leggi tutto il dossier “Ddl delega di riforma della PA: uno spoil system “all’italiana” “
– pag 13 del Dossier
Addio ai segretari comunali
L’articolo 9, lett. b), della legge delega di riforma della PA al n. 4) si dilunga, poi, sulla disciplina (per la verità ancora molto fluida e passibile di ulteriori modifiche) dell’abolizione dei segretari comunali, già preannunciata nella famosa lettera inviata dal presidente del Consiglio e dal ministro della Funzione pubblica ai dipendenti pubblici, nella primavera del 2014.
L’intenzione di abolire la figura dei segretari comunali è stata presentata ed evidentemente è ancora considerata come una “novità” ed una “svolta” allo scopo, ovviamente, di re ndere più efficiente e dinamica l’amministrazione.
Un ritorno al passato
A ben vedere, tuttavia, le cose non stanno affatto così: infatti, si presenta come novità un’idea che fa tornare le lancette degli orologi al 1994, quando da pochi anni era stato modificato l’ordinamento delle autonomie locali e si era iniziato a scalfire il sistema dei controlli esterni: eliminati quelli di merito, ridotti quelli di legittimità dei Co.re.co. si era attribuita ai segretari comunali la funzione di esprimere un parere preventivo di legittimità sulle proposte dei provvedimenti, che ancora in larga misura erano adottati da consigli, giunte e sindaci.
Molti comuni, al Nord, a quell’epoca, furono conquistati dalla Lega. La quale si presentava, come partito “rivoluzionario” e tra le sue idee di rivoluzione, molte delle quali si ritrovano oggi esattamente identiche, c’era proprio quella di abolire i segretari comunali, visti come rappresentanti del “centralismo” e oppositori alle idee operative delle amministrazioni (spesso, in effetti, poco legittime: si pensi ai “concorsi padani”).
Cominciò una campagna fitta, dura, continua, contro la figura dei segretari comunali e contro la dirigenza pubblica in generale, per la verità non molto dissimile da quella che si sta vivendo a distanza di 20 anni (a proposito di “novità” e “rivoluzione”).
Finché, nel 1996 la Lega non propose un referendum per ottenere appunto l’abolizione dei segretari comunali. Finì con la legge n. 127/1997 che “salvò” i segretari comunali, ma a duro prezzo. Nei comuni si consentì l’istituzione della figura del direttore generale, che aveva il pregio di poter essere scelto intuitu personae; i segretari vennero privati dei pareri preventivi di legittimità e della direzione degli altri dirigenti o funzionari e sottoposti ad uno spoil system estremamente spinto, ancora inspiegabilmente in piedi, nonostante la consolidata giurisprudenza costituzionale, maturata dopo la sentenza della Consulta n. 103/2007, manifestamente contraria a sistemi di decadenza automatica degli incarichi ed alla privazione di autonomia della dirigenza pubblica.
Dunque, la previsione della legge delega volta ad eliminare la figura dei segretari comunali appare tutt’altro che idea nuova ed originale: sarebbe solo il ripescaggio di una “rivoluzione” di 20 anni fa, voluta da una forza politica centrifuga e, paradossalmente, attuata in una fase di revisione della Costituzione che modifica profondamente il Titolo V, con una marcia indietro evidente e poderosa rispetto al “federalismo” sciaguratamente introdotto dalla riforma costituzionale del 2001, per altro esattamente dalla medesima forza politica che oggi vuole rivedere l’assetto costituzionale.
Ma, quello che davvero spicca non è tanto la ripresa, dopo due decenni, di un’idea maturata nell’ambito di una forza politica che, oggi, viene considerata fieramente di opposizione, quanto, piuttosto il fatto di considerare rivoluzionario l’ulteriore colpo agli ormai flebili sistemi di controllo della legalità nelle amministrazioni locali.
È davvero curioso che da diversi mesi si concentri molto l’attenzione sui costi della corruzione e dell’illegalità, sulle distorsioni alla concorrenza che ne derivano, sulle moltissime altre conseguenze negative che comportano per il convivere civile, mentre, nello stesso tempo, si faccia di tutto per rendere sostanzialmente inoperanti gli strumenti di prevenzione.
Il segretario comunale, proprio perché dipende solo funzionalmente dai sindaci, nonostante l’intenso e inaccettabile spoil system cui è soggetto, è stato visto non a caso dal legislatore come terminale principale dell’azione di garanzia della legalità. Prima, con la riforma dei controlli interni di regolarità amministrativa, dei quali il segretario è tornato ad essere il fulcro; poi, proprio con l’attribuzione, ex lege, al segretario comunale della funzione di responsabile anti corruzione, come previsto dalla legge 190/2012.
Vista la giurisprudenza costituzionale ricordata prima, ci si sarebbe aspettati una riforma normativa che eliminasse il sistema dello spoil system dei segretari. La “rivoluzione”, invece, vuole che siano eliminati i segretari comunali proprio.
Una scelta miope
Una scelta oggettivamente molto discutibile. E miope. Non tiene conto, infatti, non solo del ruolo che i segretari hanno assunto proprio in questi mesi, nei quali hanno elaborato i piani triennali anticorruzione, al via dal gennaio 2014. Ma, soprattutto, perché i segretari comunali sono da decenni e decenni il fulcro, la base operativa soprattutto dei tanti piccoli comuni, presso i quali hanno operato assicurando un livello molto elevato di una professionalità accertata storicamente mediante procedure selettive concorsuali molto rigorose.
Eliminare i segretari comunali significa andare esattamente al contrario della direzione che a parole la riforma “rivoluzionaria” indica: valorizzare, cioè, il merito, la capacità, la competenza della dirigenza.
La figura del segretario comunale è una delle, storicamente, più qualificate e con maggiore estensione di competenza tra quelle che si trovano nell’ordinamento pubblico.
Abolire la figura dei segretari comunali non ha alcuna relazione né con la “rivoluzione” della pubblica amministrazione, né con la valorizzazione del merito, ma, invece, molto a che fare con l’ulteriore riduzione delle indispensabili funzioni di controllo, tanto più necessarie, negli enti locali, dopo il micidiale “federalismo”, che ha incrementato ruolo e funzioni in particolare di regioni e comuni.
Una figura come il segretario comunale è fondamentale, ad esempio, non solo per assicurare competenza nell’applicazione dell’anticorruzione, ma anche per contribuire a gestire il delicatissimo passaggio della riforma Delrio, con il tourbillon di funzioni e competenze che passeranno come schegge impazzite dalle province alle città metropolitane ai comuni alle unioni di comuni.
L’ordinamento degli enti locali va incontro ad un periodo di fortissimo stress organizzativo, nel quale la presenza di una figura competente ed autonoma risulta quanto mai decisiva.
La volontà ostentata di farne a meno, evidenzia l’insofferenza alla pur ineliminabile necessità di rispettare le regole e la tendenza all’improvvisazione non solo nella predisposizione, ma anche nell’attuazione delle riforme.
Eliminando la figura del segretario comunale non si semplifica nulla, non si ottiene alcuna razionalizzazione, né risparmio.
Semplicemente, si rinuncia ad uno strumento razionale di auto-organizzazione e controllo, dando un segnale estremamente negativo sul tema del rispetto delle regole, finendo per minare ulteriormente la già non eccessiva fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Perché eliminare i segretari?
A cosa realmente serva l’abolizione dei segretari comunali è tutto da capire. Sburocratizzare? I segretari comunali non hanno alcun rilievo ai fini degli appesantimenti burocratici. Sono una figura di coordinamento e garanzia e, anzi, la loro presenza consente di snellire, controllare, sostituirsi per i ritardi e prevenirli, organizzare al meglio.
Risparmiare denaro pubblico? Non si prevede il licenziamento dei segretari comunali, che gradualmente transiteranno nel ruolo dei dirigenti degli enti locali: dunque, non vi sono immediati o rilevabili effetti di risparmio.
Rilanciare il Pil e l’economia? Questo effetto, che sarebbe certamente auspicabile e ben venuto, purtroppo non si evince neanche dall’intero disegno di riforma, figurarsi quanto possa essere connesso all’abolizione di una figura come i segretari comunali.
È un’abolizione, quella dei segretari comunali, che potrebbe apparire, nella sostanza, fine a se stessa. Che, tuttavia, per come impostata – almeno sulla base dei testi oggi disponibili – espone, per l’ennesima volta, al caos organizzativo ed interpretativo.
Intanto, la legge delega, come vedremo meglio di seguito, ha introdotto di per sé un sistema complicato di superamento della figura, istituendo un periodo transitorio di tre anni che certo non giova alla chiarezza del sistema. In ogni caso, abolita a regime la figura, non è per nulla semplice comprendere che fine facciano le funzioni svolte. L’unica cosa sicura è che esse, tuttavia, non possono estinguersi.
Le funzioni del segretario espressamente enunciate dal Dlgs n. 267/2000 e dalla legge n. 190/2012 sono molteplici:
1) compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in
ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti;
2) sovrintendenza allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e coordinamento dell’attività, salvo quando ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell’articolo 108 il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale;
3) partecipazione con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta e cura della verbalizzazione;
4) espressione del parere di regolarità tecnica, nel caso in cui l’ente non abbia responsabili dei servizi;
5) possibilità di rogare tutti i contratti nei quali l’ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente;
6) direzione del controllo di regolarità amministrativa successiva;
7) esercizio delle funzioni di direttore generale nell’ipotesi prevista dall’articolo 108 comma 4;
8) esercizio della funzione di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza;
9) possibilità di esercitare ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia.
Nessuna delle funzioni sopra elencate appare rinunciabile (salvo la n. 9, comunque fondamentale in particolare nei comuni di piccole dimensioni).
L’eliminazione della figura del segretario comunale, comporta una sorta di “diaspora” delle sue funzioni tipiche, le quali potranno essere, dunque, “distribuite” tra più incarichi dirigenziali.
L’effetto concreto, dunque, della cancellazione del segretario consiste proprio nell’eliminazione della figura in quanto tale, sicché non vi sarà più una linea di continuità “status-funzioni”. I comuni potranno istituire un incarico dirigenziale simile a quello del segretario, oppure ripartirne le funzioni tra incarichi vari.
Guardando al dettaglio della previsione dell’articolo 9, lett. b), n. 4) della legge delega, si evidenzia che il superamento della figura del segretario comunale avverrà mediante l’attribuzione alla dirigenza locale “dei compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa”.
Si conferma, dunque, la scissione tra lo svolgimento di queste funzioni e il suo ricollegamento ad una particolare figura professionale, destinata ad essere estinta. L’attuazione dell’indirizzo politico, il coordinamento delle attività amministrative ed il controllo di legalità saranno contenuti di possibili incarichi dirigenziali, attribuibili al complesso della dirigenza pubblica e non più appannaggio solo della figura professionale dei segretari comunali.
I quali, comunque, potranno ancora essere destinatari di tali funzioni: in un primo tempo pur sempre in via esclusiva; in un secondo, in concorrenza con gli altri dirigenti locali.
La legge delega prevede che siano inseriti nel ruolo unico dei dirigenti locali “coloro che alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al presente comma sono iscritti all’albo nazionale dei segretari comunali e provinciali di cui all’articolo 98 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000,n. 267, nelle fasce professionali A e B”, con conseguente soppressione del relativo albo.
I segretari comunali che non dispongono dell’assimilazione alla dirigenza pubblica, ovvero quelli inseriti nella fascia professionale C saranno regolati da una specifica disciplina per effetto della quale detti segretari potranno confluire nel ruolo unico dei dirigenti locali dopo due anni esercizio effettivo, anche come funzionario, di funzioni segretariali o equivalenti; lo stesso varrà per i vincitori di procedure concorsuali già avviate alla data di entrata in vigore della legge-delega.
Cosa prevede la legge?
Come detto, la legge delega prevede un periodo transitorio, durante il quale lo svolgimento delle funzioni proprie dei segretari comunali resterà appannaggio di coloro che risultavano iscritti all’albo. Si prevede, infatti, che “in sede di prima applicazione e per un periodo non superiore a tre anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo adottato in attuazione della delega di cui al presente articolo, obbligo per i Comuni di conferire l’incarico di direzione apicale con compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa ai predetti soggetti, già iscritti nel suddetto albo e confluiti nel ruolo di cui al numero 3), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
I comuni, dunque, per il primo triennio di applicazione della riforma non avranno scelta: sono tenuti ad incaricare delle funzioni segretariali i dirigenti locali provenienti dalla carriera dei segretari comunali.
Superato il triennio, si applicherà la piena “concorrenzialità” di tutti i dirigenti inseriti nei diversi ruoli, per ottenere gli incarichi connessi alle funzioni proprie dell’ex figura del segretario comunale.
Resterà fermo per tutti gli enti locali l’obbligo di nominare comunque un dirigente apicale con compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ma, a quel punto l’incarico potrà cadere su qualsiasi dirigente iscritto ai ruoli unici, senza particolari preferenze per gli ex segretari comunali.
Che si tratti di un caos oggettivo, sembra difficile possa sfuggire. Se la legge conferma la necessità delle funzioni, allora a cosa serve l’abolizione della figura del segretario comunale? L’abolizione appare totalmente funzionale al rafforzamento della dirigenza funzionale alla politica.
Non si dimentichi che il Dl n. 90/2014, convertito dalla legge n. 114/2014, ha già esteso alla percentuale spropositata del 30% della dotazione organica la possibilità di assumere dirigenti ed apicali fuori dotazione organica. Sarebbe la sublimazione del tentativo prodotto nel 1997: consentire ai sindaci totale arbitrio nella scelta del segretario comunale. Basterà, dopo l’attuazione della riforma, prendere un dirigente dall’esterno, meglio se, ovviamente, funzionale al partito, e attribuirgli l’incarico ed il gioco è fatto. Niente più specifici concorsi, agenzie o ministeri a garanzia della professionalità della figura, procedure per incaricare e nominare.
Ancora una volta, l’analisi dei contenuti della riforma stenta a reperire sugli specifici istituti l’utilità generale, che dovrebbe essere il fine di ogni legge.
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