19.03.2015 da Italia Oggi del 18 marzo :I dirigenti p.a. vanno selezionati attraverso concorsi pubblici

Con l’arresto di Ercole Incalza sembra che i cattivi della situazione siano quei dirigenti pubblici infedeli che si trasformano in dominus assoluti nei ministeri, in combutta con politici via via sempre più deboli e ricattabili. Non è così. «Ercolino», definito superficialmente come lo storico dirigente del ministero dei Lavori pubblici abile nel restare in sella con ben sette ministri, prima del 2001 non avrebbe mai potuto ricoprire quel ruolo, fregiandosi del titolo di dirigente pubblico. Figura che per definizione dovrebbe rappresentare un’eccellenza, essere autonoma, compiere una carriera per titoli ed esami e servire i cittadini. Di certo anche sapendo e potendo pronunciare dei sonori no con i ministri, quando le richieste sono illegittime o non rispondono al criterio del bene comune. Eppure ancora sembra che il problema sia quello di portare all’interno della Pubblica amministrazione dei dirigenti esterni scelti dai politici di turno. Ciò come antidoto al fatto che gli interni sarebbero tutti degli inetti, impreparati o peggio. E, invece, no. Sia chiaro a tutti, infatti, che Incalza è giunto a ricoprire il ruolo di super dirigente non per merito e preparazione. Non è emerso in competizione con altri giovani e bravi aspiranti dirigenti pubblici. Non era il migliore fra tanti, forse era più scaltro. Era un giovane socialista imposto dal partito nel ruolo di dirigente pubblico schiacciando chi potesse fargli ombra; che vantava ancora un suo peso politico, lo apprendiamo dalle intercettazioni, perfino nella scelta dell’attuale vice-ministro. Allora si capisce che non cambia nulla ad avere dirigenti sotto schiaffo dei politici o politici sotto schiaffo dei dirigenti. Non diceva questo l’articolo 97 della Costituzione sull’imparzialità dell’amministrazione. Si è fatto notare che il potere di Incalza è durato 14 anni. Guarda caso, con il dlgs 165 del 2001 si stabiliva che potessero essere conferiti incarichi dirigenziali esterni. Salvo poi dimenticare che ciò dovesse avvenire solo nella misura in cui non ci fossero professionalità equivalenti interne. Ne abbiamo raccolto i frutti. Ora Marianna Madia fa bene a sostenere il principio della licenziabilità dei dirigenti pubblici che sbagliano, ma prima non scordi che l’Italia ha bisogno di concorsi pubblici seri per selezionare una degna classe dirigente.

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