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Sanatorie edilizie – integrazione pratica

Nella fase istruttoria delle sanatorie edilizie, siano esse con C.I.L.A., S.C.I.A. o P.diC., è corretto chiedere, ad integrazione della pratica, anche l’immediata denuncia dell’aggiornamento catastale, ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1 comma 336, a prescindere dall’esito dell’accoglimento o meno della sanatoria? Quanto detto anche in considerazione di quanto disposto dal successivo comma 337 e dell’avvenuta adozione, da parte dell’Agenzia del Territorio (oggi Agenzia delle Entrate), delle modalità tecniche e operative in ottemperanza al comma 339.
a cura di Maria Grazia Vivarelli
La L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 336 stabilisce che “336. I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al D.M. 19 aprile 1994, n. 701 del Ministro delle finanze. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni”.
L’art. 2Det. 16 febbraio 2005 – Provvedimento emanato ai sensi del comma 339 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311, in materia di classamenti catastali di unità immobiliari di proprietà privata. Linee guida. Emanata dall’Agenzia del territorio- stabilisce che “1. Le unità immobiliari di proprietà privata, non dichiarate in catasto o per le quali sussistono situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali, per intervenute variazioni edilizie, sono individuate dai comuni sulla base della constatazione di idonei elementi, quali, a titolo esemplificativo, quelli rinvenibili nell’archivio edilizio comunale, nell’archivio delle licenze commerciali, ovvero nei verbali di accertamento di violazioni edilizie, nella cartografia tecnica, nelle immagini territoriali o tratti da ogni altra documentazione idonea allo scopo”.
L’art. 2 cit. attribuisce espressamente ai Comuni poteri istruttori e di indagine al fine della verifica del corretto accatastamento degli immobili, individuando una serie di circostanze nell’ambito delle quali i Comuni possono trarre elementi utili a tal fine (nell’archivio edilizio comunale, nell’archivio delle licenze commerciali, ovvero nei verbali di accertamento di violazioni edilizie, nella cartografia tecnica, nelle immagini territoriali o tratti da ogni altra documentazione idonea allo scopo). Poiché l’elenco non è tassativo, sicuramente i Comuni possono acquisire idonei elementi anche in sede di procedura di sanatoria.
Ne deriva che, nella fase istruttoria delle sanatorie edilizie, siano esse con C.I.L.A., S.C.I.A. o P.diC., se ne ricorrono i presupposti, è corretto che il Comune chieda, ad integrazione della pratica, anche l’immediata denuncia dell’aggiornamento catastale, ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311art. 1, comma 336.
Anche la giurisprudenza va nella stessa direzione. A tal proposito il T.A.R. Liguria Genova Sez. I Sent., 9 gennaio 2014, n. 23 ha stabilito che “Da una interpretazione letterale e sistematica delle disposizioni dell’art. 35, commi 14 e 17, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 si ricava come la prova dell’avvenuta presentazione all’ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria ai fini dell’accatastamento costituisca una condizione essenziale per il “rilascio” della concessione edilizia in sanatoria, rispondendo alla fondamentale esigenza di verificare la regolarizzazione dell’immobile anche sotto il profilo fiscale, in vista del pagamento di tutte quelle imposte correlate alla rendita dell’immobile, che viene per l’appunto attribuita all’atto dell’accatastamento”.
Ciò, deve ritenersi, a prescindere dall’esito dell’accoglimento o meno della sanatoria, ma semprechè ne ricorrano i presupposti di legge, cioè sia constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, nei limiti dell’art. 2 Det. cit..
Stabilisce, infatti, l’art. 2, comma 1 della citata Determina che “In tale àmbito possono essere oggetto di trattazione le richieste dei comuni riguardanti le unità immobiliari interessate:
a) da interventi edilizi che abbiano comportato la modifica permanente nella destinazione d’uso, ovvero un incremento stimabile in misura non inferiore al 15% del valore di mercato e della relativa redditività ordinaria derivante, di norma, da interventi edilizi di ristrutturazione edilizia come definiti alla lettera d) dell’art. 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nonché da quelli di manutenzione straordinaria, come definiti alla lettera b) del medesimo articolo del testo unico, in particolare quando gli stessi abbiano comportato una variazione della consistenza ovvero delle caratteristiche tipologiche distributive ed impiantistiche originarie delle unità immobiliari, e da quelli di restauro e risanamento conservativo, come definiti alla lettera c) dell’art. 3 del citato testo unico, qualora in particolare abbiano interessato l’intero edificio;
b) dagli interventi edilizi di nuova costruzione come definiti alla lettera e) dell’art. 3 del citato testo unico in materia edilizia e non dichiarate in catasto;
c) dal rilascio di licenze ad uso commerciale che abbiano comportato modifiche permanenti nella destinazione d’uso, come definita nelle categorie catastali, e che sono iscritte in catasto con categoria non coerente con la destinazione autorizzata;
d) dal passaggio dalla categoria delle esenti dalle imposte sugli immobili a quelle delle unità soggette a imposizione, quali quelle adibite ad abitazioni o ad altre destinazioni già funzionali all’esercizio dell’attività produttiva agricola e censite in catasto come fabbricati rurali, che di fatto hanno perso i requisiti oggettivi o soggettivi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139“. L’elenco ha valore esemplificativo.
Per contro, come espressamente previsto nell’art. 2, comma 2 della cit Determina “2. Non sono oggetto di trattazione, in quanto prive dei requisiti necessari, le richieste dei comuni riguardanti le unità immobiliari già censite e oggetto di interventi edilizi che non abbiano comportato una variazione di destinazione d’uso né un incremento del valore e della relativa redditività ordinaria in misura significativa ai fini della variazione del classamento, quali, di norma:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria come definiti alla lettera a) dell’art. 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380;
b) gli interventi di manutenzione straordinaria come definiti alla lettera b) dell’art. 3 del testo unico in materia edilizia citato, in particolare qualora non abbiano comportato una variazione della consistenza e delle caratteristiche tipologiche distributive ed impiantistiche originarie delle unità immobiliari e gli interventi di restauro e risanamento conservativo, come definiti alla lettera c) dello stesso art. 3 del testo unico citato, qualora in particolare non abbiano interessato l’intero edificio;
c) gli interventi di adeguamento degli impianti tecnologici alle normative tecniche e di sicurezza, di riparazione e rinnovo di impianti esistenti, di consolidamento e conservazione degli elementi edilizi strutturali”.
Anche questo elenco non ha carattere tassativo.

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