Abstract
Lo studio si propone di analizzare il dispositivo normativo dispiegato dal sistema Stato per fare fronte ad una emergenza pandemica di straordinaria rilevanza ed impatto sulla società italiana, articolato su due precisi obiettivi, da un lato, il contrasto sanitario alla pandemia e la tutela della salute pubblica e, dall’altro, il supporto economico alle famiglie, ai lavoratori, alle imprese ed al tessuto produttivo nazionale, allo scopo di contenere gli effetti negativi causati dalle misure adottate e pervenire, attraverso il controllo della pandemia, alla salvaguardia ed alla progressiva riapertura del sistema Paese (c.d. Fase 2). Nella parte introduttiva viene inquadrata la problematica, con brevi cenni alle epidemie storiche ed alle cause che hanno prodotto la attuale pandemia connesse con il rapporto con l’ambiente. Nel rilevare la resilienza evidenziata dal dispositivo attivato e dalla pubblica amministrazione nel suo complesso, ci si sofferma brevemente sul concetto di resilienza e su come lo stesso sia ormai entrato, in questa nuova accezione, nei testi normativi, a partire dal codice della protezione civile. Dopo avere fatto cenno al ruolo e ai compiti delle prefetture, si approfondisce il rapporto tra gestione della pandemia e protezione civile, anche sulla base degli indirizzi della UE. Si affronta poi il tema centrale dello studio, ossia l’esame del quadro normativo utilizzato dallo Stato, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, incentrato sulle norme del sistema nazionale di protezione civile, arricchito, senza esserne snaturato nelle sue finalità, dalle integrazioni normative introdotte per fare fronte all’entità dell’emergenza pandemica, riportando il dibattito dottrinale, nell’ambito del quale sono state espresse perplessità e critiche al sistema approntato, anche in termini di conformità al dettato costituzionale, chiarite dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 198/2021. Ci si sofferma poi, nell’ambito di una ricostruzione sistematica, sulle norme primarie e sub primarie adottate: i decreti-legge e le leggi di conversione, i D.P.C.M., i Decreti ministeriali, le direttive e le circolari ministeriali, descrivendo, per grandi linee il dispositivo attuato, via via migliorato, connotato da flessibilità e capacità di adattamento al divenire della pandemia, nel perseguimento dei due obiettivi sopra indicati, evidenziandone i contenuti più significativi. A seguire viene fatto cenno sintetico alle attività gestionali in concreto adottate dalla P.A. e dalle prefetture
- Premessa
1.1. Le varie situazioni da affrontare scaturite dall’emergenza pandemica.
La partecipazione al convegno organizzato dalla ASL 1 Imperiese[2], tenutosi il 6 maggio 2022, ha costituito occasione per soffermarsi, allo scopo di sviluppare il tema proposto, sui molteplici profili concernenti il sistema normativo ed amministrativo dispiegato per fare fronte alla pandemia da Covid 19 che ha posto problemi straordinariamente complessi che il mondo, ed in particolare il nostro Paese, si è trovato ad affrontare in tempi brevissimi. Un pericolo estremo arrivato improvvisamente, per fronteggiare il quale era essenziale rispondere con la attivazione di un dispositivo efficace ed efficiente, a partire dalle immediate misure di contrasto e di auto protezione della popolazione fino alla preparazione dei vaccini, realizzati in tempi record, ed all’attuazione del piano vaccinale. Il tema del convegno era incentrato sulla c.d. “Terza onda – gli effetti della pandemia sulla salute mentale”, come prodotto delle prime due onde, la “prima onda”, ossia la pandemia sanitaria, la “seconda onda”, ossia gli effetti sugli assetti sociali e sul sistema economico produttivo, la “terza onda”, ossia gli effetti profondi dell’evento pandemico sulla psiche. Terza non solo in senso di successione cronologica degli effetti dell’evento, ma anche perché normalmente si affronta prima il pericolo immediato e solo successivamente si studiano e si affrontano le conseguenze dello stesso, considerato anche che gli effetti sulla psiche di esperienze che incidono profondamente sulla nostra realtà quotidiana e sulla nostra interiorità, soprattutto quando sono così impreviste e travolgenti, sono riscontrabili solo a fronte di una osservazione e di una auto osservazione prolungata.
Nel presente studio ci si soffermerà in particolare sul dispositivo normativo ed amministrativo posto in essere descrivendo per grandi linee il sistema approntato, da un lato, per contrastare la pandemia e tutelare la salute pubblica e, dall’altro, per supportare le famiglie, le imprese ed il tessuto produttivo nazionale e per riavviare poi il sistema. Si farà anche cenno alle misure in concreto poste in essere.
Sembravano appartenenti ormai alla storia i racconti delle epidemie del passato, a partire da quella ad Atene nel V sec. a.C. descritta mirabilmente da Tucidide nella “guerra del Peloponneso”[3], o anche la terribile “peste Antonina” scoppiata a metà del II secolo d.C. (a partire dal 165) sotto Marco Aurelio, che gli studiosi, anche in recenti studi[4], ritengono avere varie analogie con la pandemia attuale da coronavirus, infatti, anche in quella occasione si trattò di un virus (probabilmente del vaiolo) proveniente dalla Cina che passò dagli animali all’uomo, a causa degli intensi traffici commerciali (indiretti) tra mondo romano e impero cinese, attraverso contatti in Persia tra legionari e mercanti cinesi, a loro volta contagiati dai cammelli adibiti al trasporto delle merci. La pandemia, forse la più terribile della storia antica, studiata dal famoso medico greco contemporaneo Galeno, causò la morte di milioni di persone nell’impero (si stima il numero di dieci milioni su ottanta milioni di abitanti del grande Stato romano, a Roma c’erano oltre duemila morti al giorno).
O, anche, la famosa peste di Milano del secolo XVII rappresentata in tutta la sua drammaticità da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi[5].
1.3. La nuova pandemia. Il rapporto con l’ambiente.
Non è stato così, siamo di nuovo alle prese con rischi che pensavamo ormai passati, di cui, comunque, negli anni scorsi c’erano state varie avvisaglie (ricordiamo, tra le altre le epidemie “influenza aviaria” e “peste suina”). E sembra che tutto questo sia dovuto ai nostri comportamenti invasivi e distruttivi degli ecosistemi e delle specie animali ed al contatto ravvicinato tra il mondo animale selvatico ed aree densamente urbanizzate nonché agli allevamenti intensivi[6]. Dovremo riflettere attentamente su tutto ciò e scegliere con decisione una nuova strada di sviluppo e di tutela del pianeta fondato su un diverso approccio culturale incentrato sul rispetto della natura e degli animali (selvatici e da allevamento), da considerare non meri oggetti da sfruttare senza scrupoli e senza rispetto a fini alimentari, commerciali, di divertimento o di altro genere[7] – per non parlare delle modalità di allevamento intensivo veramente inammissibili e violente, spesso equivalenti a torture, indegne di una comunità che si dice civile – ma, finalmente, esseri senzienti, con i diritti da ciò discendenti, come per la prima volta riconosciuto dall’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) a seguito delle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona del 2007”[8]. Anche la nostra Costituzione all’articolo 9, comma terzo, fissa l’esigenza della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, e menziona specificamene gli animali, pur senza fare riferimento a diritti, delegando alla legge ordinaria la tutela degli stessi[9].
Nel drammatico quadro pandemico si è inserito il tema della terribile e barbara aggressione bellica scatenata dalla Russia nei confronti dello Stato sovrano dell’Ucraina, in eclatante violazione di tutte le norme del diritto internazionale, con una violenza distruttiva che sin dal primo giorno, il 24 febbraio 2022, non conosce limiti, che vede la commissione di crimini ed eccidi nei confronti della popolazione civile, giornalmente colpita dai bombardamenti, nonchè la distruzione totale di villaggi e di intere città, oltre che delle infrastrutture vitali. Era impossibile pensare che tutto ciò potesse accadere nella nostra epoca dopo un lungo processo di evoluzione, che, con tutti i suoi limiti, sembrava andare avanti, privilegiando, nella trattazione di problematiche geopolitiche, strumenti diversi dalla violenza bellica. Da notare la particolare efferatezza dello scatenare, nel cuore dell’Europa, una aggressione di questo genere su un intero paese di oltre quaranta milioni di abitanti in costanza di una pandemia ancora in corso.
1.4. Fare fronte all’emergenza.
Come si diceva, in situazioni di emergenza determinate da fattori non conosciuti con effetti dirompenti, ossia quando non è possibile pianificare in anticipo nel dettaglio la risposta (fermi restando i piani pandemici sanitari generali esistenti) si fronteggia la crisi secondo gli strumenti e moduli operativi esistenti nel nostro sistema, apportando le integrazioni necessarie per rendere gli stessi più efficaci.
È importante, per rendere completo il quadro che si andrà a delineare, richiamare la drammaticità della situazione in cui l’umanità è venuta a trovarsi. Possiamo immaginare le situazioni affrontate da tutti noi nel corso della pandemia, e, segnatamente, nei periodi di “lock down” assommatesi alle criticità già esistenti, quali a titolo esemplificativo: la convivenza con un nemico invisibile potenzialmente letale che si nasconde nell’aria che respiriamo ed è presente sulle cose che tocchiamo, la prosecuzione, con i rischi connessi, delle attività lavorative in presenza nei casi previsti, le nuove modalità lavorative o la sospensione delle stesse, le difficoltà o l’impossibilità di svolgere le usuali attività sociali di svago e sportive, l’isolamento in casa e la assenza di rapporti con gli altri, la convivenza familiare spesso in spazi ristretti, la lontananza anche per lunghi periodi dai propri cari, l’assistenza ai familiari ed agli altri bisognosi di aiuto, la prosecuzione, pur in tale quadro di rischio, delle attività di solidarietà ed il volontariato, la cura (difficoltosa o rinviata) delle patologie di cui si soffre, le problematiche giovanili, che si aggiungono a quelle già vissute negli anni precedenti a partire dalla crisi economica del 2008, le difficoltà ad inserirsi nel mondo lavorativo.
2.1 La pubblica amministrazione e i dipendenti pubblici.
Ma, in concreto, occorre chiedersi come l’organizzazione statale si è posta di fronte alla pandemia. Possiamo esprimere, anche sulla base della partecipazione diretta alla attuazione del sistema dal punto privilegiato di osservazione e di gestione strategica della Prefettura, una valutazione certamente positiva di quanto fatto che ha costituito modello ed esempio per molti paesi europei trovatisi dopo poco tempo dal dirompere della pandemia nel nostro Paese nella medesima situazione, tenendo presente le difficoltà di porre in essere un sistema di contrasto efficiente e di adeguarlo tempestivamente in relazione al divenire dell’emergenza, sia dal punto di vista degli strumenti normativi da utilizzare, sia degli atti amministrativi da adottare e delle connesse attività di controllo e sanzione nei casi di violazione delle norme.
Si può dire che il nostro sistema è stato resiliente, come si vedrà nel corso della esposizione, in quanto grazie alla sua capacità di organizzazione, sulla base di modelli di intervento preesistenti, arricchiti dalla normativa emergenziale appositamente adottata, ha fronteggiato e gestito un evento improvviso di straordinaria portata ed impatto, senza avere alcun punto di riferimento, essendo stata l’Italia il primo paese europeo ad essere colpito dopo la Cina.
Ferme restando tutte le difficoltà affrontate – segnatamente nelle prime fasi anche in esito alle incertezze connesse al rapporto tra compiti statali e compiti, di rilievo costituzionale, delle regioni in materia sanitaria, e degli enti locali, chiariti dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che tale rapporto non può non vedere riconosciuta la prevalenza dello Stato nella gestione unitaria dell’emergenza, in un quadro di leale collaborazione tra Stato e autonomie – si può certamente dire che la pubblica amministrazione ha dato grande prova di se, pur a fronte del progressivo depauperamento, negli anni, delle sue risorse, incluse quelle del settore sanitario[10]. Bisogna, infatti, sottolineare come quest’ultimo settore, nonostante il menzionato depauperamento, ha affrontato con grande capacità, professionalità, sacrificio e coraggio la pandemia, dando prova di resilienza, riuscendo a trovare, talvolta anche con difficoltà ed errori, gli assetti corretti, pur a seguito delle prime terribili fasi in cui il virus sembrava inarrestabile, determinando per mesi l’incremento giornaliero delle vittime in tutto il paese (che arrivarono a sfiorare il migliaio in un giorno[11]), e anche di vero eroismo in moltissime situazioni osservate in questi anni (basti considerare il grande numero di coraggiosi medici, infermieri ed altri operatori sanitari, soprattutto nelle fasi iniziali, quando non erano ancora state approntate compiutamente tutte le difese ed i sistemi di auto protezione, in assenza dei vaccini, ha perso la vita per soccorrere e salvare gli altri). Ma anche il resto della struttura pubblica e del sistema complessivo che ha operato, incluso il volontariato, si è dimostrata nel suo insieme, per i servizi resi, un grande ed insostituibile valore per la società italiana (registrando anche la perdita in servizio a causa del Covid di numerosi operatori delle forze dell’ordine e di altri enti.).
Con riguardo al numero di vittime registrate nel nostro paese ed a fronte dei dati numerici che indicano che l’Italia ha avuto un numero di vittime superiore a quello di altri paesi, può riportarsi quanto indicato nel sito ufficiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – INFN – che nel premettere che “Il calcolo della mortalità da Covid, o CFR, è complesso e delicato” evidenzia “che i valori che calcoliamo non mostrano anomalie nell’andamento, né evidenziano significative discrepanze dei valori italiani da quelli delle altre nazioni europee” e che “la mortalità assoluta da Covid (numero totale di morti da Covid per unità di popolazione) in Italia, sia elevata in valori assoluti, ma in realtà risulti in linea con i valori medi internazionali una volta che venga corretta per la diversa e sfavorevole distribuzione di età che caratterizza la nostra popolazione”[12].
Si è appena detto che il sistema ha dimostrato una grande capacità di resilienza, ma che cosa indica tale espressione? Si ritiene utile, nell’economia del discorso, fare una breve cenno al concetto di resilienza[13].
L’espressione, così ormai diffusa, deriva dal verbo latino resilio, resilire[14]: ossia retrocedere per resistere, riferendosi a quanto facevano i soldati della legione, quando per rischierarsi e continuare a fronteggiare il nemico tornavano indietro ricostituendo il manipolo, l’unità di base dell’esercito romano.
Quindi capacità di rischierarsi ordinatamente per continuare l’attacco o la difesa, con le risorse disponibili, come nel rugby o negli scacchi.
È un verbo quindi molto significativo, che descrive bene la capacità di creare una linea di difesa organizzata, dopo una crisi, spostandosi all’indietro non solo per arretrare ed evitare di essere travolti, ma per riorganizzarsi in maniera razionale[15]. Ormai l’espressione, sempre più utilizzata in tale accezione, è entrata a pieno titolo anche nei testi normativi (l’esempio più recente ed emblematico è il Piano Nazionale di ripresa e resilienza P.N.R.R. finanziato dall’Unione europea)
2.2.1. Resilienza e protezione civile.
Come si diceva si tratta di un termine che, in tale nuova accezione, nel corso degli ultimi anni è stato sempre più utilizzato e che all’inizio del 2018 è entrato, in un testo normativo: il “Codice della protezione civile” adottato con il Decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, che all’articolo 2 comma 4, nell’ambito della definizione delle attività di prevenzione non strutturale di protezione civile, parla alla lettera e) “della diffusione della conoscenza e della cultura della protezione civile, anche con il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche, allo scopo di promuovere la resilienza delle comunità e l’adozione di comportamenti consapevoli e misure di auto protezione da parte dei cittadini”.
Il testo normativo, quindi, parla di resilienza per descrivere attività finalizzate a consentire alla popolazione di adottare idonei comportamenti di auto protezione e di attuazione delle misure pianificate volti ad assicurare, anche in situazioni straordinarie di protezione civile, la sicurezza e l’incolumità delle persone attraverso l’apporto di ciascuno, nella collaborazione con i soggetti gestori dell’emergenza[16].
3.1. L’organizzazione posta in essere per fare fronte all’emergenza pandemica.
Come indicato in premessa nel prosieguo ci si soffermerà sulle varie tipologie di interventi normativi ed attuativi via via posti in essere dal sistema pubblico e dai decisori politici per contrastare la pandemia, sulla base della dichiarazione dello stato di emergenza con Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.
Si farà riferimento agli interventi disposti ed attuati dal sistema Stato, intendendo con tale espressione il complesso dell’amministrazione pubblica, ossia statale in tutte le sue componenti, degli enti territoriali e pubblici e dei servizi socio assistenziali, affiancato dal grande mondo del III Settore[17], dal settore dei servizi, a cominciare da quelli pubblici, e dal settore industriale, commerciale e del nostro volontariato formato, che hanno supportato in maniera encomiabile le strategie di gestione della pandemia poste in essere dalle Istituzioni sanitarie nazionali, europee e mondiali.
3.2. Il sistema di comando e controllo.
L’organizzazione posta in essere dallo Stato è stata incentrata sul sistema di protezione civile relativo alle emergenze di rilievo nazionale, con la attivazione degli strumenti di coordinamento nazionale previsti dalla normativa (Sez. III articoli 14 e seg. del D.lgs. n. 1 del 2018-Codice della protezione civile).
Infatti, con nota del Gabinetto del Ministro dell’Interno del 4.3.2020 è stata data comunicazione alle Prefetture del sistema di comando e controllo (con allegato documento del Dipartimento della Protezione Civile denominato “Misure operative di protezione civile per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19- contenente i modelli di intervento a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale, la catena di comando e controllo ed il flusso delle comunicazioni) attivato per la gestione dell’emergenza COVID 19 dichiarata con la Delibera del Consiglio dei Ministri del 31.1.2020 (per la durata di sei mesi, con l’affidamento al Capo Dipartimento della Protezione Civile del coordinamento degli interventi necessari a fronteggiare l’emergenza sul territorio nazionale) prorogata con successivi provvedimenti fino al 31 marzo 2022, con la attivazione degli organismi di supporto: Comitato Operativo della protezione civile (previsto dall’articolo 14 del Dlgs 1/2018) cui è attribuito il compito di assicurare il coordinamento degli interventi delle componenti e strutture operative del Servizio nazionale di P.C., e gli essenziali organismi di raccordo con la comunità scientifica, cardine del sistema nazionale di protezione civile, ossia il Comitato Tecnico Scientifico, appositamente costituito con l’O.C.D.P.C. (Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile) n. 630/2020 presso il Dipartimento di protezione civile, che ha funzionato fino alla conclusione dello stato di emergenza (31 marzo 2022)[18]. Cui sono seguite nel corso della gestione emergenziale numerose ulteriori O.C.D.P.C.(in n. di 100 dal 6 febbraio 2020 al 26 aprile 2023), in applicazione di quanto previsto dagli articoli 25, 26 e 27 del menzionato Codice della Protezione civile[19].
Come può rilevarsi, gli Organi decisori e gestori nazionali dell’emergenza pandemica hanno attuato modelli già previsti ed ampiamente sperimentati ed apprezzati a livello europeo ed internazionale, ossia il “Sistema nazionale di protezione civile” introdotto dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, recepita, come innanzi detto, nel Codice della protezione civile adottato con D.lgs. 2 gennaio 2018, n. 1, che ne ha arricchito notevolmente i contenuti e che costituisce una summa organica dei numerosi interventi normativi effettuati nei decenni successivi, concernenti, tra l’altro, l’applicazione della riforma costituzionale del titolo V della Costituzione, nonché gli esiti del dibattito sviluppatosi e delle esperienze maturate nel corso dei ventisei anni di vigenza ed attuazione della legge 225 del 1992. Da notare la validità e peculiarità del nostro sistema di protezione civile, definito policentrico, che vede la partecipazione corale, nelle sedi di coordinamento previste ai vari livelli territoriali (gestite dalle autorità di protezione civile: locale/Sindaco, provinciale/Prefetto, nazionale/Presidente del consiglio dei Ministri), di tutte le istituzioni statali, degli enti territoriali, della comunità scientifica, del settore privato e del volontariato formato (che per organizzazione e numeri non ha eguali a livello mondiale con oltre 6,5 milioni di volontari in Italia, di cui 800.000 di protezione civile)[20], che danno il proprio apporto esercitando le rispettive competenze ordinarie curvate alle esigenze da fronteggiare in emergenza e preparandosi, con le periodiche esercitazioni, a prestare il proprio contributo quando necessario.
3.3. Le integrazioni normative apportate.
Nell’ambito di quanto previsto dal Decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con L. 5 marzo 2020, n. 13, l’attuazione del sistema di gestione dell’emergenza è stato integrato dalle fonti legislative primarie di iniziativa governativa (i Decreti legge), attraverso la seguente sequenza cronologica: Decreti legge e leggi di conversione (utilizzate anche come strumento di modifica e integrazione del sistema), Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla base dei dati del monitoraggio e delle valutazioni tecniche contenute nei Decreti del Ministro della Salute (costituenti strumenti propedeutici alla emanazione dei d.P.C.m.) e, a seguire, Decreti ministeriali, circolari ed altri provvedimenti amministrativi adottati dal Ministro della Salute, dal Ministro dell’Interno e da altri Ministri in relazione alle rispettive competenze, oltre che dei provvedimenti regionali. Da sottolineare che i d.P.C.m., come più avanti si dirà, sono stati emanati per periodi determinati ed in attuazione delle disposizioni recate dai D.L., ed anche di quelle introdotte dalle leggi di conversione che apportavano ulteriori modifiche o integrazioni al sistema.
In tale quadro è da evidenziare il ruolo strategico svolto dal Ministero dell’Interno, nell’ambito dei compiti che l’ordinamento gli attribuisce, attraverso le attività di indirizzo e coordinamento dei presidi sul territorio, in particolare delle Prefetture e delle Questure, al fine della puntuale applicazione delle misure adottate dal legislatore e dai gestori politici dell’emergenza, concretizzatisi in numerose direttive e circolari rivolte ai Prefetti e ai Questori (trentacinque nel solo 2020)[21].
3.4. Cenni sul dibattito relativo agli interventi normativi adottati e le osservazioni critiche. La sentenza della Corte Costituzionale del 23 settembre 2021.
Sulla normativa emergenziale la dottrina si è immediatamente soffermata con numerosi interventi[22], evidenziando perplessità e rilievi (anche stigmatizzando l’incidenza della pandemia sull’assetto costituzionale e la crisi delle fonti) circa la conformità costituzionale della tipologia degli atti legislativi e dei provvedimenti adottati in attuazione del quadro di strumenti di gestione emergenziale fissato dal D.L. n. 6/2020, a seguito della menzionata Dichiarazione dello stato di emergenza, adottata ai sensi dell’articolo 24[23] del Codice della Protezione civile, con la citata Deliberazione del 31 gennaio 2020, con la quale il Governo aveva ritenuto sussistenti i presupposti indicati dall’articolo 7 dello stesso codice. In particolare sono state espresse perplessità in merito all’iniziativa legislativa del governo con il Decreto legge citato e con i successivi, cui infra si accennerà, che hanno fissato la catena discendente di provvedimenti normativi, sub-primari, in particolare i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ed amministrativi da adottare, che hanno integrato i meccanismi ordinari previsti dalla normativa di protezione civile per la gestione delle situazioni emergenziali (attraverso le Ordinanze di protezione civile in deroga all’ordinamento, e la nomina di commissari delegati per la attuazione delle ordinanze stesse) [24], dando vita ad un sistema ibrido.
La Corte Costituzionale si è pronunciata il 23 settembre 2021 con la sentenza n. 198, chiarendo i dubbi di costituzionalità sollevati dal Giudice di Pace di Frosinone con riferimento ai d.l. n. 6 e n. 19 del 2020, in particolare concernenti l’asserito trasferimento attraverso un decreto legge della funzione legislativa primaria al Presidente del Consiglio dei ministri. La Corte con una importante e interessante decisione ha ritenuto inammissibili le censure al d.l. n. 6, perché non applicabili al caso in esame, e giudicato non fondate le censure relative al d.l. 19, poiché al Presidente del Consiglio non è stato attribuito altro che la funzione attuativa del decreto legge da esercitare mediante atti di natura amministrativa sufficientemente tipizzati in relazione ai contenuti fissati dalla norma primaria. Precisando che nella scelta degli strumenti da utilizzare per fronteggiare l’emergenza pandemica esiste una “varietà di soluzioni normative e provvedimentali adottabili per la sua gestione” ritenendo, quindi, “possibile l’utilizzo di fonte primaria che attribuisce a quella sub primaria compiti esecutivi, nella specie: adozione di decreto-legge, e successivamente di d.P.C.m.”[25].
Non essendo questa la sede per un approfondimento del tema, e prendendo atto del dibattito cui si è fatto cenno, anche con riguardo a talune ricostruzioni dei commentatori circa la nascita di un dispositivo giuridico del tutto nuovo e atipico rispetto a quello concernente le emergenze di protezione civile, ritenuto inadeguato a fronte di un evento pandemico di tale portata, si ritiene utile rilevare che il quadro emerso dai provvedimenti legislativi adottati ha, comunque, mantenuto e rispettato i principi ispiratori, le finalità generali ed i limiti della normativa di protezione civile, ossia la tutela della popolazione. Infatti, la suddetta normativa emergenziale, lungi dal costituire una cesura o un sistema alternativo a quello di protezione civile, ha invece realizzato il necessario potenziamento di quel sistema, che non è stato quindi abbandonato, ma che ha costituito la cornice, pienamente operativa e funzionante, nell’ambito della quale le norme introdotte hanno dispiegato la propria efficacia. E ciò a fronte della assoluta peculiarità e gravità di un evento pandemico di portata e dimensioni del tutto nuove, coinvolgenti l’intera realtà nazionale.
A ben vedere, a fronte di un evento di tale rilevanza era assolutamente necessario attivare un sistema complessivo adeguato ed efficiente che non poteva che fare capo al Presidente del Consiglio dei Ministri supportato nelle scelte dagli organismi tecnico scientifici, come è effettivamente avvenuto. E ciò è in perfetta sintonia con la normativa di protezione civile, che assegna al Presidente del Consiglio dei Ministri, anche attraverso il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, e di Commissari delegati per l’attuazione delle ordinanze di protezione civile, la gestione delle emergenze nazionali.[26]
Anche la scelta di operare attraverso i Decreti legge, convertiti dal Parlamento in legge (ad eccezione di numerosi decreti legge abrogati prima della conversione, come infra si dirà, per esigenze sopravvenute connesse alla necessità di implementare e/o modificare le misure adottate con il decreto non convertito a fronte del peggioramento della situazione pandemica- profilo anche esso analizzato in termini di costituzionalità dalla dottrina) era ampiamente giustificata dalla presenza, come non mai, dei requisiti di necessità e urgenza. Ed anzi la adozione di atti legislativi, e di atti attuativi sub-primari quali i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, a ben vedere rappresentava la strada più lineare per dispiegare ed attuare un sistema organico di misure di contrasto alla pandemia riguardante l’intero Paese. Ed invero, la scelta di adottare i Decreti legge da passare al vaglio del Parlamento in sede di conversione e la adozione di Decreti del Presidente del Consiglio, ha certamente consentito la gestione dell’emergenza in un quadro, si potrebbe dire, ancora più “garantista” ed efficace, con norme rientranti in processi decisionali ordinari, rispetto a quanto sarebbe avvenuto con la adozione tout court dei soli strumenti normativi previsti dal Codice della Protezione civile, (ossia Dichiarazione dello stato di emergenza, ordinanze di protezione civile da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea, facenti capo al Presidente del Consiglio ai sensi dell’articolo 5 del D.lgs. 1/2018 per il tramite del Capo del Dipartimento della protezione civile- nomina di commissari delegati per l’attuazione delle stesse ai sensi dell’art. 25 c. 7 del D.lgs. 1/2018).
In tale più ampio quadro normativo, la normativa di protezione civile ha costituito la cornice dell’unitario dispositivo approntato, come innanzi illustrato, attraverso l’operatività delle sue componenti e degli strumenti previsti, inclusa l’emanazione di numerose ordinanze di protezione civile da parte del Capo del Dipartimento della protezione civile,[27] d’intesa con il Presidente del Consiglio ed il Commissario straordinario per la gestione dell’emergenza.
Anche la nomina della figura da ultimo menzionata, prevista dall’articolo 122 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27[28], sembra potersi inscrivere, pur nella peculiarità e ampiezza dei compiti allo stesso attribuiti, nello schema dei commissari delegati previsto dal richiamato comma 7 dell’articolo 25 del Codice della Protezione civile per l’attuazione delle ordinanze di protezione civile[29].
Gli stessi compiti strategici di chiusura del sistema attribuiti dalla normativa emergenziale al Prefetto (autorità provinciale di protezione civile e autorità provinciale di pubblica sicurezza), rientrano nello schema generale del sistema di protezione civile, fatti salvi alcuni delicati compiti attribuiti al prefetto che costituiscono assoluta novità (quali ad esempio la autorizzazione alle aziende alla prosecuzione delle attività durante la prima emergenza in relazione alla tipologia di produzione)[30].
3.5. La mancata o insufficiente informazione pubblica sul sistema di gestione avviato.
È possibile rilevare come la scelta obbligata della richiamata modalità operativa, che ha avuto nella dichiarazione di emergenza, scaturente da una situazione straordinaria di pericolo per la comunità nazionale, la sua ragion d’essere e la sua motivazione giuridico-costituzionale, come innanzi precisato, sia talvolta rimasta sullo sfondo sul piano della informazione pubblica, e non sia stata adeguatamente evidenziata e chiarita a livello di comunicazione generale ai cittadini. Ciò ha determinato interpretazioni e valutazioni spesso imprecise, se non sbagliate, da parte dei commentatori dei mezzi di informazione e di rappresentanti politici circa la asserita incostituzionalità degli strumenti normativi adottati, spesso perdendo di vista il richiamato presupposto normativo della dichiarazione dello stato di emergenza e gli strumenti approntati sulla base di quanto già previsto dall’ordinamento per fare fronte ad una gravissima emergenza nazionale. Si aveva l’impressione che si ragionasse come se non ci trovassimo in una emergenza formalmente dichiarata. In effetti, come detto, i dati oggettivi degli eventi da fronteggiare in tempi ristrettissimi ed il quadro normativo emergenziale evidenziano che l’uso degli strumenti legislativi e regolamentari adottati si è svolto, come chiarito dalla Corte Costituzionale, conformemente al dettato costituzionale.
Ferme restando, invece, in quanto ampiamente fondate, le decise critiche mosse al legislatore, anche da autorevoli costituzionalisti, circa le tecniche di redazione dei testi normativi, con continui rimandi e citazioni di leggi ed articoli e con un profluvio di norme che hanno reso e rendono altamente complicato, in particolar modo per gli agenti pubblici chiamati ad applicare immediatamente le norme, conoscere ed attuare in tutte le sue esplicazioni il quadro normativo vigente.
3.6. Rapporto tra protezione civile e pandemia.
Sulla base di quanto sopra, conseguentemente, si ritiene utile evidenziare ulteriormente, anche per colmare il suddetto vuoto informativo che si è notato nel dibattito pubblico, che la gestione di una crisi pandemica si inscrive, come innanzi precisato, pienamente e naturalmente nell’area della protezione civile proprio perché concerne la attuazione degli interventi a tutela della popolazione e del sistema Paese[31]. Ciò emerge, oltre che dal menzionato quadro normativo cui i gestori hanno fatto riferimento, anche dalle recenti iniziative dell’Unione Europea volte a potenziare il sistema comunitario di protezione civile, attrezzandolo anche per la gestione di emergenze pandemiche e comunque ibride.
In proposito è opportuno richiamare gli approfondimenti svolti in occasione della “Seconda edizione della settimana nazionale della protezione civile”[32] tenutasi il 13 ottobre 2020, dopo la prima ondata pandemica e prima della seconda, che costituisce un fondamentale appuntamento istituzionale annuale per la condivisione ed il consolidamento delle strategie nazionali in materia, cui prendono parte le prefetture e le altre componenti del sistema, che ha dato occasione di approfondire il ruolo della protezione civile nell’ambito delle crisi pandemiche, come evidenziato nel documento di discussione per la Conferenza nazionale delle autorità di protezione civile, indicato in nota. Nello stesso viene sottolineato il rilievo della funzione di protezione civile richiamato dal Consiglio di Stato in sede consultiva (Parere n. 983 del 26/05/2020) che ha statuito che “la funzione di protezione civile può dirsi oramai annoverabile tra quelle essenziali dello Stato, comportando che la stessa venga sempre più organizzata in maniera adeguata ed efficiente per garantire le esigenze primarie del Paese”. Nel medesimo documento viene anche evidenziato, dal punto di vista comunitario e delle relazioni internazionali, che “l’Italia è fortemente impegnata, a livello europeo, nel Meccanismo unionale di protezione civile (UCPM), lo strumento europeo per la gestione delle crisi attivo da oltre 20 anni[33]”. A seguito dell’emergenza COVID-19, la Commissione Europea il 2 giugno 2020, dopo la prima fase critica della pandemia, ha proposto una revisione legislativa dello stesso Meccanismo affinché la UE possa meglio sostenere i cittadini in Europa trasformandolo in meccanismo di gestione delle crisi intersettoriali includenti non solo quelle tradizionali di protezione civile, ma anche i cambiamenti climatici, le pandemie e le minacce ibride, accentrando molti poteri e competenze nella Commissione, in particolare nel settore della preparazione e della risposta.
Come si può vedere l’Unione Europea si sta muovendo per adeguare il sistema giuridico di protezione civile eurounitario ai nuovi tipi di emergenza che potranno interessare il continente europeo, in un nuovo quadro di rischi, della cui presenza stiamo ogni giorno avendo conferma.
Nel menzionato documento della Presidenza del Consiglio viene inoltre evidenziata l’importanza del coinvolgimento diretto delle scuole e delle università al fine del radicamento della cultura della protezione civile, la quale, sensi della legge n. 92 del 20 agosto 2019, a partire dall’anno scolastico 2020-2021, è diventata materia di insegnamento nell’ambito della reintrodotta disciplina della Educazione civica[34].
3.7. La risposta del sistema pubblico.
In tale quadro preesistente nei suoi principi organizzativi e nelle sue strutture già collaudate, integrato con la normativa emergenziale richiamata, il sistema pubblico, strutturato secondo gli schemi suddetti, come detto, ha operato, in tutte le sue componenti in maniera efficace ed efficiente, dipendendo dalla sua azione l’esito positivo delle strategie di contrasto alla pandemia e la tutela della popolazione. In tale contesto le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo sono state chiamate a disimpegnare, conformemente alle funzioni ad esse attribuite dall’ordinamento, i compiti di gestione strategica e di coordinamento dei soggetti pubblici e privati nelle attività di rispettiva competenza, di controllo della attuazione delle previsioni della legislazione di emergenza e del raggiungimento degli obiettivi dalla stessa posti, oltre allo svolgimento dei compiti specifici alle stesse attribuiti dalla normativa emergenziale.
Come detto, la Prefettura in attuazione delle funzioni attribuitile dall’ordinamento, segnatamente nella gestione unitaria delle emergenze, è stata chiamata a disimpegnare le stesse anche nella emergenza pandemica. A tal fine, per meglio comprendere il nostro sistema istituzionale e la collocazione della Prefettura e del prefetto all’interno dello stesso nel perseguimento degli obiettivi fissati dalla legge, si farà un breve cenno al ruolo ed ai compiti della Prefettura, spesso poco conosciuti in dettaglio, così come ridefiniti nell’ambito della riforma dell’amministrazione periferica dello Stato attuata, nell’ampio e articolato quadro della c.d riforma Bassanini (avviata con le leggi 15 marzo 1997, n. 59 e 15 maggio 1997, n. 127), dal D.lgs. n. 300/1999 e dai successivi interventi normativi, tra cui la legge 5 giugno 2003, n. 131 emanata per adeguare l’ordinamento a quanto previsto dalla riforma costituzionale del Titolo V, ed il D.lgs. n. 29/2004.
Si tratta di un Ufficio a competenza generale (per quanto attiene agli obiettivi generali strategici da perseguire che la legge gli attribuisce) titolare di ulteriori specifiche competenze, gestito dal prefetto (coadiuvato dagli altri dirigenti della carriera prefettizia, definita dal D.lgs n. 139/2000 di riforma della carriera, unitaria nelle sue tre qualifiche dirigenziali di prefetto, vice prefetto e vice prefetto aggiunto), che rappresenta il Governo nel suo complesso, ed anche lo Stato in senso ampio, nella provincia, la cui funzione principale è quella di assicurare, in una posizione di terzietà, attraverso il disimpegno delle molteplici competenze attribuite[35], sulla base di una attenta osservazione e monitoraggio della realtà provinciale, il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato ed Enti territoriali, il raccordo tra le istituzioni dello Stato presenti in ambito provinciale ed assicurare la rispondenza dell’azione amministrativa all’interesse generale, nonchè garantire ai cittadini il godimento e l’esercizio dei diritti civili e politici che l’ordinamento riconosce loro, anche attraverso i poteri sostitutivi riconosciuti al prefetto dal comma 4 dell’art. 11 del D.lgs. 300/1999 come modificato dal D.lgs. n. 29/2004, ed al Governo, ai sensi del comma secondo dell’articolo 120 della Costituzione[36]. I compiti assegnati al prefetto dalla normativa emergenziale saranno di volta in volta menzionati nel prosieguo della esposizione.
4. LE TIPOLOGIE DI INTERVENTI PREVISTI DAL SISTEMA ED IL QUADRO NORMATIVO
E venendo alle tipologie di interventi posti in essere dal sistema statale si farà riferimento ai due momenti: 1. contrasto alla pandemia sanitaria, 2. misure di sostegno al sistema produttivo, alle famiglie e ai lavoratori, citando schematicamente prima le fonti normative con i principali contenuti e poi come le stesse sono state concretamente attuate dal sistema amministrativo, nell’intento di tratteggiare il sistema posto in essere – senza pretesa di esaustività, anche a fronte dell’ampiezza delle norme emanate nel corso degli anni dell’emergenza, volte a coprire e proteggere l’intera realtà nazionale in tutti i suoi aspetti. E ciò anche allo scopo di far comprendere il grande e qualificato sforzo compiuto dal nostro legislatore e dai gestori politici, per fare fronte con tempestività alla situazione che andava dispiegandosi con grande rapidità e drammaticità, dotando il sistema dei necessari supporti normativi, che si sono rivelati essenziali per una ordinata gestione dell’emergenza pandemica e per contenerne i danni.
4.1. LE MISURE DI CONTRASTO DELLA PANDEMIA SANITARIA. L’evoluzione della strategia governativa. Lo schema legislativo-normativo-amministrativo. Criteri generali.
Per comprendere la rapidità con cui il Paese si è trovato in pochissimo tempo in una situazione emergenziale gravissima è opportuno riportare l’attenzione ai primi giorni dell’emergenza in cui si pensava che si trattasse di una situazione di pericolo remoto, riguardante aree lontane del mondo. A tal fine basta leggere quanto riportato in una circolare del Ministero della Salute del 3 febbraio 2020 n. 3190 che nel dare prime indicazioni per gli operatori dei servizi/esercizi a contatto con il pubblico, faceva una cronistoria degli eventi, indicando che il 31 dicembre 2019 la Cina aveva segnalato all’O.M.S. un cluster di casi di polmonite ad eziologia ignota, poi identificato come un nuovo coronavirus, nella città di Wuhan, specificando i sintomi, le modalità di trasmissione, e riportando la valutazione del Centro Europeo per il controllo delle malattie che affermava ottimisticamente che “la probabilità di osservare casi di trasmissione interumana all’interno dell’Unione Europea è stimata da bassa a molto bassa, se i casi vengono identificati tempestivamente e gestiti in maniera appropriata”. Sappiamo come i fatti sono andati diversamente.
Si citeranno di seguito, al solo scopo di evidenziarne la progressione, in termini di moltiplicazione e diversificazione delle misure, le principali fonti normative, con particolare riferimento al 2020, 2021 e 2022 fino all’avvio della campagna vaccinale (che ha determinato una svolta decisiva nel contrasto alla pandemia), susseguitesi con un ritmo crescente ed incessante allo scopo di adattare il quadro normativo al divenire della situazione, sempre più grave e complessa, con un incremento progressivo rapidissimo di vittime.
Dallo schema iniziale di interventi delineato dal D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con L. 5 marzo 2020 n. 1, in cui venivano fissati i cardini del sistema, prevedendo una serie di misure ed introducendo una norma “aperta” di tipo generale da completare con specifici interventi disposti dai gestori dell’emergenza, si è passati con i successivi decreti legge, ravvicinati nel tempo a causa del rapido progredire del contagio, a correggere il sistema, abrogando il D.L. n. 6/2020 con il Decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, anche per delimitare in maniera precisa i compiti da attuare con la normativa sub primaria esecutiva (i d.P.C.m.), (aspetto che ha consentito, come innanzi detto, alla Corte costituzionale di esprimere un giudizio di conformità costituzionale sul complesso di norme emanate) ma anche di implementare il sistema, dettagliando sempre di più la tipologia di misure ed i compiti assegnati ai singoli soggetti gestori, al fine di definire compiutamente l’insieme delle condotte di contrasto alla pandemia che la collettività nel suo complesso (cittadini, istituzioni e mondo economico e sociale) era chiamata a rispettare. Si è andati poi oltre con i successivi interventi (Decreto legge 16 maggio 2020, n. 33) introducendo via via un sistema sempre più flessibile di risposta alla pandemia, con l’obiettivo strategico di evitare di arrivare alla crisi ed alla saturazione del sistema ospedaliero di terapia intensiva (come invece avvenuto nei primi mesi) attraverso la diversificazione delle misure sulle varie parti del territorio nazionale sulla base di un sistema di classificazione delle regioni fondato sui livelli di rischio (successivamente, dal febbraio 2021, le aree sono state contraddistinte per colori) in relazione a precisi parametri connessi con i dati numerici del contagio e della disponibilità di posti letto nelle terapie intensive, emergenti dai dati risultanti da un attento monitoraggio giornaliero.
4.1.1. Il documento dell’1 maggio 2020 della Commissione Covid costituita presso l’Accademia Nazionale dei Lincei sulla c.d. FASE DUE.
Per comprendere a pieno la strategia seguita nella gestione dell’emergenza, occorre fare riferimento ad un importante documento redatto l’1 maggio 2020 dalla Commissione Covid dell’Accademia Nazionale dei Lincei, nel quale vengono descritte, sulla base delle indicazioni dell’O.M.S., le condizioni necessarie per poter passare dalla Fase 1 (la fase epidemiologica) incentrata nella attuazione delle misure nazionali di chiusura totale (lockdown) alla Fase 2 che consiste in una progressiva riduzione delle misure di contenimento della fase 1 e che implica “che le istituzioni siano in grado di diagnosticare, trattare e isolare i casi di Covid-19 e i loro contatti”[37] Tra le ipotesi considerate dall’OMS, è stato fatto riferimento, a fronte di quanto effettivamente verificatosi, alla seconda ipotesi riguardante la possibilità di ondate epidemiche ricorrenti (più o meno estese). In tale caso, sulla base del presupposto suddetto (identificazione monitoraggio e gestione dei casi di contagio e loro contatti), al fine della graduale ripresa della vita normale dovranno essere, secondo il documento, “rispettate norme di distanziamento fisico, evitate manifestazioni collettive e va prestata tutela concreta ai soggetti vulnerabili. L’igiene pubblica deve essere radicalmente migliorata e bisogna prevedere modalità di protezione individuale (per esempio mascherine e igiene delle mani) e pulizia sistematica e routinaria degli spazi pubblici. Le misure di contenimento riguardano anche: le limitazioni individuali e collettive alla mobilità (locale, di media e di lunga distanza); la fornitura e la distribuzione di equipaggiamenti protettivi (dispositivi di protezione individuali, DPI); il tracciamento dei casi infettivi, con massicci piani di identificazione delle infezioni primarie e secondarie; e la messa in opera di diversi livelli di controlli amministrativi e di ingegneria ambientale”. Solo a tali condizioni sarà possibile gradualmente e con cautela riaprire Scuole e attività imprenditoriali, e progressivamente buona parte della vita normale potrà riprendere.
E’ sulla falsariga tracciata dal suddetto documento che è stata sviluppata la strategia nazionale di gestione dell’emergenza che si andrà a descrivere nel prosieguo.
4.1.2. Le fonti normative primarie, sub primarie e secondarie.
Si passa, come detto, all’esame delle principali norme emanate allo scopo di fare fronte all’emergenza e dare attuazione alle strategie di contenimento e, poi, di passaggio alla Fase 2 sopra indicate.
Con la citata Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, è stato decretato lo stato di emergenza per la durata di sei mesi, con l’affidamento al Capo Dipartimento della Protezione Civile del coordinamento degli interventi necessari a fronteggiare l’emergenza sul territorio nazionale. Lo stato di emergenza è stato prorogato con successivi provvedimenti: Delibera del Consiglio dei Ministri del 29 luglio 2020 e decreto-legge del 30 luglio 2020 n. 83 (fino al 15 ottobre 2020); delibera del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2020 (fino al 31 gennaio 2021); decreto-legge del 14 gennaio 2021 n. 2 (fino al 30 aprile 2021); decreto-legge del 22 aprile 2021 n. 53 (fino al 31 luglio 2021); decreto-legge del 23 luglio 2021 n. 105 (fino al 31 dicembre 2021); delibere del Consiglio dei Ministri del 13 e del 24 dicembre recepite dall’articolo 1, c.1 del D.L. 24 dicembre 2021, n. 221, che ha prorogato per l’ultima volta lo stato di emergenza al 31 marzo 2022, e con Decreto Legge n. 24 del 24 marzo 2022 è stata disposto il termine dello stato di emergenza al 31 marzo 2022.
Sulla base dei suddetti provvedimenti sono stati adottati oltre cinquanta decreti legge, di cui 31 convertiti in legge e gli altri abrogati dalla legge di conversione di un decreto legge precedente agli stessi, cui sono seguiti altri decreti legge, che ne hanno implementato, modificato o recepito parte dei contenuti. E ciò al fine di consentire, alla luce dell’evoluzione della situazione pandemica, di adeguare alla stessa il dispositivo, incrementando o alleggerendo le misure, sia con la menzionata legge di conversione sia con il successivo D.L.
A seguito dei decreti legge sono stati emanati trenta d.P.C.m. attuativi.
Si può anche notare come il flusso dei decreti legge, sia stato connotato per la ciclicità di due tipi di misure (corrispondenti ai due obiettivi strategici di contrasto alla pandemia in avvio indicati) contenute, di norma, in provvedimenti separati. Da un lato misure e provvedimenti urgenti “per fronteggiare l’emergenza epidemiologica” con il divieto di svolgere ogni attività sociale, sportiva, ricreativa, con le complementari misure concernenti settori essenziali per far fronte all’epidemia, quali quelle relative al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, l’attivazione di piattaforme digitali per il monitoraggio della pandemia ed i casi di contagio e per la gestione della campagna vaccinale, e dall’altro il sostegno economico alle famiglie, ai lavoratori ed alle imprese. Ossia per un verso si approntavano gli strumenti diretti per la lotta alla pandemia e per altro verso si disponevano misure di sostegno al sistema produttivo ed alla società civile in tutti i suoi molteplici profili. A parte numerosi provvedimenti che affrontavano vari altri aspetti di rilievo e interventi settoriali come, ad esempio, quelli relativi al settore scolastico, dei trasporti e dell’impiego pubblico e privato. Passando, non appena possibile, alla adozione di graduali misure di riapertura. Tali modalità operative si collocano perfettamente nella logica indicata nel citato documento della Commissione Covid dell’Accademia dei Lincei.
Occorre anche dire come tutto il sistema di contrasto all’emergenza epidemiologica sia ruotato intorno ai primi decreti legge, convertiti in legge, che hanno costituito i pilastri del sistema e che, nell’ottica innanzi citata di un continuo affinamento del dispositivo di risposta alla pandemia, sono stati costantemente integrati e modificati dai decreti legge successivi per tutto il 2020 e 2021. Si tratta, segnatamente, del Decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 convertito con modificazioni dalla Legge 22 maggio 2020, n. 35, e del Decreto legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito dalla Legge 14 luglio 2020, n. 74.
Si riportano in nota, al fine di dare un quadro quanto più esaustivo possibile della copiosa produzione legislativa, le principali norme primarie emanate per la gestione dell’emergenza e per fare fronte all’incalzare della pandemia, e di seguito, allo scopo di tratteggiare il processo cui innanzi si accennava di progressivo adeguamento del sistema alle esigenze di contrasto della pandemia, ci si soffermerà sui principali contenuti delle suddette norme primarie ed attuative e su quelle che hanno apportato ulteriori miglioramenti al sistema nell’ottica appena indicata[38].
4.1.3. Il D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con L. 5 marzo 2020, n. 13. I principali contenuti.
Con il D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con L. 5 marzo 2020, n. 13, sono state adottate “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-10. Il decreto delineava la struttura di impianto poi seguita dai successivi decreti legge, che hanno però man mano implementato e reso più articolato, flessibile e ricco il quadro delle misure. Con il decreto sono stati introdotte quindici misure contraddistinte con le lettere dell’alfabeto (dalla a alla o), fra le altre: il divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell’area ed il corrispondente divieto di accesso al comune o all’area- la misura della quarantena con sorveglianza attiva per chi è venuto a contatto con i casi di positività- la chiusura di tutte le attività commerciali escluse quelle per la vendita di beni di prima necessità.
Il sistema di contrasto veniva completato dalla norma aperta contenuta nel successivo art. 2 – Ulteriori misure di gestione dell’emergenza – che prevedeva genericamente che “le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dai casi di cui all’articolo 1, comma 1”.
Di assoluto rilievo è la norma dell’art. 3 – Attuazione delle misure di contenimento – volta ad assicurare la copertura legislativa, attraverso una fonte primaria del diritto, che doveva costituire cornice degli interventi normativi secondari, tra cui i d.P.C.m., che fissava il meccanismo attuativo delle misure, confermato dai successivi decreti legge, attraverso la adozione di “uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale”, con la possibilità che nelle more dell’adozione dei suddetti decreti e in caso di estrema necessità ed urgenza le misure di cui agli articoli 1 e 2 “possono essere adottate ordinanze del Ministro della salute”.
La scelta dello strumento del decreto legge di proposta governativa, come emerge dalle premesse degli stessi, si inscriveva nel perimetro degli articoli 16 (limitazione della libertà di movimento e soggiorno per motivi di sanità), 76 e 77 della Costituzione, essendo innegabile, a fronte della dichiarazione dello stato di emergenza e del continuo aggravamento della situazione, la presenza dei requisiti di necessità e urgenza richiesti per l’esercizio di tale facoltà di iniziativa legislativa da parte del Governo.
Molto significativo è l’art. 3, comma 5, che disponeva che il prefetto, “informando preventivamente il Ministro dell’Interno assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle forze di P.S. e ove occorra delle FFAA.” Tale norma è stata successivamente ampliata e sempre confermata nei successivi atti legislativi e nei d.P.C.m., a riprova del ruolo strategico di chiusura del sistema che il prefetto assume nell’ordinamento amministrativo italiano.
4.1.3.1. I primi d.P.C.m. attuativi del Decreto legge n. 6/2020.
– Con il d.P.C.m. dell’8 marzo 2020 venivano adottate le misure previste dal suddetto D.L. n. 6 del 23.2.2020, riferite dai primi D.p.c.m. attuativi alle sole aree del paese ove esistevano focolai, e veniva creata un’unica area comprendente il territorio della Regione Lombardia e di altre 14 province (cinque dell’Emilia Romagna, cinque del Piemonte, tre del Veneto ed una delle Marche) nelle quali veniva prevista l’applicazione di misure rafforzate di contenimento alla luce della dinamica epidemiologica in atto.
– Soltanto il giorno dopo, essendo divenuta ormai chiara la situazione ed il possibile coinvolgimento di tutto il Paese, con il d.P.C.m. del 9 marzo 2020 venivano estese a tutto il territorio nazionale le misure adottate con il citato d.P.C.m. dell’8 marzo relative alle aree sopra indicate interessate dal contagio nella fase iniziale della pandemia. Si stabiliva il divieto su tutto il territorio nazionale di ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico e venivano sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati.
– Solo due giorni dopo, con il d.P.C.m. dell’11 marzo venivano incrementate le misure, fra le quali la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, ad eccezione di quelle indicate in apposito allegato, dei mercati, salve le attività di vendita di generi alimentari. Restavano aperte le edicole, i tabaccai, le farmacie e le parafarmacie. Veniva attuato il c.d. lock down.
Veniva disposto che “le P.A. assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del proprio personale dipendente, anche in deroga agli accordi individuali, individuando le attività indifferibili da rendere in presenza. Venivano date precise indicazioni al mondo produttivo circa la limitazione al massimo delle presenze in azienda.
– Con il d.P.C.m. del 22 marzo successivo, recante “ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 20202, n. 6… applicabili all’intero territorio nazionale” adottato a fronte dell’aggravamento ulteriore della situazione, ed allo scopo di contrastare il diffondersi del virus COVID 19, venivano confermate o adottate ulteriori drastiche misure, fra le quali:
- Sospensione di tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 (codici ATECO), ferme restando le regole sul lavoro nella P.A. disposte dall’articolo 87 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18[39] assegnando al Prefetto specifiche competenze, con un importante ruolo di verifica ed anche di autorizzazione, che vengono riportate nella parte relativa alle misure volte alla tutela del sistema produttivo (si rinvia a pag. 47 par. 4.2.1.), e sono qui citate in quanto il tema attiene anche alle misure emergenziali di chiusura delle produzioni non necessarie, al fine evitare gli spostamenti ed i contagi.
- Divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute, con la soppressione della facoltà prevista dal P.C.m., 8 marzo 2020, che consentiva il rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza.
4.1.4. Il D.L. 25 marzo 2020, n. 19. Ulteriore implementazione del sistema normativo di gestione dell’emergenza. L’articolo 1.
Solo tre giorni dopo l’emanazione del d.P.C.m. del 22 marzo a fronte della situazione epidemiologica in continua evoluzione e peggioramento, il sistema è andato progressivamente affinandosi e le misure emergenziali adottate con il D.L.23 febbraio 2020, n. 6, ulteriormente implementate con significative modifiche al sistema di gestione della pandemia, confluivano in un quadro sistematico delineato dal D.L. 25 marzo 2020, n. 19, recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito con modificazioni dalla L. 22 maggio 2020, n. 35. Dobbiamo, tuttavia, tenere presente che il quadro finale del testo vigente è il frutto di successive implementazioni del testo originario del Decreto, finalizzate a conseguire un miglioramento del sistema e della efficacia dello stesso, nell’ottica della gestione dell’emergenza. Quindi nel prosieguo si farà riferimento alla stesura finale del Decreto ma nel contempo sarà fatto cenno ai principali interventi di integrazione e modifica apportati sia dalla legge di conversione sia dai successivi interventi legislativi dispiegati nel corso del 2020, 2021 e 2022 fino alla chiusura dello stato di emergenza.
L’art. 1 introduce un sistema organico di misure estremamente dettagliato al fine di coprire ogni attività sociale (trentuno misure identificate con le lettere dell’alfabeto, oltre il doppio rispetto alle quindici del precedente decreto), modulabile in sede di applicazione su parti o su tutto il territorio nazionale, secondo l’andamento epidemiologico, per periodi predeterminati, non superiori a trenta giorni (termine successivamente ampliato a 50 giorni dal D.L. 2 dicembre 2020, n. 158), reiterabili e modificabili, anche più volte, fino al termine dello stato di emergenza, e secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio, delle quali si indicano, a titolo meramente esemplificativo, le più significative :
- Limitazione della circolazione delle persone, anche con limitazioni alla possibilità di allontanarsi dalla propria residenza, o di allontanamento o ingresso in territori comunali, provinciali, regionali, nonché rispetto al territorio nazionale;
- Chiusura al pubblico di strade urbane, parchi, aree gioco, ville, giardini pubblici e spazi pubblici;
- Misura della quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia, o che rientrano da aree esterne al territorio nazionale;
- Divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione alle persone in quarantena perché positive;
- Divieto di riunioni o assembramenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sospensione delle manifestazioni di qualsiasi natura, a carattere culturale, ludico, sportivo, ricreativo o religioso, delle cerimonie civili e religiose;
- Chiusura dei cinema, teatri, sale da concerto, discoteche, sale scommesse, centri culturali e simili;
- Sospensione delle attività convegnistiche o congressuali, salva la possibilità di svolgimento a distanza;
- Limitazione o soppressione dei servizi di trasporto di persone e merci, automobilistico, ferroviario, aereo, e del trasporto pubblico locale;
- Sospensione dei servizi educativi per l’infanzia, delle attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado, e delle istituzioni di formazione superiore, comprese le università;
- Limitazione della presenza fisica dei dipendenti negli uffici delle amministrazioni pubbliche, fatte comunque salve le attività indifferibili e l’erogazione dei servizi essenziali prioritariamente mediante il ricorso a modalità di lavoro agile;
- Limitazione o sospensione delle attività commerciali di vendita al dettaglio, ad eccezione di quelle necessarie ad assicurare la reperibilità di generi agricoli, alimentari e di prima necessità, con modalità atte ad evitare assembramenti; delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti;
Si disponeva così la completa chiusura del Paese .
In tale quadro di divieti, al comma terzo dell’articolo 1 viene introdotta una norma di particolare significato, avente la finalità non di impedire ma di assicurare l’effettivo svolgimento di attività non oggetto di sospensione, rilevanti a fini di pubblica utilità, attraverso il conferimento al prefetto della possibilità di adottare provvedimenti impositivi, dopo avere sentito, senza formalità, le parti sociali interessate.
4.1.4.1. L’art. 2 del D.L. 25 marzo 2020, n. 19. I D.p.c.m.
Molto importanti al fine della messa a regime del sistema sono le disposizioni contenute nell’art. 2 – Attuazione delle misure di contenimento – che conferma la catena discendente di provvedimenti normativi secondari attuativi nel dettaglio delle misure da adottare per il contrasto alla diffusione del virus pandemico (i d.P.C.m., e i D.M. del Ministro della Salute sulla base delle valutazioni degli organismi tecnici)[40] confermando, per tali profili, il contenuto del precedente decreto legge del 23 febbraio 2020, n. 6.
La norma, per altro verso, colma una lacuna presente in quest’ultimo decreto, che non li aveva previsti, in quanto fissa i passaggi necessari ad assicurare la puntuale informazione del Parlamento da parte del Governo sulle misure disposte[41]. Viene confermata la modalità di esercizio delle attività di controllo preventivo da parte della Corte di Conti, già prevista dal d.l. n. 6/2020[42]. Ulteriore novità è costituita dalla circostanza che la norma definisce la procedura per l’approfondimento dei profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità delle misure attraverso l’acquisizione dei pareri da parte del Comitato tecnico-scientifico di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2020.
In relazione alla maggiore specificazione delle tipologie di interventi e quindi della compiutezza del panorama di misure previste all’art. 1, non viene riprodotta, come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza innanzi citata, la amplissima norma di chiusura del sistema di cui all’articolo 2 del d.l. n. 6/2020, ma in relazione alla situazione emergenziale l’articolo prevede comunque un sistema alternativo finalizzato a consentire la gestione immediata degli eventi in caso di necessità e urgenza, infatti al comma 2 dell’articolo 2 viene previsto che, nelle more dell’adozione dei d.P.C.m., e con efficacia limitata fino a tale momento, in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute le misure di cui all’articolo 1 possono essere adottate dal Ministero della salute.”[43] Analogamente all’art. 3- Misure urgenti di carattere regionale o infraregionale – viene data la possibilità alle regioni di intervenire per fronteggiare situazioni di aggravamento del rischio sanitario nei rispettivi territori[44].
Come si può vedere, la disposizione, a differenza di quella di cui all’articolo 2 del d.l. n. 6/2020, comunque vincola i contenuti dei provvedimenti adottati nelle more dell’emanazione dei d.P.C.m. alle misure previste dall’articolo 1 del d.l. in esame.
Il comma 3 dell’art. 2 fa salvi, come peraltro tutti gli altri decreti legge successivi, gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n, 13[45].
4.1.5. Il Decreto legge 16 maggio 2020, n. 33 convertito in Legge 14 luglio 2020, n. 74.
L’ulteriore progressivo affinamento del sistema attraverso le plurime modifiche e integrazioni del decreto. Il monitoraggio e la collocazione delle regioni in zone individuate in relazione alla gravità della situazione secondo i parametri dell’incidenza dei contagi e della percentuale di occupazione dei posti letto (solo in una fase successiva, a partire dal febbraio 2021, le zone sono state individuate secondo colori: bianca-gialla-arancione-rossa). L’articolo 1.
Come si diceva il sistema di contrasto alla pandemia, a fronte della situazione emergenziale in continua evoluzione e peggioramento, è andato progressivamente affinandosi ed il D.L. 16 maggio 2020, n. 33 recante misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica Covid-19, convertito dalla L.14 luglio 2020, n. 74, in esame, ne è un ulteriore esempio, in quanto introduce significative modifiche al sistema di monitoraggio e di risposta, volte a consentire una più precisa corrispondenza tra situazione rilevata nei vari territori e misure adottate. Dobbiamo anche tenere presente che il testo originario del Decreto è stato più volte progressivamente integrato, per pervenire ad una strutturazione del sistema più idonea alla gestione dell’emergenza. Quindi, analogamente a quanto innanzi precisato per il D.L. 19/2020, nel prosieguo ci si riferirà alla stesura finale del Decreto nel testo vigente, e nel contempo sarà fatto cenno ai principali interventi di integrazione e modifica apportati sia dalla legge di conversione sia dai successivi interventi legislativi dispiegati nel corso del 2020, 2021 e 2022 fino alla chiusura dello stato di emergenza.
L’articolo 1 del Decreto introduce nuovi parametri di monitoraggio oggettivi e le modalità di attuazione degli stessi, attraverso meccanismi predeterminati, ma pur sempre integrabili o modificabili, al fine della immediata applicazione di misure di risposta proporzionali alla gravità della situazione, corrispondenti al livello di esposizione identificato dalla fascia di rischio in cui la regione è stata inserita. Il sistema, ai fini organizzativi e della immediata cogenza della norma comportamentale, è, quindi, da un lato rigido nei meccanismi di risposta, ma nel contempo agile e flessibile, in quanto la collocazione nelle aree di rischio ha una durata molto limitata nel tempo, come infra detto.
Il Decreto, nell’ottica della richiamata flessibilità del sistema, al comma 1 dell’art. 1 fa venire meno gli effetti di tutte le misure limitative della circolazione all’interno del territorio regionale di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, prevedendo che le stesse misure possono essere adottate o reiterate, ai sensi degli stessi articoli 2 e 3, solo con riferimento a specifiche aree del territorio medesimo interessate da particolare aggravamento della situazione epidemiologica.
Il sistema di monitoraggio. Il comma 16– Il testo, originariamente molto stringato, prevedeva al comma 16, allo scopo di garantire lo svolgimento in condizioni di sicurezza delle attività economiche, produttive e sociali, un articolato sistema di monitoraggio, attuato dalle regioni con cadenza giornaliera, dell’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e, in relazione a tale andamento, delle condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale, da trasmettere giornalmente al Ministero della salute, all’Istituto superiore di sanità e al Comitato tecnico-scientifico di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile del 3 febbraio 2020, n. 630 e ss.mm. In relazione all’andamento della situazione epidemiologica sul territorio, accertato secondo i criteri stabiliti con decreto del Ministro della salute del 30 aprile 2020 e sue eventuali modificazioni, nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’art. 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, la Regione, informando contestualmente il Ministro della salute, poteva introdurre misure derogatorie, ampliative o restrittive (con le successive modifiche solo restrittive) , rispetto a quelle disposte ai sensi del medesimo articolo 2.
4.1.5.1. Le ulteriori misure adottate. L’accentramento della regia del monitoraggio e delle classificazioni in capo al Ministro della salute sulla base di dati oggettivi. Le Aree in relazione al livello di rischio.
– Il decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 introduceva all’art. 1 del D.L. 15 maggio 2020, n. 33 il comma 16 bis che migliorava nettamente il sistema di monitoraggio, prevedendo, allo scopo di centralizzare la regia delle attività ed evitare disomogeneità tra le singole parti del territorio nazionale, un attento sistema di misure ancorato ai dati oggettivi dei monitoraggi, da adottare a cura del Ministero della salute, fissando i termini di durata delle ordinanze e con obbligo di pubblicazione con frequenza settimanale dei dati del monitoraggio sul sito dello stesso Ministero e di comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati dei risultati del monitoraggio dei dati epidemiologici.
Il nuovo comma, in particolare, prevedeva che il Ministro della salute con propria ordinanza, sentiti i Presidenti delle regioni interessate, potesse individuare, sulla base dei dati in possesso ed elaborati dalla cabina di regia di cui al decreto del Ministro della salute 30 aprile 2020, “una o più regioni nel cui territorio si manifesta un più elevato rischio epidemiologico e in cui, conseguentemente, si applicano le specifiche misure individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, aggiuntive rispetto a quelle applicabili sull’intero territorio nazionale”. Lo scenario doveva essere parametrato sull’incidenza dei contagi sul territorio regionale ovvero sull’incidenza dei contagi sul territorio regionale unitamente alla percentuale di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva per pazienti affetti da COVID-19.
– Con il D.L. 23 febbraio 2021, n. 15 recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di spostamenti sul territorio nazionale per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, veniva inserito all’articolo 1 del D.L. 33/2020 il comma 16 septies che prevedeva, sulla base dei dati del monitoraggio, la collocazione delle regioni in zone individuate secondo colori (zona bianca-gialla-arancione-rossa) in relazione alla gravità della situazione secondo i parametri dell’incidenza dei contagi e della percentuale di occupazione dei posti letto[46]. La classificazione rendeva più immediata, anche in termini di comunicazione pubblica, la conoscenza della situazione in ogni singola regione. Le ordinanze avevano efficacia per un periodo minimo di quindici giorni, salvo che dai risultati del monitoraggio risultasse necessaria l’adozione di misure più rigorose, e le stesse venivano comunque meno allo scadere del termine di efficacia dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base dei quali erano state adottate, salva la possibilità di reiterazione. L’accertamento della permanenza per quattordici giorni in uno scenario inferiore a quello che aveva determinato le misure restrittive comportava in ogni caso la nuova classificazione[47].
4.1.6. Attuazione del sistema attraverso i d.P.C.m. – Il d.P.C.m. 3.11.2020.
In attuazione di quanto previsto dai decreti legge citati sono stati adottati complessivamente, come detto, trenta d.P.C.m. allo scopo di dettare le misure di volta in volta necessarie in relazione all’evolversi della pandemia, nel solo 2020: i d.P.C.m. 25.2.2020; 1.3.2020; 4.3.2020; 8.3.2020; 9.3.2020; 11.3.2020; 22.3.2020, citati, in attuazione del D.l. n.6/2020.
E successivamente al D.L. n. 19/2020 i d.P.C.m.: 1.4.2020; 10.4.2020; 26.4.2020; 17.5.2020 e 18.5.2020 (rettifica del precedente); 11.6.2020; 14.7.2020; 7.8.2020; 7.9.2020; 13.10.2020, 18.10.2020 e 24.10.2020 (che ha modificato e abrogato i due precedenti); 3.11.2020; 3.12.2020; 14.1.2021; 2.3.2021; 17.6.2021; 10.9.2021; 12.10.2021; 17.12.2021; 21.1.2022; 2.3.2022; 29.3.2022. Dagli stessi emerge come le autorità di governo, nel prendere atto dell’aggravamento progressivo dell’epidemia, in attuazione di quanto disposto dai vari decreti legge succedutisi nel tempo, adottavano le misure sempre più stringenti ivi previste e modulate in relazione alla situazione nelle singole regioni e aree territoriali più ristrette. E nei periodi di miglioramento della pandemia, nell’ottica del passaggio alla Fase 2, aprivano gradualmente adottando misure meno stringenti. I d.P.C.m., avevano una precisa vigenza temporale, con la indicazione del dies a quo e ad quem di efficacia. Nel caso in cui l’evoluzione e gravità della situazione richiedesse nuovi interventi prima della scadenza, veniva adottato un nuovo d.P.C.m., anticipato, come accaduto in occasione della adozione del d.P.C.m. del 3 novembre 2020, di seguito indicato, adottato con largo anticipo rispetto alla scadenza del precedente d.P.C.m. del 24 ottobre 2020, prevista per il 24 novembre, a fronte della esigenza di dare attuazione al nuovo sistema di classificazione delle regioni introdotto dal menzionato D.L. 16 maggio 2020, n. 33, come modificato dalle norme citate.
I d.P.C.M. sono stati man mano arricchiti con un numero sempre maggiore di allegati allo scopo di dare indicazioni complete per tutti i settori di attività.
-Il d.P.C.m. 1 aprile 2020, prorogava al 13 aprile le disposizioni dei d.P.C.M. dell’ 8, 9, 11, e 22 marzo 2020,
– Il d.P.C.m. 10 aprile 2020, riportava 5 allegati, con efficacia fino al 3 maggio,
– Il d.P.C.m. 26 aprile 2020, riportava 10 allegati, con efficacia fino al 17maggio 2020,
– Il d.P.C.m. 17 maggio 2020 riportava 17 allegati tra i quali, per la prima volta, gli accordi con le confessioni religiose e le linee guida per la ripresa delle attività economiche e produttive adottati nell’ambito della conferenza Stato -Regioni del 16 maggio 2020, con efficacia fino al 14 giugno.
– Il d.P.C.m. 11 giugno 2020 riportava 16 allegati, con efficacia fino al 14 luglio,
– Il d.P.C.m. 14 luglio 2020 prorogava le misure di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2020 sino al 31 luglio 2020 e sostituiva gli allegati 9 (Linee guida per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative) e 15 (Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid-19 in materia di trasporto pubblico) dello stesso decreto, apportando modifiche restrittive alle misure ivi previste.
– Il d.P.C.m. 7 agosto 2020 riportava 20 allegati tra i quali gli accordi con le confessioni religiose e le linee guida per la ripresa delle attività economiche e produttive adottati nell’ambito della conferenza Stato-Regioni dell’11 giugno 2020, se ne riportano in nota i contenuti atteso che è la stesura completa di allegati che sarà riprodotta ed ulteriormente ampliata anche nei successivi d.P.C.m.[48]
– I d.P.C.m. del 13 e del 18 ottobre 2020 venivano superati da quello del 24 ottobre, che introduceva un irrigidimento delle misure.
– Il d.P.C.m. 24 ottobre 2020 presentava analoghi contenuti, inclusi gli allegati, del d.P.C.m. 7 agosto 2020, ma aggiungeva l’allegato 21 recante indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi, con uno schema riassuntivo e l’allegato 22 recante il Protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di Covid-19 nelle aule universitarie.
– Il d.P.C.m. 3 novembre 2020.
Di particolare rilievo, è il d.P.C.m. 3.11.2020, , recante “ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, recante: «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19» e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante: «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19», con 25 allegati, il cui schema è stato reiterato dai successivi d.P.C.m. Il Decreto dava attuazione alla ripartizione del territorio nazionale in aree di rischio, indicando all’articolo 1 le misure (in n. di 34) comuni a tutto il territorio nazionale ed agli articoli 2 e 3 le ulteriori misure da adottare in caso di rischio con scenari di elevata e di massima gravità: “scenario di tipo 3- elevata gravità” e con un livello di rischio “alto” (art. 2) e “scenario di tipo 4 – massima gravità” e con un livello di rischio “alto” (art. 3), in dipendenza del numero di casi riscontrati e dei ricoveri, allo scopo di tenere sotto controllo l’andamento della pandemia e consentire una risposta efficiente da parte del sistema sanitario.[49] Introduceva, rispetto ai precedenti d.P.C.m., l’allegato 23 riguardante il Commercio al dettaglio e il menzionato allegato 24 riguardante i “Servizi per la persona”, ed a seguire l’allegato 25, costituito da un lungo documento articolato in capitoli, intitolato “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale 2020-2021” ove nel prendere atto che con l’inizio della stagione autunno-invernale l’Italia, come altri Paesi europei, “si trova ad affrontare un lento e progressivo peggioramento della epidemia da virus SARS-CoV-2 in un momento in cui è prevista una aumentata co-circolazione di altri patogeni respiratori (come i virus influenzali)”, si davano valutazioni e indicazioni. Si riporta in nota il capitolo 2 del documento contenente una significativa sintesi delle fasi pandemiche, che consente di comprendere meglio la strategia complessiva seguita nel contrasto alla pandemia.[50]
– Il d.P.C.m. 3 dicembre 2020 , recante ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n.19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, recante: «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19» e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante: «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19», nonchè del decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158, recante: «Disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19, che dettava le misure volte a fronteggiare l’emergenza dal 4 dicembre al 15 gennaio 2021, confermando il quadro di misure previste dal precedente d.P.C.m. del 3 novembre 2020, inclusi i 25 allegati, tra cui l’allegato 25 concernente la “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale. Di particolare rilievo la norma contenuta nell’articolo 1, comma 9, lett. s) che disponeva la ripresa delle attività scolastiche in presenza presso gli Istituti scolastici di secondo grado almeno al 75% (percentuale ridotta al 50% dal D.L. n. 172/2020 sotto indicato), e che a tal fine prevedeva l’istituzione dei tavoli di coordinamento presso le Prefetture, al fine di pianificare le attività necessarie ad assicurare, con decorrenza 7 gennaio 2021, la ripresa delle suddette attività.
Lo stesso quadro veniva però successivamente modificato dal decreto-legge 18.12.2020, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2021, n.6, che abrogava il decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158, facendone salvi gli effetti.
– Il d.P.C.m. 14 gennaio 2021 recante ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n.19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, recante «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19», del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19», e del decreto-legge 14 gennaio 2021 n. 2, recante «Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e di svolgimento delle elezioni per l’anno 2021», che confermava lo schema dei precedenti d.P.C.m., e che dettagliava nei venticinque allegati tutti gli aspetti rilevanti connessi con lo svolgimento in sicurezza delle attività fra i quali la ripresa della attività scolastiche). Il d.P.C.m. introduceva, allo scopo di prevenire l’aggravamento della situazione pandemica, parametri più restrittivi per l’inserimento delle regioni nelle aree di rischio di cui agli articoli 2 e 3 della legge n. 35/2020, segnatamente disponendo l’applicazione delle misure di cui all’articolo 2 per “scenari di tipo 2- elevata gravità” per le regioni nel cui territorio “si manifesti un’incidenza settimanale dei contagi superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti e che si collocano in uno scenario di tipo 2 e con un livello di rischio almeno moderato…”, e delle misure di cui all’articolo 3 per scenari di massima gravità e con livello di rischio alto, le regioni nel cui territorio…….. e che si collocano in uno scenario almeno di tipo 3 e con un livello di rischio almeno moderato”. Si faceva sempre riferimento a quanto stabilito dal documento di «Prevenzione e risposta a COVID-19 riportato alla nota 47.
– Il d.P.C.m. 2 marzo 2021 recante ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, recante «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19», del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19», e del decreto-legge 23 febbraio 2021, n. 15, recante «Ulteriori disposizioni urgenti in materia di spostamenti sul territorio nazionale per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19». -Il D.L. 23 febbraio 2021, n. 15, è molto significativo perché, semplificando il precedente sistema di classificazione, introduceva all’articolo 1 la “Denominazione del territorio nazionale in zone” – bianca, arancione, rossa, gialla, inserendo il comma 16 septies all’articolo 1 del D.L. 16.5.2020, n. 33, convertito con modificazioni dalla L. 14.7.2020, n. 74. (Decreto n. 15 come, sopra detto, abrogato dalla L. 12.3.2021, n. 29, di conversione del D.L. 14.1.2021, n. 2, che ha comunque confermato il sistema di ripartizione delle zone del territorio nazionale con i colori).
– Il d.P.C.m. 17 giugno 2021, recante disposizioni attuative dell’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, recante «Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19». Il D.L. 22 aprile 2021, n. 52, recante misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19, convertito con modificazioni dalla L. 17 giugno 2021, n. 87 (in G.U. 21/06/2021, n. 146), assume particolare rilievo perché, oltre a numerose misure disciplinanti la graduale ripresa delle attività in zona gialla, quali, tra le altre, le attività di ristorazione e gli spettacoli, prevedeva la ripresa su tutto il territorio nazionale delle attività scolastiche in presenza (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) e di almeno il 50% della popolazione studentesca nelle scuole secondarie di secondo grado, ed introduceva all’art. 9 il sistema delle Certificazioni verdi COVID–19[51].
Con l’avvio della campagna vaccinale a fine dicembre 2020[52], e poi nel corso del 2021, la lotta alla pandemia entrava in una nuova fase, caratterizzata, a fronte della progressiva riduzione dei contagi, dalla adozione di misure volte al progressivo ritorno alla normalità.
Il sistema normativo come sopra tratteggiato, come si può vedere, ha affrontato complessivamente a 360 gradi tutti gli aspetti della vita del Paese, dei cittadini e delle imprese, incidendo pesantemente sulle libertà individuali, a fronte del prioritario interesse al contenimento della diffusione della pandemia, nel rispetto del quadro normativo costituzionale e ordinario, pervenendo con costanti e tempestivi aggiornamenti delle misure, prova della efficienza del sistema gestionale strategico nazionale approntato, a risultati assai rilevanti, certamente contenendo il numero di vittime, pur ingenti, salvaguardando, per quanto possibile in una situazione di tale gravità, il sistema produttivo nazionale ed avviando non appena possibile le graduali riaperture (Fase 2).
4.1.7. Il sistema sanzionatorio.
Il suddetto quadro dispositivo per essere efficace doveva essere ancorato ad un sistema di controllo e sanzionatorio delle violazioni, che dopo la generica indicazione di cui all’art. 4 (sanzioni e controlli) del D.L. n. 6/2020, è stato strutturato dall’articolo 4 del D.L.19/2020[53] che dispone che per le sanzioni per le violazioni delle misure previste dal D.L. si applicano per quanto non stabilito dal presente articolo:
comma 3:
– le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili.
– per il pagamento in misura ridotta si applica l’articolo 202, commi 1, 2 e 2.1, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285.
– le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, sono irrogate dal Prefetto. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 3 (organi regionali) sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte. Ai relativi procedimenti si applica l’articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
comma 4: all’atto dell’accertamento delle violazioni di cui al comma 2, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’organo accertatore può disporre la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni. Il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione.
4.1.8. Esecuzione e monitoraggio delle misure. Il ruolo del Prefetto. La norma di chiusura del sistema.
Il comma 9 dell’articolo dell’art. 4 del D.L. 25.3.2020, n. 19, intitolato “Sanzioni e controlli”, ampliava notevolmente quanto previsto dal citato art. 3, comma 5, del D.L. 23.2.2020, n. 6, conv. L. 5.3.2020 n. 13 (che si limitava ad indicare che “il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle forze di P.S. e ove occorra delle FF.AA.), disponendo che ”Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia, del personale dei corpi di polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. Al personale delle Forze armate impiegato, previo provvedimento del Prefetto competente, per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 è attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza. Il prefetto assicura l’esecuzione delle misure di contenimento nei luoghi di lavoro avvalendosi anche del personale ispettivo dell’azienda sanitaria locale competente per territorio e dell’Ispettorato nazionale del lavoro limitatamente alle sue competenze in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il D.L. 16 maggio 2020, n. 33 al comma 9 dell’articolo 4 (Sanzione i controlli) conferma il ruolo del Prefetto riproducendo integralmente la norma innanzi citata.
Anche nei vari d.P.C.m. susseguitisi (a partire da quello del 10 aprile 2020) è stato sempre inserito un articolo intitolato “Esecuzione e monitoraggio delle misure” avente analogo contenuto di quello di cui al D.L. 25.3.2020, n. 19 citato, che a conferma del ruolo attribuito al Prefetto, così recita: “Esecuzione e monitoraggio delle misure. Il Prefetto territorialmente competente, informando preventivamente il M.I. assicura l’esecuzione delle misure di cui al presente decreto, nonché monitora l’attuazione delle restanti misure. Il Prefetto si avvale delle Forze di Polizia, con il possibile concorso del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro dell’Ispettorato nazionale del lavoro e del Comando Carabinieri del lavoro, nonché ove occorra delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali, dandone comunicazione al Presidente della regione o della provincia autonoma interessata”.
È da rilevare l’ampia valenza della norma in esame in quanto la stessa assegna al Prefetto il compito di assicurare non solo l’esecuzione delle misure di cui al decreto, ma anche il monitoraggio dell’attuazione delle restanti misure, ossia la attuazione dell’intero dispositivo di misure introdotte per fare fronte all’emergenza pandemica, avvalendosi di tutti i corpi dello stato e della polizia municipale a ciò deputati. Quindi un complesso compito di chiusura dell’intero sistema approntato per il contrasto della pandemia.
4.1.9. Le misure in concreto adottate nelle realtà provinciali.
In concreto, in attuazione del quadro sopra delineato, il sistema provinciale ha immediatamente cominciato a funzionare in ogni provincia per la verifica della situazione complessiva e delle esigenze emerse, con la conseguente pianificazione delle modalità operative di risposta, nell’ambito del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica (C.P.O.S.P.) e delle Riunioni tecniche di coordinamento per l’esame degli aspetti connessi con l’ordine e la sicurezza pubblica e del Centro coordinamento soccorsi (C.C.S.) per le problematiche di protezione civile. Consessi presieduti dal Prefetto con la partecipazione delle Autorità sanitarie, delle Forze di polizia e delle Forze armate, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e di tutti gli altri soggetti titolari di competenze nella gestione dell’emergenza.
A titolo esemplificativo, la Prefettura ha coordinato le attività di supporto, sviluppate attraverso le FF.OO, e, ove necessario, delle FF.AA., alle Autorità sanitarie, impegnate in prima linea, con la scorta di veicoli che trasportavano malati, medicinali e materiali, e, successivamente, i vaccini dagli aeroporti di arrivo ai luoghi di stoccaggio presso le strutture ospedaliere della provincia (secondo piani operativi nazionali di distribuzione, dimostratisi perfettamente efficienti), assicurando i presidi e la vigilanza ai locali di deposito, anche in relazione a possibili azioni preannunciate dal movimento NO VAX, ed intervenendo con le attività di coordinamento e supporto in ogni altra situazione critica rilevata in provincia volta a consentire azioni tempestive a tutela della popolazione e della compiuta realizzazione del sistema posto in essere.
È stata attivata, nelle fasi della prima emergenza, anche la componente medica sanitaria militare con l’efficace intervento di medici ed infermieri militari (in provincia di Imperia è stato chiesto l’intervento del Corpo degli Alpini, con la loro componente medica, in una RSA della Provincia investita gravemente dal contagio).
Più in generale, per tutta la durata dell’emergenza sono state disposte le misure necessarie ad assicurare la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica attraverso il monitoraggio costante della situazione nell’ambito del C.P.O.S.P., inclusa la adozione di misure di prevenzione verso azioni e manifestazioni di contestazione e protesta, con la conseguente attuazione delle misure concordate in quella sede da parte delle forze dell’ordine.
Di particolare rilievo ed impegno è stata la definizione in sede di C.P.O.S.P., con la pianificazione in sede operativa (tavoli tecnici convocati dal Questore nel suo ruolo di autorità provinciale di pubblica sicurezza con compiti tecnico-operativi) ed attuazione da parte delle forze dell’ordine, di un articolato piano di controlli sul territorio provinciale al fine della verifica del rispetto delle norme comportamentali imposte alla cittadinanza nonché di quelle relative allo svolgimento delle attività commerciali e sociali, previste dalla normativa emergenziale, nelle varie fasi dell’emergenza, punto decisivo per assicurare l’efficacia del sistema di prevenzione fissato dalle norme citate, e quindi del contenimento della pandemia, con la puntuale rilevazione, attraverso la verbalizzazione, delle violazioni delle norme suddette, e la trasmissione dei relativi verbali di accertamento alla prefettura competente per l’avvio del procedimento sanzionatorio. In una prima fase alcune fattispecie erano state qualificate dalle norme come illeciti penali, ma la trattazione delle stesse, successivamente depenalizzate, è confluita, in quanto illeciti amministrativi, nella competenza prefettizia, con la conseguente trasmissione alla prefettura territorialmente competente, da parte dell’autorità giudiziaria, di tutti i fascicoli relativi ai procedimenti attivati.
La gestione del sistema di accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale da parte delle Prefetture (ai sensi del Decreto legislativo 18 agosto 2015, n.142).
Di particolare impegno è stata, durante il lock down e tutto il periodo emergenziale, la gestione da parte delle Prefetture, delle strutture di accoglienza (CAS –centri di accoglienza straordinaria) dei richiedenti la protezione internazionale) (ma anche delle altre tipologie di centri previsti dal D.lgs. 142/2015, nelle provincie in cui erano presenti). Nei suddetti centri è stata data applicazione alle numerose disposizioni normative ed alle circolari attuative del Ministero dell’Interno, dettate specificamente per fronteggiare l’emergenza anche nelle strutture di accoglienza. A tal fine sono state affrontate, nella costante interlocuzione con gli enti gestori ed a supporto degli stessi, le difficoltà connesse con l’applicazione delle stringenti regole di prevenzione sanitaria, tra le quali il rispetto del divieto per i richiedenti asilo, così come per il resto della cittadinanza, di uscire dalle strutture di accoglienza durante il lock down (con riguardo ai CAS, la tipologia di centro più comune), impartendo ai gestori specifiche indicazioni concernenti le misure di contenimento e di isolamento da adottare in caso di positività per prevenire i contagi e gestire le quarantene (attuate dagli enti gestori attraverso la predisposizione di apposite aree o di strutture dedicate), ed intervenendo con misure specifiche in caso di situazioni di particolare complessità.
È stato per le Prefetture un periodo molto complesso da gestire, in cui ciascuna criticità doveva essere fronteggiata con tempestività atteso che ogni contagio avrebbe potuto essere fonte di situazioni più gravi e gestibili con maggiore difficoltà.
La sinergica collaborazione esistente tra le prefetture e le ASL competenti ha certamente favorito la ricerca e tempestiva attuazione di soluzioni delle varie problematiche riscontrate durante la pandemia.
4.1.10. L’applicazione del sistema sanzionatorio.
Ogni prefettura ha dato attuazione ai compiti concernenti la gestione del richiamato sistema sanzionatorio per le violazioni delle norme emergenziali, a cura dell’ ”Area III applicazione del sistema sanzionatorio e Depenalizzazione”, attraverso l’avvio del procedimento, finalizzato all’applicazione, previo svolgimento dell’attività istruttoria, delle sanzioni con ordinanza ingiunzione o all’adozione del provvedimento di archiviazione, nonchè la trattazione dei ricorsi presentati avverso i verbali di accertamento delle violazioni delle norme anti COVID. A titolo esemplificativo la prefettura è stata chiamata a trattare le seguenti tipologie di attività:
– applicazione delle sanzioni per mancato rispetto delle misure di contenimento (ai sensi dell’art. 4 D.L. 19/2020),
– decisione dei ricorsi (proposti mediante presentazione di scritti o documenti difensivi) avverso i verbali di contestazione per violazione di misure adottate con i d.P.C.m. nell’ambito delle attività di controllo (ai sensi dell’art. 18 L. 689/1981).
La gestione delle suddette attività si è rivelata particolarmente complessa sia per la novità della materia, sia per il rilevante numero di procedimenti. Ma anche per la evoluzione della normativa che ha, sovente, reso necessari approfondimenti interpretativi e linee di indirizzo unitarie fornite agli Organi accertatori dal suddetto ufficio della Prefettura, sulla base delle indicazioni contenute nelle circolari ministeriali.
4.1.11. Organizzazione interna delle P.A.
Ogni amministrazione pubblica per dare attuazione alle disposizioni normative citate ha dovuto, prioritariamente, adottare tutte le misure organizzative volte ad assicurare la continuità dei servizi essenziali durante i periodi di lock down e la continuità degli stessi anche nelle fasi successive dell’emergenza, fissando precisi protocolli comportamentali per il personale, adottati dai capi degli Uffici sulla base di numerose specifiche direttive e circolari ministeriali (del Ministero dell’Interno per quanto riguarda gli Uffici dipendenti, del Ministero della Salute e del Ministro della P.A. presso la Presidenza del consiglio dei Ministri) e potenziando al massimo l’uso dello strumento digitale anche nel rapporto con il cittadino, che non poteva più recarsi negli Uffici pubblici. Di assoluto rilievo è stata la svolta nelle modalità della prestazione lavorativa derivata dalla introduzione del lavoro agile, previsto dalle norme citate (a partire dal d.P.C.m. dell’11 marzo 2020, le cui disposizioni venivano confermate e precisate dal D.L. 25.3.2020, n. 19, convertito con modificazioni dalla legge 22.5.2020, n.35 e da numerose norme e circolari successivamente emanate. Modalità lavorativa la cui vigenza è stata sempre mantenuta, sia pure con progressive limitazioni, in dipendenza del miglioramento della situazione pandemica, e l’esigenza di un progressivo rientro del personale in presenza, in vista della uscita dall’emergenza. Ferma restando la prosecuzione della applicazione delle norme sul lavoro agile per il personale portatore di specifiche patologie c.d. “fragile”. Tale normativa, per quanto riguarda la Prefettura, ha visto l’attivazione in pochissimi giorni da parte del Ministero dell’Interno di numerose postazioni informatiche per il lavoro da remoto, in breve tempo ulteriormente e notevolmente implementate, che ha consentito, sulla base di specifici provvedimenti interni, di autorizzare un rilevante numero di dipendenti (nella Prefettura di Imperia sono stati autorizzati oltre i 2/3 del personale) ad operare in lavoro agile (previa individuazione da parte dei dirigenti delle attività espletabili da remoto, le c.d. “attività smartizzabili”, con risultati veramente proficui in termini di efficienza e buon andamento delle attività. Durante tutto il periodo pandemico, è stato, tuttavia, sempre mantenuto il lavoro in presenza per i dirigenti e per il personale degli Uffici strategici della Prefettura, nonché la rotazione del personale negli altri uffici, al fine di assicurare anche in presenza, oltre che da remoto, la continuità nell’erogazione dei servizi al cittadino.
È stato fatto, inoltre, amplissimo ricorso alle piattaforme digitali per le riunioni da remoto. Lo strumento si è rivelato di straordinaria utilità, introducendo nell’ordinario una modalità che certamente non sarà nel futuro più abbandonata, consentendo la eliminazione di defatiganti spostamenti con i mezzi pubblici e privati su strada, con gli aerei ed i treni per raggiungere il luogo della riunione.
Per il lavoro in presenza sono state disposte ed attivate (con ordini di servizio interni) tutte le misure comportamentali nello svolgimento delle attività, di monitoraggio della temperatura corporea in ingresso alla Prefettura e di prevenzione e regolare sanificazione degli uffici volte ad evitare il contagio. E, nelle fasi successive, la puntuale introduzione, con altre apposite direttive interne, delle misure relative al Green pass per l’accesso del personale e del pubblico. Con la ammissione degli utenti solo su appuntamento e solo ove necessario per il tipo di pratica da espletare, nei casi in cui non fosse stata possibile la trattazione attraverso gli strumenti digitali.
4.2. GLI EFFETTI SOCIALI ED ECONOMICI.
Con riguardo alle misure di sostegno al sistema economico del Paese, ci si limiterà a citare i principali provvedimenti legislativi emanati, seguiti dai d.P.C.m. attuativi, allo scopo di sottolineare l’attenzione del legislatore e dei gestori dell’emergenza non solo verso le misure di contenimento della pandemia, ma anche, come era assolutamente necessario, verso interventi di sostegno economico delle famiglie, ai lavoratori ed al mondo produttivo, per evitare effetti distruttivi del tessuto economico del Paese, paralizzato dal blocco delle attività determinato dalla pandemia. Dall’altro lato si farà rilevare come i gestori dell’emergenza, non appena possibile, alla luce degli esiti positivi delle misure di contenimento, e dei risultati straordinari della campagna vaccinale, con equilibrati e tempestivi interventi hanno avviato la progressiva “riapertura” del paese (la c.d. Fase due) e la ripresa delle attività allo scopo di pervenire, non appena la situazione lo avesse consentito, al rientro nella normalità.
– Con il D.L. 2.3.2020, n. 9, successivamente abrogato dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, di conversione del D.L. 17.3.2020, n. 18, sono state adottate misure urgenti di sostegno alle famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 cui è seguita la Direttiva del Ministro dell’Interno ai Prefetti dell’8 marzo 2020 e successiva circolare del 10.4.2020, di cui infra.
Tali misure sono state implementate con il menzionato D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con la legge 24 aprile 2020, n. 27, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, che ha previsto interventi di sostegno economico a favore delle famiglie e delle imprese di tutti i settori colpiti dalle misure di contrasto alla pandemia. In particolare: misure a sostegno del lavoro (ammortizzatori sociali-riduzione orario lavoro e sostegno ai lavoratori), misure a sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario (misure di sostegno ai privati e di sostegno finanziario alle piccole e medie imprese) ed anche misure fiscali a sostegno delle famiglie e delle imprese.
– Il D.L. 19 maggio 2020, n. 34 recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza pandemica, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 (in S.O. n. 25, relativo alla G.U. 18/07/2020, n. 180), provvedimento omnibus di 266 articoli, che introduceva numerose ulteriori misure di sostegno e di potenziamento del sistema sanitario, della sanità militare e della sicurezza, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di supporto economico ai lavoratori e ai vari settori produttivi, di semplificazione dei procedimenti amministrativi, ed in materia fiscale e tributaria.
– Il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, introduceva numerose norme a sostegno del mondo produttivo, del reddito delle famiglie ed in materia di salute e sicurezza nello svolgimento delle attività sanitarie, amministrative, giurisdizionali, e didattiche.
– Il D.L. 30 novembre 2020, n. 157 recante ulteriori misure urgenti connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, che – a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 con il quale erano state disposte restrizioni all’esercizio di talune attività economiche al fine di contenere la diffusione del virus COVID-19, e di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 e dalle relative ordinanze del Ministro della salute adottate in data 4, 10,13 e 20 novembre 2020 – introduceva numerose disposizioni fiscali e tributarie volte a sostenere i settori colpiti dalle restrizioni, misure di sostegno alle imprese, all’economia e al lavoro, misure volte a migliorare la funzionalità delle forze di polizia, dei vigili del fuoco e delle forze armate, nonché a favorire l’emersione del lavoro irregolare.
– il D.L.18 dicembre 2020 , n. 172, recante ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del ((…)) COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 gennaio 2021, n. 6 – corposo provvedimento che oltre a disporre divieti di spostamento tra regioni e tra comuni durante il periodo natalizio, prevedeva numerose altre disposizioni, concernenti, tra l’altro, la ripresa delle attività scolastiche in presenza, misure in materia di vaccini, contributi a fondo perduto per i servizi di ristorazione.
– Il D.L. 22 aprile 2021, n. 52, recante misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19, convertito con modificazioni dalla L. 17 giugno 2021, n. 87 (in G.U. 21/06/2021, n. 146), molto importante perché oltre a numerose misure disciplinanti la graduale ripresa delle attività in zona gialla, quali, tra le altre, le attività di ristorazione e gli spettacoli, prevedeva la ripresa su tutto il territorio nazionale delle attività scolastiche in presenza (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) e di almeno il 50% della popolazione studentesca nelle scuole secondarie di secondo grado;
– I d.P.C.m. seguiti ai Decreti legge hanno dato attuazione, secondo le finalità della “Fase due”, alle disposizioni in essi contenute prevedendo in apposito articolo, con il seguente testo, misure per il contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali:
“Misure di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali (Art. 2 d.P.C.m. del 13 ottobre 2020, art. 4 del d.P.C.m. del 3 novembre 2020, articolo 4 del d.P.C.m. del 3 dicembre 2020, articolo 4 del d.P.C.m. 14 gennaio 2021) 1. Sull’intero territorio nazionale tutte le attività produttive industriali e commerciali, fatto salvo quanto previsto dall’art. 1, rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali di cui all’allegato 12, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali, di cui all’allegato 13, e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020, di cui all’allegato 14.”
Ulteriori puntuali interventi si sono susseguiti nel prosieguo dell’emergenza, al fine di proseguire nella graduale ripresa delle attività produttive e del “sistema paese” in dipendenza del miglioramento della situazione pandemica grazie alle misure adottate ed ai significativi risultati della campagna vaccinale.
4.2.1. Le misure volte ad assicurare la prosecuzione/chiusura delle attività produttive durante il lock down. Il ruolo della Prefettura.
Per il loro particolare significato, si ritiene utile accennare alle norme emergenziali emanate per assicurare la prosecuzione/chiusura delle attività produttive durante il lock down, ed al ruolo assegnato alle Prefetture. L’argomento è anche riportato nella parte relative alle misure di contrasto sanitario alla pandemia, ossia alle misure emergenziali di chiusura delle produzioni non necessarie, al fine di evitare gli spostamenti ed evitare il rischio di contagi, e viene qui ripreso per gli aspetti relativi alle misure volte alla salvaguardia del sistema produttivo (si rinvia a pag. 25 par. 4.1.3.1).
Il d.P.C.m. del 22 marzo 2020, citato in merito alla prima onda, aveva anche stabilito la sospensione di tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 del d.P.C.m. (codici ATECO), assegnando alle Prefetture specifiche competenze, con un importante ruolo di verifica ed anche di autorizzazione, di seguito riportate:
- Venivano sempre consentite:
le attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali di cui alla lettera e).
le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti.
In entrambi i casi “il Prefetto può sospendere le predette attività qualora ritenga che non sussistano le condizioni sopra riportate. Fino alla adozione dei provvedimenti di sospensione dell’attività, essa è legittimamente esercitata in base alla comunicazione resa.”
- Sono consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale previa autorizzazione rilasciata dal Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva.
- Il Prefetto informa delle comunicazioni ricevute e dei provvedimenti emessi il Presidente della regione, il Ministro dell’interno, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le forze di polizia.
4.2.2. Le misure attuative in concreto adottate nelle singole realtà provinciali in materia di attività di impresa.
Per quanto riguarda le suddette norme concernenti la prosecuzione/interruzione delle attività di impresa, le Prefetture, hanno avviato il servizio, di norma gestito dall’Ufficio di Gabinetto, che ha consentito alle Ditte che ne avevano i requisiti, secondo i codici previsti, di proseguire le attività e non entrare in lock down. Naturalmente l’esperienza in ogni realtà provinciale è stata diversa, a fronte delle attività produttive presenti sul territorio nazionale.
4.2.3. Analisi e monitoraggio del sistema economico e riflessi sulle fasce sociali più esposte.
In tale quadro relativo alle misure adottate con riguardo al sistema produttivo, è interessante notare che con la citata direttiva dell’8 marzo 2020, (con la circolare dell’11 aprile 2020) il Ministro dell’Interno ha richiamato i Prefetti, “nell’ambito delle funzioni di rappresentanza generale del Governo sul territorio oltre che di autorità provinciali di pubblica sicurezza, circa l’esigenza di affinare gli strumenti di analisi e di intervento a disposizione e di calibrarli rispetto alla fase attuale della gestione emergenziale, caratterizzata da un affiancamento delle misure di contenimento del virus con una programmazione di interventi a supporto dell’economia e delle fasce sociali maggiormente esposte in questo contesto.”
In attuazione di quanto sopra le Prefetture hanno avviato ogni necessaria attività di interlocuzione con le Organizzazioni di categorie ed Associazioni datoriali per favorire la attivazione di un canale informativo sulle problematiche rilevate a livello provinciale, rappresentandole alle Istituzioni Centrali per la definizione di mirati interventi di sostegno.
4.2.4. La ripresa delle attività scolastiche in presenza presso gli Istituti scolastici di secondo grado. I tavoli di coordinamento presso le Prefetture.
L’articolo 1, comma 9, lett. s) del d.P.C.m. 3 dicembre 2020.
Di particolare rilievo è stata la attuazione del d.P.C.m. 3 dicembre 2020, che, tra le altre misure innanzi menzionate, prevedeva all’articolo 1, comma 9, lett. s) la ripresa delle attività scolastiche in presenza presso gli Istituti scolastici di secondo grado almeno al 75% (percentuale ridotta al 50% dal D.L. n. 172/2020), disponendo l’istituzione dei tavoli di coordinamento presso le Prefetture, al fine di svolgere le attività di pianificazione necessarie ad assicurare con decorrenza 7 gennaio 2021 la ripresa delle attività didattiche. Con circolare del 7 dicembre successivo il Ministero dell’Interno dava alle Prefetture le indicazioni per l’applicazione del d.P.C.m. e per l’istituzione dei suddetti tavoli di coordinamento, al fine di consentire la ripresa delle attività in presenza secondo la decorrenza suddetta. Precisando che “il compito affidato ai Prefetti si inscrive nell’ambito delle funzioni di rappresentanza generale del governo, di coordinamento delle amministrazioni statali periferiche e di leale collaborazione con le autonomie territoriale, di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 300 luglio 1999, n. 300”. La finalità era quella di definire il più idoneo raccordo tra gli orari di inizio e termine delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano (su gomma e ferroviario), in funzione della disponibilità di mezzi di trasporto a tale fine utilizzabili, al fine di agevolare la frequenza scolastica anche in considerazione del carico derivante dal rientro in classe degli studenti nella percentuale citata. Pervenendo, a conclusione delle suddette attività, alla predisposizione, condivisione ed approvazione di un documento operativo sulla base del quale le amministrazioni coinvolte avrebbero adottato le misure di rispettiva competenza, con il monitoraggio della attuazione del piano a cura del medesimo tavolo, anche ai fini dell’eventuale adeguamento dello stesso alle esigenze man mano rilevate.
Il D.L. 22 aprile 2021, n. 52, convertito con modificazioni dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, innanzi citato, oltre a numerose altre misure, prevedeva la ripresa su tutto il territorio nazionale delle attività scolastiche in presenza (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) e di almeno il 50% della popolazione studentesca nelle scuole secondarie di secondo grado.
Allo scopo di favorire la ripresa dell’attività didattica anche per l’anno scolastico 2021-2022, l’articolo. 58, comma 4 sexies del D.L. 25 maggio 2021, n. 73 conv. in legge 23 luglio 2021, n, 106, confermava il modello già previsto dal d.P.C.m. 3 dicembre 2020, istituendo il tavolo di coordinamento, presieduto dal Prefetto presso ciascuna Prefettura nell’ambito della Conferenza provinciale Permanente (prevista dall’art. 11 comma 3 del D.lgs. n. 300/1999).
Le attività in concreto realizzate
I Tavoli di coordinamento attivati in ogni realtà provinciale, nell’ambito di sedute tenutesi in prevalenza in video conferenza, a fronte del rischio di contagio, hanno predisposto ed approvato il piano, sulla base delle esigenze e criticità rilevate, nel corso del mese di dicembre 2020, trasmesso nello stesso mese alle autorità centrali e regionali. Lo strumento di coordinamento, sulla base di un preliminare approfondimento delle problematiche da affrontare in ogni provincia per consentire la fruizione in sicurezza dei servizi di trasporto, tenendo conto dei limiti di capienza dei mezzi previsti dalle norme di prevenzione Covid 19 e l’esigenza di evitare assembramenti sui mezzi ed alle fermate, ha consentito la adozione di ogni iniziativa utile per favorire la ripresa delle attività scolastiche in presenza, come ad esempio, tra le altre, la fissazione di nuovi orari dei mezzi di trasporto coordinati con gli orari di ingresso nelle scuole superiori della provincia con la previsione, ove necessario, di doppi turni di ingresso e di uscita. I tavoli hanno continuato a monitorare la efficacia del piano adottato, anche in vista della ripresa delle attività scolastiche in presenza nel settembre 2021, proseguendo le proprie attività di valutazione delle esigenze scolastiche nel corso del primo semestre 2022 fino alla chiusura dello stato di emergenza.
4.3. CENNI SUGLI EFFETTI PSICOLOGICI DELLA PANDEMIA. Profili di interesse della Prefettura. Il fenomeno migratorio e le vulnerabilità psichiche e psichiatriche.
Su tali aspetti la prefettura non ha avuto, evidentemente, specifica contezza degli effetti psicologici della pandemia nella società, di competenza dei servizi di psicologia e psichiatria delle ASL (ancora oggi oggetto di approfondimento e di studio, a fronte della rilevanza degli effetti rilevati nella società), se non per riscontri occasionali nell’ambito dell’esercizio delle proprie competenze. È stato certamente possibile, invece, osservare la situazione delle pregresse vulnerabilità psicologiche/psichiatriche evidenziate dai migranti nell’ambito delle menzionate strutture di accoglienza (CAS –centri di accoglienza straordinaria dei richiedenti la protezione internazionale gestite dalla Prefettura). Il fenomeno è molto rilevante in ragione delle traumatiche esperienze e, spesso, inaudite sofferenze vissute dai migranti nei lunghissimi percorsi dai paesi di origine all’Europa, problematiche certamente accentuate dalla pandemia[1].
[1]Considerato che durante il lock down e nei periodi successivi, la richiamata esigenza di adottare, nell’ambito dei centri, le misure di prevenzione dei contagi e l’isolamento fiduciario con la parallela difficoltà di assicurare il rispetto delle stesse e con il costante rischio della moltiplicazione dei contagi all’interno delle singole strutture, ha reso ancora più difficile la gestione dei casi di vulnerabilità da parte degli enti gestori, soffrendo i portatori di tali patologie la condizione di isolamento nei centri e di convivenza con gli altri richiedenti asilo, con la corrispondente di difficoltà di accesso alle strutture sanitarie specialistiche e l’incremento o il peggioramento, a causa delle restrizioni, dei casi di disagio psichico-psichiatrico. La sinergica collaborazione esistente tra le prefetture e le ASL ha favorito la ricerca di soluzioni delle varie problematiche riscontrate durante la pandemia. Nel caso della provincia di Imperia, la collaborazione avviata negli anni dalla Prefettura con la Asl imperiese ed in particolare con il suo settore di etnopsichiatria, con progetti ed iniziative adottate prima della pandemia per fare fronte alle suddette vulnerabilità dei migranti è stata molto utile anche per trattare in maniera più efficace le difficoltà affrontate durante il periodo pandemico. Si riportano alcuni dati di sintesi molto significativi sulle problematiche psichiche e psichiatriche rilevate nelle strutture di accoglienza esistenti nella provincia di Imperia (interessata, quale provincia di frontiera, oltre che dalle assegnazioni ministeriali a seguito degli sbarchi in Sicilia e in Italia meridionale, anche da constanti flussi di migranti provenienti dal resto d’Italia e dal confine orientale, desiderosi di attraversare il confine francese, parte dei quali fanno domanda di protezione internazionale). Nel corso del 2021 e nel 2022 su circa 800 richiedenti asilo accolti, si sono rilevati 33 casi di vulnerabilità psichica e psichiatrica anche grave. Per la gestione dei quali si è riusciti ad avviare un percorso di collaborazione tra Enti gestori e ASL sulla base di apposito protocollo (salva la segnalazione dei casi più gravi al Ministero dell’Interno per la individuazione di soluzioni adeguate non esistenti in ambito provinciale).
Indice
1.1. Le varie situazioni da affrontare scaturite dall’emergenza pandemica. 2
1.2. Le epidemie del passato. 3
1.3. La nuova pandemia. Il rapporto con l’ambiente. 3
1.4. Fare fronte all’emergenza. 5
2.2.1. Resilienza e protezione civile. 8
3.1. L’organizzazione posta in essere per fare fronte all’emergenza pandemica. 8
3.2. Il sistema di comando e controllo. 9
3.3. Le integrazioni normative apportate. 10
3.5. La mancata o insufficiente informazione pubblica sul sistema di gestione avviato. 14
3.6. Rapporto tra protezione civile e pandemia. 15
3.7. La risposta del sistema pubblico. 16
4.1.2. Le fonti normative primarie, sub primarie e secondarie. 21
4.1.3.1. I primi d.P.C.m. attuativi del Decreto legge n. 6/2020. 25
4.1.4.1. L’art. 2 del D.L. 25 marzo 2020, n. 19. I D.p.c.m. 28
4.1.5. Il Decreto legge 16 maggio 2020, n. 33 convertito in Legge 14 luglio 2020, n. 74. 30
4.1.6. Attuazione del sistema attraverso i d.P.C.m. – Il d.P.C.m. 3.11.2020. 33
4.1.7. Il sistema sanzionatorio. 39
4.1.9. Le misure in concreto adottate nelle realtà provinciali. 41
4.1.10. L’applicazione del sistema sanzionatorio. 43
4.1.11. Organizzazione interna delle P.A. 44
4.2. GLI EFFETTI SOCIALI ED ECONOMICI. 45
4.2.3. Analisi e monitoraggio del sistema economico e riflessi sulle fasce sociali più esposte. 49
NOTE:
[1]Dr. Maurizio Gatto, Vice Prefetto vicario coordinatore della Prefettura – UTG di Imperia sino al 31 marzo 2023.
[2] Asl 1 Imperiese, Convegno “La terza onda: gli effetti della pandemia sulla salute mentale”. Bussana di Sanremo, 6 maggio 2022, cui l’autore del presente testo ha partecipato quale relatore sul tema: “Tipologie di interventi previsti e posti in essere durante la pandemia da Covid-19”.
[3]TUCIDIDE, La guerra del Peloponneso, II 47, 2-48, 3.
[4]Cfr. LO CASCIO, L’impatto della “peste Antonina”, Bari 2012; TESTA e HARPER, Storia della prima pandemia: dalla Cina alla Roma Imperiale, Roma 2021.
[5]A. MANZONI, I promessi sposi, capitolo XXXI.
[6] Cfr. Report WWF – Toccare con mano la crisi ecologica. Emergenza peste suina africana e influenza aviaria in Italia. Gennaio 2022.
“Isabella Pratesi, responsabile del settore conservazione del Wwf afferma che: “Il problema è la moltiplicazione degli allevamenti intensivi” …” Non si tratta di problemi lontani”. “Non possiamo abbassare la guardia perché influenza aviaria e peste suina africana proprio ora sono tornate a essere rischi concreti, con preoccupanti focolai in Europa”. “In Italia ci sono migliaia di cinghiali a rischio. E per l’influenza aviaria sono stati censiti circa 300 focolai avicoli dal 2021 ad oggi, principalmente nel nord Italia. Del resto, l’Italia è il quarto paese nella U.E.e per numero di animali allevati, con 23 milioni di capi tra bovini, suini, caprini e ovini”. Il pericolo – dopo i due anni di covid19 è difficile dimenticarlo – è il salto di specie, la zoonosi. Il 60% degli agenti patogeni che causano malattie umane proviene dagli animali domestici o dalla fauna selvatica. Tre su quattro delle nuove malattie che hanno colpito l’uomo negli ultimi 10 anni sono state trasmesse da animali o da prodotti di origine animale. “Con oltre 20 miliardi di polli allevati nel mondo e un numero crescente di allevamenti intensivi in tutto il mondo la possibilità di nuove ondate di malattie infettive di origine animale è molto alta”, “Varianti dell’influenza aviaria sono già in giro tra gli allevamenti intensivi del mondo, tutte in grado di infettare e uccidere l’uomo: è un rischio potenzialmente più grave del Covid-19”.
[7]M.C. NUSSBAUM, Giustizia per gli animali. La nostra responsabilità collettiva, Bologna 2023. L’autrice, che insegna Law and ethics all’University Law School of Chicago, nell’evidenziare che il diritto riflette l’approccio politico e filosofico prevalente sui singoli temi, prende atto che sino ad oggi “la gran parte del pensiero politico in tutto il mondo sia stato incentrato sull’umanità escludendo gli animali. Persino le teorie che si prefiggono di offrire loro aiuto nella lotta contro gli abusi sono intrinsecamente difettose e costruite su una immagine inadeguata delle vite e degli sforzi degli animali”. Con il libro, nell’auspicare di contribuire a cambiare le cose, si propone, pertanto, “di offrire una teoria filosofica che si basi su una visione accurata della vita degli animali che dia buoni consigli in materia di legge”.
[8]Articolo 13 TFUE – “Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale”.
L’Unione Europea, avviando una importante svolta culturale, che dovrà riverberarsi sul complessivo approccio normativo degli Stati membri, concernente il rapporto con tutto il mondo animale, aveva già legiferato sul benessere animale con importanti convenzioni: tra le quali la Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti, adottata con Decisione 78/923/ CEE del Consiglio del 19 giugno 1978 modificata con il Protocollo del 1992 adottato con Decisione 92/583/CEE del Consiglio del 14.12.1992, seguite da numerose Direttive relative alle singole specie animali ed agli allevamenti.
[9]Introdotto dalla L. Cost. 11 febbraio 2022, n. 1, che dispone che la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
[10]Si chiede giustamente l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa spesso senza soffermarsi sulle cause di eventuali ritardi e inefficienze, ove registrate. Si può rilevare come, pur a fronte della attuazione di un imponente e organico processo di modernizzazione e di adeguamento della pubblica amministrazione alle esigenze delle società attuale, anche in termini di procedimenti e di organizzazione degli uffici, determinato dalle riforme susseguitesi nelle ultime tre decadi, inclusa quella relativa al fondamentale processo di digitalizzazione della P.A. (in attuazione del C.A.D. – codice dell’amministrazione digitale), che hanno certamente migliorato l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa nel disimpegno dei complessi compiti attribuiti dalle norme, da molti anni si registra, tuttavia, un preoccupante progressivo depauperamento degli organici, che ha portato molti uffici a perdere anche il 40/50% delle unità previste dalla pianta organica, con innegabili effetti sulle capacità operative degli stessi, carenze sovente colmate, per quanto possibile, dalla competenza, professionalità e dedizione del personale in servizio. Certamente occorrerà ovviare rapidamente a tale, spesso insostenibile, situazione, proseguendo, in parallelo, nella capillare attuazione del processo di digitalizzazione, che ha registrato negli ultimi anni importanti esiti positivi.
[11]Dati sito Rai news (fonte Protezione civile): 27.3.2020 n. 969, 3.12.2020 n. 993, 10.12.2020 n. 887, 9.4.2021 n. 718, 25.1.2022 n. 469, 26.7.2022 n. 253.
[12]Cfr. Scheda dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – INFN – Analisi statistica dei dati COVID 19–Dashboard fatta di mappe e tabelle messe a disposizione dell’Unità di Crisi Covid19 interna all’INFN per una analisi statistica dei dati forniti quotidianamente dalla Protezione Civile sulla diffusione della pandemia in Italia, in “MID Risorse dati su Covid 19, raccolta delle iniziative ufficiali di mappatura dei dati sull’emergenza in corso” (https://dati-covid.it).
[13]Concetto in precedenza trattato dall’autore in occasione di un intervento al Convegno internazionale organizzato dall’Università di Genova presso la Facoltà di Giurisprudenza di Imperia il 10 ottobre 2018 avente come tema “La “resilienza” delle Pubbliche amministrazioni nella gestione del territorio”. Un convegno premonitore.
[14]Cfr. Vocabolario della lingua latina Castiglioni-Mariotti, verbo resilio, resilire :1. saltare indietro…. 2. ritornare di corsa, affrettarsi a retrocedere (resilire ad manipulos, ritirarsi tra i manipoli, Liv.;….”, Bologna, 1996,1108
[15]È interessante vedere l’evoluzione dell’uso del termine, come emerge dalla consultazione di vari dizionari, oltre che dal sito internet dell’Accademia della Crusca. A partire da un uso esclusivamente ristretto a settori tecnici, quali l’ingegneria e la fisica, con riferimento alle capacità dei materiali, il termine è stato via via utilizzato nell’ambito dell’informatica, della biologia, dell’ecologia, della psicologia, e poi della scienza dell’amministrazione con il risk management ed infine della protezione civile, al cui approfondimento è riservato il paragrafo 2.1.1. A ben vedere il significato di fondo che permane in tutte le accezioni nelle varie materie è comune, ossia la capacità di reagire positivamente ad un evento che incide, in un dato momento, su un materiale, su un assetto o su una struttura esistente, su una persona, che vengono colpiti da forze esterne che potrebbero travolgerli, ma che non vi riescono, perché tali insiemi, grazie alle proprie risorse intrinseche o estrinseche riescono a conservare le proprie caratteristiche ed a farle riemergere, secondo regole/meccanismi e qualità interiori.
[16]Occorre notare come il sistema della protezione civile istituito dalle norme citate, conteneva già in sé, sin dal 1992, il concetto di resilienza. Infatti, nelle fasi che compongono le attività di protezione civile, introdotte per la prima volta dalla legge n. 225 del 1992, era già presente integralmente tale concetto, anche se non l’espressione specifica, nel senso che le attività di previsione (studio dei rischi esistenti su un territorio, e livello di esposizione della popolazione e delle strutture), prevenzione (adozione di tutte le misure necessarie ad eliminare o contenere al massimo i rischi), pianificazione e gestione dell’emergenza (organizzazione di tutte le attività necessarie, inclusa l’informazione della popolazione, finalizzate ad assicurare che il sistema nei suoi livelli comunale, provinciale e nazionale, si auto proteggesse e continuasse a funzionare anche in emergenza), descrivono e contengono pienamente il concetto di resilienza, nei termini indicati nel testo.
[17]R. Vinciguerra, F. Cappellieri, M.Pizzo, Il contributo del partenariato sociale al sistema sanitario nazionale: un’indagine empirica su ruolo e caratteristiche demografiche delle onlus, in Mecosan, 2021, 119.
[18]Il raccordo con la comunità scientifica (cardine del sistema nazionale di protezione civile), come già previsto dalla legge n. 225 del 1992 ed ora dall’art. 19 del D.lgs. n. 1 del 2018-Codice della protezione civile, è incentrato sul rapporto tra Commissione grandi rischi prevista dall’art. 20 del D.lgs. n. 1 del 2018, organo di consulenza tecnico-scientifica del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei ministri (di cui fanno parte le suddette istituzioni scientifiche nazionali) ed i Centri operativi gestionali competenti nei vari livelli territoriali. Per la gestione dell’emergenza Covid 19 al fine dell’attuazione del suddetto raccordo è stato costituito il sopra menzionato Comitato Tecnico Scientifico, a fronte delle specificità delle competenze scientifiche necessarie.
[19]Citate in epigrafe alla Delibera del Consiglio dei Ministri del 21 aprile 2021 di proroga dello stato di emergenza (GU n. 103 del 30.4.2021) e nell’O.c.d.p.c. n. 988 del 26 aprile 2023 – Sito Dipartimento della protezione civile (www.protezionecivile.gov.it).
[20] Cfr. nota 32. Dati menzionati nel documento di discussione per la Conferenza nazionale delle autorità di protezione civile del 13 ottobre 2020.
[21]Cfr. nota 22, 545.
[22] Cfr. A. BARONI, C. FAVACCI “Stato di emergenza e potere di ordinanza” (capitolo III della parte IV “area protezione e difesa civile”) con in nota anche una esaustiva bibliografia sulla dottrina menzionata, in SEMPREVIVA, (a cura di) “Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’interno”, Roma, 2023, 533-551.
[23] “Art. 24 del Dl.gs n.1/2018 -Deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale – Comma 1. Al verificarsi degli eventi che, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, presentano i requisiti di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l’intesa, delibera lo stato d’emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l’estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l’emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all’articolo 25. La delibera individua, secondo criteri omogenei definiti nella direttiva di cui al comma 7, le prime risorse finanziarie da destinare all’avvio delle attività di soccorso e assistenza alla popolazione e degli interventi più urgenti di cui all’articolo 25, comma 2, lettere a) e b), nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi fabbisogni e autorizza la spesa nell’ambito del Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44”.
[24] “Art. 25 del Dlgs. n. 1 /2018 Codice della Protezione civile – Ordinanze di protezione civile – Per il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di protezione civile, da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea. Le ordinanze sono emanate acquisita l’intesa delle Regioni e Province autonome territorialmente interessate e, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate”.
[25]Cfr. sito Corte Costituzionale: https://www.cortecostituzionale.it.- Sentenza 198/2021. In particolare la Corte, nel premettere un chiarimento sulla distinzione tra ordinanze di protezione civile in deroga all’ordinamento e atti necessitati, ha precisato che nella scelta degli strumenti da utilizzare per fronteggiare l’emergenza pandemica esiste una “varietà di soluzioni normative e provvedimentali adottabili per la sua gestione” ritenendo “possibile l’utilizzo di fonte primaria che attribuisce a quella subprimaria compiti esecutivi (nella specie: adozione di decreto-legge, e successivamente di d.P.C.m.)”, precisando, inoltre, che i d.P.C.m. attuativi hanno avuto unicamente il compito di dare esecuzione alla norma primaria mediante atti amministrativi sufficientemente tipizzati, precludendo quindi l’assunzione di provvedimenti extra ordinem. La Corte precisa, conseguentemente, che “le misure attuative del d.l. n. 19 del 2020 non coincidono, infatti, con le ordinanze di protezione civile, essendo piuttosto accostabili, per certi versi, agli atti necessitati, emessi in attuazione di norme legislative che ne prefissano il contenuto”.
[26] L’Art. 5, comma 1, del Dlgs. n. 1 /2018 Codice della Protezione civile – Attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri – così recita “Il Presidente del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale, detiene i poteri di ordinanza in materia di protezione civile, che può esercitare, salvo che sia diversamente stabilito con la deliberazione di cui all’articolo 24, per il tramite del Capo del Dipartimento della protezione civile, e determina le politiche di protezione civile per la promozione e il coordinamento delle attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle città metropolitane, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione e organizzazione pubblica o privata presente sul territorio nazionale”.
[27]Vedi nota 19
[28]L’articolo 122 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 (in S.O. n. 16, relativo alla G.U. 29/04/2020, n. 110) recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID prevedeva la nomina del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID -19. Con d.P.C.m. del 18 marzo 2020 veniva nominato il Dr. Domenico Arcuri. All’art. 3 del D.p.c.m. veniva precisato che “il Commissario straordinario esercita i poteri di cui al comma 1 in raccordo con il Capo del Dipartimento della Protezione civile, avvalendosi, per il suo tramite, delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale della Protezione civile, nonché del Comitato tecnico scientifico, di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile del 3 febbraio 2020, n. 630” Con d.P.C.m. dell’1 marzo 2021 veniva nominato Commissario Straordinario il Generale di Corpo d’armata Francesco Paolo Figliuolo.
[29]Il comma 7 dell’articolo 25 del codice della Protezione civile così recita: “per coordinare l’attuazione delle ordinanze di protezione civile, con i medesimi provvedimenti possono essere nominati commissari delegati che operano in regime straordinario fino alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale ((…)). Qualora il Capo del Dipartimento si avvalga di commissari delegati, il relativo provvedimento di nomina deve specificare il contenuto dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio. I commissari delegati sono scelti, tranne motivate eccezioni, tra i soggetti per cui la legge non prevede alcun compenso per lo svolgimento dell’incarico”.
[30]Cfr. codice della Protezione civile articolo 9 – Funzioni del Prefetto nell’ambito del Servizio nazionale della protezione civile; Articolo 1, comma 1, lettera d), punto 1), decreto-legge 59/2012, conv. Legge 100/2012).
[31]E, in senso ampio, potrebbe dirsi anche della difesa civile, limitatamente ai delicati profili che attengono alle strategie di tutela dell’integrità del sistema produttivo nazionale a fronte di un evento che, pur non rientrando nei tradizionali scenari di difesa civile, normalmente attinenti a rischi N.B.C.R. (nucleare-biologico-chimico-radiologico) provocati volontariamente al fine di colpire oltre che la popolazione anche il sistema nazionale, tuttavia, per la sua portata avrebbe potuto ugualmente incidere gravemente sullo stesso).
[32]Presidenza del Consiglio dei Ministri- Settimana nazionale della protezione civile. Seconda Edizione, 11-17 ottobre 2020. “Documento di discussione per la Conferenza nazionale delle autorità di protezione civile”. Trasmesso alle Prefetture e a tutte le altre autorità di protezione civile partecipanti alla Conferenza.
[33]“che ha registrato ad oggi, attraverso la cooperazione tra le autorità di protezione civile a livello europeo, numerosi successi, e che ha permesso di finanziare attività di prevenzione e preparazione nonché creare un vero network di istituzioni e professionisti attivo nella risposta ai disastri in Europa e nel mondo”. L’ultima riforma normativa, risalente al 2019, incrementava le risorse finanziarie a disposizione e introduceva il concetto di RescEU (risorse strategiche a disposizione della Commissione europea). Nell’ambito della menzionata nuova riforma avviata è previsto un ruolo rinnovato e più articolato per le Autorità di protezione civile in materia di prevenzione, che dovrà essere recepito negli ordinamenti nazionali. La proposta prevede infatti che “le Autorità di protezione civile saranno responsabili per una attività di reportistica periodica nei confronti della Commissione, mirata a evidenziare gli sforzi nazionali verso il raggiungimento di obiettivi di resilienza di carattere intersettoriale, e pertanto assumeranno un ruolo di riferimento per tutte le azioni condotte dallo Stato per fronteggiare i cambiamenti climatici, le pandemie, le crisi dovute a eventi naturali o causati dall’uomo, anche come conseguenza di atti malevoli e deliberati”.
[34] Nel documento citato si evidenzia che al fine del “radicamento della cultura di protezione civile” non si può prescindere dal coinvolgimento diretto delle scuole di ogni ordine e grado, popolate da ragazzi che saranno i protagonisti di quel cambiamento di sensibilità necessario per affrontare i rischi cui la società è esposta. A tal fine, sono state intraprese attività condivise con il Ministero dell’Istruzione volte a sviluppare in maniera strutturata la cultura di protezione civile, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei rischi esistenti negli ambienti di vita e di lavoro e la concreta capacità di affrontarli fin dall’età scolare. Queste attività rientrano nel Protocollo d’Intesa siglato con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sul tema “Azioni integrate in materia di sicurezza e diffusione della cultura di protezione civile nelle scuole”, sottoscritto il 3 dicembre 2018, avviando quella formazione permanente che dovrà poi accompagnare gli studenti una volta entrati nel mondo del lavoro. L’attuazione degli obiettivi del Protocollo è stata demandata ad un Comitato Tecnico Scientifico Paritetico DPC/MIUR, la cui attività ha portato all’elaborazione del Programma Formativo Nazionale “Cultura è Protezione Civile” che consentirà ad ogni alunno dal primo anno della scuola dell’infanzia fino all’ultimo anno della scuola superiore, di svolgere 40 ore di attività tecnico-pratiche ogni anno, per un totale di 600 ore di formazione extracurriculare, secondo un modello metodologico condiviso tra gli Uffici scolastici regionali e le Direzioni regionali di protezione civile.”
[35]Sono attribuite al prefetto, numerose e diversificate competenze, unificate dal suddetto obiettivo generale, tra le quali, a titolo meramente esemplificativo: in qualità di autorità provinciale di pubblica di sicurezza il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica sulla base delle valutazioni e dei pareri espressi nell’ambito del Comitato provinciale dell’ordine e la sicurezza pubblica – C.P.O.S.P. e delle “Riunioni tecniche di coordinamento”, la sicurezza nelle pubbliche manifestazioni, la sicurezza della manifestazioni di pubblico spettacolo attraverso la presidenza della Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, il monitoraggio della realtà provinciale ed il contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle amministrazioni locali, il sistema di certificazione antimafia; in qualità di autorità provinciale di protezione civile la gestione unitaria delle emergenze di protezione civile e di difesa civile (nell’ambito del C.C.S.-Centro coordinamento soccorsi e del Comitato provinciale di difesa civile); la gestione dei procedimenti elettorali di tutti i tipi di elezione, il raccordo con gli Enti locali ed il controllo sugli organi degli stessi, ed in tale ambito la gestione commissariale dei comuni sciolti per cause ordinarie o per infiltrazione della criminalità organizzata, la vigilanza ispettiva sui servizi di competenza statale (servizi demografici: stato civile, anagrafe, elettorale) gestiti dal sindaco in qualità di Ufficiale di Governo, il godimento dei diritti politici da parte dei cittadini attraverso l’esercizio dell’elettorato attivo e passivo; la fruizione dei servizi pubblici essenziali in caso di esercizio del diritto di sciopero, con il connesso potere di precettazione, le attività di mediazione nella ricerca di soluzioni alle crisi sociali e lavorative; il fenomeno migratorio ed il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo; delicate funzioni paragiurisdizionali in materia di illeciti amministrativi depenalizzati e di quelli previsti dal Codice della strada. Punto di snodo e raccordo bidirezionale tra il livello nazionale e quello provinciale, con il compito di rappresentare in senso ascendente alle Istituzioni centrali le esigenze e criticità della realtà provinciale e delle autonomie locali ed in senso discendente di dare attuazione agli indirizzi e direttive provenienti dalle stesse Istituzioni centrali, nel quadro della leale collaborazione tra Stato e sistema costituzionale delle autonomie. Ma anche compiti di coordinamento a livello provinciale tra i vari uffici periferici dello Stato e degli altri soggetti pubblici, segnatamente nell’ambito dei consessi della Conferenza regionale/provinciale permanente e del Consiglio Territoriale dell’immigrazione.
[36]Per una organica descrizione del processo di riforma e delle competenze prefettizie cfr. G. GIROLAMI, C. SILVESTRO, “Le Prefetture. Uffici territoriali del Governo” in “Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’interno” a cura di M. T. SEMPREVIVA, capitolo II,13-28, Roma, 2023.
[37] Cfr. Accademia Nazionale dei Lincei, La fase due dell’epidemia, in “https://www.lincei.it/commissione-covid”, 1 maggio 2020.
“La fase 2 dell’epidemia: che cosa è, come prepararsi. Documento della Commissione Covid. Definizione della Fase 2-La fase 2 consiste in una progressiva riduzione delle misure di contenimento della fase 1 (la fase epidemica), che nel nostro paese sono consistite in particolare nelle fondamentali misure nazionali di lockdown (ovvero chiusura totale). Il passaggio dalla fase epidemica alla fase 2 implica che le istituzioni siano in grado di diagnosticare, trattare e isolare i casi di COVID-19 e i loro contatti (1-3). Scuole e attività imprenditoriali possono riaprire solo a condizioni precise e buona parte della vita normale può riprendere con cautela. Tuttavia, devono essere rispettate norme di distanziamento fisico, evitate manifestazioni collettive e va prestata tutela concreta ai soggetti vulnerabili. L’igiene pubblica deve essere radicalmente migliorata e bisogna prevedere modalità di protezione individuale (per esempio mascherine) e pulizia sistematica e routinaria degli spazi pubblici. Le misure di contenimento riguardano anche: le limitazioni individuali e collettive alla mobilità (locale, di media e di lunga distanza); la fornitura e la distribuzione di equipaggiamenti protettivi (dispositivi di protezione individuali, DPI); il tracciamento dei casi infettivi, con massicci piani di identificazione delle infezioni primarie e secondarie; e la messa in opera di diversi livelli di controlli amministrativi e di ingegneria ambientale.2. Requisiti per passare alla fase 2. 2.1 Il quadro di riferimento. Pur non potendo sapere come la pandemia evolverà, secondo l’OMS (2) sono ipotizzabili tre principali esiti: i totale interruzione della trasmissione da persona a persona;ii ondate epidemiche ricorrenti (più o meno estese);iii persistere di un basso livello di trasmissione. Sulla base delle evidenze esistenti, lo scenario più plausibile prevede ondate epidemiche ricorrenti intervallate da periodi di basso tasso di trasmissione del virus. Le misure da prendere in fase due sono finalizzate a ridurre al minimo l’ampiezza delle possibili ondate epidemiche, anche in considerazione del fatto che i soggetti suscettibili sono ancora in grande maggioranza nella popolazione italiana. Questa commissione raccomanda diverse azioni nella fase 2, raccomandazioni che sono in sintonia con quelle dell’OMS e di altre fonti (3), e ora anche incluse in parte nel Decreto del Presidente del Consiglio del 30 Aprile.
2.2. Valutazione dei rischi.
La valutazione dei rischi deve affrontare le seguenti questioni:
- In caso di modifiche alle misure sociali e di salute pubblica in atto, che impatto si avrebbe in termini di rischio di nuovi contagi?
- Il sistema di sanità pubblica è in grado di identificare, isolare e prendere in carico i contagiati ed i loro contatti in quarantena?
3. Il sistema di sanità pubblica è in grado di individuare velocemente eventuali nuove ondate di casi?
4. Il sistema sanitario è in grado di assorbire un carico extra di pazienti e di fornire assistenza medica in caso di insorgenza di nuovi casi?
La diffusione può essere tenuta sotto controllo attraverso due approcci complementari: (i) interrompendo la catena di trasmissione individuando, testando, isolando e trattando i casi e mettendo in quarantena i contatti, e (ii) monitorando le zone di circolazione della malattia attraverso la sorveglianza delle patologie respiratorie e delle malattie simil-influenzali, in abbinamento alle indagini sierologiche (vedere oltre).
Secondo l’OMS (2) i cambiamenti nelle misure di contenimento non vanno effettuati tutti simultaneamente, bensì vanno valutati a livello territoriale (regionale, provinciale o locale), partendo dalle zone a più bassa incidenza. Su questo aspetto può non esserci consenso. Sono possibili anche esperimenti di riapertura differenziata per aree geografiche, che devono essere basati sul monitoraggio continuo dell’epidemia e degli indicatori suggeriti dal Governo. Sulla base di modelli, sono state anche proposte restrizioni intermittenti (indicate a volte come stop-and-go) con cadenze scandite dalle caratteristiche delle epidemie locali. Modalità selettive nel rilassamento del lockdown potrebbero essere valutate con il monitoraggio dei focolai e l’impatto sulle strutture assistenziali. Va sottolineata la necessità di studi e di misure da prendere adattati ai territori, non potendosi trattare tutta la popolazione come se fosse ‘ben mescolata’. Le misure individuali di base (ad esempio isolamento e cura dei casi sospetti o accertati, quarantena dei contatti, igiene delle mani e igiene respiratoria) devono essere mantenute ovunque. Per iniziare, e quando fattibile, le misure devono essere allentate con modalità controllate, lente e per gradi, ad esempio su intervalli di due settimane (un ciclo di incubazione) per monitorare eventuali conseguenze negative. Alcuni provvedimenti (ad esempio la chiusura delle attività economiche) possono essere secondo l’OMS revocati a partire dalle aree a più bassa densità di popolazione (per aree rurali, città medio-piccole, piccoli esercenti piuttosto che centri urbani, grandi città, centri commerciali) e solo per una parte dei lavoratori prima di permettere la ripresa del 100% della forza lavoro. La trasmissione del COVID-19 deve essere sotto controllo, a un livello di casi sporadici o piccoli cluster di casi, tutti derivanti da contatti noti o di importazione; i nuovi casi devono essere limitati ad una quantità che il sistema sanitario possa gestire con le proprie capacità. I cittadini devono essere informati ed interpellati regolarmente in merito a quando e come le misure sociali e di salute pubblica saranno implementate o revocate. L’infodemia che si associa a ogni pandemia dovrebbe essere gestita e controllata durante tutte le fasi della risposta emergenziale. Le informazioni dovrebbero spiegare la situazione, le motivazioni degli interventi e il piano di risposta, con delle indicazioni circa le misure messe in atto. La comunità scientifica deve essere informata delle analisi tecniche che hanno portato alle decisioni prese anche allo scopo di poter creare un consenso scientifico intorno alle decisione prese. Queste comunicazioni sono essenziali non solo per ottenere una buona aderenza ed il rispetto delle misure di salute pubblica ma anche per lo sviluppo di misure sociali adattative.
2.3 Il monitoraggio della situazione.
Il monitoraggio della situazione è assolutamente essenziale in questa fase in quanto serve per valutare gli effetti delle misure prese e prendere decisioni in maniera tempestiva.
Varie misure sono essenziali per avere informazioni cruciali il più velocemente possibile.
- Un tempestivo test mediante tamponi di tutte le persone che sviluppano sintomi compatibili con il COVID-19 in una certa data sono affidabili a partire da tre giorni dalla data stessa. Questi dati, rilasciati su base giornaliera o quasi devono essere affidabili per tutte le regioni italiane. • I dati devono essere disponibili con la massima granularità possibile (per esempio per singola ASL) in maniera di poter identificare anche dei piccoli focolai epidemici…..”
[38]– Il D.L.23 febbraio 2020, n. 6, convertito con L. 5 marzo 2020 n. 13, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 su cui ci soffermerà.
– Il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, che all’articolo 122 prevedeva la nomina del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID -19, cui venne data attuazione con i D.p.c.m del 18 marzo 2020 e dell’1 marzo 2021.
– Il D.L. 25 marzo 2020, n. 19 convertito con modificazioni dalla L. 22 maggio 2020, n. 35, recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19” con il quale veniva introdotto un sistema organico di misure (trentuno misure identificate con le lettere dell’alfabeto, oltre il doppio rispetto alle 15 del precedente decreto n. 6/2020), modulabile in sede di applicazione su parti o su tutto il territorio nazionale, secondo l’andamento epidemiologico, per periodi predeterminati, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio.
– Il D.L. 16 maggio 2020, n. 33 recante misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica Covid-19, convertito dalla L.14 luglio 2020, n. 74, che disponeva che a decorrere dal 18 maggio 2020 cessavano di avere effetto tutte le misure limitative della circolazione all’interno del territorio regionale di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, consentendo che le stesse potessero essere adottate o reiterate, ai sensi degli stessi articoli 2 e 3, solo con riferimento a specifiche aree del territorio medesimo interessate da particolare aggravamento della situazione epidemiologica. Il decreto, nella sua stesura finale, prevedeva, sulla base del monitoraggio, la collocazione delle regioni in zone individuate secondo colori (bianca-gialla-arancione-rossa) in relazione alla gravità della situazione secondo i parametri dell’incidenza dei contagi e della percentuale di occupazione dei posti letto.
– Il D.L. 19 maggio 2020, n. 34 recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza pandemica, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, provvedimento omnibus di 266 articoli, conteneva, tra l’altro, norme di potenziamento del sistema sanitario e della sanità militare, di supporto e aiuto ai vari settori produttivi, di supporto economico ai lavoratori, di semplificazione dei procedimenti amministrativi, ed in materia fiscale e tributaria.
– Il D.L. 30 luglio 2020, n. 83 recante misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da Covid-19 deliberata il 31.1.2020, convertito con modificazioni dalla L. 25 settembre 2020, n. 124, con il quale venivano prorogati tutti i termini previsti dai precedenti Decreti legge, a seguito della proroga dello stato di emergenza adottata con Delibera del Consiglio dei Ministri del 29 luglio 2020.
– Il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, recante numerose norme a sostegno del mondo produttivo, del reddito delle famiglie ed in materia di salute e sicurezza nello svolgimento delle attività sanitarie, amministrative, giurisdizionali, sanitarie, della didattica ed altro.
– Il D.L. 30 novembre 2020, n. 157 recante ulteriori misure urgenti connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, che, a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 con il quale venivano disposte restrizioni all’esercizio di talune attività economiche al fine di contenere la diffusione del virus COVID-19, e di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 e dalle relative ordinanze del Ministro della salute adottate in data 4, 10,13 e 20 novembre 2020, introduceva numerose disposizioni fiscali e tributarie volte a sostenere i settori colpiti dalle restrizioni;
– Il D.L. 2 dicembre 2020, n. 158 recante disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus Covid-19, con il quale, in vista delle festività natalizie venivano dettate rigide misure di divieto di spostamento in entrata e uscita tra territori di diverse regioni dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, e nelle giornate del 25 e 26 dicembre 2020 e dell’1 gennaio 2021 ogni spostamento tra comuni, salve le eccezioni previste. Inoltre con il decreto veniva elevato da trenta a cinquanta giorni il termine previsto dalla articolo 1, comma 1 del D.L. 25 marzo 2020 n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 maggio 2020, n.35, concernente il periodo di applicazione di una o più delle misure previste al comma 2 dello stesso articolo, reiterabile e modificabile “anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e con possibilità di modularne l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus”.
– al suddetto decreto legge seguiva a distanza di soli 16 giorni il D.L.18 dicembre 2020 , n. 172, recante ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 gennaio 2021, n. 6 – che abrogava il citato D.L. 158 (facendo salva la validità degli atti e dei provvedimenti adottati e gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti) – corposo provvedimento che nel confermare i contenuti del precedente decreto, segnatamente in merito ai divieti di spostamento tra regioni e tra comuni durante il periodo natalizio, prevedeva numerose altre disposizioni, concernenti, tra l’altro, la ripresa delle attività scolastiche in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado nella misura del 50%, misure in materia di vaccini, contributi a fondo perduto per i servizi di ristorazione. Nonchè la modifica, in senso più restrittivo, degli scenari e dei livelli di rischio rilevati nelle singole regioni di cui all’articolo 1 del D.L. 16.5.2020, n. 33, convertito dalla L.14 luglio 2020, n. 74, con l’inserimento del comma 16-quater, al fine della applicazione delle misure di cui all’art. 1, comma 2, del D.L. 25.3.2020, n. 19 convertito con modificazioni dalla L.22.5.2020, n. 35.
– Il D.L. 24 dicembre 2020, n. 221 recante la proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19.
– Il D.L. 14 gennaio 2021, n. 2 recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e di svolgimento delle elezioni per l’anno 2021 convertito, con modificazioni, dalla L. 12 marzo 2021, n. 29. Di particolare rilievo l’art. 3 – Disciplina dei sistemi informativi funzionali all’implementazione del piano strategico dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2 – che, al fine di agevolare la campagna vaccinale in fase di avvio, disponeva la istituzione di una piattaforma informativa nazionale idonea ad agevolare, sulla base dei fabbisogni rilevati, le attività di distribuzione sul territorio nazionale delle dosi vaccinali, dei dispositivi e degli altri materiali di supporto alla somministrazione, e il relativo tracciamento. Affidandone la attuazione al Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-
– Il D.L. 23 febbraio 2021, n. 15 recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di spostamenti sul territorio nazionale per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, innanzi citato, molto importante perché con l’articolo 1 introduceva il comma 16 septies all’articolo 1 del D.L. 16.5.2020, n. 33, convertito con modificazioni dalla L. 14.7.2020, n. 74, .avente ad oggetto la “Denominazione del territorio nazionale in zone” – bianca, arancione, rossa, gialla, (Decreto n. 15 come, sopra detto, abrogato dalla L. 12.3.2021, n. 29, di conversione del D.L. 14.1.2021, n. 2, che confermava il sistema di ripartizione delle zone del territorio nazionale con i colori.
– Il d.P.C.m. 2 marzo 2021, attuativo del D.L. 23.2.2021, n. 15, che per la prima volta introduceva la distinzione del territorio nazionale in zone contraddistinte da colori.
– Il D.L. 22 marzo 2021, n. 41, recante Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, convertito dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, provvedimento amplissimo che prevedeva numerosi interventi a favore degli operatori economici con contributi a fondo perduto, in materia fiscale, in materia di lavoro e integrazione salariale, in materia di salute e sicurezza, di sostegno alle famiglie, agli Enti territoriali, al trasporto pubblico locale, alla attività didattica, varie proroghe, ed anche misure a sostegno della funzionalità delle forze di polizia e delle forze armate, risorse in favore del Commissario straordinario per l’emergenza e della protezione civile.
– Il D.L. 22 aprile 2021, n. 52, recante misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19, convertito con modificazioni dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, che oltre a numerose misure disciplinanti la graduale ripresa delle attività in zona gialla, quali, tra le altre, le attività di ristorazione e gli spettacoli, prevedeva la ripresa su tutto il territorio nazionale delle attività scolastiche in presenza (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) e di almeno il 50% della popolazione studentesca nelle scuole secondarie di secondo grado, ed introduceva all’art. 9 il sistema delle Certificazioni verdi COVID-19;
– Il D.L. 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute ed i servizi territoriali, convertito con modificazioni dalla L. 23 luglio 2021, n. 106.
– Il D.L. 23 luglio 2021, n. 105, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza da Covid-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche, convertito con modificazioni dalla L. 16 settembre 2021, n. 126, che disponeva all’articolo 1 la proroga dello stato di emergenza al 31 dicembre 2021 ed all’articolo 2 modifiche all’articolo 1 del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, concernenti i parametri sanitari per la delimitazione delle zone contraddistinte dai colori, e all’articolo 3, a modifica del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, recante le modalità di utilizzazione delle certificazioni verdi in zona bianca.
– Il D.l. 6 agosto 2021 recante disposizioni urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, sociali ed in materia di trasporto, convertito con modificazioni dalla L. 24 settembre 2021, n. 133.
– Il D.l. 21 settembre 2021, n. 127, recante disposizioni urgenti recante misure urgenti per lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante estensione della certificazione verde, convertito con modificazioni dalla L. 19 novembre 2021, n. 165.
– Il D.l. 8.10.2021, n. 139, recante misure urgenti per l’accesso alle attività culturali, sportive e ricreative, convertito con modificazioni dalla L. 3.12.2021 n. 165.
– Il D.l. 26 novembre 2021, n. 172, recante misure urgenti per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali, convertito con modificazioni dalla L. 21 gennaio 2022, n. 3. cui seguiva il D.p.c.m. attuativo del 17 dicembre 2021.
– Il D.l. 24 dicembre 2021, n. 221, che prorogava per l’ultima volta lo stato di emergenza al 31 marzo 2022, e che recava ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19, convertito dalla legge 18.2.2022, n. 11.
– Il D.l. 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza Covid-19 in particolare nei luoghi di lavoro, scuole ed istituti superiori, convertito con modificazioni dalla L. 4 marzo 2022 n. 18 (legge di conversione che abrogava il D.l. 4 febbraio 2022, n. 5, recependone i contenuti riguardanti lo svolgimento in sicurezza delle attività nell’ambito dei sistemi educativi, scolastici e formativi), cui seguiva il D.p.c.m. attuativo del 21 gennaio 2022.
– Il D.l. 27 gennaio 2022, n. 4, recante misure urgenti di sostegno per le imprese e operatori economici, del lavoro, salute e servizi territoriali, convertito con modificazioni dalla L. 28 marzo 2022, n. 25.
– Il D.l. 24 marzo 2022, n. 24, recante misure urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza, convertito con modificazioni dalla L. 19 maggio 2022, n. 52, cui seguiva il D.p.c.m. del 29 marzo 2022, concernente la nomina del dirigente dell’Unità di completamento della campagna vaccinale e l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia.
[39]Cfr. nota 38.
[40]Art. 2 Comma 1. “Le misure di cui all’articolo 1 sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale. I decreti di cui al presente comma possono essere altresì adottati su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale, sentiti il Ministro della salute, il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia”.
[41]Art. 2 Comma 1 ultimo periodo. “Il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato illustra preventivamente alle Camere il contenuto dei provvedimenti da adottare ai sensi del presente comma, al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati; ove ciò non sia possibile, per ragioni di urgenza connesse alla natura delle misure da adottare, riferisce alle Camere ai sensi del comma 5, secondo periodo.
– Comma 5. I provvedimenti emanati in attuazione del presente articolo sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e comunicati alle Camere entro il giorno successivo alla loro pubblicazione. Il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato riferisce ogni quindici giorni alle Camere sulle misure adottate ai sensi del presente decreto”.
[42] Art. 2 Comma 4. “Per gli atti adottati ai sensi del presente decreto i termini per il controllo preventivo della Corte dei conti, sono dimezzati. In ogni caso i provvedimenti adottati in attuazione del presente decreto, durante lo svolgimento della fase del controllo preventivo della Corte dei conti, sono provvisoriamente efficaci, esecutori ed esecutivi, a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
[43]Art. 2 Comma 2. “Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 e con efficacia limitata fino a tale momento, in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute le misure di cui all’articolo 1 possono essere adottate dal Ministro della salute ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833”.
[44]Art. 3 “Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle attualmente vigenti, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale”.
[45]Art. 2 Comma 3. “Sono fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ovvero ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 (pubblicati rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale n. 59 dell’8 marzo 2020, n. 62 del 9 marzo 2020, n. 64 dell’11 marzo 2020 e n. 76 del 22 marzo 2020, come)) ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le altre misure ((…)) ancora vigenti alla stessa data continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni”.
[46] Le Aree distinte per colori. Il comma 16-septies dell’art. 1introdotto con il D.L. 23.2 2021, n. 15, individua le aree di classificazione delle regioni, denominate: a) “Zona bianca”: le regioni nei cui territori alternativamente: 1) l’incidenza settimanale dei contagi è inferiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti per tre settimane consecutive; 2) l’incidenza settimanale dei contagi è pari o superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti e si verifica una delle due seguenti condizioni: 2.1) il tasso di occupazione dei posti letto in area medica per pazienti affetti da COVID-19 è uguale o inferiore al 15 per cento; 2.2) il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva per pazienti affetti da COVID-19 è uguale o inferiore al 10 per cento di quelli comunicati alla Cabina di regia di cui al decreto del Ministro della salute 30 aprile 2020, entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La comunicazione può essere aggiornata con cadenza mensile sulla base di posti letto aggiuntivi, che non incidano su quelli già esistenti e destinati ad altre attività; b) “Zona gialla”: le regioni nei cui territori alternativamente: 1) l’incidenza settimanale dei contagi è pari o superiore a 50 e inferiore a 150 casi ogni 100.000 abitanti, salvo che ricorrano le condizioni indicate nella lettera a); 2) l’incidenza settimanale dei casi è pari o superiore a 150 casi ogni 100.000 abitanti e si verifica una delle due seguenti condizioni, salvo che ricorrano le condizioni indicate nella lettera a): 2.1) il tasso di occupazione dei posti letto in area medica per pazienti affetti da COVID-19 è uguale o inferiore al 30 per cento; 2.2) il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva per pazienti affetti da COVID-19 è uguale o inferiore al 20 per cento di quelli comunicati alla predetta Cabina di regia entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La comunicazione può essere aggiornata con cadenza mensile sulla base di posti letto aggiuntivi, che non incidano su quelli già esistenti e destinati ad altre attività; c) “Zona arancione”: le regioni nei cui territori l’incidenza settimanale dei contagi è pari o superiore a 150 casi ogni 100.000 abitanti, salvo che ricorrano le condizioni indicate nelle lettere a), b) e d); d) “Zona rossa”: le regioni nei cui territori l’incidenza settimanale dei contagi è pari o superiore a 150 casi ogni 100.000 abitanti e si verificano entrambe le seguenti condizioni: 1) il tasso di occupazione dei posti letto in area medica per pazienti affetti da COVID-19 è superiore al 40 per cento; 2) il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva per pazienti affetti da COVID-19 è superiore al 30 per cento di quelli comunicati alla predetta Cabina di regia entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La comunicazione può essere aggiornata con cadenza mensile sulla base di posti letto aggiuntivi, che non incidano su quelli già esistenti e destinati ad altre attività”.
[47] “Art. 1 c.16-ter. “L’accertamento della permanenza per quattordici giorni in uno scenario inferiore a quello che ha determinato le misure restrittive, effettuato ai sensi del comma 16-bis, come verificato dalla cabina di regia, comporta l’applicazione, per un ulteriore periodo di quattordici giorni, delle misure relative allo scenario immediatamente inferiore, salvo che la cabina di regia ritenga congruo un periodo inferiore. Sono fatti salvi gli atti già adottati conformemente ai principi definiti dal presente comma”.
[48] Dettava all’art. 1 le misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale; all’art. 2. Misure di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali; all’art. 3 Misure di informazione e prevenzione sull’intero territorio nazionale, all’art. 4 le limitazioni per gli spostamenti da e per l’estero. Negli articoli successivi riportava misure in materia di trasporti, trasporti pubblici di linea, navi da crociera; all’art. 11. la norma di chiusura con cui veniva affidata al prefetto la responsabilità di assicurare l’esecuzione e monitoraggio delle misure. Come detto al decreto erano annessi 20 allegati (implementati nei successivi decreti). I primi 7 allegati erano relativi ai Protocolli contenenti le misure di contenimento concordati con la CEI e le varie confessioni religiose nel rispetto del diritto alla libertà di culto, al fine di contemperare l’esercizio della stessa con l’esigenza di contenere l’epidemia in atto; l’allegato 8 riportante le “Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini e adolescenti nella fase 2 dell’emergenza COVID-19; l’importante e dettagliato allegato 9 riportante le Linee guida per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative definite nell’ambito della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome dell’ 11.6.2020 (e nei successivi d.P.C.M. definite dalla Conferenza dell’8 ottobre 2020); l’allegato 10 Criteri per Protocolli di settore elaborati dal Comitato tecnico-scientifico in data 15 maggio 2020; l’allegato 11 Misure per gli esercizi commerciali; l’allegato 12 Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali; l’allegato 13 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri; l’allegato 14 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica, e settore aereo; l’allegato 15 Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid-19 in materia di trasporto pubblico con specifiche relative alle singole tipologie di trasporto; l’allegato 16 Linee guida per il trasporto scolastico dedicato; l’allegato 17 Misure per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 a bordo delle navi da crociera; l’allegato 18 Linee guida concernenti la completa ripresa delle ordinarie attività nelle istituzioni della formazione superiore per l’anno scolastico 2020/2021; l’allegato 19 misure igienico-sanitarie; l’allegato 20 concernente gli spostamenti da e per l’estero.
[49]Secondo quanto stabilito dal documento di «Prevenzione e risposta a COVID-19; evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno invernale», condiviso dalla Conferenza delle regioni e Province autonome di Trento e Bolzano l’8 ottobre 2020 (allegato 25), secondo le valutazioni effettuate con ordinanza del Ministro della salute, adottata sentiti i Presidenti delle Regioni interessate, sulla base del monitoraggio dei dati epidemiologici nonché sulla base dei dati elaborati dalla cabina di regia di cui al decreto del Ministro della salute 30 aprile 2020, sentito il Comitato tecnico scientifico.
[50]Allegato n. 25 al d.P.C.m 3 11 2020,“Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale 2020-2021”- Roma: Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità; 2020.”…. Capitolo 2 Fasi della pandemia da COVID-19 in Italia (dicembre 2019 -settembre 2020– Capitolo 2.3. Fase pandemica. L’11 marzo 2020, mentre l’Italia affrontava la fase acuta dell’epidemia da SARS-CoV-2 dichiarando un lockdown nazionale (24), l’OMS dichiarava COVID-19 una pandemia dando inizio alla fase pandemica (25).L’epidemia nazionale da COVID-19 in Italia può essere suddivisa a sua volta nelle seguenti fasi: • Fase acuta: dal 20 febbraio al 20 marzo 2020 (picco) con aumento rapido nel numero di casi, in particolare in popolazioni di età avanzata con co-morbidità. Il numero di casi ha rapidamente sovrastato le capacità territoriali di contact tracing e isolamento/quarantena nell’epicentro dell’epidemia. Si è riscontrata una elevata mortalità e un rapido sovraccarico dei servizi assistenziali (in particolare ospedalieri) nelle Regioni maggiormente colpite. Dal 23 febbraio, con l’introduzione delle prime misure di distanziamento fisico, e dal 4 marzo con le prime misure di chiusura su scala nazionale, in Italia è iniziata, infatti, la fase 1 della risposta all’epidemia (rallentare la diffusione con misure di contenimento), culminata l’11 marzo 2020 con un lockdown nazionale, ovvero con la realizzazione di misure volte a ridurre drasticamente il rischio di assembramento e contatto interpersonale, quali la chiusura di esercizi commerciali, il divieto di eventi e manifestazioni, la limitazione della mobilità individuale, la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, l’istituzione su vasta scala di lavoro agile dal proprio domicilio. Questa fase si è caratterizzata pertanto per una rimodulazione delle attività di mitigazione e controllo verso misure più stringenti (escalation) con adozione di misure straordinarie sull’intero territorio nazionale. Lo scopo della fase 1 è stato quello di rallentare la diffusione del virus. L’analisi giornaliera dei dati provenienti dal sistema di sorveglianza integrato COVID-19, coordinato dall’ISS (26) e dei dati aggregati raccolti dal Ministero della Salute e dalla Protezione Civile (27), ha permesso di sorvegliare l’andamento dell’epidemia a livello nazionale (vedi Figura 3) e sub-nazionale. Sono state inoltre adottate misure straordinarie volte al rapido potenziamento dei servizi assistenziali, per rispondere all’emergenza con assunzione di personale sanitario, approvvigionamento di strumentazioni, e materiali di consumo e realizzazione di misure volte a contenere gli effetti del disagio economico e sociale connessi al lockdown nazionale. In termini di efficacia epidemiologica, il lockdown nazionale ha avuto successo nel realizzare un rallentamento importante della diffusione, documentato dai sistemi di sorveglianza nazionali. La trasmissibilità di SARS-CoV-2 prima dell’11 marzo (lockdown nazionale) è stata stimata a circa R0=3 in tutte le regioni con trasmissione sostenuta, con qualche variazione locale dovuta ad interventi localizzati e mirati. Questa è da intendersi come la trasmissibilità di SARS-CoV-2 in assenza di interventi (R0: numero di riproduzione di base). Dalla data del lockdown al 25 marzo la trasmissibilità è calata in tutte le regioni a valori compresi tra Rt=0,5 e Rt=0,7. In questo caso la trasmissibilità è stata calcolata nel tempo in presenza di interventi (Rt: numero di riproduzione netto). • Fase post-acuta: dal 21 marzo al 4 maggio 2020, nel contesto del lockdown nazionale in cui le misure di controllo e mitigazione straordinarie sono state mantenute, il sistema di sorveglianza integrato COVID-19 coordinato dall’ISS ha iniziato a registrare dapprima una stabilizzazione e in seguito una diminuzione dei nuovi casi di COVID-19 diagnosticati, con il graduale ripristino delle funzioni dei servizi sanitari territoriali e assistenziali. In questa fase, sono state realizzate misure di potenziamento a livello nazionale dei servizi sanitari e un ulteriore ampliamento delle reti assistenziali, con approvvigionamento straordinario di strumentazione e materiali di consumo. Ai sensi dell’Allegato 10 “Principi per il monitoraggio del rischio sanitario” (28) al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 26 aprile 2020 (Gazzetta Ufficiale n.108 del 27 aprile 2020) e del Decreto del Ministro della Salute (DM Salute) del 30 aprile 2020 (29), nel mese di maggio 2020 è stato avviato un sistema di monitoraggio settimanale sviluppato e realizzato dall’ISS e coordinato dal Ministero della Salute che permette di fornire settimanalmente ad ogni Regione/PA una classificazione quantitativa del rischio epidemico e della resilienza dei servizi territoriali/assistenziali, allo scopo di introdurre tempestivamente gli interventi correttivi necessari. In termini di trasmissibilità, dal 25 marzo fino ad approssimativamente fine maggio (fine del lockdown nazionale) l’Rt è rimasto quasi costantemente nel range compreso tra Rt=0,5 e Rt=0,7 in tutte le Regioni/PA. In questa fase, la necessità di adottare misure graduali per la ripresa delle attività lavorative, compatibilmente con la curva epidemiologica e nell’ottica della tutela della salute e della sicurezza di tutti i lavoratori, si è concretizzata nello sviluppo, da parte di INAIL, di un approccio metodologico di stima del rischio occupazionale per settore di attività economica. Tale modello, che ha portato alla creazione di 4 classi di rischio (basso, medio-basso, medio-alto, alto), si è basato su tre parametri: esposizione, prossimità e aggregazione, ed è stato adottato dal CTS per la programmazione delle riaperture (30). La necessità di adottare misure graduali per la ripresa ha anche riguardato la riorganizzazione del sistema di trasporto pubblico terrestre (31). • Fase di transizione epidemica: dal 4 maggio 2020 fino alla data di pubblicazione di questo documento (3 novembre 2020), sebbene globalmente sia ancora attiva la fase pandemica, l’Italia è entrata nella fase 2 della risposta all’epidemia (transizione con rimodulazione in senso meno stringente delle misure di contenimento – de-escalation). Questo ha comportato la riapertura progressiva (4 e 18 maggio e 3 giugno 2020) delle attività lavorative, commerciali e ludiche e il graduale ripristino della mobilità intra-regionale, inter-regionale internazionale, nonchè una riapertura delle scuole limitata alle secondarie di II grado per consentire l’effettuazione degli esami di stato in presenza. Il CTS in questa fase ha erogato, in base al modello sviluppato da INAIL nella fase precedente, indicazioni puntuali per lo svolgimento di attività sportive e ricreative. In questa fase sono state rafforzate le attività di controllo dell’infezione in ambito territoriale, ad esempio aumentando gli accertamenti diagnostici anche su casi con sintomatologia lieve e potenziando il contact tracing. E’ stato messo a regime il sistema di monitoraggio settimanale che permette una classificazione del rischio e della resilienza dei servizi territoriali di ciascuna Regione/PA. E’ stata inoltre realizzata nel periodo 25 maggio 15 luglio 2020 una indagine di siero-prevalenza nazionale che ha evidenziato come in quel periodo in media 2,5% degli italiani era entrato in contatto con il virus (32). Questa fase si è caratterizzata in Italia e in altri paesi europei, per una iniziale diminuzione seguita da una sostanziale stabilità dei casi in condizioni di bassa incidenza (in Italia fino alla fine di luglio 2020) e poi da un lento e graduale aumento nel numero dei casi che, tuttavia, presentavano caratteristiche di una transizione epidemica rispetto alle fasi precedenti con assenza di segnali di sovraccarico dei servizi sanitari (in particolare assistenziali). Questo era in parte dovuto ad un interessamento di popolazioni di età più giovane in contesti di trasmissione associati anche a viaggi e attività ricreative. In Italia, a partire dal mese di giugno 2020 si è notato un leggero ma costante incremento di Rt che ha superato la soglia di 1 nel suo valore medio intorno al 16 agosto 2020 con successive oscillazioni settimanali attorno al valore medio di 1 e evidente variabilità inter-regionale dovuta alla presenza di focolai anche di dimensioni importanti. Durante la fase di transizione epidemica, le attività si sono localizzate sulla preparedness in previsione della stagione autunno-invernale 2020. Durante questa fase il sistema di monitoraggio settimanale è stato operativo in modo continuativo, sono state emesse e adottate linee guida e documenti (33) per la riapertura delle scuole (realizzata dal 14 settembre 2020) e per supportare la preparedness dei servizi sanitari ad un eventuale aumento nel numero di casi e delle ospedalizzazioni per COVID-19 in Italia (34). In linea con le evidenze in ambito internazionale (35), in Italia è stata data una estrema importanza alla preparazione verso la riapertura degli istituti scolastici e, in seguito, al monitoraggio dell’impatto di questa riapertura sull’andamento epidemico..”.
[51]L’Art. 9 – Certificazioni verdi COVID-19 – riporta al comma 1 una legenda con le definizioni dei termini chiave: certificazioni verdi COVID-19, vaccinazione, test molecolare:, test antigenico rapido, piattaforma nazionale digital green certificate; al comma secondo l’indicazione delle finalità attestative della certificazione; ai commi 3,4,5 l’indicazione del periodo di validità della certificazione in relazione alle tre tipologie di attestazione (completamento ciclo vaccinale, guarigione, test molecolare e antigenico); i commi successivi fino al comma 11 trattano di vari ulteriori aspetti relativi alle certificazioni, tra i quali anche quello del riconoscimento delle certificazioni verdi COVID-19 rilasciate in conformità al diritto vigente negli Stati membri dell’U.E. come equivalenti a quelle disciplinate dall’articolo, solo conformi ai criteri definiti con circolare del Min. della salute.
[52]Dal sito del Ministero della Salute-Covid 19: “la campagna è partita il 27 dicembre in forma dimostrativa in Italia ed Europa con il vaccine day e in modo effettivo il 31 dicembre 2020, dopo l’approvazione da parte dell’EMA (European Medicines Agency) del primo vaccino anti COVID-19. Dopo una fase iniziale, che dovrà essere limitata, per il numero di dosi consegnate, essa si svilupperà in continuo crescendo secondo il Piano strategico approvato dal Parlamento il 2 dicembre 2020. I vaccini saranno offerti gratuitamente a tutta la popolazione, secondo un ordine di priorità, che tiene conto del rischio di malattia, dei tipi di vaccino e della loro disponibilità”.
“Il Piano strategico nazionale è stato elaborato dal Ministero della Salute, insieme al Commissario Straordinario per l’Emergenza, all’Istituto Superiore di Sanità, all’Agenas e all’Aifa ed è stato adottato con Decreto del 12 marzo 2021. Il 13 marzo 2021 è stato diffuso il Piano vaccinale del Commissario straordinario per l’esecuzione della campagna vaccinale nazionale, elaborato in armonia con il Piano strategico nazionale del Ministero della Salute”.
[53]Art. 4 Sanzioni e controlli-Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, commi 1 e 2, ovvero dell’articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 1.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità, di cui all’articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo la sanzione prevista dal primo periodo è aumentata fino a un terzo. 1.Nei casi di cui all’articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v), z) e aa), si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. 2. Si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili. Per il pagamento in misura ridotta si applica l’articolo 202, commi 1, 2 e 2.1, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, sono irrogate dal Prefetto. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 3 sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte. Ai relativi procedimenti si applica l’articolo 103 del decreto-legge marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. 3. All’atto dell’accertamento delle violazioni di cui al comma 2, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’organo accertatore può disporre la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni. Il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione. 4. In caso di reiterata violazione della disposizione di cui al comma 1, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima. 5.Salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque più grave reato, la violazione della misura di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), è punita ai sensi dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7. 6 Al primo comma dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, le parole «con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a lire 800.000» sono sostituite dalle seguenti: «con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000». 8.Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507. 9. Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia, del personale dei corpi di polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. Al personale delle Forze armate impiegato, previo provvedimento del Prefetto competente, per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 è attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza. Il prefetto assicura l’esecuzione delle misure di contenimento nei luoghi di lavoro avvalendosi anche del personale ispettivo dell’azienda sanitaria locale competente per territorio e dell’Ispettorato nazionale del lavoro limitatamente alle sue competenze in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nessun tag inserito.