18/10/2019 – Sui limiti alla procedura di fiscalizzazione dell’illecito edilizio

Sui limiti alla procedura di fiscalizzazione dell’illecito edilizio
di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Il Consiglio di Stato, nella sentenza in esame, si sofferma sulla corretta interpretazione dell’art. 34 («Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire») D.P.R. n. 380/2001 secondo cui: «quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla L. 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale» (II comma).
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza penale: «il provvedimento adottato dall’autorità amministrativa a norma dell’art. 34, comma 2 citato trova applicazione solo per le difformità parziali e, in ogni caso, non equivale ad una sanatoria, atteso che non integra una regolarizzazione dell’illecito ed, in particolare, non autorizza il completamento delle opere, considerato che le stesse vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente» (Cass. pen., sez. III, 21 giugno 2018, n. 28747).
Può dirsi, pertanto, che la disciplina prevista dalla citata norma, cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell’illecito edilizio, trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, e non equivale ad una “sanatoria” dell’abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell’illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate.
La difformità parziale dal permesso di costruire è una categoria residuale e presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale.
Si è, così, in presenza di difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (Cons. Stato, sez. VI, 30 marzo 2017, n. 1484T.A.R. Liguria, Genova, sez. I, 22 maggio 2019, n. 470).
Inoltre, il giudizio sintetico – valutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria (prevista dall’art. 33, comma 2, e 34, comma 2, D.P.R. n. 380/2001), può essere effettuato solo quando il soggetto non abbia ottemperato spontaneamente alla demolizione e l’organo competente emana l’ordini (non indirizzato all’autore dell’abuso, ma all’ufficio e relativi dipendenti delle Amministrazioni competenti e/o preposti in materia di sanzioni edilizie) di esecuzione in danno delle ristrutturazioni realizzate in assenza o in totale difformità del permesso di costruire o delle opere edili costruite in parziale difformità dallo stesso; pertanto, solo nella predetta seconda fase non può ritenersi legittima l’ingiunzione a demolire sprovvista di qualsiasi valutazione intorno all’entità degli abusi commessi e alla possibile sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 4 gennaio 2019, n. 56; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 11 settembre 2019, n. 1550).
E quindi:
– la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, disciplinata dalla disposizione appena citata, deve essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione (ex plurimis: Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2017, n. 5585Cons. Stato, sez. VI, 12 aprile 2013, n. 2001);
– in quella sede, l’interessato potrà ampiamente dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato derivante dall’esecuzione della demolizione delle opere abusive (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4939);
Nel solco di questo insegnamento si pone la sentenza in esame in cui l’adito Collegio di Palazzo Spada, muovendo dalla premessa per la quale l’ordinanza di demolizione è atto necessitato in conseguenza della constatazione di un abuso edilizio (non avendo la P.A. alcun margine di discrezionalità), precisa come, quando il ripristino dello status quo ante non sia possibile, allora il Comune valuterà, in un secondo tempo, tale eventualità, senza incidere sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione.
Si vedano ancora, per completare il quadro di riferimento, i seguenti arresti della giurisprudenza:
– «la facoltà d’irrogare una sanzione pecuniaria in luogo di quella della demolizione, già prevista dall’art. 12 cpv., L. n. 47 del 1985, ed oggi trasfusa nell’art. 34 cpv. D.P.R. n. 380 del 2001, è prevista unicamente per gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, non nel caso quindi caratterizzato, rispetto alla sopraelevazione abusiva, dalla mancanza di qualsivoglia titolo abilitante all’edificazione (…). Inoltre, l’applicabilità della sanzione pecuniaria è subordinata all’impossibilità, …., di eseguire la demolizione senza pregiudizio per la parte eseguita in conformità; valutazione da eseguirsi, peraltro, in sede esecutiva (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 5310/2011)» (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 11 luglio 2019, n. 3848);
– «Il caso della difformità parziale dal permesso di costruire per le nuove costruzioni è … previsto e regolato dall’art. 34 del TUE (applicabile anche ai casi di DIA sostitutiva del permesso di costruire ai sensi dell’art. 22, comma 3, del TUE). Si tratta una categoria residuale, la cui nozione è stata ulteriormente chiarita dalla giurisprudenza amministrativa. Il concetto di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, come si desume in negativo dall’art. 31D.P.R. n. 380/2001.
In base alla norma infatti, mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera. Ai fini sanzionatori, per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, va senz’altro disposta la demolizione delle opere abusive; per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la legge prevede la demolizione, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria.
Il campo di applicazione dell’art. 34 del TUE è stato modificato dall’art. 5, comma 2, lett. a), n. 5), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.
In particolare, proprio l’assenza di una compiuta definizione della categoria dei lavori ed interventi eseguiti in parziale difformità ha indotto il legislatore a fissare una soglia di rilevanza minima delle variazioni non costituenti illecito edilizio. Si tratta di quegli scostamenti dai parametri autorizzati di misura talmente contenuta da non potere essere considerati un illecito edilizio. In particolare, la difformità parziale è esclusa “in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali” (comma 2-ter).
L’ambito di applicazione della nuova disposizione viene espressamente circoscritto alla materia edilizia. Non opera, dunque, nel caso di interventi su immobili “vincolati” eseguiti in difformità dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Ovviamente, inoltre, la disposizione opera unicamente nei rapporti con l’amministrazione, senza interferire con i rapporti privatistici di vicinato» (Cons. Stato, sez. VI, 24 giugno 2019, n. 4331).

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