18/12/2019 – L’assoggettamento all’ICI per un immobile di nuova costruzione non utilizzato e accatastato

L’assoggettamento all’ICI per un immobile di nuova costruzione non utilizzato e accatastato
di Girolamo Ielo – Dottore commercialista/revisore contabile Esperto finanza territoriale
L’ICI è dovuta per il solo fatto che sia stata dichiarata l’ultimazione del manufatto e/o si sia provveduto al suo accatastamento, restando estranea alla sfera attinente al rapporto tributario tutto quanto afferisce alla effettiva abitabilità dell’immobile stesso.
La controversia
Un comune ha notificato due avvisi di accertament per omesso versamento dell’ICI. Il contribuente avverso gli avvisi ha sostenuto la non tassabilità degli immobili perché di nuova costruzione, non ultimati e non utilizzati, sebbene regolarmente accatastati in cat. D/07, con rendita attribuita. Il contribuente chiedeva, in via subordinata il contribuente chiedeva di beneficiare della riduzione del 50% dell’imposta dovuta ai sensi dell’art. 8, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (riduzione per i fabbricati “inagibili” o “inabitabili”).
I giudici tributari
Il giudice di 1° grado ha respinto il ricorso. Il giudice di appello accoglieva il gravame, ritenendo non dovuta l’imposta in quanto l’immobile si presentava privo di abitabilità e dei requisiti necessari per la tassazione.
Il ricorso in Cassazione
Il Comune ha proposto ricorso innanzi la Corte di Cassazione eccependo quanto segue:
– la pronuncia impugnata sarebbe in evidente violazione ed errata applicazione degli artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, in quanto l’accatastamento segna il momento a partire dal quale l’immobile deve essere considerato “fabbricato” e, conseguentemente, assoggettato a tassazione. La data di ultimazione dei lavori di costruzione, ovvero quella anteriore di utilizzazione del fabbricato, acquista rilievo solo quando il fabbricato non sia stato ancora iscritto al catasto perché tale iscrizione realizzerebbe, di per sé, il presupposto necessario e sufficiente per assoggettare l’immobile all’imposta;
– il giudice di appello avrebbe omesso di considerare che trattasi di immobili regolarmente iscritti in catasto in cat. D/07 con rendita attribuita e, quindi, perciò stesso soggetti a tassazione, atteso che gli immobili in contestazione erano immobili di nuova costruzione che, sebbene non ultimati, risultavano regolarmente iscritti in catasto con rendita attribuita.
Il pronunciamento della Corte
La Corte con l’ordinanza n. 31496 del 3 dicembre 2019 ha ritenuto fondati i motivi addotti e ha accolto il ricorso.
Le motivazioni della Corte
In tema di ICI, la nozione di fabbricato, di cui all’art. 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, rispetto all’area su cui insiste è unitaria, nel senso che, una volta che l’area edificabile sia comunque utilizzata, il valore della base imponibile ai fini dell’imposta si trasferisce dall’area stessa all’intera costruzione realizzata. Per l’applicazione dell’imposta sul “fabbricato di nuova costruzione”, infatti, la norma individua due soli criteri alternativi: la data dell’ultimazione dei lavori, ovvero, se antecendete, quella di utilizzazione. Secondo l’indirizzo della Corte, ai fini Ici, per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano. L’accatastamento è sufficiente a rendere dovuta l’imposta, senza che sia necessario verificare l’effettivo utilizzo dell’immobile. Ne consegue che l’ICI è dovuta per il solo fatto che sia stata dichiarata l’ultimazione del manufatto e/o si sia provveduto al suo accatastamento, restando estranea alla sfera attinente al rapporto tributario tutto quanto afferisce alla effettiva abitabilità dell’immobile stesso.
Dall’interpretazione letterale e sistematica dell’art. 1, c. 2 e dell’art. 8, c. 1, del D.Lgs. n. 504 del 1992 emerge, infatti, l’irrilevanza, ai fini dell’assoggettamento all’imposta, della idoneità dell’immobile a produrre reddito (e di conseguenza del rilascio del certificato di abitabilità), atteso che l’art. 8, comma 1, consente solo di ridurre l’imposta del 50%, per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili o di fatto non utilizzati, ma non di escludere dall’imposta un fabbricato inagibile od inabitabile (sempre che di fatto non sia utilizzato). Da ciò si evince l’assoggettamento, comunque, all’imposta di fabbricati presumibilmente non idonei a produrre reddito.
Presupposto sufficiente per l’assoggettamento all’ICI di una unità immobiliare (preesistente o di nuova costruzione) è l’iscrizione al catasto edilizio, dovendosi escludere qualsiasi rilevanza, ai predetti fini, della sua effettiva abitabilità. Il principio secondo il quale il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori, deve leggersi in armonia con la disposizione contenuta nell’art. 5, che correla la base imponibile al valore dell’immobile, così come determinata sulla base della rendita catastale.
Quanto al fatto che il bene immobile non era stato ancora ultimato, la Corte osserva che tale circostanza è irrilevante ai fini dell’assoggettamento all’imposta, in quanto lo stesso risultava, comunque, accatastato. A fini dell’assoggettabilità ad imposta dei fabbricati di nuova costruzione, il criterio, previsto dall’art. 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 della data di ultimazione dei lavori, ovvero di quella anteriore di utilizzazione ha natura alternativa, acquistando rilievo esclusivamente quando il fabbricato non sia iscritto ancora in catasto, realizzando tale iscrizione, di per sé, il presupposto principale per sottoporre il bene ad imposta.
La riduzione per gli immobili inagibili
Quanto alla riduzione del 50% prevista per gli immobili inagibili, la norma prevede che: “1. L’imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della L. 4 gennaio 1968, n. 15, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente”.
Ad avviso della Corte, da siffatti rilievi consegue che il giudice di 2° grado non ha fatto buon governo dei principi espressi, avendo escluso la tassabilità dell’immobile ai fini ICI perché privo di abitabilità, dando rilievo alle caratteristiche strutturali dello stesso, senza tenere conto che l’inagibilità e/o l’inabitabilità di un immobile non assume rilievo ai fini dell’imposizione e comunque deve essere accertata dall’Ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione o presenta dichiarazione sostitutiva.
In sede di controricorso il contribuente ha argomentato che, nella fattispecie, non era comunque necessario fornire alcuna documentazione, posto che il Comune era comunque a conoscenza della situazione dello stato dell’immobile. E’ argomentato, inoltre, che nel caso di agibilità non ancora ottenuta o revocata dall’ente, vi sarebbe una situazione conclamata fra le parti, che non necessiterebbe di alcuna formale comunicazione da parte del cittadino nè di accertamento da parte dell’ente impositore.
Secondo la Corte questa tesi non può trovare accoglimento. La Corte ricorda, in base alla giurisprudenza della stessa, che in tema di ICI, qualora l’immobile sia dichiarato inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi dell’art. 8, c. 1, del D.Lgs. n. 504 del 1992, nella misura del 50% anche in assenza di richiesta del contribuente poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune. Ciò premesso, nella fattispecie, dovendosi ribadire che il presupposto impositivo si realizza quando l’immobile risulta accatastato (circostanza non contestata), non può, comunque, assumere rilievo il fatto che non era stata chiesta l’agibilità della struttura, ai fini della conoscibilità da parte dell’ente impositore della sussistenza del presupposto agevolativo, dovendosi evidenziare che ogni agevolazione, trattandosi di una deroga all’imposizione generale, non può ritenersi dedotta da comportamenti omissivi del contribuente o da elementi indiretti, ma deve basarsi su requisiti oggettivi e inequivoci, sicché il contribuente, ai fini della riduzione di imposta era tenuto ad attivarsi ai sensi dell’art. 8, del D.Lgs. n. 504 del 1992.

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