Appalti, la stipulazione richiede un contratto: illegittimo sottoscrivere la determina di aggiudicazione o affidamento.
L’attenzione di molti operatori è rivolta anche al modo col quale si possa stipulare il contratto, in modo da verificare se in ogni caso non si possa attribuire al provvedimento di aggiudicazione, o di affidamento nel caso di affidamento diretto, valore negoziale, sicchè una sottoscrizione dell’operatore economico in calce al provvedimento possa considerarsi efficace metodo per una valida stipulazione. Non solo: ma anche un metodo per evitare “duplicazioni”, posto che si ammetta l’identità di natura e funzioni dell’aggiudicazione/affidamento e del contratto.
In quella che può essere considerata ormai la notte dei tempi della disciplina dei contratti, l’articolo 16, comma 4, del r.d. 2440/1923, stabiliva che “I processi verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad incanti pubblici pubblico o a private licitazioni, equivalgono per ogni legale effetto al contratto”. Sempre un’opera delicata di archeologia giuridica fa riscoprire l’articolo 88 del r.d. 827/1924, ai sensi del quale “Avvenuta la definitiva aggiudicazione, si procede nel più breve termine alla stipulazione del contratto, tranne i casi in cui il verbale di aggiudicazione tenga luogo di contratto”.
Un tempo, dunque, durato circa fino al 1999, era possibile attribuire al verbale di gara (solo per aste pubbliche e licitazioni private, non per le trattative private, comunque) effetto di contratto.
Le riforme all’ordinamento degli appalti succedutesi negli ultimi 25 anni, tuttavia, hanno resto le due citate norme risalenti agli anni ’20 del secolo scorso inapplicabili.
Infatti, si è assestata nell’articolo 17, comma 6, del d.lgs 36/2023 una disposizione che ormai si ripete appunto da un quarto di secolo circa: “L’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta”.
Occorre precisare che lo stesso vale per il provvedimento di cui all’articolo 17, comma 2: esso non è un’aggiudicazione perché non consegue ad una fase competitiva e selettiva di individuazione del contraente. L’affidamento è comunque l’atto ad evidenza pubblica col quale la PA dispone di affidare (opera giuridicamente in tutto equivalente all’aggiudicare) una prestazione, con valore ancora solo interno. Si tratta pur sempre ancora solo di un provvedimento amministrativo e non di atto negoziale di diritto privato, tanto che occorre con esso atto indicare dati fino ad allora sconosciuti (se l’affidamento diretto non sia stato preceduto da una vera e propria determinazione a contrattare e cioè l’oggetto dell’affidamento, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta. La necessità di esporre le “ragioni della scelta” del contraente è la prova incontrovertibile che si tratti solo di un provvedimento amministrativo, poiché dette ragioni sono il cuore della necessaria motivazione da esplicitare come fondamento della decisione di affidare a quel contraente specificato.
Poiché la disciplina normativa dei contratti pubblici vieta stabilisce espressamente che aggiudicare (id est affidare a seguito di affidamento diretto) non implica accettazione dell’offerta, non resta che un’unica conclusione: l’aggiudicazione non determina l’espressione del consenso della PA alla costituzione delle obbligazioni tra le parti.
Dunque, l’aggiudicazione, così come il provvedimento di affidamento di cui all’articolo 17, comma 2, del codice, è esclusivamente un provvedimento amministrativo, non avente valore negoziale di diritto privato, e ad efficacia ancora solo interna: è l’atto col quale la PA vincola ancora se stessa, e non l’operatore economico, stabilendo che l’opera, il servizio o la fornitura sia da affidare all’operatore economico individuato al termine delle modalità di selezione o scelta utilizzate.
Perché sorga, allora, il rapporto giuridico negoziale ed obbligatorio tra stazione appaltante ed appaltatore, occorre necessariamente sottoscrivere un contratto, successivo all’aggiudicazione efficace o all’affidamento.
Nel codice dei contratti sono previste ulteriori disposizioni tutte concordanti con l’inevitabile necessità di sottoscrivere il contratto:
- articolo 17, comma 7: “Una volta disposta l’aggiudicazione, il contratto è stipulato secondo quanto previsto dall’articolo 18”; con ogni evidenza tale norma prevede che vi sia un’aggiudicazione intesa come atto che precede la successiva stipulazione di un contratto;
- articolo 18, comma 2: “Divenuta efficace l’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 17, comma 5 e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela, la stipula del contratto ha luogo entro i successivi sessanta giorni anche in pendenza di contenzioso”; tale norma conferma che il contratto è necessariamente successivo, come atto autonomo, all’aggiudicazione efficace; inoltre, la disposizione configura espressamente l’aggiudicazione come puro provvedimento amministrativo, quindi inidoneo a formare il consenso contrattuale, laddove stabilisce che resta salvo il potere di autotutela, cioè il potere di revocare o annullare proprio l’aggiudicazione; l’autotutela ovviamente è esercitabile solo ed esclusivamente finchè non sia sottoscritto il contratto: da quel momento in poi, si passa alla fase esecutiva, retta non più solo dalle regole pubblicistiche, ma anche da quelle privatistiche, sicchè la PA non più revocare o annullare nulla, ma, se intende agire sul rapporto contrattuale ormai instaurato, ragionare in termini di mutuo dissenso o risoluzione per inadempimento.
La conclusione da trarre, dunque, è che forme di presunta “semplificazione” operativa, come la sottoscrizione del provvedimento di affidamento o di aggiudicazione da parte dell’operatore economico, sono modalità illegittime per violazione di legge di sottoscrizione del contratto, anche perché le uniche forme possibili di sottoscrizione sono quelle stabilite dal comma 1 dell’articolo 18 del codice, il quale non contempla tale possibilità.
L’articolo 18, comma 1, citato, dispone che in caso di procedura negoziata oppure per gli affidamenti diretti, il contratto si può sottoscrivere “mediante corrispondenza secondo l’uso commerciale, consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o sistemi elettronici di recapito certificato qualificato ai sensi del regolamento UE n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014”.
Detta norma per un verso conferma ulteriormente che un contratto, distinto dalla determina di affidamento di cui all’articolo 17, comma 2, comunque occorra anche per gli affidamenti diretti. Esclude che la lettera che la PA invia all’operatore economico ai fini dello scambio di consenso secondo la prassi del commercio possa consistere nell’invio del provvedimento di affidamento, dotato di una formula di accettazione espressa? Non lo esclude, allora occorre precisare:
- che la possibilità di formare il consenso mediante lo scambio dell’affidamento è ammissibile solo a condizione che detta determina contenga tutti, senza eccezione alcuna, i contenuti propri del contratto e non soltanto il contenuto minimale previsto dal comma 2 dell’articolo 17;
- in ogni caso, non sarebbe comunque la determina di affidamento la fonte della prestazione di consenso da parte della PA; infatti, comunque sarebbe la trasmissione della determina l’azione che attiva lo scambio di consenso mediante scambio di lettere; sostanzialmente, dunque, l’atto negoziale non è la determina, bensì la nota di trasmissione della determina.
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