17/09/2015 – Il piano delle azioni positive e il piano della performance

Il commento del collega ClaudioRossi con riferimento ad una deliberazione della Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, che evidenzia come nei questionari ricevuti sia stata rilevata la mancanza ad alcune risposte concernenti sia l’adozione del piano delle azioni positive, sia la formalizzazione da parte dell’Ente del piano della performance

 

Una volta, quando questo Paese non era ancora allo sfascio, si insegnava che nei procedimenti amministrativi esisteva un unico interesse pubblico “primario” (che era quello che il procedimento doveva perseguire) ed una serie di interessi pubblici “secondari” (che restavano comunque subordinati rispetto al primo). Da alcuni lustri, la deriva demagogica, ha preteso di imbarcare nei procedimenti ogni sorta di interesse (talora anche in frontale contrasto con l’interesse primario) e si è sostanzialmente smarrita la distinzione tra interesse primario ed interessi secondari. Tanto che ormai esiste un diritto “casistico”, fatto dalle singole pronunce giurisdizionali che affermano la preminenza ora di uno ora dell’altro degli interessi in conflitto (questa la vera radice dalla “juristocracy”). Un vecchio e comunissimo adagio recita: “nella vita non si può avere tutto”. Neppure dai procedimenti amministrativi si può pretendere tutto. Il procedimento amministrativo nasce proprio per “selezionare” gli interessi (spesso confliggenti tra loro) e per affermare, alla fine, quello preminente. Oggi, invece, il procedimento di assunzione, per restare al caso di specie, che dovrebbe servire a selezionare semplicemente il più capace, deve farsi carico di tutelare (anche in maniera scenografica) interessi diversi (come la tutela di genere). E’ una pericolosa distorsione culturale che produce una pericolosa torsione dei procedimenti. Il concorso pubblico (e la conseguente assunzione) non è un esercizio accademico ma un faticoso procedimento inteso a dotare – velocemente – la PA del personale (possibilmente capace) necessario a svolgere le sue funzioni sostanziali. Ingessarlo con ulteriore pretese (non si esclude che nel prossimo futuro il novero delle “azioni positive” si arricchisca con riserve a favore dei gay, dei gender, dei migranti, degli esodati, delle minoranze religiose…. l’elenco sarebbe infinito). Sarebbe bene fermarsi in questa deriva, che è essa sì la base di quell’iperburocratizzazione che spaventa tutti.

 

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Un articolo sulla medesima deliberazione

 

Il piano delle azioni positive e della performance. La reprimenda dei giudici contabili

V. Giannotti (www.ilpersonale.it 15/9/2015)

Alcune Corti territoriali, nell’analizzare i conti consuntivi dei Comuni soggetti a controllo, evidenziano, a seguito dei questionari inviati dagli Organi di revisione sul conto consuntivo 2013, la violazione degli atti propedeutici, previsti dalla normativa vigente, al fine di poter legittimamente effettuare assunzioni a qualsiasi titolo. Nel merito appaiono significativi i rilievi effettuati dai giudici contabili abruzzesi, in alcune delle deliberazioni di recente pubblicazione, sul puntuale riscontro alle citate violazioni normative. In particolare nella deliberazione n.240 depositata in data 03/09/2015, la Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, evidenzia come nei questionari ricevuti sia stata rilevata la mancanza ad alcune risposte concernenti sia l’adozione del piano delle azioni positive, sia la formalizzazione da parte dell’Ente del piano della performance.

PIANO DELLE AZIONI POSITIVE

Nell’esame della relazione dell’Organo di revisione di un Comune abruzzese sul rendiconto 2013, acquisita tramite il sistema applicativo S.I.Qu.E.L., il Collegio contabile ha rilevato che:

·         l’Ente, nell’anno 2013, non ha adottato il piano triennale di azioni positive in materia di pari opportunità ex art. 48 comma 1 d. lgs. n. 198/2006. La mancata adozione del piano per l’annualità 2013 costituisce una violazione che deve essere posta in rilievo, atteso che, tra l’altro, il legislatore a fronte della mancata adozione del piano ha previsto quale conseguenza di legge, mediante il richiamo alla previsione di cui all’art. 6 comma 6 d. lgs. n. 165/2001, il divieto per l’amministrazione inadempiente di assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.  Si rileva, tuttavia, che nell’esercizio 2013 l’Ente non ha provveduto ad effettuare assunzioni di personale. Ciò nonostante, si invita l’ente ad adeguarsi alla normativa vigente, provvedendo per il futuro alla regolare approvazione del piano unitamente alla realizzazione delle azioni oggetto di programma.

Nella citata evidenziazione della irregolarità commessa dal Comune oggetto di controllo, il Collegio contabile sottolinea come, nonostante il Comune non abbia proceduto ad alcuna assunzione, resta pur sempre fermo il suo obbligo di adeguamento alla normativa. Il problema allora che si pone, in merito al citato divieto previsto dalla citata normativa, riguarda le conseguenze a cui incorrono i Comuni che avessero disposto, in mancanza del citato piano, le relative assunzioni. Rinviando ad un precedente articolo (Mancata approvazione piano triennale delle azioni positive – conseguenze), nel quale vengono specificati i contenuti del piano oggetto di approvazione da parte degli enti locali, preme qui evidenziare eventuali danni erariali a seguito di eventuali assunzioni disposte in assenza dell’adozione del piano delle azioni positive. Una prima sentenza rinvenibile è la n.177  del 10/07/2013 emessa dalla Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione della Lombardia, la quale ha affrontato il problema, rilevato dalla Procura, circa l’illegittimità delle assunzioni disposte da un Comune il quale non aveva adottato il piano delle azioni positive. Benché nel caso specifico la problematica riguardasse la stabilizzazione di personale precario, i giudici contabili avevano modo di precisare quanto segue:

·         La normazione invocata prevede espressamente, in tal caso, che “Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette”;

·         Il Collegio ritiene non fondata tale prospettazione attorea tenuto conto che la fattispecie concreta oggetto del giudizio non riguarda assunzione di “nuovo personale”, ma il personale già in servizio oggetto di stabilizzazione, in quanto le “stabilizzazioni” sono “assunzioni sui generis” perché oggetto di normazione specifica che, sostanzialmente, tende a eliminare il fenomeno del “precariato”, ovviamente in un quadro ordinamentale e finanziario che lo consente;

·         In disparte la procedura di stabilizzazion,e il Comune ha in ogni caso evidenziato che: 1) le stabilizzazioni hanno riguardato personale già in servizio presso il Comune, nella sua composizione maschile/femminile di fatto già esistente; 2) le stabilizzazioni sono state precedute da regolare procedura selettiva, ove le Commissioni esaminatrici erano composte da rappresentanti di ambo i sessi; 3) su 32 precari stabilizzati, 20 sono di sesso femminile.

Secondo tale ricostruzione, sembrerebbe che, anche a fronte della mancata approvazione del piano delle azioni positive, se un Ente locale dimostri di aver concretamente adottato misure e/o strumenti atti al superamento della distinzione della parità di genere, possa ritenersi indenne da possibili conseguenze in tema di responsabilità contabile. Resterà da verificare nei casi concreti quale sarà l’orientamento che si consoliderà da parte della giustizia contabile in merito a possibili assunzioni disposte in mancanza di tale obbligatorio strumento previsto dalla normativa.

PIANO DELLA PERFORMANCE

Altro rilievo di grave irregolarità evidenziato dai giudici contabili riguarda la seguente mancanza:

·         l’Ente non ha adottato il piano della performance di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 150/2009. Si ricorda, così come previsto dal comma 5 del citato articolo, che “in caso di mancata adozione del Piano della performance è fatto divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti che risultano avere concorso alla mancata adozione del Piano, per omissione o inerzia nell’adempimento dei propri compiti, e l’amministrazione non può procedere ad assunzioni di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati”.

A tal riguardo si evidenzia come le nuove disposizioni sulla contabilità armonizzata contenute nel D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, come  modificato dal d.lgs. 10 agosto 2014, n. 126, hanno inciso sulla nuova disposizione dell’art.169 del TUEL ed in particolare sul comma 3-bis il quale precisa che “… Il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’art. 108, comma 1, del presente testo unico e il piano della performance di cui all’art. 10 del  decreto  legislativo  27  ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel PEG”. In merito alle citate nuove disposizioni il legislatore ha esteso, ampliando la platea, l’obbligo di adozione del PEG ai Comuni superiori ai 5.000 abitanti (precedentemente il limite era di 15.000 abitanti). I Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti avranno invece l’obbligo di rilevare unitariamente i fatti gestionali secondo la struttura del piano dei conti di cui all’art. 157, comma 1-bis.

Si ricorda a tal proposito come il d.l. 174/2012, convertito dalla Legge 213/2012, avesse già previsto all’art.3 g-bis, ad integrazione dell’articolo 169 del D.Lgs. 267/2000, che “al fine di semplificare i processi di pianificazione gestionale dell’ente, il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’articolo 108, comma 1, del presente testo unico e il piano della performance di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel piano esecutivo di gestione”. 

Anche in tal caso, qualora l’Ente avesse proceduto ad effettuare assunzioni in assenza del piano della performance, si aprirebbero profili di responsabilità erariale, le cui conseguenze, in tema di quantificazione del danno erariale, sono ancora da appurare non risultando, ad oggi, rinvenibili specifiche sentenze sull’argomento da parte dei giudici contabili. 

 

CONCLUSIONI

Il Collegio contabile chiude richiamando l’attenzione del Consiglio comunale sui profili di criticità segnalati affinché l’Amministrazione provveda all’adozione di idonei interventi, atti al ripristino delle violazioni normative riscontrate, da inviare, con successiva comunicazione, alla Sezione di controllo al fine di permettere alla stessa di verificare la corretta ottemperanza, da parte del Comune, ai citati adempimenti.

 

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