In merito, alla luce anche della sentenza n.314 del 21 marzo 2014 del T.A.R. Emilia Romagna, si ritiene opportuno preliminarmente osservare che il comma 5 del citato art.38 “si propone, da un lato, di scongiurare la captatio benevolentiae che potrebbe orientare la condotta dei componenti dell’organo elettivo nell’imminenza delle operazioni di rinnovo del medesimo e mira, dall’altro lato, a riservare alla nuova assemblea, espressione attuale della volontà popolare, le scelte e le decisioni riguardanti i futuri assetti dell’ente; sicché in questo periodo di transizione l’organo consiliare può approvare solo gli atti essenziali ed indifferibili, imposti dalla necessaria continuità dell’azione amministrativa, e cioè gli atti in relazione ai quali è previsto un termine perentorio e decadenziale, o in relazione ai quali emerge una scadenza decorsa la quale essi divengono inutili o scarsamente utili rispetto alla funzione per cui devono essere formati, o in relazione ai quali si impone comunque la necessità di evitare inerzie, fonte di conseguenze significativamente pregiudizievoli per l’interesse pubblico perseguito”.
La citata norma, tuttavia, è specifica per i consigli comunali (e provinciali) e non sembra applicabile per analogia alle giunte ed ai sindaci (conforme il T.A.R. Calabria n.1558 del 29/08/2018 che ha richiamato giurisprudenza pregressa).
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