tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

L’inserimento della “clausola sociale” nel bando di gara non può imporre l’obbligo di assorbimento integrale del personale

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

Il fatto

Un comune aveva emesso specifico bando per l’affidamento dei servizi ambientale di raccolta rifiuti, ponendo a base di gara un importo non congruo a fronte dell’obbligo di riassorbimento integrale del personale dell’impresa uscente. La mancata congruità discendeva da un valore del costo del personale da assorbire pari a circa l’80% dell’importo posto a base di gara, residuando poco margine agli utili di impresa. Il citato bando veniva, pertanto, impugnato da un’impresa che, pur non partecipando allo stesso, aveva evidenziato l’insostenibilità dell’importo posto a base di gara a fronte dell’inserimento della citata clausola sociale, da considerarsi illegittima in quanto la stessa può obbligare l’appaltatore subentrante unicamente ad assumere in via prioritaria i lavoratori che operavano alle dipendenze dell’impresa uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta. In altri termini, la materiale impossibilità alla partecipazione alla gara renderebbe la clausola sociale invalida con il conseguente obbligo di espunzione della stessa nella parte in cui ne dichiari un obbligo incondizionato da parte dell’impresa partecipante.

Le motivazioni dei giudici amministrativi

Rilevano in via preliminare i giudici amministrativi di prime cure, come nel passaggio al nuovo codice dei contratti (art. 50D.Lgs. n. 50 del 2016) l’inserimento della citata clausola sociale inserita nei bandi di gara non abbia mutato la condizione avuto riguardo alla giurisprudenza formatasi con il precedente codice degli appalti. In particolare, anche precedentemente al nuovo codice, i giudici amministrativi avevano modo di evidenziare come la clausola sociale vada interpretata nel senso che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, mentre i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali (ex multisCons. di Stato, Sez. IV, 2 dicembre 2013, n. 5725). Inoltre, tale clausola sociale se da un lato persegue la finalità di garantire la continuità dell’occupazione in favore dei medesimi lavoratori, già impiegati dall’impresa uscente nell’esecuzione dell’appalto, essendo l’impiego del citato personale un bene costituzionalmente garantito, quale forma di tutela occupazionale ed espressione del diritto al lavoro (art. 35 Cost.), dall’altro lato essa deve contemperasi con l’organigramma dell’appaltatore subentrante e con le sue strategie aziendali, frutto, a loro volta, di quella libertà di impresa anch’essa tutelata in via costituzionale (art. 41 Cost), con la conseguenza che solo qualora coesistano entrambe le tutele il bando può considerarsi legittimo (Cons. di Stato, Sez. III, 9 dicembre 2015, n. 5598).

In merito alle indicazioni del nuovo codice degli appalti (art. 50D.Lgs. n. 50 del 2016) si prevede che i “i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti possono inserire, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81“, anche in questo caso confermando un principio di proporzionalità tra i citati principi costituzionali di salvaguardia occupazionale e di libertà dell’impresa. Sul punto si è già recentemente spesa altra giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Toscana, Sez. III, sentenza n. 231 del 13 febbraio 2017) la quale ha avuto modo di evidenziare come l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante. In tale occasione i giudici amministrativi richiamavano i precedenti orientamenti dell’Alto Consesso amministrativo (ex multis Cons. di Stato, Sez. III, n. 1896/2013) a mente dei quali la clausola sociale non comporta alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.

Una volta precisato il principio di continuità tra il vecchio e il nuovo codice degli appalti, i giudici amministrativi di prime cure stigmatizzano anche il fatto che il bando di gara prevedesse una “dichiarazione di impegno ad assorbire, ove richiesto dalla ditta che cessa, il personale addetto ai servizi oggetto dell’appalto dell’impresa cessante a termini del contratto nazionale del personale dei servizi ambientali” e, quindi, un vero e proprio requisito di partecipazione. In altri termini, la stazione appaltante, con tale requisito di partecipazione, contenente l’obbligo di automatico e generalizzato assorbimento del personale, si è di fatto sostituita alla possibile offerta delle imprese concorrenti, fissando un principio di adeguatezza delle risorse umane, cioè del numero di lavoratori necessari per l’esecuzione dell’appalto, corrispondente al numero dei lavoratori da “assorbire”. Ora, secondo il Collegio amministrativo, tale imposizione determinata in via diretta nella lex specialis dell’appalto, non ha permesso ai potenziali concorrenti alcuno spazio di modulazione dell’offerta, né può essere considerato valido il rimedio di integrazione successivo, effettuato in risposta all’unica impresa partecipante, circa la non possibile applicazione della citata clausola sociale in presenza della volontà da parte dell’impresa di utilizzare un minor numero di personale, in quanto tale situazione integra gli estremi della violazione del principio di trasparenza e di concorrenza.

In considerazione delle violazioni riscontrate, il bando deve essere annullato.

Conclusioni

Con tale sentenza si consolidano alcuni principi della giurisprudenza amministrativa in tema di clausola sociale, evidenziando come il nuovo codice dei contratti nulla abbia aggiunto rispetto alle consolidate indicazioni rinvenibili anche nel vecchio codice, dovendo l’amministrazione rispettare un principio di proporzionalità sulle contrapposte esigenze di salvaguardia dell’occupazione e della libertà di impresa.

T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 15 marzo 2017, n. 209

Nessun tag inserito.

Torna in alto