17/05/2019 – I dirigenti finiscono sotto tutela – I segretari avocheranno gli atti in caso di inadempimento

I dirigenti finiscono sotto tutela

I segretari avocheranno gli atti in caso di inadempimento

di Luigi Oliveri
I segretari comunali potranno avocare gli atti dei dirigenti in caso inadempimento. La Funzione pubblica ha dato il suo benestare all’atto di indirizzo rivolto all’Aran per l’avvio del Ccnl dell’area dirigenza del comparto Funzioni locali, nonostante la controversa disposizione secondo cui il contratto dovrebbe attribuire e disciplinare per i segretari comunali un potere di «avocazione» degli atti dei dirigenti, in caso di inadempimento.
L’indicazione è in contrasto con l’articolo 40, comma 1, del dlgs 165/2001 che fa espresso divieto alla contrattazione collettiva di curarsi di materie «afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17»: è evidente che introdurre un potere di avocazione implica proprio ingerirsi nelle prerogative dirigenziali esplicitamente vietate. Se i segretari comunali adottassero atti nell’esercizio di un potere di avocazione, i loro provvedimenti risulterebbero tutti a fondato rischio di nullità per assoluta carenza di potere. In ogni caso, anche fosse legittima la clausola contrattuale, la previsione si rivelerebbe una pericolosa arma a doppio taglio. Nei comuni in particolare vi sono due evidenti rischi operativi. Il primo deriva da un legame troppo stretto tra politica ed apparato dei dirigenti o funzionari responsabili di servizio, che tende a tenere isolato il segretario comunale. In questo caso, il potere di avocazione si rivela estremamente rischioso: un tacito accordo tra organi politici e funzionari potrebbe indurre questi ultimi a non adottare gli atti più delicati, scaricando indirettamente sul segretario comunale l’onere di avocarli. All’opposto, si riscontra non di rado un rapporto non troppo coordinato tra politica ed apparato; in questi casi il segretario comunale può fare da filtro e non di rado gli organi di governo si affidano al ruolo del segretario (ma anche del direttore generale, nei comuni con oltre 100 mila abitanti) per una direzione amministrativa fortemente orientata sulle esigenze politiche, più che su quelle amministrative. Il potere di avocazione del segretario, specie se allettato con la remunerazione aggiuntiva di direttore generale o comunque con la «personale adesione» alla parte politica (considerata, incredibilmente, ammissibile dalla sentenza 23/2019 della Consulta) potrebbe essere utilizzato, allora, nel caso di contrasti tra politica e gestione come strumento per un’ingerenza fortissima della prima, mediante il segretario comunale, chiamato alla bisogna ad avocare le decisioni sulle quali non vi sia concordia.
Il contratto collettivo, insomma, si presta a creare molti problemi, senza per altro alcuna ragione pratica. Il potere di avocazione si collega ad un rapporto di gerarchia, che però tra segretario comunale da un lato e dirigenti o funzionari apicali è inesistente, come accertato più volte dalla Cassazione.
Ma, nei fatti, la norma contrattuale sarebbe anche inutile. La legge, infatti, disciplina già un rimedio all’inerzia di dirigenti o funzionari: è l’articolo 2, comma 9-bis, della legge 241/1990, ai sensi del quale «l’organo di governo individua, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente».

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