20.02.2015 – Alla legge Severino serve una semplificazione

Alla legge Severino serve una semplificazione

di Vittorio Italia

Il termine “corrompere” (da con rumpere, rompere) indica la rottura, la disgregazione, il disfacimento, e se è riferito alle leggi e alla pubblica amministrazione indica quel comportamento rivolto a promettere, dare o pretendere qualcosa che è contrario alle leggi, in cambio di denaro o altra utilità. La corruzione è una grave malattia dell’amministrazione pubblica, disgrega valori e crea diseguaglianze. Ogni Stato ha cercato di contrastare questa malattia con leggi e sanzioni, ma queste leggi devono essere calibrate con attenzione, perché se sono troppe, confuse, frammentarie e disorganiche, ottengono effetti negativi. Affermava Tacito ai tempi di Nerone, che la Repubblica romana era molto corrotta (corruptissima) a causa delle troppe leggi (plurimae leges).

II complesso delle leggi contro la corruzione 

Per valutare le principali leggi vigenti sulla prevenzione e la repressione della corruzione, è necessario inquadrarle nella loro successione temporale. Il complesso di queste leggi non è organico perché sono state deliberate e pubblicate per gradi e non sempre in modo coordinato. Ovviamente, le finalità di ciascuna di queste leggi sono degne di approvazione, ma questa disorganicità ha determinato dei problemi sulle ipotesi di “incandidabilità” a cariche pubbliche elettive, di “decadenza” e di “sospensione” dall’ esercizio di esse. Inoltre non sono di facile lettura ed interpretazione, perché si sono sovrapposte l’ una all’ altra, con interferenze in alcune fattispecie. 

Le leggi, in ordine cronologico, sono le seguenti:

a) Legge 6 novembre 2012 n. 190 – Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’ illegalità nelle pubbliche amministrazioni, Questa legge ha previsto il responsabile della prevenzione, ma ha modificato anche frammenti di altre leggi, ad esempio il Dlgs 165/ 2001, sul pubblico impiego;

b) Dlgs 31 dicembre 2012 n. 235 – Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi (…)”;

c) Dlgs 14 marzo 2013 n. 33 – Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Questa legge ha considerato la prevenzione della corruzione attraverso la trasparenza e la pubblicità degli atti della pubblica amministrazione. Finalità anch’ essa positiva, ma anche in questo caso sono state previste (comma 42, lettera b), 35 ter, 46) frammentarie modifiche ad altre leggi, ad esempio, il Codice dei contratti;

d) Dlgs 8 aprile 2013 n. 39 – Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico (…). Questo decreto legislativo ha innovato – anche come impostazione di fondo – le norme precedenti, prevedendo l’ “inconferibilità” di incarichi, l’ “incompatibilità”, e specialmente la “decadenza” per la condanna, anche con sentenza non definitiva, per determinati reati (articolo 19);

e) intorno a queste leggi sono poi sorti altri “grappoli” di norme, previste dall’ articolo 54 bis del Dlgs 165/2001, che hanno stabilito il “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”. Quest’ ultimo – nonostante il pomposo nome di “Codice” – non è altro che un Regolamento ministeriale ed a questo “Codice” nazionale hanno fatto sèguito altri “Codici di comportamento delle singole amministrazioni pubbliche”.

Non vi è quindi un testo organico che raccolga in formule sintetiche tutta questa materia, che è ora frammentata in varie leggi e non è chiaro, in caso di somiglianza di disciplina, quale sia la norma generale e la norma speciale. Il tentativo che è stato effettuato con il Dlgs 235/2012 di stabilire un Testo “unico” (cioè un testo “unitario”, completo ed organico) non ha risolto il problema, e non molto tempo dopo la pubblicazione, è stato emanato un altro decreto legislativo (n. 39/2013) che ha innovato e modificato – anche in modo “innominato” e quindi in modo “implicito” – il precedente Testo unico.

Le diverse posizioni giurisprudenziali 

Questa imprecisa situazione normativa è, a giudizio di chi scrive, una delle cause delle diverse posizioni della giurisprudenza su questi problemi. Valgano, per tutte, due esempi. Il primo è costituito dall’ ordinanza del Tar della Campania – Salerno, Sezione I, 26 gennaio 2015 n. 57, che ha accolto la domanda cautelare e ha sospeso il provvedimento di un Vice Prefetto che aveva accertato, in base all’ articolo 11, comma 1, lettera a) del Dlgs 235/2012, la sussistenza di una causa di “sospensione di diritto” di un Sindaco condannato con sentenza non definitiva. Il secondo esempio è l’ ordinanza del Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa di Trento, del 30 gennaio 201 n. 15, che ha invece respinto la misura cautelare di sospensione, in relazione al provvedimento del Commissario del Governo di Trento (che nella Provincia autonoma sostituisce il Prefetto) che aveva anch’ egli accertato una causa di “sospensione di diritto” di un Sindaco. condannato con sentenza non definitiva.

Ulteriori conseguenze negative dell’ attuale situazione legislativa 

Questa situazione legislativa imprecisa comporta delle conseguenze negative sulle autonomie locali. Infatti, se un Comune volesse stabilire proprie regole, con una accentuazione particolare sui problemi dell’anticorruzione, non sarebbe materialmente in grado di redigere questo regolamento. Secondo il modello previsto nel Testo unico degli enti locali, i regolamenti dei Comuni, pur valorizzati dell’articolo 117 comma 6 della Costituzione, devono “rispettare” non soltanto lo statuto dell’ente, ma “i principi fissati nelle leggi”. Non è però chiaro quali siano esattamente, nelle leggi prima citate, questi principi, dato che le leggi citate non li hanno “fissati”, cioè non li hanno stabiliti espressamente, distinguendoli dalle altre regole normative. Il vigente sistema legislativo prevede quindi un “meccanismo logico giuridico” che si è “inceppato” e che non consente, ai vari pezzi del motore legislativo, di muoversi e di funzionare

Necessario il coordinamento interno dei punti fondamentali 

Le leggi sull’anticorruzione sono state emanate in tempi diversi, e hanno considerato singoli aspetti particolari, cioè l'”inconferibilità” o l'”incompatibilità”, o la “sospensione” di incarichi pubblici, o la necessità della “pubblicità”, o della “trasparenza”. Ciascuna di queste leggi ha così preso in considerazione un aspetto del problema, come se si fosse esaminato solo un lato di un poliedro, che ha invece molti lati. Per essere compiute e organiche, è necessario che queste leggi abbiano un tessuto comune ed esprimano in modo palese principi comuni. In ogni tessuto, i fili dell’ “ordito” devono essere più forti e resistenti dei fili della “trama”, altrimenti il tessuto si sfilaccia ed il disattento legislatore del nostro tempo sembra avere dimenticato l’antica saggezza che vi era (e vi è) nella collocazione dei fili di ogni tessitura. 

Il quadro qui esaminato nelle linee essenziali conferma che le attuali leggi sull’anticorruzione hanno un difetto di fondo e sarebbe necessaria una revisione completa, organica ed approfondita. Proprio perché la corruzione è in aumento e i problemi che essa solleva sono numerosi, le leggi devono essere semplificate, sintetiche e ridotte all’ essenziale. Soltanto se sono chiare e comprensibili da tutti, esse possono essere applicate in modo uniforme dalle autorità amministrative e giurisdizionali.

 

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