tratto da Italia Oggi
Il pagamento degli incarichi ai professionisti deve essere svincolato dall’esecuzione delle opere
Fondi dedicati alle progettazioni
I comuni possono usare i proventi dei permessi di costruire
Pagina a cura di Andrea Mascolini
L’affidamento di un incarico di progettazione presuppone la disponibilità finanziaria delle spese di progettazione perché l’attività progettuale non può essere considerata fine a se stessa. Lo ha precisato la Corte dei conti con una delibera del 12 settembre 2019 (la n. 352) della sezione regionale di controllo per la Lombardia che ha dato risposta ad una richiesta di parere relativa ai casi di disponibilità finanziaria degli enti locali per le sole spese di progettazione.
In particolare, un comune aveva chiesto se fosse possibile conferire un incarico per le sole spese relative alla progettazione imputandole nel bilancio di previsione, in attesa di ricevere poi il finanziamento per l’intera opera cui si riferisce la progettazione (lavori). Si tratta di profilo sul quale è intervenuto anche il decreto Sblocca cantieri (n. 32 convertito nella legge 55/2019) il quale, per il 2019 e per il 2020 ha ammesso la possibilità di avviare la progettazione anche se non si dispone dell’intero finanziamento a copertura del quadro economico di spesa. Una disposizione che sembra però destinata alle amministrazioni centrali dal momento che per gli enti locali già esiste una disciplina puntuale, peraltro oggetto proprio della delibera della Corte dei conti.
La Corte dei conti ha affermato che «la progettazione di un’opera non può prescindere da un quadro trasparente e determinato a monte, relativamente alla sua realizzazione e, sotto il profilo contabile, relativamente ad una chiara previsione ed effettiva contezza delle relative forme di finanziamento». Pertanto «anche le risorse e i mezzi finanziari complessivi da utilizzare devono essere conosciuti o conoscibili ex ante».
Sul piano normativo il dm 1° marzo 2019 ha specificato che «affinché la spesa di progettazione possa essere contabilizzata tra gli investimenti, è necessario che i documenti di programmazione dell’ente individuino in modo specifico l’investimento a cui la spesa di progettazione è destinata, prevedendone altresì le necessarie forme di finanziamento».
Dunque, hanno asserito i giudici, «la progettazione di un’opera pubblica non può costituire un’attività fine a sé stessa e svincolata dalle successive fasi di esecuzione dei lavori e finalizzazione dell’opera, con la conseguenza che l’affidamento di un incarico di progettazione va ontologicamente correlato non solo ad un’opera che sia stata programmata, ma anche ad un’indicazione sulla effettiva reperibilità delle risorse necessarie per la sua realizzazione».
Fino a quando la copertura finanziaria non è attendibile e puntualmente individuata, infatti, la progettazione dovrà essere finanziata con risorse di parte corrente (o al limite con i proventi dei permessi di costruire che il comma 460, articolo 1, della legge n. 232/2016 finalizza anche alla progettazione) e imputata al titolo I tra le spese correnti.
La Corte ha precisato, con riferimento al codice dei contratti pubblici, che anche per la progettazione è vietata la subordinazione al finanziamento e quindi una stazione appaltante non può fare dipendere il pagamento del progettista dall’avvenuto finanziamento dell’opera progettata. A tale riguardo, quindi, neanche l’inserimento nel contratto d’opera professionale di una clausola di copertura finanziaria che consentirebbe all’ente locale di pagare il corrispettivo soltanto all’avvenuto finanziamento dell’opera, può permettere di superare le regole sulle procedure di spesa, anche perché in sede di contratto le parti sono il privato e la stazione appaltante (nella persona del Rup, responsabile unico del procedimento, che ha assunto l’impegno).
Nessun tag inserito.