17.01.2015 – Gestioni associate, prefetti con le armi spuntate

Gestioni associate, prefetti con le armi spuntate

Matteo Barbero

Armi spuntate contro i piccoli comuni renitenti ad associarsi per la gestione delle proprie funzioni fondamentali. I commissari prefettizi difficilmente potranno andare oltre un mero ruolo propulsivo. La procedura di commissariamento è stata disciplinata dal ministero dell’interno in una circolare inviata nei giorni scorsi ai prefetti per provare a trasformare finalmente in realtà il disegno di riordino delle mini municipalità tracciato dalla manovra estiva 2010 (dl 78). Come noto, l’obiettivo è quello di accorpare le amministrazioni più piccole, ossia tutte quelle con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (soglia che scende a 3.000 per quelli appartenenti o appartenuti a comunità montane), che dovrebbero gestire attraverso unioni o convenzioni il proprio «core business». Quest’ultimo include, oltre alle funzioni di «back office» (amministrazione generale, gestione finanziaria e contabile, controlli), anche quasi tutti compiti di «front office», ossia i servizi da erogare a cittadini e imprese. Le compagini sovracomunali (unioni, ma dopo le modifiche introdotte dalla legge 56/3014 anche convenzioni) dovrebbero raggruppare almeno 10.000 abitanti (3.000 in montagna), ma alcune regioni hanno previsto (come loro consentito) limiti più bassi. Il percorso attuativo dell’obbligo è stato caratterizzato da numerose proroghe, a dimostrazione della difficoltà a passare dalla teoria organizzativa alla pratica. Ora, però, il tempo è scaduto: dal 1° gennaio, infatti, i piccoli comuni dovrebbero aver conferito tutte le dieci funzioni identificate come fondamentali dalla legge statale. Ma sul territorio l’atteggiamento prevalente è ancora l’attendismo: poche, infatti, sono le unioni già operative, mentre in numero maggiore sono le convenzioni (più facili da stipulare), anche se spesso sono solo sulla carta. Un caso a parte sono le ex comunità montane, chiamate a trasformarsi in unioni montane, raggruppando almeno tre comuni (ma questo limite, secondo la legge 56, non si applica alle unioni già costituite). Per gli inadempienti, a questo punto, dovrebbe scattare l’esercizio del potere sostitutivo statale: la circolare del Viminale prevede, a tal fine, una preventiva diffida con la fissazione di un termine «ponderato» seguita dall’eventuale commissariamento ad acta per le amministrazioni locali che ancora non si siano adeguate. Tale strada, però, non sembra garantire il risultato, non solo per i numeri dei comuni soggetti all’obbligo: è difficile immaginare che i commissari possano effettivamente sostituirsi agli amministratori. Il loro ruolo al massimo potrà essere propulsivo. La soluzione, invece, da tempo sollecitata dall’Anci, è quella di introdurre dei correttivi alla normativa vigente, che da un lato non definisce in modo chiaro le funzioni da associare, dall’altro non prevede alcun meccanismo di accompagnamento e di incentivo per la fase transitoria.

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