In primo luogo, il blocco delle assunzioni che ne ha impedito il ricambio (mille in meno in un decennio). Seguito dall’incertezza sul futuro della professione, messa in discussione dai precedenti Governi (proposta persino l’abolizione). Pesa, inoltre, la lentezza del reclutamento. Per diventare Segretari bisogna superare un corso-concorso, una procedura che può durare anche 5-6 anni.
A quanto pare, l’attuale Esecutivo intende invertire la tendenza, come ha affermato alla Camera Fabiana Dadone, Ministro per la Pa: «È mia ferma intenzione, anche d’intesa con le parti interessate, individuare delle soluzioni che consentano di superare le difficoltà che sono state denunciate. Mi impegno a trovare una rapida soluzione». C’è già qualche segnale che si sta passando dalle parole ai fatti. Entro fine anno si svolgeranno le prove del corso-concorso per l’assunzione di 291 Segretari, il Governo garantisce che è già stato «programmato l’avvio di un’ulteriore selezione di 171 Segretari». Nel frattempo prosegue la discussione sulle misure più idonee da adottare per accelerare i tempi. Si parla, ad esempio, di procedure più snelle e rapide da introdurre nel prossimo corso-concorso, ma anche della revisione delle modalità di convenzione tra i Comuni in materia di segreteria associata. Opzione apprezzata persino dal sindacato che propone di circoscrivere «piccoli ambiti territoriali nei quali un Segretario svolga le funzioni per una pluralità di Comuni». Non mancano, paradossalmente, resistenze da parte dai piccoli enti che, sebbene penalizzati dalle carenze attuali, persistono in un eccessivo attaccamento all’autonomia del proprio campanile negando la cogestione di funzioni condivise.
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