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Nuovo stop della Corte dei conti ai diritti di rogito per i segretari-dirigenti

di Amedeo Di Filippo

 

I diritti di rogito competono ai soli segretari di fascia C e non a quelli che godono di equiparazione alla dirigenza, sia essa assicurata dalla appartenenza alle fasce A e B, sia essa un effetto del galleggiamento in ipotesi di titolarità di enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale. Torna ad affermarlo la sezione di controllo per la Sardegna della Corte dei conti con la deliberazione n. 132/2016, adeguandosi all’interpretazione fornita dalla sezione delle autonomie e in diretto contrasto con la opposta tesi formulata dal Tribunale di Milano e da quello di Taranto.

La questione 

Parliamo dell’articolo 10 del Dl n. 90/2014, che ha abrogato i diritti di rogito dei segretari comunali e provinciali, salvo che per quelli che prestano servizio in enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale e quelli che tale qualifica non hanno. A fronte di diversi orientamenti, la sezione delle autonomie della Corte dei conti si è espressa con la deliberazione n. 21/2015, pronunciando il principio di diritto in base al quale i diritti competono solo ai segretari inquadrati in fascia C.

Interpretazione che però non ha convinto il giudice del lavoro. Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 1539 del 18 maggio 2016, ha accolto il ricorso col quale un segretario di fascia A ha chiesto l’accertamento del diritto alla corresponsione dei diritti liquidati e accantonati dal Comune, sulla base della evidenza che la norma individua, quali destinatari del beneficio, due categorie di segretari: quelli che operano presso enti locali privi di dirigenti e quelli che non hanno qualifica dirigenziale. E il segretario ricorrente lavorava in un Comune privo di figure dirigenziali, ancorché inquadrato in fascia A (si veda l’articolo pubblicato sul Quotidiano degli enti locali e della Pa del 6 ottobre 2016).

Corte dei conti contro il giudice del lavoro 

Ma la disputa viene riaperta dalla sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna con la deliberazione n. 74/2016, che è tornata all’iniziale linea dettata dalla sezione delle autonomie ritenendo non convincente l’interpretazione fornita dal Tribunale di Milano. E questo sulla base della evidenza che l’inquadramento in fasce dei segretari determina un differente trattamento retributivo nel quale si rileva una particolare tutela per quelli di fascia C: mentre gli altri sono comunque equiparati ai dirigenti in virtù del “galleggiamento”, questi ultimi lo sono solo qualora operino in enti in cui siano presenti dirigenti. In caso contrario questo non è possibile, per cui si trovano ad avere un livello stipendiale inferiore.

La palla passa di nuovo al giudice del lavoro. La sezione lavoro del Tribunale di Taranto è tornata ad affermare, con la sentenza n. 3269 del 17 ottobre, le tesi opposte a quelle del giudice contabile esaminando il ricorso presentato da un segretario che aveva richiesto la liquidazione dei diritti di segreteria, riscontrata negativamente dal Comune a motivo del fatto che tali diritti competerebbero ai soli segretari di fascia C. Ricorso che il giudice dichiara fondato ribadendo l’originaria tesi secondo cui l’eccezione del riconoscimento dei diritti di rogito riguarda le due categorie di segretari: quelli che operano in enti locali privi di dirigenti e quelli non in possesso di tale qualifica.

La sentenza offre anche un’interpretazione a contrario: se l’intenzione del legislatore fosse stata (solo) quella di mantenere l’emolumento unicamente per i segretari il cui trattamento stipendiale non è equiparato a quello dei dirigenti, ossia solo per tutti quelli collocati in fascia C, quale senso potrebbe attribuirsi al contestuale riferimento letterale (anche) ai segretari operativi in enti privi di personale con qualifica dirigenziale?

Un altro no dai magistrati contabili 

E siamo all’ultimo pronunciamento, patrocinato dalla sezione di controllo per la Sardegna della Corte dei conti con la deliberazione n. 132 depositata l’8 novembre. Pur valutando la diversa interpretazione fornita dal Tribunale di Milano, e ricordando l’orientamento espresso dalla sezione Emilia Romagna con la deliberazione n. 74/2016, la sezione si limita a dichiarare di non volersi discostare dall’interpretazione fornita in sede nomofilattica dalla sezione delle autonomie e dalla successiva prospettazione contenuta nella suddetta deliberazione n. 74/2016.

Un bel guaio per gli enti interessati, stretti tra un orientamento molto rigido della magistratura contabile, che ha la funzione di censurare esborsi non corretti, e uno esattamente opposto del giudice del lavoro, cui compete sindacare le questioni correlate al rapporto di lavoro e ai diritti a questo connessi. Due punti di vista inconciliabili che a questo punto possono essere composti solo tramite un intervento del legislatore.

LEGGI La sentenza della Corte dei conti Sardegna n. 132/2016

 

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