Venti anni di “Politica e Amministrazione” in Italia
La disciplina delle relazioni tra politica e amministrazione è elemento centrale di pressoché ogni sistema amministrativo contemporaneo. In Italia, dopo il fallimento delle prime esperienze negli anni Settanta del XX secolo, la separazione tra politica e amministrazione fu introdotta, anche sulla base di precedenti sperimentazioni (e in particolare della legge n. 142 del 1990 sull’ordinamento degli enti locali), con la c.d. “delega Amato” del 1992 e con il d.lgs. n. 29 del 1993.
Questa ricerca, con indagini sul campo (interviste e seminari ad hoc) ed esaminando dati e statistiche, verifica lo stato di attuazione del principio di separazione tra politica e amministrazione in Italia a vent’anni dalla sua introduzione. I risultati confermano che la riforma del 1993 ha avuto esiti certamente poco lusinghieri, non solo per i suoi limiti originari, ma anche per il modo in cui essa è stata “corretta” e interpretata. Sotto il profilo funzionale, dopo venti anni, la distinzione tra funzioni di indirizzo e funzioni di gestione non è sempre agevole, ma questa difficoltà è stata spesso usata come “arma” o pretesto sia per conservare competenze amministrative degli organi politici, sia per non esercitare correttamente l’attività di indirizzo: lo confermano, ad esempio, i numerosi atti “ibridi” ancora esistenti e i molti organi collegiali ancora operanti (basti citare la commissione edilizia in ambito comunale). Sotto il profilo strutturale, la situazione è ancora più preoccupante. Da un lato, la disciplina del conferimento degli incarichi dirigenziali è divenuta strumento di fidelizzazione dell’amministrazione alla politica; dall’altro lato, le strutture di raccordo concepite per facilitare la separazione di funzioni, ossia gli uffici di diretta collaborazione, sono divenuti strumento per consolidare l’ingerenza politica e la commistione dei compiti.
A tutto ciò il legislatore non ha saputo porre rimedio. Sono ancora numerose le leggi di settore che mantengono competenze amministrative degli organi politici. La disciplina generale del procedimento amministrativo non fornisce indicazioni sulla distinzione delle funzioni e, in più, riconosce alla parte politica rilevanti attività amministrative (come in sede di conferenza dei servizi). Nel caso della nomina dei dirigenti, poi, proprio i c.d. interventi “correttivi” hanno aggravato la situazione, favorendo la fidelizzazione della dirigenza. D’altra parte, le numerose pronunce della Corte costituzionale confermano che le misure legislative non hanno contribuito ad una attuazione “virtuosa” della separazione tra politica e amministrazione. E proprio la giurisprudenza – sia costituzionale, sia di legittimità – ha avuto un peso decisivo nell’arginare le derive legislative.
Vi è, dunque, l’assoluta necessità di una riforma puntuale, mirata a correggere davvero i limiti emersi in questi venti anni di mancata separazione tra politica e amministrazione. Non si tratta dell’ennesima riforma legislativa, ma di cambiare il modo di governare, ricorrendo anzi a meno leggi e interessandosi maggiormente della realizzazione degli obiettivi.
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