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La relazione del Cnel sui livelli delle prestazioni degli enti pubblici. P.a. rimandata in Ict
Piccoli comuni, maxi servizi – Polizia, istruzione e sociale: qualità come nei grandi centri
di Francesco Cerisano
I piccoli comuni riescono a garantire una qualità di servizi paragonabile a quella dei grandi centri nella polizia locale, nell’istruzione e nel sociale. A sfatare il luogo comune secondo cui i mini-enti sarebbero anti-economici proprio per la loro scarsa capacità di economie di scala è la Relazione 2019 al parlamento e al governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali a imprese e cittadini, realizzata dal Cnel che verrà presentata domani alla presenza della ministra per la pubblica amministrazione Fabiana Dadone.
Il report, di oltre 400 pagine, premia i piccoli centri del Nord est che hanno raggiunto particolari livelli di efficienza nella polizia locale «anche grazie alla diffusione di forme di gestione associata». Mentre nei servizi di supporto all’istruzione, il Cnel rimarca come il livello qualitativo delle prestazioni erogate dai mini-enti tenga testa ai comuni più grandi, soprattutto nei servizi mensa, nel trasporto scolastico e nel sociale dove, per effetto di una domanda potenziale inferiore «è più semplice per gli enti raggiungere la soddisfazione dei bisogni».
L’indagine del Cnel ha preso in esame 12.874 istituzioni pubbliche nelle quali prestano servizio quasi 3 milioni e mezzo di lavoratori, compresi i dipendenti pubblici in servizio all’estero (ambasciate, consolati, istituti di cultura ecc.).
Il divario Nord-Sud, tranne poche eccezioni, è sempre più accentuato e, secondo il Cnel, si manifesta in due modalità. La prima è quella in cui a maggiori costi corrispondono servizi di livello inferiore e quindi inefficienza. Ed è la situazione in cui si trovano i servizi legati al territorio, alla viabilità, alla raccolta e smaltimento rifiuti e agli asili nido. La seconda è quella in cui a minori servizi corrisponde anche un minore livello di impegno finanziario. In questa situazione si trovano la polizia locale, i servizi di supporto all’istruzione e i servizi sociali.
Il costo maggiore che pesa su cittadini e imprese riguarda i servizi di istruzione che impegnano mediamente 681 euro per ciascun residente della fascia di età 3-14 anni. Per la viabilità si spendono 640 euro per km di strada comunale anche se con differenze notevoli fra i vari territori. Il livello di spesa, osserva l’istituto presieduto da Tiziano Treu, si è ridotto mediamente del 7,3% fra il 2015 e il 2016. I servizi amministrativi costano mediamente 205 euro pro capite, mentre i servizi del sociale costano 77 euro pro capite (-1%). Il dato più critico è rappresentato dagli asili nido, che, tranne pochi casi virtuosi, sono ancora sottodimensionati rispetto alle reali esigenze delle famiglie e vedono diminuire gli investimenti, rappresentando anche uno dei maggiori ostacoli alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro delle donne.
 
Pubblica amministrazione rimandata in informatica
Il livello di evoluzione tecnologica degli enti pubblici si colloca al di sotto della media Ue e si dimostra contraddittorio: da un lato casi virtuosi di digitalizzazione come Fisco online, il portale dell’Inps, la fatturazione elettronica a cui si aggiungono tanti esempi di enti locali particolarmente smart, dall’altro l’assenza di un livello minimo di servizi internet che si traduce nello scarso numero di enti che consente di pagare online. Colpa di un’attenzione non sempre costante da parte dei governi di turno verso il tema della trasformazione digitale, ma anche di progetti come PagoPa (la cui obbligatorietà è slittata al 30 giugno) e come l’Anagrafe nazionale della popolazione residente che, seppur «ottimi» hanno trovato (e trovano ancora) grossi ostacoli «perché disegnati senza tener conto della situazione di partenza e dei dati oggettivi delle diverse realtà locali». L’effetto è che la spesa per Ict degli enti locali registrata negli ultimi dieci anni continua a calare.

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