tratto da ildirittoamministrativo.it
Decorrenza del termine di impugnazione dei titoli edilizi ed interesse a ricorrere.
Consiglio di Stato, Sez. IV, sent del 21 gennaio 2020, n. 486.
Il momento da cui computare i termini decadenziali di proposizione del ricorso nell’ambito dell’attività edilizia deve essere individuato nell’inizio dei lavori, nel caso si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area ovvero laddove si contesti la violazione delle distanza; viceversa esso decorre dal completamento dei lavori o dal grado di sviluppo degli stessi, ove si contesti il dimensionamento, la consistenza ovvero la finalità dell’erigendo manufatto.
In materia edilizia, la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per fondare l’interesse ad impugnare, nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l’intervento contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente.
Ha poi ricordato la Sezione che giurisprudenza (Cons. St., sez. IV, 23 maggio 2018, n. 3075) ha avuto modo di chiarire che la “piena conoscenza” non deve essere intesa quale “conoscenza piena ed integrale” del provvedimento stesso, dovendosi invece ritenere che sia sufficiente ad integrare il concetto la percezione dell’esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere riconoscibile l’attualità dell’interesse ad agire contro di esso. Vi è dunque “piena conoscenza” quando si è consapevoli dell’esistenza del provvedimento e della sua lesività e tale consapevolezza determina la sussistenza di una condizione dell’azione, l’interesse al ricorso, mentre la conoscenza “integrale” del provvedimento (o di altri atti del procedimento) influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione.
L’idea che la nozione di vicinitas, oltre a identificare una posizione qualificata idonea a rappresentare la legittimazione a impugnare il titolo edilizio, avrebbe assorbito anche l’interesse a ricorrere è stata infatti superata dall’indirizzo secondo cui, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, deve essere concretamente indagato e accertato anche l’interesse ad agire. Questo indirizzo valorizza ragioni di coerenza con i principî generali sulle condizioni per l’azione nel processo amministrativo.
D’altra parte, se la distinzione fra i due indirizzi appena richiamati può non risultare sempre percepibile con evidenza (soprattutto in tema di distanze o per ragioni di salubrità), va considerato che nella odierna vicenda contenziosa non appare evidente come la trasformazione edilizia contestata potesse incidere in via immediata e diretta sulla sfera giuridica delle ricorrenti. Queste ultime hanno addotto a giustificazione del loro interesse all’impugnazione un generico profilo di depauperamento della condizione edilizia della zona.
La sussistenza dunque del requisito della mera vicinitas non costituisce elemento sufficiente a comprovare la legittimazione a ricorrere e l’interesse al ricorso, occorrendo invece la positiva dimostrazione di un danno che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente.
In chiave comparata, peraltro, è utile ricordare che già in altri ordinamenti europei (ad esempio in Francia) , a proposito dell’interesse a ricorrere contro un permesso di costruire, si richiede, nell’idea di considerare anche la sicurezza giuridica dei titoli autorizzatori (nel caso in esame rilasciati 3 anni prima), la dimostrazione puntuale dello stesso (cfr. Conseil d’État, 17 marzo 2017, n. 396362 e l’art. L-600.1.2 del Code de l’urbanisme, nel testo introdotto con ordinanza n. 2013-638 del 18 luglio 2013, che stabilisce che l’impugnazione di un permesso di costruire richiede la dimostrazione che l’intervento edilizio sia tale da incidere in modo diretto sul godimento di un bene da parte del ricorrente).
Nessun tag inserito.