Anche il Tribunale ordinario limita il trattamento retributivo dei Segretari Generali
L’inquadramento dei Segretari
Già prima della contrattualizzazione del rapporto, l’art. 14, D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465, riferiva il livello di inquadramento dei Segretari a seconda dell’abilitazione a prestare servizio in Comuni piccoli, medi o grandi conseguita mediante il superamento di corsi di specializzazione annuali ma con accesso contingentato degli iscritti.
In prosieguo, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del 16 maggio 2001, all’art. 31, ne ha previsto la classificazione in 3 fasce: dalla più bassa (la C), i cui iscritti possono rivestire incarichi nei Comuni fino a 3.000 abitanti; a quella media (la B), i cui iscritti possono accedere al ruolo in enti fino a 65.000 abitanti; fino a quella massima (la A), i cui iscritti possono aspirare ad incarichi in enti con popolazione superiore a 65.000 unità, previo superamento dei corsi professionali ed acquisizione di un biennio di esperienza nella fascia professionale precedente.
Tuttavia, come già previsto dall’art. 10, D.P.R. n. 465 del 1997 e poi confermato in parte qua dall’art. 98, comma 3, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ha previsto la possibilità che i piccoli Comuni stipulino tra loro una convenzione per la costituzione di un unico ufficio di Segreteria, al cui conferimento provvede l’Ente capofila, la qual cosa ha ingenerato la diatriba sulle modalità di inquadramento del “datore di lavoro” ai fini del computo dell’indennità di posizione, considerato che essa è ragguagliata ex contracto alla fascia di appartenenza predetta.
L’originaria tesi dell’Agenzia Autonoma dei Segretari
In origine l’Agenzia dei Segretari aveva teorizzato la nascita di un nuovo ente sorto dalla predetta associazione (parere n. 90/2000), autonomo rispetto ai Comuni membri, sicché la popolazione ai fini del computo in parola sarebbe stata pari alla somma degli abitanti di ciascuna Amministrazione, facendola pertanto confluire in una fascia superiore rispetto a quella di appartenenza del solo Ente capofila e, per l’effetto, facendo lievitare l’indennità di posizione spettante al Segretario assegnato al relativo incarico.
L’intervento dell’Albo Nazionale
Soppressa l’Agenzia dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, di conversione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, che ha disposto la soppressione dell’Agenzia Autonoma per la Gestione dell’Albo dei Segretari Comunali e Provinciali e trasferite le relative funzioni e personale al Ministero dell’interno quest’ultimo si è espresso invece in senso opposto e, con il parere 24 marzo 2015, n. 485/E, ha ritenuto che in caso di convenzionamento ai fini di che trattasi debba aversi riguardo alla densità abitativa del Comune capofila, per reggere il quale il Segretario dovrà comunque aver conseguito l’idoneità alla nomina e rispetto al quale dovrà ragguagliarsene l’indennità di posizione.
La posizione del Tribunale del Lavoro di Bergamo
A tale ultima impostazione aderisce anche il Tribunale di Bergamo con la recente pronuncia 18 gennaio 2017, n. 30, con la quale nel respingere l’opposta tesi del ricorrente assestata sul parere n. 90/2000 cit., osserva che l’art. 10, D.P.R. n. 465 del 1997, nel prevedere la possibilità di funzioni di segreteria associate non contempla alcuna nascita di un ente giuridico diverso ed autonomo cui poter riferire il rapporto di lavoro del Segretario e, indi, la sua indennità di posizione.
Di guisa che, in assenza di una espressa disposizione normativa in tal senso, alcuna nuova amministrazione può essere surrettiziamente introdotta, anche perché la maggiore gravosità dei compiti assegnati è remunerata dal C.c.n.l. attraverso una voce retributiva apposita al Segretario determinata proprio in base al numero dei Comuni convenzionati.
Del resto, conclude il Tribunale, una diversa interpretazione consentirebbe una lievitazione indebita dell’indennità di funzione, aumentandola rispetto a quella contrattualmente prevista per gli enti locali di modeste dimensioni che compongono l’associazione ed equiparandola con quella spettante per i Comuni di maggiore dimensione e, quindi, di complessità superiore, duplicando peraltro la remunerazione per la medesima funzione.
I diritti di rogito
In deroga al principio dell’onnicomprensività della retribuzione vigente anche per i Segretari analogamente a quanto previsto per la dirigenza dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, per costoro era prevista la corresponsione dei cd. diritti di rogito secondo quanto previsto, prima della privatizzazione, dalla L. 11 luglio 1980, n. 312, e, successivamente dall’art. 37, del C.c.n.l. di categoria del 16 maggio 2001, che fondamentalmente ne richiama e fa salva la disciplina.
Segnatamente, l’art. 41, comma 4, L. n. 312 del 1980 cit., dispone che: «dal 1° gennaio 1979, una quota del provento spettante al comune o alla provincia ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, numero 734, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, è attribuita al segretario comunale e provinciale rogante, in misura pari al 75 per cento e fino ad un massimo di un terzo dello stipendio in godimento», la restante quota essendo, in parte, incamerata dall’Ente locale di appartenenza e, in parte, riversata ex art. 21, D.P.R. n. 465 del 1997 cit., nelle casse dell’Agenzia autonoma dei Segretari, ovvero, dopo la sua soppressione, al Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali, deputata alla tenuta dell’Albo dei Segretari, come precisato dalla circolare del medesimo Dicastero 18 marzo 2013, n. 10572.
Sorvolando sulla spinosa questione della base di computo della quota parte dei diritti in parola, essendo essa correlata dalla legge al non meglio definito “stipendio in godimento”, che potrebbe tanto indicare quello tabellare annuo, teorico, riferito alla posizione maturata dal Segretario, quanto quello effettivamente percepito (per il cui approfondimento si rimanda a Cosmai, Segretari e tecnici comunali: aboliti diritti di rogito e incentivi, Diritto e Pratica del Lavoro, 2014, n. 39, 2068), nel generale intento di economia di spesa la cd. riforma Renzi-Madia, nell’originaria versione del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, all’art. 10, ne disponeva l’abolizione tout court.
Abolizione sulla quale ha poi prevalso la linea più morbida del Parlamento che, emendando il testo, con la L. n. 114 del 2014, in sede di conversione ha novellato l’art. 10 facendo salvo il maturato e mantenendola solo per i Segretari generali, tenendo viceversa fermi i diritti di rogito per i Segretari comunali e i Vice Segretari se privi di qualifica dirigenziali (per i Vice Segretari dirigenti, pertanto, sono del pari abrogati).
Difatti, a mente del comma 2-bis, dell’art. 10 cit., inserito dalla legge di conversione, negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i Segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, è corrisposta una quota dei diritti di rogito spettanti all’Amministrazione nei limiti però di un quinto (e non più di un terzo) dello stipendio in godimento (al contempo, tuttavia, il comma 2-quater del medesimo art. 10, ha riformato l’art. 97, comma 4, lett. c, D.Lgs. n. 267 del 2000, sostituendo alle parole: «può rogare tutti i contratti nei quali l’Ente è parte ed autenticare» quelle per cui egli «roga, su richiesta dell’ente, i contratti nei quali l’ente è parte e autentica». Sostituzione che lascia ipotizzare la permanenza dell’obbligo di rogare anche in assenza del diritto a percepire i relativi emolumenti, rientrando tra le competenze già retribuite in base al principio dell’onnicomprensività, e non già la facoltatività della funzione rogante).
Dunque, come chiarito anche dal Giudice contabile (Corte dei conti-Sicilia, Sez. Contr., 14 novembre 2014, n. 194 e Corte dei conti-Lombardia, 29 ottobre 2014, n. 275) condizione sufficiente per l’erogazione degli emolumenti in parola è che si versi nell’una o nell’altra delle due ipotesi considerate dalla norma, non richiedendo la stessa che le due condizioni ricorrano congiuntamente.
Sicché l’amministrazione potrà corrispondere i diritti di rogito per le relative attività espletate anche dopo l’entrata in vigore della L. n. 114 del 2014, purché alternativamente ricorra uno dei seguenti casi:
1) il primo che si verifica qualora il Segretario presta servizio presso un Comune privo di dirigenza, a prescindere dalla sua fascia professionale di inquadramento, equiparata o meno per trattamento retributivo a quella dirigenziale;
2) il secondo che, viceversa, si manifesta quante volte il Segretario sia privo di qualifica dirigenziale, a prescindere dal fatto che il Comune cui sia assegnato abbia o meno dirigenti nella sua dotazione organica.
L’interpretazione della Sezione Autonomie
Intervenuta in proposito la Sezione Autonomie ha di contro affermato con il parere n. 24 giugno 2015, n. 15, che dopo la riforma non fossero dovuti i diritti di rogito né ai Segretari di fascia A, né a quelli di fascia B, anche nei comuni privi di dirigenza (conf. Corte dei conti-Puglia, 8 novembre 2016, n. 132) facendo leva sull’esigenza di contenere gli esborsi erariali ed assicurare maggiori entrate all’ente locale, salva l’eccezione introdotta dalla L. n. 114 del 2014 cit. e da interpretarsi in maniera sistematica tenendo conto del trattamento economico spettante a costoro.
Esso, infatti, per i segretari di fascia A e B è equiparato a quello dirigenziale o comunque, in assenza di tali figure in organigramma, a quello della posizione organizzativa di importo più elevato. Garanzia economica che il Giudice contabile giustifica in ragione della funzione di coordinamento ai medesimi spettanti rispetto ai vertici burocratici dell’Ente di assegnazione. Sicché la deroga introdotta dalla riforma e che li abilita alla percezione dei diritti di rogito può valere solo per i segretari che sia per fascia di appartenenza che per sede di assegnazione non godano di trattamento economico equiparato a quello dirigenziale, perché «le logica è quella del contemperamento degli interessi, che a fronte delle esigenze di maggiori entrate degli enti vede recessivo quello particolare del segretario comunale, fatta salva l’ipotesi della fascia professionale e della condizione economica che meno garantisca il singolo segretario a livello retributivo».
In conclusione, dunque, per la Sezione i diritti di rogito non spettano ai segretari che godano comunque di equiparazione economica alla dirigenza, sia che essa venga assicurata dall’appartenenza alle fasce A e B, sia che venga garantita per effetto del “galleggiamento” in ipotesi di titolarità di enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale.
La posizione del Tribunale del Lavoro di Bergamo
Il Tribunale bergamasco aderisce all’impostazione del Tutore dell’erario respingendo la domanda di pagamento dei diritti di rogito avanzata da un Segretario di fascia B ma assegnato ad un Comune privo di dirigenza, osservando che la richiamata tesi garantisce comunque un trattamento ragionevolmente differenziato tra le diverse fasce, senza perciò presentare profili di incostituzionalità tenuto conto, da un lato, che a mente dell’art. 2, D.Lgs. n. 165 del 2001, la legge può derogare al contratto collettivo in specifiche ipotesi e, dall’altro, che tali emolumenti hanno natura accessoria e meramente eventuale.
Fattori, entrambi, che inducono il Tribunale ad escludere anche l’ingresso della domanda di pagamento a titolo di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. pur postulata in via subordinata dal lavoratore.
Trib. Bergamo – Sez. Lavoro, G.L. dott. Cassia, 18 gennaio 2017, n. 30 e n. 33
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