17/08/2016 – Il Codice degli appalti e il complotto contro la crescita

Il Codice degli appalti e il complotto contro la crescita

Pubblicato il 16 agosto 2016 – di Luigi Oliveri

 

Egregio Titolare,

Se la crescita italiana è a zero, ovviamente contribuisce a questo risultato non proprio esaltante la calma piatta degli investimenti pubblici in opere ed infrastrutture. Per fortuna, però, c’è chi ha capito tutto e indica le contromisure da adottare, aprendo gli occhi a chi si è dimostrato lento ed incapace di cogliere al volo le soluzioni tutto sommato così semplici ed ovvie da adottare.

Stiamo parlando dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) che sul Quotidiano Nazionale del 15 agosto ha svelato a tutti i profani le ragioni vere del blocco delle opere. Investimenti pubblici scarsi? Indebitamento troppo elevato? Difficoltà a reperire i finanziamenti? Nemmeno per sogno. Grazie all’articolo intitolato “Ma il nuovo Codice blocca i Comuni «Troppi paletti, appalti congelati»” l’Ance ci spiega le ragioni del blocco per voce del suo presidente, Edoardo Bianchi, individuando due problemi:

1. “Il primo è che le amministrazioni non pubblicano i bandi di gara. Perché non lo fanno? Eppure ora le regole sono più semplici. Non sarà che stanno boicottando l’entrata in vigore del nuovo Codice?”;

2. Il secondo è legato alle nuove regole del Codice “sui sistemi di aggiudicazione delle gare, soprattutto. E in parte anche quelle sulla qualificazione delle imprese. Perché vede, anche se e quando le stazioni appaltanti pubblicassero i bandi, il problema poi si sposterebbe sulla consegna dei lavori. Ci sono regole astruse che vanno cambiate”.

 

Un momento, caro Titolare. Non capisco. Prima il vice presidente dell’Ance sfodera ampia conoscenza della causa prima del blocco degli appalti: il gombloddo di tutte le amministrazioni comunali che, in oltre 8100 quante sono, si sono certamente riunite in gran segreto nei giorni scorsi, per tramare l’odioso piano di boicottaggio del nuovo Codice dei contratti, impedendo, quindi, che esplichi i propri fantastici benefici effetti. Subito dopo, però, lo stesso vice presidente (si presume che tra una dichiarazione e l’altra nel frattempo l’Ance non abbia modificato le proprie cariche sociali) afferma che, comunque, anche se i comuni desistessero dalle loro orride trame, in ogni caso il pur meraviglioso Codice ha regole astruse, che vanno cambiate.

Però, la soluzione l’Anci l’ha bella e pronta, come non pensarci prima: l’articolo ci informa che l’Ance “chiede con forza l’intervento delle autorità: «Anac, ministero delle Infrastrutture e Conferenza Stato-Regioni devono obbligare le amministrazioni a pubblicare i bandi, perché sono loro che stanno bloccando il Paese»”.

Perfetto: le amministrazioni locali non pubblicano i bandi. L’Ance non tiene conto che, oltre ai problemi posti dal nuovo Codice (che rende praticamente impossibile comporre le commissioni di gara e rende complicatissima l’aggiudicazione estendendo oltre ogni utilità l’obbligo dell’offerta economicamente più vantaggiosa), effettivamente la situazione di debito eccessivo e di difficoltà creditizia esiste davvero; né, sempre l’Ance, come molti altri osservatori, si ricordano che nel frattempo è entrata in vigore una nuova contabilità locale, che a pochi articoli precedentemente contenuti nel testo unico degli enti locali, ha aggiunto una quantità immane di “principi contabili”, tali praticamente da impedire qualsiasi agevole e soprattutto razionale gestione dei pochissimi fondi a disposizione per investimenti. Dunque, la soluzione, per l’Ance, è continuare a far finta che questo quadro, economico e normativo non esista, ed “imporre” comunque ai comuni di pubblicare bandi, soluzione che per la stessa Ance non servirebbe in ogni caso a nulla, perché le regole sono astruse e da cambiare.

In fondo, caro Titolare, questi ragionamenti nello stile “tutto e il suo contrario” non stupiscono: purtroppo, il Legislatore, fin troppo incline a legiferare seguendo le pulsioni delle organizzazioni esterne, si è abituato a scrivere le proprie “riforme” quasi sotto dettatura e per slogan, senza badare troppo alla coerenza. E non è, in effetti, raro vedere norme inconciliabili tra loro all’interno delle stesse leggi o tra leggi di materie diverse, però tra loro concorrenti nel disciplinare un certo particolare aspetto. Pretendere tutto e il suo contrario, analizzare problemi senza verificarne i presupposti e proporre soluzioni dirigistiche senza costrutto è ormai la caratteristica dell’ordinamento. Non c’è, dunque, da stupirsi molto delle difficoltà di crescita economica.

 

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