15/06/2017 – Tumulti, sedute a porte chiuse e in diretta streaming

Tumulti, sedute a porte chiuse e in diretta streaming

Pubblicato 14 giugno 2017

 

Diritti dei consiglieri comunali, condotte ostruzionistiche e tumulti in Consiglio comunale: trasparenza e bilanciamento di poteri per una soluzione concreta

La regolarità dei lavori assembleari e, più in generale, dell’attività del consiglio comunale è definita all’interno e nei limiti delle norme regolamentari che affidano, al suo presidente, il compito di garantire il corretto esercizio della funzione, ma soprattutto dei diritti inerenti lo status di consigliere comunale, pena l’inevitabile vulnus alle prerogative dell’eletto.

Il Testo Unico degli Enti locali (ex D.Lgs. n. 267/2000, cd. Tuel), all’articolo 38, commi 2, 3 e 7, prevede espressamente che il funzionamento del consiglio comunale, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, fonte secondaria che delinea su – distinti gruppi di norme – la struttura e le facoltà del plenum, in particolare:

  1. le modalità per la convocazione del consiglio;
  2. la presentazione, discussione delle proposte di deliberazione;
  3. il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute;
  4. le prerogative di autonomia funzionale (alias competenza esclusiva) e organizzativa, con capacità di spesa e proprie dotazioni, in termini di servizi e attrezzature indispensabili per assicurare la funzionalità del plesso deliberativo, comprese le sue articolazioni interne (gruppi e commissioni consiliari);
  5. le sedute del consiglio e delle commissioni (pubbliche, salvi i casi previsti dal regolamento).

Inoltre, l’operatività del consiglio comunale, e di conseguenza dei consiglieri comunali, non viene meno nemmeno a seguito dell’indizione dei comizi elettorali, quando la convocazione avviene per l’adozione di atti che presentano il requisito dell’urgenza (alias necessità) e improrogabilità, che peraltro non costituisce l’unico e generale presupposto per l’esercizio dei poteri in prorogatio, poiché sussiste anche quando gli atti dovuti siano previsti in base a disposizioni costituzionali o legislative statali: nel periodo di transizione l’organo può approvare soltanto atti “essenziali ed indifferibili”, imposti dalla necessaria continuità dell’azione amministrativa.

Si comprende che in presenza di una situazione contingente non rinviabile per l’adozione di un atto, soggetta a un termine perentorio e decadenziale, superato il quale viene meno il potere di pronunciarsi, l’attività consiliare deve proseguire, pena l’alterazione dei principi di buona amministrazione e il potenziale danno agli interessi generali (ex art. 97 Cost.).

In termini diversi, l’operatività del consiglio comunale non può essere disattesa, e i lavori consiliari, espressione massima della rappresentanza popolare, non trovano limitazioni quando sono in gioco interessi superiori o la stessa sopravvivenza dell’organo, come nei casi di impossibilità di assicurare il normale funzionamento (per riduzione del consiglio alla metà dei componenti per impossibilità di surroga) o mancata adozione di atti fondamentali che, se non adottati nei termini di legge (vedi, la mancata approvazione del bilancio), comportano de iure lo scioglimento.

Da queste premesse, emerge chiaramente che l’attività del consiglio comunale deve essere garantita anche sotto il profilo pratico/fattuale delle operazioni (rectius discussioni) dei singoli componenti, che devono essere liberi di esprimersi in aula senza condizionamenti, minacce, aggressioni: fossero solamente per l’intervento verbale del pubblico, esplicantesi con modalità tali da essere da effettivo ostacolo al normale funzionamento dell’organo.

Non pare inutile sottolineare che gli insulti, le urla, i tumulti sono espressioni che compromettono il sereno svolgimento dei lavori, potendo giungere – nel lato estremo – a situazioni di “ordine pubblico”, con la richiesta di intervento esterno delle Forze dell’ordine.

La condotta soggettiva che provoca dapprima, la sospensione e, successivamente, il rinvio dei lavori di un consiglio comunale può essere equiparabile per ratio alla minaccia o violenza in grado di incidere e turbare il regolare andamento, alterandone l’equilibrio volitivo e coartare l’organo pubblico nella sua essenza impersonale, frustrandone la vita, ossia la sua durata con la chiusura anticipata della seduta per l’impossibilità della discussione.

Va detto che può costituire comportamento turbativo:

  1. intervenire nel dibattito consiliare da parte del pubblico (tumulti, proteste, sollevazioni, grida, concitazioni, rumore, disordine);
  2. interrompere genericamente i lavori consiliari;
  3. impedire ad un consigliere comunale di parlare o intervenire nel dibattito in aula;
  4. entrare nello spazio consiliare precluso al pubblico;
  5. ingiuriare, alzare la voce, fischiare, gesticolare volgarmente in aula da parte del pubblico;
  6. usare violenza fisica o percosse verso un consigliere;
  7. essere invitati da parte del presidente dell’assembla a rimanere in silenzio o di allontanarsi;
  8. aver provocato l’intervento della Forza pubblica in aula;
  9. esporre cartelli, striscioni, foto;
  10. creare turbativa generica.

Allora, l’intervento della forza pubblica potrebbe risultare legittimo in caso di interruzione dei lavori da parte del pubblico presente e solo dopo la materiale sospensione della seduta, ovvero durante la seduta in presenza di una condotta ostruzionistica di un consigliere nella lettura di un documento e/o di un intervento critico di opposizione, con lo scopo non celato di impedire il regolare funzionamento del plenum.

Invero, l’allontanamento del pubblico o l’interruzione coatta di un dibattito consiliare, possono costituire motivo di abuso, penalmente rilevante, in presenza di un comportamento cosciente di voler arrecare un danno all’interlocutore, privandolo dell’esercizio di una funzione (quella pubblica, per il consigliere) o di un diritto (quello di manifestare il proprio pensiero, alias di essere informato, per il cittadino).

Tale posizionamento è stato affrontato dal giudice penale, valutando l’elemento soggettivo del reato (caso di specie, l’art. 323 “Abuso d’ufficio” c.p., per aver disposto l’allontanamento di un consigliere) e, nello specifico, dell’ingiusto vantaggio patrimoniale o del danno ingiusto il dolo richiesto è riconducibile a quello “intenzionale”, mentre la violazione delle norme regolamentari sono soggette all’ordinario dolo “generico”, richiedendo la coscienza e volontà, da parte dell’agente, di violare il dettato delle norme dispositive.

In termini diversi, l’allontanamento temporaneo (una ventina di minuti) del consigliere comunale non si configurava nella sua volontà escludente di impedire l’esercizio della funzione; il dolo intenzionale è sempre escluso, si afferma, tutte le volte in cui l’evento tipico è una semplice conseguenza accessoria della condotta, e la condotta assunta invece era proprio quella diretta, non tanto ad impedire il munus pubblico quanto piuttosto e primariamente ad assicurare lo svolgimento perdurante della seduta del consiglio comunale, che aveva all’o.d.g. rilevanti questioni per la vita della comunità degli amministrati.

Le considerazioni che precedono, se conducono a facili soluzioni per i comportamenti dei consiglieri comunali che impediscono il regolare funzionamento dei lavori con norme regolamentari che consentano il temporaneo allontanamento o la sospensione di seduta, in attesa di ricondurre gli animi ai buoni propositi o per sedare momentanei dissidi, la soluzione per il pubblico si presenta di diversa configurazione.

Appare evidente, quindi, che, quando i comportamenti del pubblico giungono a travalicare le ordinarie regole di convivenza, tali da turbare o, alternativamente, interrompere le sedute del consiglio comunale, ovvero ostacolare al normale funzionamento, manifestando disapprovazione con metodi espositivi minacciosi, ingiuriosi o grida (tipologie sopra descritte) e sino a giungere all’occupazione dell’aula in segno di protesta, siamo di fronte a cd. “tumulti” che possono impedire di fatto da una parte, la continuazione dei lavori, dall’altra, la serenità d’animo per poter liberamente esprimere un voto o un pensiero: l’esercizio della funzione.

Per le ragioni sopra esposte, si può validamente sostenere la legittimità di una clausola del regolamento consiliare (fonte normativa di riferimento) finalizzato a impedire comportamenti ad extra continuativi, con l’intento di minare la funzionalità del consiglio comunale così redatta: “qualora nel corso di una seduta pubblica si dovessero verificare situazioni che impediscono il normale svolgimento della seduta e/o la trattazione di argomenti iscritti all’ordine del giorno (tumulti, interventi non autorizzati dal presidente, minacce o altri comportamenti vietati dal regolamento) il presidente, una volta sciolta la seduta, procede immediatamente o in una giornata successiva ad una ulteriore convocazione d’urgenza a porta chiuse senza la presenza del pubblico, garantendo la pubblicità della seduta attraverso opportune misure organizzative, quali la diretta streaming o la video proiezione in altra luogo/sede comunale, informandone i capigruppo. Il Presidente può altresì, prima di dichiarare sciolta la seduta, riconvocare d’urgenza anche entro le 24 ore il Consiglio Comunale per trattare gli argomenti posti all’ordine del giorno”.

Si tratterebbe pur sempre di una “seduta pubblica” e non segreta, prevista da una fonte regolamentare (ex comma 7 dell’art. 38 Tuel), finalizzata da motivazioni giuridiche sostenibili dal fatto materiale di impedire lo scioglimento del consiglio comunale o, semplicemente, il buon andamento della pubblica amministrazione nell’adozione dei provvedimenti, ovvero, dell’azione amministrativa, senza seguire la strada dello “sgombero coatto” e della seduta segreta (senza pubblico).

Una seduta consiliare senza il pubblico e in video conferenza diretta (in modalità simultanea e sincrona) sicuramente non è una seduta segreta, trova la sua fonte in una norma secondaria coerente con la fonte primaria (idonea a valorizzare la pubblicità dei lavori), assicura la partecipazione del pubblico de visu, adempie agli obblighi di libertà e serenità di espressione dei consiglieri comunali, viene verbalizzata nel testo provvedimentale (la deliberazione) da un soggetto terzo (il Segretario comunale) e fa fede privilegiata.

“Estratto, Diritti dei consiglieri comunali, condotte ostruzionistiche e tumulti in Consiglio comunale: trasparenza e bilanciamento di poteri per una soluzione concreta, LexItalia.it, 13 giugno 2017, n. 6)

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto