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Comuni tutorati è sciolti per mafia: e i “vecchi” segretari comunali?

 

Cosa cambia tra un commissario prefettizio chiamato ad affiancare un sindaco in “odor di mafia”, o un commissario che sostituisce radicalmente lo stesso sindaco?

di Donato Ungaro

REGGIO EMILIA. Il ministro degli Interni Angelino Alfano ha avanzato una proposta nel corso di un’audizione davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia: “…si fa strada da tempo l’idea che, in sostituzione di sanzioni afflittive, si possano proficuamente applicare misure di carattere terapeutico, chiamiamole così, che non comportino l’interruzione delle attività da parte degli organi ordinari, né il loro allontanamento definitivo, ma il loro affiancamento con un intervento mirato di commissari ad acta e tutor…”

In pratica: se, dopo il lavoro delle “Commissioni d’accesso” nominate dal prefetto e autorizzate dal Viminale, abbiamo gli elementi per sostenere che esista il pericolo di un condizionamento da parte della criminalità organizzata, ma non quegli elementi che possano far arrivare allo scioglimento dell’amministrazione, si può nominare un Tutor che controlli gli atti del comune, per evitarne “sanzioni afflittive”, come le definisce il ministro Angelino Alfano.

Dal suo insediamento al Viminale, nell’aprile 2013, il ministro in quota Ncd ha firmato lo scioglimento di 25 amministrazioni comunali (di cui 17 ancora sotto gestione prefettizia), mentre le nomine di Commissioni d’accesso finalizzate a valutare il rischio o la presenza di infiltrazioni mafiose nei municipi sono state 33 (9 in Calabria, 7 in Sicilia, 5 in Campania, 4 in Puglia, 5 nel Lazio, 2 in Emilia Romagna e 1 in Liguria).

Numeri troppo alti, secondo il Ministro Alfano, che sostiene che ci deve essere una “terza via” tra l’assoluzione e lo scioglimento per il rischio di condizionamento; e propone un affiancamento degli amministratori, per permettere di continuare a questi di mantenere la carica e agli organi eletti di funzionare senza interruzione: “…la norma non contempla soluzioni meno traumatiche ma non meno efficaci per riportare l’amministrazione sui binari di una maggiore correttezza legalitaria. E’ un vuoto legislativo che non può essere colmato efficacemente da interventi di sola supplenza amministrativa…”.

A molti potrebbe apparire una buona soluzione: peccato che sia “vecchia” di qualche secolo, con una figura nata già in nell’età comunale, nell’XI secolo: il Cancelliere, o come lo chiamavano nel Granducato di Toscana, il Segretario Comunale.

Questa figura, legislativamente parlando, è arrivata fino all’Unità d’Italia ed è stata confermata all’inizio del Novecento. Con il Fascismo i segretari comunali passano alle dipendenze dello Stato, divenendo un “controllore” della regolarità degli atti dell’amministrazione per conto dello Stato. Dopo la guerra le cose non cambiarono, fino al 1997, quando i sindaci chiesero di riprendere il controllo del Segretario comunale; che smetteva così di essere dipendente dello Stato, per tornare sotto al controllo “locale” e diretto dell’amministrazione.

Il segretario comunale dovrebbe tornare a essere una figura veramente “terza”, rispetto all’amministrazione (perché diversamente cadiamo nel gorgo del controllore/controllato); dovrebbe tornare a essere quel Cancelliere che stabiliva se un atto rispettava i dettami del potere centrale: e senza l’incubo di essere cacciato da chi gli paga lo stipendio. Oggi i segretari comunali sono dipendenti del Ministero dell’Interno gestito da Alfano, ma devono gestire il loro rapporto di servizio con l’organo che sono chiamati a controllare.

Basterebbe rivedere l’attuale normativa (che come al solito ha una scappatoia: in caso di vacanza del segretario comunale, le sue funzioni vengono legittimamente svolte dal vice-segretario. Che è a tutti gli effetti un dipendente comunale che nulla ha a che fare con lo Stato); basterebbe prevedere che: No segretario comunale? No party!

Ovvero, in assenza di una figura chiamata a “filtrare” gli atti verificandone la corrispondenza alle leggi statali, l’amministrazione non dovrebbe essere legittimata a operare. Questa sarebbe una vera prevenzione relativamente alle infiltrazioni mafiose, con la figura di un Cancelliere, di un “guardiano al cancello”, che concede o non concede l’imprimatur alle delibere comunali.

Oggi, invece, non è così; e ci si inventa la figura del Tutor e lo si manda a fare quello che faceva il “vecchio” segretario comunale che, su richiesta dei sindaci, è stato mandato in soffitta.

Ma cosa cambia tra un commissario prefettizio chiamato ad affiancare un sindaco in “odor di mafia”, o un commissario che sostituisce radicalmente lo stesso sindaco?

Siamo solo nel campo delle ipotesi, in mancanza di regolamenti applicativi o modifiche ai decreti attualmente in vigore in materia; ma la prima questione che salta all’occhio è legata a una “pena accessoria” legata allo scioglimento in base al Decreto legislativo 267 del 2000: “…gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni…”.

Con il Tutor o il commissario ad acta che affianca ma non sostituisce il sindaco, immagino, non sarà così; il mandato degli amministratori arriverà al termine e non ci sarà l’incandidabilità degli amministratori “biricchini”.

Mi sbaglio, sicuramente, ma mi sembra un favore politico per garantire una gestione politica (di una certa politica) della cosa pubblica; dimenticandoci (tutti) che non sempre ciò che è illegale è da considerare mafioso, così come non tutto ciò che è “mafioso” è da considerare illegale. Purtroppo.

 

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