tratto da dirittodeiservizipubblici.it

Sulla legittimazione al ricorso nelle controversie su gare di appalto.

In ragione del combinato disposto degli artt. 74 e 120 c. 10 Cod. proc. amm., nelle controversie su gare di appalto, la legittimazione al ricorso è correlata ad una situazione differenziata e meritevole di tutela, per effetto della partecipazione alla procedura: pertanto, chi volontariamente si sia astenuto dal partecipare alla selezione non è legittimato a chiederne l’annullamento. Né una posizione differenziata e qualificata discende dall’essere stato precedente affidatario del servizio, estinguendosi quella posizione con la scadenza di quel contratto, cui solo accede e che non si perpetua anche in futuro come qualità immanente al soggetto. 

 

Pubblicato il 18/03/2019

N. 01736/2019REG.PROV.COLL.

N. 06222/2018 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6222 del 2018, proposto da 

Gepsa s.a. ed Associazione Culturale Acuarinto, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Valentino Vulpetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sabotino, 2/A; 

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, è elettivamente domiciliato; 

nei confronti

ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione, nonché Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Roma, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono elettivamente domiciliati; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 06738/2018, resa tra le parti.

 

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno, della Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Roma e dell’ANAC;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti l’avvocato Vulpetti e l’avvocato dello Stato Rocchetta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con bando pubblicato in data 13 dicembre 2017, n. 143, il Ministero dell’Interno – Prefettura di Roma indiceva una procedura di gara aperta, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ex artt. 60 e 95 del d.lgs. n. 50 del 2016, per l’affidamento dell’appalto relativo alla “fornitura di beni e servizi relativi al funzionamento del Centro Permanente per il Rimpatrio di Ponte Galeria (Rm)”.

Oggetto della fornitura, in particolare, erano i beni ed i servizi previsti nel capitolato tecnico per assicurare la gestione ed il funzionamento del Centro di permanenza per i rimpatri C.P.R. (ex C.I.E.) di Roma, nel rispetto del Regolamento unico dei CIE approvato con d.m. in data 10 ottobre 2014.

Con ricorso notificato il 12 gennaio 2018 e depositato in pari data, la società GEPSA s.a. e l’Associazione Culturale Acuarinto adivano il Tribunale amministrativo del Lazio per l’annullamento del bando di gara, della determina a contrarre, del disciplinare e del capitolato tecnico, sul presupposto dell’inadeguatezza del corrispettivo contrattuale, che avrebbe impedito alle stesse di formulare un’offerta.

Le ricorrenti deducevano, a fondamento del gravame, le seguenti censure:

1) Illegittimità della lex specialis nella parte in cui indica la base d’asta in euro 38,44 oltre IVA, prevedendo che il corrispettivo contrattuale sia determinato in funzione delle presenze effettive nel Centro, senza prevedere importi minimi garantiti a favore dell’appaltatore né altre clausole idonee a limitare il rischio relativo al numero di ospiti presenti nel Centro e prevedendo anzi a carico dell’appaltatore obblighi di servizio e di dotazione minima non commisurati alle presenze effettive nel Centro.

2) Violazione del principio che consente il trasferimento del rischio operativo in capo all’affidatario del contratto pubblico unicamente in caso di concessione e di contratti di partenariato pubblico-privato e non anche in caso di appalto.

3) Violazione di legge con riferimento all’art. 95, d.lgs. n. 50/2016. Indebita restrizione della libera concorrenza. Violazione dei principi del favor partecipationis, parità di trattamento e non discriminazione. Violazione dei principi ordinamentali in materia di pubbliche gare, ivi inclusi quelli dell’imparzialità e del buon andamento (art. 97 Cost.), della ragionevolezza e dell’economicità. Illegittimità dello schema di capitolato di appalto approvato con i DM 7.03.2017 e 10.7.2017 e relativi allegati e in particolare dell’allegato 1bis.

4) Violazione di legge con riferimento all’art. 95 co. 6 lett. e) del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione del divieto di commistione tra requisiti di partecipazione alla gara e criteri di selezione. Illegittimità dello schema di capitolato di appalto approvato con i DM 7.03.2017 e 10.7.2017 e relativi allegati e in particolare dell’allegato 1bis.

5) Violazione di legge con riferimento all’art. 4 del d.lgs. 50/2016. Violazione del principio della trasparenza. Assoluta incertezza dei criteri di valutazione per l’assegnazione del punteggio e della documentazione da produrre.

Costituitasi in giudizio, l’amministrazione resistente eccepiva l’inammissibilità del ricorso, non ricorrendo le condizioni per l’immediata impugnazione del bando; in ogni caso chiedeva la reiezione nel merito del gravame, poiché infondato.

Con sentenza 16 giugno 2018, n. 6738, il giudice adito dichiarava inammissibile il ricorso, non avendo le ricorrenti partecipato alla gara e non potendosi per contro considerare immediatamente escludenti le clausole impugnate della lex specialis.

Avverso tale decisione le ricorrenti interponevano appello, articolato nei seguenti motivi di impugnazione:

1) Erronea valutazione della situazione soggettiva dedotta in giudizio da parte ricorrente e del pregiudizio da quest’ultima subìto. Travisamento ed erronea applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza in materia di legittimazione a ricorrere dell’impresa che non ha partecipato alla gara.

2) Carattere escludente ed illegittimo della lex specialis di gara nella parte in cui prevede l’affidamento di un contratto di carattere aleatorio. Illegittimità della lex specialis nella parte in cui: a) determina il corrispettivo contrattuale in funzione delle presenze effettive nel Centro; b) pone a carico dell’appaltatore obblighi di servizio e di dotazione minima in misura fissa e non commisurata alle presenze effettive nel Centro.

Tale motivo di censura veniva a sua volta articolato in tre sotto-motivi.

3) Carattere escludente ed illegittimo della lex specialis di gara nella parte in cui prevede l’assegnazione di 9 punti (su 70) per le referenze relative alle esperienze pregresse maturate dai concorrenti prima dell’ultimo triennio dal bando.

Anche questo motivo era strutturato secondo tre distinti sotto-profili di doglianza.

Costituitosi in giudizio, il Ministero dell’interno deduceva l’infondatezza del gravame, chiedendone il rigetto.

Con ordinanza 30 agosto 2018, n. 3900, questa V Sezione del Consiglio di Stato respingeva l’istanza cautelare proposta dalle appellanti, per ritenuta assenza dei presupposti di legge.

Successivamente le parti ribadivano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 7 marzo 2019, dopo la rituale discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello viene contestato il presupposto alla base della pronuncia di inammissibilità del ricorso introduttivo, dato dalla circostanza che le ricorrenti, siccome non partecipanti alla gara, non sarebbero state legittimate ad impugnarne la lex specialis.

Ciò in applicazione dei principi ribaditi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 26 aprile 2018, n. 4, secondo cui l’impresa non partecipante alla gara non è di regola legittimata ad impugnare gli atti di gara, salve alcune eccezioni tra cui le impugnative volte all’annullamento delle cc.dd. “clausole immediatamente escludenti”.

Le conclusioni della sentenza sarebbero però errate perché che le censure dedotte in primo grado avrebbero avuto per scopo di tutelare l’interesse alla partecipazione alla gara, “ingiustamente compresso dalle avversate clausole di lex specialis, che vengono a porre – in modo del tutto ingiusto ed illegittimo – un ostacolo obiettivo – e non di natura soggettivo valutativa – alla partecipazione alla gara ed al normale svolgimento della competizione di gara”.

In particolare, le ricorrenti deducono di non aver potuto formulare un’offerta seria ed affidabile a causa delle condizioni aleatorie previste dalla lex specialis di gara, laddove si prevede che, pur a fronte della variabilità dei ricavi (conseguente alle effettive presenze di ospiti nel centro), l’appaltatore sarebbe comunque tenuto a sopportare costi fissi in misura minima proporzionata alla capienza teorica, anziché alle effettive presenze nel Centro.

Tale circostanza, alla luce dei dati statistici circa il numero medio effettivo di ospiti registrati nella struttura, esporrebbe il concorrente a sicura perdita: non vi sarebbe certezza in ordine alla sostenibilità del servizio, con la conseguenza di non poter formulare un’offerta attendibile e competitiva, stante l’impossibilità di valutare l’economicità della gestione dell’offerta presentata in gara.

La situazione integrerebbe un’ipotesi di immediata portata escludente della lex specialis, contemplata tra quelle esemplificate nella decisione n. 4 del 2018 dell’Adunanza plenaria, ossia “d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Cons. Stato, sez V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. Stato sez. III, 23 gennaio 2015 n. 293)”, con conseguente legittimazione al ricorso anche da parte di un soggetto che non abbia chiesto di partecipare alla gara.

Gli oneri posti a carico del concorrenti dalla lex specialis, per le appellanti, renderebbero il rapporto aleatorio ed in ogni caso eccessivamente oneroso, non consentendo in alcun modo di effettuare “il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara”.

Quella denunziata non sarebbe peraltro una lesione puramente potenziale – come ritenuto nella sentenza impugnata – bensì una lesione della stessa libertà negoziale dell’impresa interessata a partecipare, che non verrebbe messa in tal modo in condizione di concorrere per l’eventuale aggiudicazione del servizio.

Invero, da un lato l’affidatario dovrebbe impegnarsi ad assicurare tutti i servizi necessari al funzionamento del Centro ed assumere a proprio carico ogni relativo costo in misura non inferiore alla soglia minima di dotazione fissata con l’art. 8 del Capitolato (151 unità di ospiti), ma a fronte di tale impegno potrebbe contare solo su un corrispettivo unitario commisurato alle presenze effettive, da calcolarsi in misura pari al prezzo offerto in gara (inferiore alla base d’asta, pari ad euro 38,44 giornalieri pro capite).

Non si potrebbe quindi pretendere, “al fine di accertare la legittimazione a ricorrere, che l’impresa formuli offerta in gara esponendosi a gravissime ed esiziali perdite”, dovendo la stazione appaltante offrire perlomeno delle congrue controprestazioni.

L’estrema aleatorietà della procedura troverebbe inoltre riscontro nell’esiguo numero di imprese in concreto partecipanti alla gara (due, una delle quali poi esclusa per anomalia dell’offerta).

Il motivo di appello non è fondato.

Va preliminarmente ricordato, come di recente ribadito da Cons. Stato, Ad. plen. 26 aprile 2018, n. 4, che “[…] regola generale è che soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnare l’esito della medesima, in quanto soltanto a quest’ultimo è riconoscibile una posizione differenziata […] l’operatore del settore che non ha partecipato alla gara al più potrebbe essere portatore di un interesse di mero fatto alla caducazione dell’intera selezione […] al fine di poter presentare la propria offerta in ipotesi di riedizione della nuova gara), ma […] non avrebbe provato e neppure dimostrato quell’ “interesse” differenziato che ne avrebbe radicato la legittimazione, essendosi astenuto dal presentare la domanda […] tale regola generale può derogarsi, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi e, cioè, quando: I) si contesti in radice l’indizione della gara; II) all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti”.

Tra queste ultime la giurisprudenza colloca, in via esemplificativa:

a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Cons. Stato, IV, 7 novembre 2012, n. 5671);

b) regole [procedurali] che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, Ad. plen. n. 3 del 2001);

c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (Cons. Stato, V, 24 febbraio 2003, n. 980);

d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso ed obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, III, 23 gennaio 2015, n. 293);

e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto (Cons. Stato, II, 19 febbraio 2003, n. 2222);

f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi ed anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” punti);

g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (Cons. Stato, III, 3 ottobre 2011, n. 5421).

Caratteristica comune di tali ipotesi di eccezione – che pur sempre vanno correlate alla condizione soggettiva dell’interesse legittimo che si assume leso, pena l’ammettere in capo a un’impresa un’inammissibile azione “nell’interesse della legge”, cioè di diritto oggettivo – è la loro attitudine ad impedire, in modo oggettivo e macroscopico, a un normale operatore economico di formulare un’offerta corretta, ossia – in ultima analisi – di presentare la domanda di partecipazione.

I provvedimenti censurati non risultano però ricadere in alcuna delle ipotesi sopra riassunte.

Ad avviso delle appellanti, le disposizioni della lex specialis impugnate rientrerebbero nell’ipotesi di cui alla lettera d) dell’elenco, sul presupposto che, a fronte di sicuri oneri fissi per l’appaltatore, non vi sarebbe economica certezza di redditività dell’appalto né, in subordine, sarebbero state previste clausole di salvaguardia (come quelle del precedente affidamento, volte a riequilibrare gli oneri delle parti qualora le presenze fossero risultate inferiori al 50% della capienza massima del Centro), ad evitare che lo stesso possa tradursi in perdita economica.

In estrema sintesi, l’appaltatore sarebbe tenuto a sostenere i costi relativi alla dotazione minima di personale e di ore di servizio per 151 ospiti anche se le presenze siano in concreto inferiori, di talché verrebbe trasferita in capo all’impresa l’alea sul numero di ospiti presenti nel centro.

Al riguardo, occorre fornire una preliminare precisazione.

La ricordata circostanza della correlazione con un interesse differenziato di chi intende agire in giustizia, impone anzitutto una stretta interpretazione delle situazioni di eccezione in questione: sicché vanno considerate “clausole escludenti” solo quelle che con assoluta e oggettiva certezza incidono direttamente sull’interesse delle imprese perché si spingono a precludere, per ragioni oggettive e non di normale alea contrattuale, un’utile partecipazione alla gara a un operatore economico (in termini, Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4): tale consolidata impostazione eÌ€ stata seguita puntualmente dalle sezioni del Consiglio di Stato (ex plurimis, IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; IV, 25 agosto 2016, n. 3688; III, 10 giugno 2016, n. 2507; IV, 20 aprile 2016, n. 1560; V, 30 dicembre 2015, n. 5862; V, 12 novembre 2015, n. 5181) ed ha ricevuto conforto anche dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost., 22 novembre 2016, n. 245), che ha ritenuto inammissibile – per difetto di rilevanza – una questione di legittimità costituzionale promossa in un giudizio di appalti pubblici originato dal ricorso di un’impresa che non aveva partecipato alla gara.

Con riferimento specifico alla particolare ipotesi ostativa nella quale ricadrebbe la lex specialis di gara, ad avviso delle appellanti, il precedente di Cons. Stato, III, 23 gennaio 2015, n. 293 (avente tra l’altro ad oggetto un contenzioso parimenti introdotto da Gepsa s.a.) precisa che l’ipotesi stessa verrebbe integrata “quando si lamenta che le clausole impediscano – indistintamente a tutti i concorrenti – una corretta e consapevole elaborazione della propria proposta economica”, di talché verrebbe pregiudicato il corretto esercizio della gara, in violazione dei cardini procedimentali della concorrenza e della par condicio tra tutti i partecipanti alla gara.

Deve dunque concludersi che, avendo la nozione in esame natura strettamente oggettiva, per potersi definire “immediatamente escludente” (con quanto ne segue su oneri e modalità di impugnazione), la previsione della lex specialis deve porre con immediata e oggettiva evidenza, nei confronti di tutti indistintamente gli operatori economici, l’astratta impossibilità per un qualsiasi operatore “medio” di formulare un’offerta economicamente sostenibile (ossia astrattamente idonea a produrre – pur nella normale alea contrattuale – un utile derivante dall’esecuzione del contratto).

Una tale eccezionale ipotesi non è ravvisabile laddove la doglianza dell’operatore economico si rifaccia una redditività minore rispetto alle condizioni d’appalto di altro precedente o diverso contratto; e soprattutto non è ravvisabile quando vi siano altre offerte, quand’anche in numero esiguo: l’ordinamento è orientato, con i contratti pubblici, non al supporto economico delle imprese in difficoltà economiche ma all’acquisizione, in regime di concorrenza, dell’offerta più conveniente per l’amministrazione. Nel che è insito, naturalmente, un calcolo dei costi e dei ricavi che tende a contenere il margine di utile in termini competitivi. Che da questo, per un’impresa, possa deirvare una minor “appetibilità” economica dell’appalto, è nella normalità delle cose e non rappresenta una generalizzata e oggettiva “barriera all’ingresso” del micro-mercato costituito dalla singola gara. per il resto, si tratta di scelte amministrative che rientrano nella discrezionalità della amministrazione che con la lex specialis si autodetermina in relazione al proprio fabbisogno di approvvigionarsi, a un prezzo che stima ragionevole, di beni o servizi.

Resta dunque estraneo alla fattispecie eccezionale di clausola immediatamente escludente il caso di questioni attinenti la soggettiva opportunità economica di presentare un’offerta, in ragione del calcolo individuale di convenienza del singolo operatore economico legate alle sue strategie di impresa (che non contemplano esclusivamente il margine di utile in ipotesi conseguibile, alla luce della maggiore o minor aleatorietà del rapporto, bensì tutte le utilità, anche indirette, che dallo stesso possono comunque trarsi, anche a livello di prestigio commerciale, ecc.).

Nemmeno appare pertinente l’argomento dell’asserito accollo dell’alea contrattuale in capo all’appaltatore: il contratto di appalto, pur non essendo un contratto aleatorio in senso tecnico-giuridico, presenta per l’appaltatore una normale alea economica, cioè la possibilità che il costo effettivo dell’opera o del servizio risulti poi maggiore del previsto o del prevedibile (assumendo l’appaltatore il rischio economico della gestione dell’impresa).

Le appellanti poi assumono (sub profilo B.2) esistere un principio, qui violato, per cui sarebbe consentito il trasferimento del rischio operativo in capo all’affidatario del contratto pubblico nel solo caso di concessione e di contratti di partenariato pubblico-privato (dove al gestore del servizio viene trasferito il diritto di gestire l’opera e/o il servizio reso ai terzi), ma non anche in caso di appalto.

L’assunto non ha fondamento, per le ragioni testé esposte.

Inoltre – come rileva anche la stazione appaltante – oggetto di contestazione non è il valore della base d’asta (che nelle difese di primo grado veniva riconosciuto congruo in presenza di un numero minimo di ospiti), quanto l’assenza di clausole – come quelle applicate al precedente affidamento –intese a internalizzare in capo all’amministrazione gli oneri a carico dell’appaltatore quando gli ospiti davvero presenti risultino in numero inferiore al numero medio.

Va dunque confermato il principio per cui, in ragione del combinato disposto degli artt. 74 e 120 comma 10 Cod. proc. amm., nelle controversie su gare di appalto, la legittimazione al ricorso è correlata ad una situazione differenziata e meritevole di tutela, per effetto della partecipazione alla procedura: pertanto, chi volontariamente si sia astenuto dal partecipare alla selezione non è legittimato a chiederne l’annullamento.

Né una posizione differenziata e qualificata discende dall’essere stato precedente affidatario del servizio, estinguendosi quella posizione con la scadenza di quel contratto, cui solo accede e che non si perpetua anche in futuro come qualità immanente al soggetto.

Con ulteriore motivo di appello (sub “C”) viene dedotta l’illegittimità dello schema di Capitolato ministeriale con i relativi allegati, in particolare dell’allegato 1-bis (“Criteri di valutazione dell’offerta tecnica”), dove assegna il punteggio massimo di nove punti per le esperienze pregresse, prevedendo, al punto C.3.3. (“Referenze”) – che il “concorrente dovrà relazionare in sede di offerta circa le esperienze maturate nel campo dei servizi richiesti. La commissione giudicatrice assegnerà 1 punto per ogni anno intero di esperienza maturata superiore al triennio nel settore, verificando il livello di analogia dei servizi prestati negli anni di riferimento rispetto a quelli da affidare. A tal fine la commissione valuta la natura dei servizi offerti, verificando se essi sono riconducibili ai servizi di assistenza alla persona, nonché la qualità professionale delle risorse impiegate, verificando se si tratta di professionalità richieste nelle funzioni di assistenza sociale e socio-sanitaria”.

Per le appellanti tale previsione violerebbe il principio del favor partecipationis: premiando gli operatori economici che svolgono il servizio da più di tre anni, restringerebbe l’ingresso di operatori nuovi od operanti da minor tempo; e contrasterebbe con il divieto di commistione tra i requisiti di partecipazione alla gara ed i criteri di selezione previsti dal bando.

L’immediata impugnabilità di dette clausole senza la necessaria partecipazione alla gara discenderebbe anche qui dal loro carattere immediatamente escludente, nella misura in cui precludono in modo decisivo il libero esplicarsi della concorrenza nella gara (premiando irragionevolmente gli operatori più “anziani” del settore o di settori analoghi, secondo criteri del tutto oscuri e contrari al principio di trasparenza).

Neppure questo motivo è fondato.

A parte quanto sopra ricordato circa la dirimente discrezionalità dell’amministrazione, l’esperienza maturata nel periodo superiore al triennio resta elemento di valutazione dell’offerta tecnica, il cui peculiare oggetto ha nei servizi di assistenza alla persona (di assistenza sociale e socio-sanitaria) l’aspetto più qualificante dell’attività degli enti che gestiscono i Centri per il rimpatrio.

Ciò trova conferma nell’art. 1 del Regolamento unico sui criteri per l’organizzazione e la gestione dei Centri in questione, adottato con d.m. del 20 ottobre 2014, a mente del quale “allo straniero e/o cittadino comunitario trattenuto in un centro di identificazione ed espulsione è assicurata la necessaria assistenza e il pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona […]”.

La coerenza di tale criterio con l’oggetto specifico dell’appalto risulta più evidente ove si consideri – come fa notare la stazione appaltante – che l’esperienza maturata nel triennio antecedente alla pubblicazione del bando di gara già valeva quale requisito soggettivo di partecipazione, in conformità a quanto stabilito all’art. 83, commi 1, lett. c) e 6 del d.lgs. n. 50 del 2016.

La disposizione prevede infatti che, per gli appalti di servizi e forniture, per i criteri di selezione di del comma 1, lett. c) le capacità tecniche e professionali richieste per la partecipazione alla gara) le stazioni appaltanti possono richiedere requisiti idonei a garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche, nonché l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità.

La informazioni richieste non eccedono l’oggetto dell’appalto, anzi vi sono connaturate.

D’altro canto, se è evidente che il criterio prescelto appare coerente con l’oggetto dell’appalto (l’esperienza professionale nei servizi di assistenza alla persona venendo ad incidere in maniera diretta sulla qualità della prestazione), lo stesso neppure appare restrittivo della concorrenza, non avendo la lex specialis circoscritto l’esperienza a quella nel settore dei soli CPR, facendosi bensì riferimento anche ai servizi analoghi.

A tal riguardo, va ricordato il principio (ex multis, Cons. Stato, V, 18 dicembre 2017 n. 5944) per cui tale nozione – la cui ratio sta nel perseguire un opportuno contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche – consente la spendibilità dei servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l’appalto, cosicché possa ritenersi che grazie ad esso il concorrente abbia maturato la capacità di svolgere quest’ultimo.

I rilievi che precedono valgono poi anche contro la dedotta violazione (sub C.2) dell’art. 95, comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016, per cui in tanto la lex specialis potrebbe considerare rilevanti, ai fini dell’aggiudicazione, i profili relativi ad organizzazione, qualifiche ed esperienza del personale, in quanto si tratti del personale che sarà effettivamente utilizzato nell’appalto.

E’ appena il caso di rilevare, al riguardo, che l’elencazione del comma 6 non è tassativa bensì esemplificativa (come risulta dalle espressioni “quali” e “possono”), laddove per contro nelle gare pubbliche rientra nella discrezionalità della stazione appaltante l’individuazione degli elementi di valutazione delle offerte, scelte che non possono essere censurate in giudizio se non in caso di palesi profili di irragionevolezza e abnormità (ex multis, Cons. Stato, III, 11 gennaio 2019, n. 276).

Abnormità che, per le ragioni esposte, nel caso di specie non è dato rilevare.

Né risultano pertinenti i riferimenti delle appellanti ad alcuni precedenti, alcuni dei quali riferiti ad una disciplina ormai abrogata e non applicabile all’appalto in causa (il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), gli altri relativi alla diversa questione dei requisiti soggettivi di partecipazione alla gara.

Infine, con ulteriore profilo di gravame (sub C.3) viene eccepito che sarebbero oscuri i criteri in base ai quali la stazione appaltante dovrebbe valutare in gara, ai fini dell’assegnazione del relativo punteggio, la “qualità professionale delle risorse impiegate”, stabilendo “se si tratta di professionalità richieste nelle funzioni di assistenza sociale e socio sanitaria”.

Detto sub-criterio di valutazione non sarebbe stato adeguatamente specificato, né determinato in modo obiettivo, in contrasto con i principi della massima partecipazione alle gare in condizioni di trasparenza e di par condicio per gli operatori di cui all’art. 30 comma primo del d.lgs. n. 50 del 2016. Non sarebbero state precisate, in particolare, quali siano le funzioni di assistenza sociale e socio-sanitaria rilevanti nella valutazione

Neppure questa censura è fondata, non presentando il criterio quei “palesi profili di irragionevolezza e abnormità”, come in rilevato, che soli possono determinare l’intervento demolitorio del giudice amministrativo.

Il Capitolato tecnico, in particolare, consente ai concorrenti di accludere alla relazione posta a base dell’offerta tecnica delle dichiarazioni rese dai fruitori dei servizi prestati in anni precedenti, da cui emergano concreti elementi per la verifica delle qualità richieste ai fini della ponderazione del punteggio.

Ciò al fine di meglio consentire alla Commissione di gara di apprezzare la qualità delle risorse offerte.

Del resto, è lo stesso art. 95, comma 6, lett. e), d.lgs. n. 50 del 2016 – in precedenza richiamato dalle appellanti a sostegno delle proprie doglianze – a precisare che l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto possono essere individuati fra i criteri di aggiudicazione dell’offerta, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello di esecuzione dell’appalto, circostanza che, come si è già avuto modo di osservare, ricorre nel caso di specie.

Conclusivamente, alla luce dei rilievi che precedono l’appello va respinto e, con esso, l’istanza risarcitoria proposta dalla società Gepsa s.a. e dall’Associazione Culturale Acuarinto.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna le appellanti, in solido tra loro, al pagamento in favore del Ministero dell’interno e dell’Anac delle spese di lite dell’attuale grado di giudizio, che complessivamente liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre Iva e Cpa se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:

 

Giuseppe Severini, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere, Estensore

Federico Di Matteo, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Valerio Perotti   Giuseppe Severini
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

Nessun tag inserito.

Torna in alto