Affidare la redazione del Piano Anticorruzione, o della sola mappatura dei rischi, all’esterno è danno erariale
Con il secondo periodo del comma 8 L 190/2012, il legislatore ha vietato che l’attività di elaborazione del piano sia affidata a soggetti estranei all’amministrazione, prevedendo anche specifici percorsi formativi per i dipendenti, cui corrispondono le previsioni, contenute nel successivo art. 2, che le amministrazioni competenti provvedano allo svolgimento delle attività previste dalla legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e che dall’attuazione della stessa non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (c.d. clausola di invarianza).
Come puntualmente osserva la Procura, richiamando le considerazioni svolte dalla locale Sezione regionale di controllo (del. n. 34/2016 cit.), l’attività di mappatura dei rischi corruttivi all’interno delle strutture regionali e nell’ambito dei procedimenti trattati dalla Regione richiede una conoscenza della situazione interna all’Amministrazione e della scansione e gestione dell’iter dei procedimenti amministrativi, che non può essere detenuta che da quei soggetti che operano quotidianamente ed effettivamente all’interno della stessa (direttori, dirigenti, responsabili di servizi e uffici), sicché appare naturale che, per essere adeguata, tale mappatura sia affidata a tali soggetti.
L’analisi dei rischi, in sostanza, è un aspetto fondamentale del piano stesso e ne costituisce una delle componenti più significative (cfr. Sez. Lazio n. 269/2018).
Condivisibili sul punto sono le posizioni dell’ANAC (cfr. del. 748/2018, prodotta dalla Procura in data 13 maggio 2019) secondo cui lo scopo del divieto di affidare l’attività di elaborazione del piano anticorruzione a soggetti estranei all’amministrazione “è quello di considerare la predisposizione del PTPC un’attività che deve essere necessariamente svolta da chi opera esclusivamente all’interno dell’amministrazione o dell’ente interessato, sia perché presuppone una profonda conoscenza della struttura organizzativa, di come si configurano i processi decisionali (siano o meno procedimenti amministrativi) e della possibilità di conoscere quali profili di rischio siano involti; sia perché comporta l’individuazione delle misure di prevenzione che più si attagliano alla fisionomia dell’ente e dei singoli uffici. Tutte queste attività, da ricondurre a quelle di gestione del rischio, trovano il loro logico presupposto nella partecipazione attiva e nel coinvolgimento di tutti i dirigenti e di coloro che a vario titolo sono responsabili dell’attività delle pubbliche amministrazioni e degli enti. Sono quindi da escludere affidamenti di incarichi di consulenza comunque considerati in quanto non viene soddisfatto lo scopo della norma che è quello di far svolgere alle amministrazioni e agli enti un’appropriata ed effettiva analisi e valutazione del rischio e di far individuare misure di prevenzione proporzionate e contestualizzate rispetto alle caratteristiche della specifica amministrazione o ente. D’altra parte, la citata disposizione va letta anche alla luce della clausola di invarianza della spesa che deve guidare pubbliche amministrazioni ed enti nell’attuazione della l. 190/2012 e dei decreti delegati ad essa collegati”.
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