tratto da phastidio.net

Quando la burocrazia opacizza la trasparenza

Pubblicato il 15 gennaio 2017 – di Luigi Oliveri

 

Egregio Titolare,

Le chiedo, questa volta, un breve spazio di pixel. Non certo per il link qui accluso, bensì per le poche parole a commento. Si tratta dell’elenco degli adempimenti richiesti dalla normativa anticorruzione ai fini della trasparenza. Una lista di ben 228 tipologie di caricamenti, che vari soggetti responsabili, a vario titolo e con diversa periodicità, sono chiamati a completare.

Una quantità immensa di dati, che induce la PA ad impiegare il proprio tempo in adempimenti formali: ore di lavoro utilizzate per caricare dati su dati, nella paura (meglio dire certezza) che data la quantità abnorme di caricamenti da effettuare, qualcuno sfugga e possano attivarsi le sanzioni non da poco previste dalla normativa anticorruzione.

Nel frattempo, le cronache di ogni giorno riferiscono che nella pubblica amministrazione la corruzione è tutt’altro che debellata né, meno che mai, la trasparenza risulta acquisita pienamente, come molte volte ha ben illustrato negli spazi che Lei, Titolare, le ha lasciato, Vitalba Azzollini.

Allora, la domanda che si pone è la seguente: vale la pena combattere la corruzione e perseguire la trasparenza inseguendo i mulini a vento, cioè inondando di adempimenti formali le PA, costrette anche a produrre ed aggiornare annualmente piani “anticorruzione” (che non legge nessuno), con obblighi di inutili – perché sempre deserte – azioni di coinvolgimento degli stakeholders ed improbabili “analisi di contesto esterno ed interno”? Oppure, non sarebbe più opportuno sfrondare la burocrazia e permettere ai responsabili della prevenzione della corruzione di utilizzare strumenti meno burocraticamente sofisticati ma più pratici, come, ad esempio, agenti provocatori e corsie preferenziali per richieste di indagini alle forze di polizia?

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