La Ragioneria generale: busta paga media nei Comuni scesa di 443 euro in un anno
di Gianni Trovati
Le buste paga dei dipendenti comunali si sono fermate in media nel 2014 a quota 20.109 euro lordi, con una flessione dell’1,5% rispetto a 12 mesi prima. La flessione è registrata nei numeri del nuovo conto annuale del personale, diffuso venerdì scorso dalla Ragioneria generale dello Stato (qui la sintesi), e secondo i calcoli della funzione pubblica della Cgil, basati sulle cifre targate Rgs, è dovuta per il 91% alla flessione del salario accessorio. Questa voce, infatti, nel complesso è diminuita del 16,8% fra 2013 e 2014, mentre nello stesso periodo i dipendenti diminuivano dell’8,3 per cento.
In agenda
L’epicentro del caos-integrativi ancora una volta è Roma, dove gli stipendi di gennaio dei 24mila dipendenti del Comune saranno senza il salario «accessorio», cioè la quota integrativa finanziata dal fondo dell’amministrazione, ma saranno seguite a stretto giro da un conguaglio. Suona così l’ultimo aggiornamento offerto dal commissario Tronca ai sindacati che venerdì, usciti dall’incontro al Campidoglio hanno confermato il calendario delle mobilitazioni che sfoceranno nello sciopero del 27 gennaio, il giorno delle buste paga alleggerite: stando ai numeri della Ragioneria, nei Comuni lo stipendio accessorio vale il 21% della busta paga, ma a Roma gli effetti medi sono maggiori. Già domani, però, è in programma un nuovo incontro per capire le prospettive dell’integrazione: senza un cambio di rotta, i sindacati prospettano un’azione legale contro la commissione straordinaria che guida il Comune dopo l’uscita di scena di Ignazio Marino e lo stop a tutte le prestazioni “premiate” con il salario accessorio: in bilico ci sono i turni festivi e notturni della Polizia locale, l’apertura pomeridiana degli uffici e degli asili comunali, e in generale un altro colpo duro alla funzionalità e all’immagine dell’amministrazione.
A rendere il caso-Roma significativo non è solo il rischio-paralisi della Capitale, ma anche il fatto che a Roma si verifica in forma più plateale un problema che caratterizza molte amministrazioni locali. Il problema nasce dal fatto che, soprattutto negli anni del congelamento dei contratti nazionali, gli integrativi locali sono spesso usciti dalle regole fino a inciampare nelle censure della Ragioneria generale dello Stato e della Corte dei conti. Per superare l’empasse, dopo un primo atto unilaterale che già lo scorso anno ha sforbiciato le buste paga dei dipendenti, a Roma si punta sulla possibilità di spostare risorse dalla parte variabile del fondo integrativo, quella legata ai vari parametri della produttività (per esempio gli orari extra), a quella fissa, che finanzia le voci ripetitive. L’ipotesi, che non è percorribile altrove, poggia sue due presupposti: il fatto che a Roma la quota fissa pro capite è più bassa che in molte altre grandi città, e il riconoscimento di Roma Capitale come «nuovo ente» rispetto al vecchio Comune. Proprio su questo secondo aspetto il Campidoglio ha atteso, finora invano, un via libera, in particolare dall’Aran che però a sua volta attende un confronto con Funzione pubblica e ministero dell’Economia. Se manca questo via libera, un’azione autonoma del Campidoglio esporrebbe al rischio di nuove contestazioni milionarie per danno erariale i dirigenti, e la stessa gestione commissariale.
I numeri della Ragioneria generale
A conferma ulteriore del fatto che il caso Roma è solo il più grande di tanti problemi simili, incontrati negli ultimi anni da molte amministrazioni, ci sono i numeri del conto annuale del personale pubblico, il censimento realizzato ogni anno dalla Ragioneria generale dello Stato che ne ha diffuso giusto ieri la nuova edizione.
Nel complesso, il conto annuale conferma le dinamiche di questi anni di turn over ridotto, con un’ulteriore limatura nel numero dei dipendenti (-0,5%), un aumento della loro età media e una flessione (-0,5%) della busta paga media. Quando si guarda ai comparti, però, si nota che la retribuzione media in Regioni ed enti locali è scesa in un anno di 443 euro (da 29.552 a 29.109 euro lordi), e la flessione media sale a 599 euro nei ministeri. Una parte di questa dinamica si spiega con i pensionamenti, che fanno uscire dal calcolo gli stipendi cresciuti con l’anzianità, ma sono i tagli al salario accessorio a coprire la fetta più larga della perdita. Con un’aggravante. Il blocco pluriennale dei contratti e il freno al turn over non hanno ridotto il peso degli stipendi pubblici sul Pil, che nel 2014 si attesta al 9,8% come nel 2007, anno prima della crisi.
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