Quante volte abbiamo letto di stipendi faraonici dei dirigenti pubblici, da 600 mila dollari annui, secondo le stime dell’Ocse?

L’Istat, che ha meritoriamente attivato il portale PubblicaAmministrazione_Stat, contribuisce a chiarire, per l’ennesima volta, l’equivoco.

Interessante è la tabella, estratta dal portale, che riporta le retribuzioni medie per dipendenti, distinte per comparti:

Facile notare come si sia lontanissimi dagli stipendi presi per buoni dai dati rilevati dall’Ocse.

Perchè, questo? Per la semplice ragione che l’Ocse esamina i trattamenti economici di poche decine di dirigenti posti ai vertici massimi delle amministrazioni statali, ma poi nei media questi vengono esposti come parametro delle retribuzioni normali ed ordinarie di tutti.

Le cose non stanno così, come dimostra la rilevazione dell’Istat, che fornisce dati più bassi rispetti a quelli rilevati dal Conto nazionale del tesoro, per la semplice ragione che l’Istituto prende come riferimento solo i trattamenti fondamentali lordi scaturenti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, senza tenere conto, quindi, della contrattazione decentrata e, dunque, delle retribuzioni di risultato.

Le retribuzioni da centinaia di migliaia di euro riguardano, spesso, non dirigenti pubblici, ma presidenti o direttori generali di società, istituti o agenzie, e figure come capi di gabinetto, direttori di dipartimento e direttori generali di Ministeri, frutto, oltre tutto, di vere e proprie attribuzioni “ad personam” discrezionalmente stabilite dai vertici politici che li incaricano.

Servirà a qualcosa la lettura dei dati Istat? Al prossimo rilascio delle rilevazioni Ocse certamente si risolleverà il solito polverone, che non serve a fare chiarezza su punti che meriterebbero invece ponderazione ed attenzione, senza cercare necessariamente l’uomo che morde il cane.