“… provo ad articolare qualche riflessione. Il “sistema Anticorruzione-Trasparenza”, così come disciplinato dalla normativa e come gestito dall’ANAC, non va! Numerosi ed insensati adempimenti, pubblicazione massiva ed orgiastrica di dati e documenti, elaborazione di Piani che nessuno mai leggerà (tranne l’ANAC, forse!) e pochi applicheranno! Tutti siamo tormentati ed angustiati da questa deriva illogica ed improduttiva di reali effetti benefici. Solo inutili adempimenti, che non fermeranno, di certo, il proliferare di fenomeni corruttivi. Invero, qualche piccola “cosa”, ingenerata dal diabolico ed autoreferenziale sistema, potrebbe salvarsi. Un “qualcosa”, che forse non viene colto con immediatezza e neppure viene sviluppato con interesse dall’ANAC. Cosa? Un ritorno alle regole! Quali regole? Le regole madri e poco applicate della legge n. 241/1990!
Chiarisco.
Nell’ultimo PNA, quello del 2016, finalmente l’ANAC si occupa di un settore, che noi Segretari ben conosciamo e trattiamo con estrema delicatezza: il governo del territorio. Un settore dominato, ancor più degli altri, da un elevato livello di discrezionalità, prima amministrativa e, poi, anche tecnica, dove il ruolo di primari protagonisti viene assunto non dai funzionari e dai dirigenti, bensì dalla classe politica che approva i Piani urbanistici (generali ed attuativi), frutto non di scelte trasparenti e motivate, ma di stravaganti e non comprensibili incontri ed audizioni, del tutto informali e consumati in un clima di forte opacità! Finalmente (sembra!) l’ANAC si accorge di tutto questo (il governo del territorio non è ricompreso neppure nelle materie a rischio! Sic!) e, in sede di PNA 2016, scopre in un certo senso l’acqua calda (ma va bene anche così!) ed afferma che si è in presenza di un’area ad alto rischio di corruzione a causa di: – Estrema complessità ed ampiezza della materia, che si riflette nella disorganicità, scarsa chiarezza e stratificazione della normativa di riferimento; – Varietà e molteplicità degli interessi pubblici e privati da ponderare, che comportano che gli atti presentino un elevato grado di discrezionalità; Difficoltà nell’applicazione del principio di distinzione fra politica e amministrazione nelle decisioni, le più rilevanti delle quali di sicura valenza politica; – Ampiezza delle rendite immobiliari in gioco. Tutte cose corrette. Ed anche corretti sono taluni rimedi indicati. L’ANAC, dopo aver preso atto che, nella fase dell’approvazione, il principale rischio è che il piano adottato sia modificato con l’accoglimento di osservazioni che risultino in contrasto con gli interessi generali di tutela e razionale assetto del territorio cui è informato il piano stesso, indica un ovvio, ma importante rimedio: predeterminazione e pubblicizzazione dei criteri generali che saranno utilizzati in fase istruttoria per la valutazione delle osservazioni; – motivazione puntuale delle decisioni di accoglimento delle osservazioni che modificano il piano adottato, con particolare riferimento agli impatti sul contesto ambientale, paesaggistico e culturale. Ma, predeterminazione e pubblicizzazione dei criteri, motivazione puntuali delle delicate decisioni cos’altro sono se non l’applicazione seria e puntuale della legge n. 241/1990. Una legge chiara, fondamentale ed ancora (incredibilmente!) poco applicata: – obbligo di conclusione del procedimento; – obbligo di motivazione; – obbligo di procedimentalizzare l’intera attività amministrativa, con l’avvio del procedimento e l’attenta individuazione dei soggetti “interessati” dal medesimo; – obbligo di regolamentare l’erogazione di vantaggi economici (esiste dal 1990!); – la conferenza di servizi e l’autocertificazione; – l’autotutela; – il diritto di accesso (basta ed avanza quello della legge n. 241/1990!), etc.. Tutto questo, se ben applicato, basta ed avanza! Altro che Piano Anticorruzione e Trasparenza!! Da un punto di vista formale, basta la legge n. 241/1990 (certo, se ben applicata). Ecco la suggestione: l’insensata proliferazione di adempimenti e piani nulla aggiunge di positivo (ripeto: da un punto di vista formale) a ciò che è già scritto nella legge n. 241/1990, la quale, se ben applicata, potrebbe assorbire (con pochi e chiari principi e regole di azione) oltre la metà dell’intero sistema “anticorruzione-trasparenza”!! Ed, infatti, già da tempo l’ANAC ha avanzato un concetto del tutto sconosciuto di corruzione, che potrebbe essere definito, certo in modo contraddittorio, “corruzione amministrativa”. Ecco, cosa afferma l’ANAC: “I fenomeni corruttivi non riguardano il solo compimento di reati, ma toccano l’adozione di comportamenti e atti contrari, più in generale, al principio di imparzialità cui sono tenuti tutte le p.a. e i soggetti che svolgono attività di pubblico interesse. ….. Occorre, cioè, avere riguardo ad atti e comportamenti che, anche se non consistenti in specifici reati, contrastano con la necessaria cura dell’interesse pubblico e pregiudicano l’affidamento dei cittadini nell’imparzialità delle amministrazioni e dei soggetti che svolgono attività di pubblico interesse”. (ANAC, determinazione n. 12/2015). Dunque, se è corruzione (in senso lato) ogni atto e comportamento contrastante con il principio costituzionale di imparzialità, allora, potrebbe bastare la legge n. 241/1990?! Potremmo pensare ad un manifesto comune, diretto ad una migliore e più esaustiva applicazione della legge n. 241/1990 in luogo dell’attuale orgia sistemica di adempimenti? Certo, resta, poi, il merito della questione: la voluntas corruttiva e delinquenziale. Come combatterla? Certo, non con l’attuale sistema!!! Implorando la vostra tolleranza per le mie peregrine riflessioni, termino ed invio a tutti un caloroso saluto. Massimiliano
Nessun tag inserito.