Anche in sede cautelare, il Tar ribadisce che la natura essenzialmente privatistica della CILAS, non preclude al Comune di esercitare il proprio potere di controllo in materia di edilizia.
L’ordinanza, che s’innesta nel solco di quanto già affermato da costante giurisprudenza amministrativa, confrontando la c.i.l.a (di cui la c.i.l.a – super bonus costituisce una variante) con la s.c.i.a., rileva come l’attività assoggettata a c.i.l.a. non solo sia libera, come nei casi di s.c.i.a., ma, a differenza di quest’ultima, non sia sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie.
Pertanto, se è vero che eventuali atti o pronunciamenti dell’ufficio tecnico competente in ordine all’ammissibilità degli interventi oggetto della comunicazione della CILAS, non hanno natura di provvedimento, ma natura meramente informativa, la P.A conserva il potere-dovere di esercitare, in ogni tempo, i propri poteri vigilanza e di sanzione previsti dall’art 27 del DPR 380 del 2001. Non solo. I poteri di vigilanza e controllo restano intatti anche se in materia di cilas, il decreto legge n. 77 del 31 maggio del 2021 (conv. in legge 108 del 2021) ha eliminato a carico del tecnico incaricato alla presentazione della pratica, l’obbligo di attestazione dello “stato legittimo” dell’immobile, in quanto lo stesso art. 119 comma 13 quater del D. L. 34, (da leggersi in connessione con il comma 13 ter) dispone che “resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento”.
Restano, quindi, in capo ai dirigenti comunali quelle verifiche necessarie circa lo stato legittimo dell’immobile interessato dalla cilas, che qualificata come “un istituto intermedio tra l’attività edilizia libera e la s.c.i.a., ascrivibile, al pari del secondo, nel genus della liberalizzazione delle attività private” (Consiglio di Stato nel parere reso il 4.08.2016, n. 1784), non può mail legittimare un intervento edilizio su immobili abusivi o che presentino difformità poiché tali opere “parteciperebbero comunque della stesse caratteristiche di abusività dell’opera principale, con un effetto di propagazione dell’illecito” (Consiglio di Stato n.2171 del 2022).
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