tratto da Italia Oggi del 17.04.2020
Il dipendente non perde il posto, ma restano dubbi sul pagamento del trattamento economico
La disponibilità è un rebus – Con la sospensione dei procedimenti indennità a rischio
di Luigi Oliveri
La sospensione dei procedimenti di verifica dei dipendenti pubblici in disponibilità fa mancare il titolo per il pagamento dell’indennità mensile loro spettante.
La «disponibilità» dei dipendenti pubblici è regolata dagli articoli 33, 34 e 34-bis, del dlgs 165/2001. È qualcosa di simile a una cassa integrazione.
Il dipendente che sia dichiarato in esubero, per effetto delle condizioni e procedure previste dall’articolo 33 del dlgs 165/2001, viene collocato appunto in «disponibilità»: come avviene per i cassintegrati, il rapporto di lavoro viene sospeso ed al dipendente, ai sensi del comma 8 del citato articolo 33, spetta un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. Superati i quali, il rapporto di lavoro viene risolto.
L’articolo 34-bis impone alle amministrazioni che intendano assumere di far precedere la procedura dalla verifica dell’esistenza di personale pubblico in esubero nelle liste di disponibilità formate dalle regioni o dalle province, cui rivolgere la richiesta, affinché queste segnalino l’inesistenza di personale, passando così la questione alla Funzione Pubblica, oppure avviino d’ufficio i dipendenti in disponibilità; competenza che è della Funzione Pubblica, qualora nelle liste regionali non vi siano dipendenti iscritti, ma ve ne siano a livello nazionale.
Palazzo Vidoni, con un comunicato del 9 marzo, tuttavia ha ritenuto che i termini del procedimento sono da considerare sospesi, ai sensi dell’articolo 103 del decreto legge Cura Italia (dl 18/2020).
Scelta che ha fatto sorgere alcuni dubbi. Tra questi, la sorte dei dipendenti in disponibilità il cui periodo sia in scadenza in questi giorni: la sospensione ne prolunga o meno la permanenza in lista.
A ben vedere, non occorre nessun chiarimento da parte della Funzione pubblica, per concludere che se Palazzo Vidoni ha considerato sospeso il termine del banalissimo procedimento di verifica di personale in disponibilità, si sospende per un tempo di pari durata anche la permanenza dei dipendenti nella lista di disponibilità.
Pertanto, dipendenti inseriti nelle liste la cui condizione di disponibilità stia scadendo nel periodo compreso tra il 17 marzo e la durata della sospensione, non vedranno risolto il rapporto di lavoro.
Su questo non possono esservi dubbi: la sospensione del procedimento cui la Funzione pubblica (come gli enti regionali o provinciali preposti) è obbligata, non può nuocere ad un diritto costituzionalmente disposto: la tutela del lavoro, che implica l’apprestamento di tutti gli strumenti finalizzati a difenderlo, per quanto possibile, ivi compresa la segnalazione d’ufficio dei dipendenti in disponibilità alle amministrazioni che intendano attivare procedure d’assunzione.
Piuttosto, il problema che si pone è quello di tipo economico. Il mese e mezzo circa (se si arriverà alla metà di maggio con la sospensione) di sospensione anche della permanenza in lista, pone i dipendenti in una sorta di terra di nessuno. Infatti, da un lato si deve ritenere che la sospensione disposta da Palazzo Vidoni non faccia altro che allungare simmetricamente la permanenza in lista di disponibilità.
Dall’altro lato, però, trattandosi di una sospensione procedurale, non pare che vi sia titolo per l’ente che ha posto il dipendente in esubero per corrispondergli – come sarebbe giusto – una o più mensilità ulteriori rispetto alle 24 previste dall’articolo 33, comma 8, del dlgs 165/2001.
Per dipendenti la cui collocazione in disponibilità fosse in scadenza in questo periodo il problema economico sarebbe, purtroppo, relativo: scadendo i 24 mesi, comunque il rapporto di lavoro si risolverebbe con perdita anche dell’indennità.
Per i dipendenti, invece, iscritti in lista e ancora lontani dalla scadenza dei 24 mesi, la sospensione dovrebbe condurre anche a una sospensione dell’indennità. Conseguenza, oggettivamente, punitiva ed impensabile, cagionata dalla decisione di Palazzo Vidoni.
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