onde per riportare le ipotesi previste nell’ambito del principio di copertura finanziaria è richiesta la delibera consiliare con la quale viene ripristinata la fisiologia della fase della spesa e i debiti de quibus vengono ricondotti a sistema (cfr. ex multis Corte dei Conti, sez. contr. Friuli Venezia Giulia, 6/1c/2005 e sez. contr. Campania n. 213/2013) mediante l’adozione dei necessari provvedimenti di riequilibrio finanziario.
Ulteriore funzione svolta dalla delibera consiliare è quindi, come detto, l’accertamento delle cause che hanno originato l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali responsabilità; infatti, questa funzione di accertamento è rafforzata dalla previsione dell’invio alla Procura regionale della Corte dei conti (art. 23, comma 5, L. 289/02) delle delibere di riconoscimento di debito fuori bilancio. Nella delineata prospettiva interpretativa, la delibera consiliare svolge una duplice funzione, per un verso, tipicamente giuscontabilistica, finalizzata ad assicurare la salvaguardia degli equilibri di bilancio; per l’altro, garantista, ai fini dell’accertamento dell’eventuale responsabilità amministrativo-contabile (cfr. ex multis: Corte dei conti, Sezione Regionale per la Puglia n. 180/PRSP/2014 e n. 122/PRSP/2016).
Va ricordato, inoltre, che il riferimento ad opera dell’art. 194 comma 1 del TUEL ad adempimenti periodici e temporalmente cadenzati testimonia come l’adempimento in questione, in presenza dei presupposti di legge, costituisca un atto dovuto e vincolato per l’ente, in quanto consente di far emergere eventuali passività insorte nel corso dell’esercizio, in applicazione dei principi di veridicità, trasparenza e pareggio di bilancio, nonché di adottare le misure necessarie al ripristino dell’equilibrio della gestione finanziaria.
La tempestività della segnalazione dell’insorgenza di tali debiti e del loro riconoscimento consente di evitare l’insorgere di ulteriori passività a carico dell’ente, quali, ad esempio, eventuali interessi o spese di giustizia.
Come si è sottolineato in precedenza, la formazione di debiti fuori bilancio costituisce un fattore di rischio per gli equilibri e per la stabilità degli esercizi successivi causa di partite debitorie riferite a quelli precedenti. Nel caso di specie, la spesa riconosciuta per l’esercizio oggetto di scrutinio ammonta a Euro 96.687,19, oltre a quegli € 668,16 di cui ha dato evidenza l’Organo di revisione.
Va da sé, tuttavia, che quando il fenomeno assume dimensioni rilevanti e reiterate in più esercizi finanziari, è presumibile che gran parte dei debiti fuori bilancio sia riconducibile alla incapacità di porre in essere una corretta politica di programmazione e gestione finanziaria delle risorse e delle spese, alla possibile sottostima degli stanziamenti di bilancio rispetto alle effettive necessità di spesa, ovvero al fine di garantire i vincoli del pareggio e degli equilibri interni.
Per il finanziamento di tali spese, il legislatore pone precisi limiti (art.193 e 194 del D.Lgs. n. 267/2000). La formazione di debiti fuori bilancio costituisce infatti indice della difficoltà dell’Ente nel governare correttamente i procedimenti di spesa attraverso il rispetto delle norme previste dal TUEL. La necessità di una modifica delle priorità nelle previsioni di spesa è, altresì, dimostrata dalla disposizione di cui all’art. 191, comma 5 TUEL, che vieta, per l’appunto, agli enti che non hanno validamente adottato i provvedimenti di salvaguardia degli equilibri e di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, di assumere impegni e di pagare spese per servizi che non siano obbligatori per legge.
3. Una ulteriore criticità emersa nel corso dell’approfondimento istruttorio è quella emersa al punto 1.5.1 del questionario ;l’Ente, nella determinazione a consuntivo 2016, ha dichiarato di aver fatto applicazione del criterio semplificato introdotto dal D.M. 20 maggio 2015.
Tuttavia, mentre l’accantonamento a FCDE al 31/12/2016 avrebbe dovuto essere pari a € 61.579,16, esso è risultato essere notevolmente superiore alla quota effettiva di € 22.677,75.
L’esatto computo sarebbe stato il seguente:
|
Descrizione
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—.– .„., r. |
Importo |
1 |
Quota accantonata a FCDE nel risultato di amministrazione al 1/1/2016 |
+ |
21.479,16 |
2 |
Quota stanziata nel bilancio di previsione 2016 (previsioni definitive) |
+ |
40.100,00 |
3 |
Utilizzi per stralcio di crediti inesigibili |
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– |
4 |
Totale risorse disponibili al 31/12/2016 (1+2+3) |
+ |
61.579,16 |
5 |
FCDE accantonato nel risultato di amministrazione 2016 |
– |
22.6.77,75 |
6 |
Quota da reperire tra i fondi liberi |
|
-. |
7 |
Quota svincolata |
+ |
38.901,41 |
L’Ente ha quindi precisato che, in sede di determinazione del FCDE nel rendiconto 2016, si è ritenuto di svincolare la quota di € 38.901,41 in quanto il totale FCDE al 31/12/2016 risultava superiore rispetto a quello considerato congruo, sulla base di una valutazione del grado di realizzo dei residui che sono sempre stati riscossi quasi al 100% nell’anno successivo alla gestione, trattandosi di residui certi.
L’importo di € 22.677,75 sarebbe stato conservato quale FCDE del rendiconto 2016, ritenendolo congruo ed adeguato rispetto al potenziale rischio complessivo.
Il responsabile dell’area contabile, a seguito di richiesta informale della Sezione, ha precisato che “La determinazione del FCDE è avvenuta ritenendo di applicare il cd. “metodo semplificato”. Nell’applicare quanto previsto al punto 3.3 del principio contabile allegato 4/2, la sottoscritta si è soffermata sull’esempio n. 5 al quale il principio rimanda.
Detto esempio è stato, col senno di poi, male interpretato in quanto, ritenendo comunque di voler applicare il metodo semplificato, si era inteso di svincolare il maggiore importo determinato utilizzando il software di contabilità, applicando quanto previsto nell’esempio 5 succitata, ossia “Se il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato risulta superiore a quello considerato congruo, è possibile svincolare conseguentemente la quota del risultato di amministrazione dedicata al fondo”.
Il software di contabilità, nell’elaborare il FCDE del rendiconto 2016, aveva generato l’allegato C, che si allega per opportuna conoscenza unitamente alla metodologia di composizione del FCDE.
Tale prospetto riportava un accantonamento a FCDE pari a complessivi € 22.677,75 calcolato, però, come media semplice sui totali, e applicando, in aggiunta, l’abbattimento del 55% previsto dal principio contabile per l’anno 2016, come si evince dalla metodologia di composizione, prospetto allegato anche alla deliberazione consiliare di approvazione del rendiconto di gestione 2016.
Si evidenzia inoltre che rispetto al prospetto da Voi trasmessoci via email in data 07/02/2019 e relativo alla “simulazione” del calcolo del FCDE a rendiconto 201, le entrate riferite a fitti attivi e canoni patrimoniali non sono state oggetto di accantonamento a FCDE, come riportato nella nota integrativa al bilancio di previsione 2016-2018”.
Per quanto sopra, riassumendo, la sottoscritta nel determinare il FCDE a rendiconto 2016 ha agito prendendo a riferimento il Metodo A1 — Media semplice sui totali, laddove veniva determinato un FCDE 2016 pari ad € 41.232,28, sul quale è stato applicato l’abbattimento del 55%, determinando un FCDE finale 2016 di € 22.677,75. Ritenendo detto importo congruo, in quanto discendente da risultanze contabili dell’ultimo quinquennio, si è erroneamente ritenuto di svincolare la parte eccedente. • Si anticipa in questa sede che con il rendiconto 2017, l’Ente ha applicato correttamente il metodo semplificato, ritenendo di incrementarlo prudenzialmente per un importo di € 16.802,84 e giungendo, quindi, al seguente risultato, pur in presenza di un FCDE al 01/01/2017 errato:
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Importi |
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Fondo crediti accantonato nel risultato di amministrazione al 1/1/2017
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22.677,75 |
Utilizzo fondo crediti per la cancellazione dei crediti inesigibili |
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0,00 |
Fondo crediti definitivamente accantonato nel bilancio di previsione 2017 |
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41.400,00 |
FCDE 2017 determinato con cd.metodo semplificato |
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64.077,75 |
Quota da reperire tra i fondi liberi |
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16.802,84 |
FCDE accantonato a rendiconto 2017 |
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80.880,59. |
Per quanto sopra, ci si riserva di accantonare l’esatto importo del FCDE con il rendiconto 2018, in corso di redazione, recuperando l’importo non correttamente accantonato nel rendiconto 2016”.
Pur tenendo in debito conto le argomentazioni svolte dall’Ente, appare con cristallina evidenza che il FCDE è stato sottostimato, in quanto l’Ente ha applicato l’abbattimento del 55% che la norma, però, prevede solo per l’accantonamento a competenza.
In proposito, la Sezione ritiene di escludere che i nuovi principi contabili abbiano introdotto la facoltà di abbattere al 55% – anche a consuntivo – l’accantonamento a FCDE sui residui attivi.
Il Collegio richiama a tale riguardo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza della Corte (delibera Lombardia n. 164/2017/PRSP del 29 maggio 2017), secondo cui “la riduzione del (ndr al) 36 per cento consentito dalla modifica al principio contabile applicato riguarda la determinazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità nel bilancio di previsione dell’esercizio 2015 e non anche l’accantonamento sul risultato di amministrazione conseguente al riaccertamento straordinario che deve essere indicato per l’intero importo, salvo poi fare applicazione del criterio semplificato a partire dal rendiconto del successivo esercizio”.
Lo stesso principio è stato affermato con riferimento ad un ente in sperimentazione “la riduzione del (ndr al) 55 per cento consentito dalla modifica al principio contabile applicato riguarda la determinazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità nel bilancio di previsione dell’esercizio 2015 e non anche l’accantonamento sul risultato di amministrazione che deve essere indicato per l’intero importo, salvo poi fare applicazione del criterio semplificato a partire dal rendiconto del successivo esercizio” (cfr. Lombardia n. 208/2017/PRSP del 25 luglio 2017).
In questa sede, appare opportuno precisare che non è corretto applicare il metodo ordinario per il calcolo del FCDE a consuntivo abbattendo l’accantonamento a consuntivo 2016 al 55%, (facoltà, al contrario, riconosciuta dal Legislatore per il bilancio di previsione 2016).
Detto assunto, in primo luogo, trova fondamento nella ratio dell’istituto del Fondo crediti di dubbia esigibilità (analiticamente disciplinato dall’allegato 4/2 del d.lgs. 118/2011 recante il “principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria”).
L’accantonamento a FCDE, in maggior dettaglio, ha la precipua finalità di evitare che spese esigibili siano finanziate da entrate di dubbia esigibilità. In questo senso, il principio sopra citato stabilisce che «sono accertate per l’intero importo del credito anche le entrate di dubbia e difficile esazione, per le quali non è certa la riscossione integrale, quali le sanzioni amministrative al codice della strada, gli oneri di urbanizzazione, i proventi derivanti dalla lotta all’evasione, ecc.», ma per evitare che entrate di dubbia esigibilità possano finanziare spese esigibili, a bilancio di previsione, è stanziata un’apposita posta contabile, denominata “accantonamento al FCDE” (che non è oggetto di impegno e genera un’economia di bilancio), mentre, a consuntivo, una quota di risultato di amministrazione è accantonato al FCDE.
Nel bilancio di previsione, in linea generale, la quantificazione dell’accantonamento a FCDE è effettuata applicando agli stanziamenti delle entrate di dubbia e difficile esazione il complemento a 100 della media tra incassi in conto competenza e accertamenti degli ultimi 5 esercizi.
A consuntivo, la quantificazione della quota di risultato di amministrazione accantonata a FCDE è determinata applicando “all’importo complessivo dei residui attivi, sia di competenza dell’esercizio cui si riferisce il rendiconto, sia degli esercizi precedenti”, il complemento a 100 della media del rapporto tra incassi in conto residui e importo dei residui attivi all’inizio di ogni anno degli ultimi 5 esercizi. L’esempio 5 del principio contabile prosegue prevedendo che “L’importo dei residui attivi all’inizio di ciascun anno degli ultimi 5 esercizi può essere ridotto di una percentuale pari all’incidenza dei residui attivi di cui alle lettere b) e d) del prospetto di cui al punto 9.3 riguardante il riaccertamento straordinario dei residui rispetto al totale dei residui attivi risultante dal rendiconto 2014. Tale percentuale di riduzione può essere applicata in occasione della determinazione del fondo crediti di dubbia esigibilità da accantonare nel risultato di amministrazione degli esercizi successivi, con riferimento alle annualità precedenti all’avvio della riforma”.
Chiarita la ratio del FCDE e, conseguentemente, le modalità fissate “a regime” dal legislatore per calcolarne la consistenza sia a previsione sia a consuntivo, deve, altresì evidenziarsi che l’art. 1, comma 509, della L. 23.12.2014 n. 190, ha integrato il principio contabile applicato di cui all’allegato 4/2 prevedendo che “con riferimento agli enti locali, nel 2015 è stanziata in bilancio una quota dell’importo dell’accantonamento quantificato nel prospetto riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità allegato al bilancio di previsione pari almeno al 36 per cento, se l’ente non ha aderito alla sperimentazione di cui all’articolo 36, e al 55 per cento, se l’ente ha aderito alla predetta sperimentazione. Nel 2016 per tutti gli enti locali lo stanziamento di bilancio riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità è pari almeno al 55 per cento, nel 2017 è pari almeno al 70 per cento, nel 2018 è pari almeno all’85 per cento e dal 2019 l’accantonamento al fondo è effettuato per l’intero importo”. In altri termini, il comma 509 cit., limitatamente al bilancio di previsione, consente all’ente locale di scegliere se adeguarsi immediatamente o solo progressivamente alle prescrizioni del principio contabile in materia di FCDE.
Dunque, alla luce sia dell’argomento letterale (la norma da ultimo citata si riferisce solo al bilancio di previsione) sia della particolare rilevanza che ha l’istituto del FCDE nel sistema dei nuovi principi contabili (ossia scongiurare che spese esigibili possano trovare copertura finanziaria con residui attivi di difficile riscossione), questa Sezione ritiene che, nel 2015 la facoltà dell’ente locale di abbattere la consistenza del FCDE accantonata sul risultato di amministrazione non sia configurabile a consuntivo quando l’ente medesimo opta per il metodo ordinario di calcolo.
D’altra parte, anche se l’espressione impiegata dal legislatore potrebbe essere fonte di equivoci interpretativi, questa Sezione ritiene che, per giungere ad una soluzione contraria (ossia di acconsentire un abbattimento della consistenza del fondo anche a consuntivo), non possa invocarsi il dm 20.05.2015 laddove ha integrato il principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria aggiungendo l’inciso “salva la facoltà prevista per gli esercizi dal 2015 al 2018, disciplinata nel presente principio” alla frase “In sede di rendiconto, fin dal primo esercizio di applicazione del presente principio, l’ente accantona nell’avanzo di amministrazione l’intero importo del fondo crediti di dubbia esigibilità quantificato nel prospetto riguardante il fondo allegato al rendiconto di esercizio”.
Infatti, a parere di questa Sezione, il richiamato inciso deve riferirsi al secondo paragrafo introdotto dal medesimo D.M., laddove, dopo aver effettuato una precisazione sul riaccertamento straordinario, sancisce che “Per effetto della gestione ordinaria che, annualmente, comporta la formazione di nuovi residui attivi e la riscossione o cancellazione dei vecchi crediti, lo stock complessivo dei residui attivi tende ad essere sostanzialmente stabile nel tempo. Pertanto, se l’ammontare dei residui attivi non subisce significative variazioni nel tempo, anche la quota del risultato di amministrazione accantonata al fondo crediti di dubbia esigibilità tende ad essere stabile e, di conseguenza, gran parte dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità effettuato annualmente nel bilancio di previsione per evitare di spendere entrate non esigibili nell’esercizio, non è destinato a confluire nella quota del risultato di amministrazione accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità. Infatti, se i residui attivi sono stabili nel tempo, nella quota del risultato di amministrazione accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità confluisce solo la parte del fondo accantonato nel bilancio di previsione di importo pari agli utilizzi del fondo crediti a seguito della cancellazione o dello stralcio dei crediti dal bilancio”.
In altri termini, questa Sezione ritiene che l’inciso “salva la facoltà prevista per gli esercizi dal 2015 al 2018, disciplinata nel presente principio” vada riferito alla facoltà degli enti locali (per il ciclo di bilancio considerato) di adottare il c.d. metodo semplificato per la costituzione del FCDE, non alla facoltà – prevista per il medesimo periodo – di abbattere (fino alle percentuali indicate per il bilancio di previsione) la consistenza del FCDE a consuntivo calcolato secondo il metodo ordinario.
Tale soluzione trova conferma nel tenore letterale dei successivi paragrafi del principio contabile in esame, laddove, in merito al metodo c.d. semplificato si afferma che “in considerazione delle difficoltà di applicazione dei nuovi principi riguardanti la gestione dei residui attivi e del fondo crediti di dubbia esigibilità che hanno determinato l’esigenza di rendere graduale l’accantonamento nel bilancio di previsione, in sede di rendiconto relativo all’esercizio 2015 e agli esercizi successivi, fino al 2018, la quota accantonata nel risultato di amministrazione per il fondo crediti di dubbia esigibilità può essere determinata per un importo non inferiore al seguente:
+ Fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione al 1° gennaio dell’esercizio cui il rendiconto si riferisce |
– gli utilizzi del fondo crediti di dubbia esigibilità effettuati per la cancellazione o lo stralcio dei crediti |
+ l’importo definitivamente accantonato nel bilancio di previsione per il Fondo crediti di dubbia esigibilità, nell’esercizio cui il rendiconto si riferisce |
L’adozione di tale facoltà è effettuata tenendo conto della situazione finanziaria complessiva dell’ente e del rischio di rinviare oneri all’esercizio 2019”.
In conclusione, questa Sezione ritiene che la locuzione “salva la facoltà prevista per gli esercizi dal 2015 al 2018, disciplinata nel presente principio” – inserita dal DM 20.05.2015 – debba intendersi riferita al metodo di calcolo c.d. semplificato (metodo di calcolo eccezionale rispetto a quello previsto “a regime” per il FCDE a consuntivo). Conseguentemente, nel periodo temporale 2015/2018, l’accantonamento del FCDE a rendiconto (calcolato con il metodo ordinario) non può fruire – nemmeno per i residui di competenza – di un abbattimento fino alla misura percentuale indicata dal Legislatore con espresso riferimento al bilancio di previsione.
Resta inteso che, qualora l’ente si avvalesse del c.d. metodo semplificato, “l’importo definitivamente accantonato nel bilancio di previsione per il Fondo crediti di dubbia esigibilità, nell’esercizio cui il rendiconto si riferisce” è quello effettivamente stanziato nel bilancio di previsione che, come detto in precedenza, può giovarsi delle percentuali di abbattimento di cui si è sin qui detto.
Occorre infine ricordare che con l’art. 1, comma 882 legge di bilancio 2018 vengono modificate le percentuali di accantonamento al fondo come segue:
– 75% (anziché 85%) per l’anno 2018,
– 85% (anziché 100%) per l’anno 2019,
– 95% (anziché 100%) per l’anno 2020,
– e 100% a decorrere dall’anno 2021.
PQM
la Sezione Regionale di Controllo per il Veneto nel concludere l’esame sulla documentazione inerente al Rendiconto per l’esercizio 2016 del Comune di Bosco Chiesanuova:
RILEVA l’irregolarità contabile costituita dalla tardiva approvazione del rendiconto 2015, avvenuta con D.C.C. n. 14 del 6 giugno 2016, quindi successivamente ai termini stabiliti dall’art. 227 del TUEL;
RILEVA, come emerge dal rendiconto, l’avvenuto riconoscimento, in violazione delle norme di cui agli art. 193 e 194 del TUEL, di debiti fuori bilancio per l’importo di € 96.687,19, oltre a quegli € 668,16 di cui ha dato evidenza l’Organo di revisione;
RILEVA l’abbattimento non consentito del FCDE a rendiconto;
RICHIAMA l’Ente ad una attenta e prudente governance degli organismi societari, e richiama l’Amministrazione comunale a voler monitorare con attenzione, prudenza ed oculatezza, le proprie partecipazioni societarie, soprattutto quelle con riferimento alle quali possono esserci delle ricadute negative sugli equilibri di bilancio dell’Ente.
Rammenta l’obbligo di pubblicazione della presente pronuncia ai sensi dell’art. 31 del d.lgs 14 marzo 2013, n. 33.
Copia della presente pronuncia sarà trasmessa al Presidente del Consiglio Comunale, al Sindaco ed all’Organo di Revisione Economico-Finanziaria del Comune di Bosco Chiesanuova.
Così deliberato in Venezia, nella Camera di Consiglio del 13/03/2019.
Il Magistrato relatore Il Presidente
F.to Tiziano Tessaro F.to Diana Calaciura Traina
Depositata in Segreteria il 7 maggio 2019
Per IL DIRETTORE DI SEGRETERIA
F.to Dott.ssa Alessia Boldrin
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