Dirigenza: l’indisponibilità dei posti fissata dalla legge 208/2015 si applica necessariamente anche agli enti locali
La legge 208/2015 non poteva mancare di creare problemi interpretativi, per la verità nel caso di specie, facilmente risolvibili perché oggettivamente di poca fondatezza.
A creare il “caso” è il comma 219 della legge, cui si affida il compito di recuperare, almeno in parte, dalla spesa del personale il finanziamento delle scarsissime risorse da finalizzare al rinnovo contrattuale (circa 300 milioni per i comparti dello Stato; altrettanto si stabilirà, probabilmente, per regioni enti locali).
Il comma 219 dispone che “nelle more dell’adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 8, 11 e 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e dell’attuazione dei commi 422, 423, 424 e 425 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni, sono resi indisponibili i posti dirigenziali di prima e seconda fascia delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, come rideterminati in applicazione dell’articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, vacanti alla data del 15 ottobre 2015, tenendo comunque conto del numero dei dirigenti in servizio senza incarico o con incarico di studio e del personale dirigenziale in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o aspettativa”.
Tradotto in termini più semplici: non si potranno coprire i posti vacanti di qualifica dirigenziale delle dotazioni organiche delle amministrazioni statali, come già ridotto a seguito della spending review targata Monti, fino a quando non entreranno in vigore i decreti legislativi attuativi della riforma Madia della PA. Tuttavia, resteranno disponibili, i posti per assorbire i dirigenti privi di incarico o con incarichi di studio o in comando.
Questo comma va letto in combinazione col successivo 224: “Resta escluso dalle disposizioni di cui al comma 118 il personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, delle città metropolitane e delle province adibito all’esercizio di funzioni fondamentali, degli uffici giudiziari e dell’amministrazione della giustizia, dell’area medica e veterinaria e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale. É escluso altresì il personale delle Agenzie di cui al decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157”.
Quindi, non c’è il congelamento delle assunzioni delle qualifiche dirigenziali:
- per il personale non contrattualizzato;
- per il personale di province e città metropolitane appartenente alle funzioni fondamentali;
- per il personale
- degli uffici giudiziari e dell’amministrazione giudiziaria
- dell’area medica e veterinaria e dei ruoli del Ssn;
- per il personale delle Agenzie fiscali.
Sarebbe, però, interessante sapere dal Legislatore a cosa serva la precisazione riferita a province e città metropolitane, visto che a tali enti rimane totalmente ed inviolabilmente vietato di effettuare assunzioni a tempo indeterminato, di dirigenti come di personale di qualsiasi altra qualifica.
Sempre restando sulla questione della dirigenza e della razionalizzazione della spesa, con connessa riduzione dei ruoli, il comma 220 rinvia ad un “decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 gennaio 2016, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze” il compito di effettuare “la ricognizione delle dotazioni organiche dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché degli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”.
Si tratta, in effetti, di un adempimento estremamente importante soprattutto in vista della riforma della dirigenza disegnata dall’articolo 11 della legge 124/2015, allo scopo di comprendere quali posti risultino disponibili, visto che è necessario capire che margini di flessibilità vi saranno ai fini della revisione degli incarichi e della copertura dei posti vacanti. Specie perché tale copertura avverrà in tempi estremamente lunghi: infatti il sistema del corso-concorso e dei concorsi previsto dalla legge 124/2015 richiede un periodo di tre anni prima di consolidare nei ruoli i nuovi dirigenti.
Anche regioni ed enti locali sono chiamati, dal comma 221, ad effettuare la “ricognizione delle proprie dotazioni organiche dirigenziali secondo i rispettivi ordinamenti”, nonché il “riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni”. Ovviamente, si tratta di adempimenti di particolare rilievo per le grandi città e le regioni, enti nei quali è più facile riscontrare casi eventuali di duplicazioni, rispetto a comuni di dimensioni maggiormente contenute ove le dotazioni organiche dirigenziali risultano molto più ristrette.
A proposito di regioni ed enti locali, tornando al problema interpretativo riguardante il comma 219, secondo parte della dottrina[1] il comma 219 non si applicherebbe alla dirigenza locale e regionale.
A suffragare la teoria secondo la quale il comma 219 limiterebbe la propria portata applicativa alle sole amministrazioni dello Stato vi sarebbero due ordini di ragioni.
Un primo, si riferisce ad un’interpretazione letterale. Il comma, infatti:
- dispone che “sono resi indisponibili i posti dirigenziali di prima e seconda fascia”; ma, la distinzione della dirigenza in prima e seconda fascia non esiste nel comparto regioni-enti locali;
- l’indisponibilità riguarda i posti dirigenziali della dotazione organica “come rideterminati in applicazione dell’articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni”; ma, l’obbligo di rideterminazione previsto dall’articolo 2 della manovra Monti riguardava esclusivamente le amministrazioni dello Stato.
Da qui, dunque, il fronte interpretativo teso a ritenere l’inapplicabilità del comma 219 agli enti locali ritiene di rinvenire la dimostrazione certa della propria teoria.
Tuttavia, questa motivazione di ordine letterale non pare assolutamente poter costituire la base convincente per escludere gli enti locali dall’obbligo di rendere indisponibile i posti della dotazione organica.
E’ proprio l’interpretazione letterale che non lo consente, perché il comma 219 impone di rendere indisponibili i posti dirigenziali delle dotazioni organiche, vacanti alla data del 15 ottobre 2015 “delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”. Il comma si riferisce in modo evidentissimo a tutte le amministrazioni pubbliche elencate nell’articolo 1, comma 2[2], del d.lgs 165/2001, tra le quali sono compresi regioni ed enti locali. Non c’è esclusione alcuna. Al contrario, come visto prima, la legge 208/2015 si premura di escludere espressamente dall’obbligo di rendere indisponibili i posti dirigenziali della dotazione organica, limitatamente al personale non contrattualizzato, al personale di province e città metropolitane appartenente alle funzioni fondamentali (anche se province e città metropolitane non possono assumere nessun dipendenti), al personale personale degli uffici giudiziari e dell’amministrazione giudiziaria, al personale dell’area medica e veterinaria e dei ruoli del Ssn e al personale delle Agenzie fiscali.
Poiché la legge 208/2015 ha indicato in modo estremamente chiaro gli ambiti ai quali non si estende l’applicazione dell’obbligo di rendere indisponibili i posti dirigenziali della dotazione organica, con un’elencazione tassativa e in questa elencazione non sono presenti i dirigenti degli enti locali, proprio l’interpretazione letterale, che non si limiti a soli piccoli stralci del comma 219, dimostra che esso comma si applichi necessariamente anche agli enti locali.
Il riferimento alla rideterminazione dei posti imposto alle sole amministrazioni statali dall’articolo 2 del d.l. 95/2012, è solo un accidente della norma, inserito per indicare che le amministrazioni soggette al citato articolo 2 del d.l. 95/2012 debbono, ovviamente, rendere indisponibili i posti vacanti al 15 ottobre 2015, tenendo conto del riordino posto in essere e nulla più. Tale inciso della norma non vale certo ad escludere dall’obbligo le amministrazioni che non fossero state obbligate a riordinare i posti dirigenziali.
Tra l’altro, non è da dimenticare che il citato d.l. 95/2012 aveva previsto anche in capo agli enti locali la rideterminazione delle dotazioni organiche, per effetto dell’articolo 12, comma 8[3]. E’ un ulteriore accidente che, poi, non sia stato dato seguito alle previsioni di tale norma. E’ per questa ragione che il comma 219 prende in considerazione in modo espresso solo l’adempimento all’articolo 2 del d.l. 95/2012.
Che, sul piano letterale, l’inciso riferito a tale norma sia solo un elemento accidentale, dunque non essenziale, lo dimostra la circostanza che cancellando le parole “come rideterminati in applicazione dell’articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni” la norma né perde di significato, né cambia la sua portata: anche se il legislatore non avesse introdotto questo inciso, è perfettamente evidente che possono essere resi indisponibili solo i posti dirigenziali delle dotazioni organiche come rideterminati.
Un secondo ordine di argomentazioni si fonda sull’autonomia costituzionalmente garantita delle autonomie locali. Dunque, sulla base di una interpretazione “costituzionalmente orientata”, il comma 219 non sarebbe applicabile alle regioni e agli enti locali, dal momento che ai sensi dell’articolo 117, comma 6 della Costituzione,detti enti hanno potestà regolamentare “in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”.
Si tratta di un’argomentazione piuttosto debole, per risultare persuasiva e convincente.
Si rispolvera un tema ormai chiarito molte volte dalla Corte costituzionale: la potestà organizzativa di regioni ed enti locali, si svolge mediante i regolamenti, norme subordinate alla legge, che, per altro, non possono intaccare la potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Nel caso di specie, la legge 208/2015 appartiene con ogni evidenza alla materia trasversale del coordinamento della finanza pubblica, spettante in via esclusiva alla potestà dello Stato, ai sensi dell’articolo 119, comma 2, della Costituzione. Dunque, né i regolamenti possono derogare alla legge, né si può immaginare che lo Stato non disponga del potere di esercitare il coordinamento della finanza pubblica, imponendo vincoli di spesa come quelli oggetti del comma 219, che congela la possibilità di assumere, con alcune eccezioni, dirigenti pubblici, proprio allo scopo di conseguire effetti di risparmio, coinvolgendo pienamente anche gli enti locali.
Nessun vulnus all’autonomia costituzionale di regioni ed enti locali pare derivare dal comma 219 anche per altre ragioni. In primo luogo, il comma 219 non è una disposizione a regime, ma solo transitoria: opera, come essa stessa dispone, solo “nelle more dell’adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 8, 11 e 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e dell’attuazione dei commi 422, 423, 424 e 425 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni”.
Dunque, l’indisponibilità è solo temporanea. Ed ha un fine ulteriore all’attuazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica: preparare il terreno all’attuazione della riforma della dirigenza pubblica disposta dalla legge 124/2015, all’evidente scopo di non incrementare il numero dei dirigenti, mentre è ancora in corso la ricognizione corretta dei posti disponibili, in vista della creazione del “mercato” della dirigenza previsto dall’articolo 11 della legge Madia, che impone al suo avvio coerenza tra i posti disponibili e i dirigenti incaricati, per evitare che vi possa essere un esubero dei secondi, rispetto ai primi, tale da inchiodare il sistema prima ancora che parta.
Ricordando che l’articolo 11 della legge 124/2015 riordina la dirigenza in un ruolo unico, in realtà composto di tre ruoli tra di loro, però, perfettamente interscambiabili, quello dei dirigenti statali, quello dei dirigenti regionali e quello dei dirigenti degli enti locali, è del tutto irrazionale immaginare che le sole amministrazioni statali debbano rendere indisponibili i posti dirigenziali della dotazione organica, ai fini dell’attuazione della legge.
Trattandosi, in questo caso, di una normativa direttamente incidente sui rapporti di lavoro, lo Stato dispone di integrale ed esclusiva potestà legislativa, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, nonché, soprattutto, nella lettera l) in tema di ordinamento civile (e connessa formazione dei rapporti di lavoro).
Pertanto, l’articolo 1, comma 219, della legge 208/2015 non incide negativamente in alcun modo l’autonomia costituzionalmente garantita di regioni ed enti locali e, dunque, non si può che confermarne la sua completa applicazione anche a detti enti.
D’altra parte, la conferma che gli enti locali debbono rendere indisponibili i posti vacanti dirigenziali è data dal successivo comma 224, che elenca categorie di personale escluso dal divieto del comma 219 (tra cui il personale non contrattualizzato), specificando che sono da escludere i dipendenti delle città metropolitane e delle province adibito all’esercizio di funzioni fondamentali. Se gli enti locali non fossero coinvolti nel divieto di cui al comma 219 tale precisazione non sarebbe stata necessaria. Pertanto, comuni e aree vaste non potranno effettuare assunzioni ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000, in quanto si tratta di contratti a termine entro la dotazione. Si può ritenere, invece, applicabile il comma 2 dell’articolo 110
Finchè non si saranno avverate le condizioni indicate prima, il comma 219 impedisce di coprire i posti della dotazione organica, e, dunque, impedisce non solo le assunzioni a tempo indeterminato, ma anche quelle a tempo determinato, disciplinate dall’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001 e dall’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000.
Infatti gli incarichi dirigenziali “a contratto”, cioè a tempo determinato, disciplinati da tali disposizioni sono finalizzati a coprire posti dotazionali. Sicchè, se i posti vacanti sono resi indisponibili, questo vale tanto per la copertura a tempo indeterminato, quanto per gli incarichi a contratto.
La tagliola è particolarmente forte, tanto che gli incarichi dirigenziali conferiti a copertura dei posti da rendere indisponibili dopo il 15 ottobre 2015 e fino all’1.1.2016 cessano di diritto alla data dell’1.1.2016, con risoluzione dei relativi contratti.
Ai sensi del penultimo periodo del comma 219, “sono fatti salvi i casi per i quali, alla data del 15 ottobre 2015, sia stato avviato il procedimento per il conferimento dell’incarico e, anche dopo la data di entrata in vigore della presente legge, quelli concernenti i posti dirigenziali in enti pubblici nazionali o strutture organizzative istituiti dopo il 31 dicembre 2011, i posti dirigenziali specificamente previsti dalla legge o appartenenti a strutture organizzative oggetto di riordino negli anni 2014 e 2015 con riduzione del numero dei posti e, comunque, gli incarichi conferiti a dirigenti assunti per concorso pubblico bandito prima della data di entrata in vigore della presente legge o da espletare a norma del comma 216, oppure in applicazione delle procedure di mobilità previste dalla legge”.
[1] Vedasi P. Monea e M. Mordenti “Organici congelati e turn over dei dirigenti, agli enti locali serve un’esclusione esplicita” ne Il Quotidiano degli enti locali, ed. Il Sole24Ore del 13 gennaio 2015,. Contra, R. Nobile, Nuove indicazioni in materia di assunzioni di dirigenti negli enti locali e legge di stabilità per il 2016, in La gazzetta degli enti locali, ed. Maggioli del 15 gennaio 2015.
[2] Se ne riporta il testo: “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti i del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI”.
[3] Se ne riporta il testo: “Fermi restando i vincoli assunzionali di cui all’articolo 76, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni ed integrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 31 dicembre 2012 d’intesa con Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, tenendo prioritariamente conto del rapporto tra dipendenti e popolazione residente. A tal fine è determinata la media nazionale del personale in servizio presso gli enti, considerando anche le unità di personale in servizio presso le società di cui all’articolo 76, comma 7, terzo periodo, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. A decorrere dalla data di efficacia del decreto gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 20 per cento rispetto alla media non possono effettuare assunzioni a qualsiasi titolo; gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 40 per cento rispetto alla media applicano le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero di cui all’articolo 2, comma 11, e seguenti”.
Nessun tag inserito.