Autonomie. Circolare del Viminale sull’obbligo per 6mila enti
Senza gestione associata Comuni da commissariare
(pag. 40)
Prima una diffida, con un termine «ponderato», e poi il commissariamento per le amministrazioni locali che non si adeguano. È la procedura che il ministero dell’Interno chiede di adottare a tutte le Prefetture per rendere effettivi i nuovi obblighi di gestione associata delle funzioni fondamentali nei Comuni fino a 5mila abitanti (3mila negli enti che appartengono a Comunità montane), previsti dal lontano 2010 ma più volte ritoccati ed entrati a regime solo il 1° gennaio scorso.
Con la circolare inviata ai prefetti, il Viminale imprime un salto di qualità ai controlli, finora solo abbozzati a macchia di leopardo sul territorio, sull’obbligo di alleanze fra i circa 6mila Comuni sotto i 3mila o 5mila abitanti per lo svolgimento delle loro attività più importanti. Dal 1° gennaio scorso, infatti, questi enti avrebbero dovuto unirsi fra loro per gestire il bilancio e organizzare i servizi pubblici, per il Catasto e i servizi sociali, per la pianificazione urbanistica e l’edilizia scolastica, per la protezione civile e la polizia locale. Questo pacchetto, da cui restano esclusi solo l’anagrafe e lo stato civile, dovrebbe essere affidato a Unioni che raggruppino almeno tre Comuni e 10mila abitanti (a meno che la Regione indichi un limite diverso, ma quasi nessuno l’ha fatto), oppure a convenzioni di durata almeno triennale, ma fra le amministrazioni locali le resistenze e i problemi applicativi stanno avendo la meglio, al punto che non più tardi di martedì la Consulta piccoli Comuni dell’Anci ha chiesto al Governo di rivedere le norme perché non funzionano.
Se queste sono le premesse, è ovvio che l’attuazione sul territorio sia tutt’altro che lineare, e ora il ministero prova a evitare il rischio più evidente: quello cioè che gli obblighi di gestione associata, introdotti per ridurre la spesa pubblica e aumentarne l’efficienza, passino sotto silenzio, senza controlli puntuali che ne spingano l’applicazione effettiva. Questo rischio non è teorico, perché si è verificato puntualmente nel corso delle prime scadenze fissate dalle leggi sulla riorganizzazione, che chiedevano ai piccoli Comuni di gestire in forma associata almeno tre funzioni fondamentali entro il 1° gennaio 2013 e altre tre entro il 30 giugno scorso. Con la norma a regime, il quadro però cambia.
I controlli sono necessari, ricorda la circolare del Viminale, anche perché gli obblighi di gestione associata servono ad «assicurare il coordinamento della finanza pubblica», formula che viene usata nelle leggi per rafforzare i tagli ed evitare che cadano nella piena autonomia degli enti territoriali (il coordinamento della finanza pubblica è funzione fondamentale dello Stato secondo l’articolo 117 della Costituzione).
Di qui il doppio passaggio indicato dal Viminale, che chiede prima la diffida e poi l’eventuale commissariamento per chi non si adegua. Tutto chiaro, quindi? Non proprio, perché i problemi organizzativi lamentati dai Comuni non sono campati per aria, e soprattutto perché le stesse norme disegnano un quadro parecchio difficile da controllare. Al di là dei territori ad Autonomia speciale, dove commissari e rappresentanti di Governo devono prima verificare che la Regione abbia scritto le proprie regole sugli obblighi di gestione associata perché la clausola di salvaguardia rende inapplicabili in quei casi le norme nazionali, anche dove lo Statuto è ordinario la verifica non è semplice. Oltre all’Unione, infatti, i Comuni possono scegliere la via più flessibile della convenzione, che non ha limiti demografici minimi da rispettare (l’unico vincolo è la durata almeno triennale) e soprattutto può essere a geometria variabile. Il Comune A può convenzionarsi con il Comune B per la gestione di una funzione e con il Comune C per lo svolgimento di un’altra funzione, creando un reticolo di alleanze che nessuna Prefettura potrà verificare davvero.Gianni Trovati
Nessun tag inserito.