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Danno erariale al sindaco che conferisce un incarico a personale in quiescenza

V. Giannotti (La Gazzetta degli Enti Locali 13/12/2018)

“Per la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana (sentenza 17 ottobre 2018, n. 825) il conferimento di un incarico da parte del sindaco ad un proprio dipendente andato in pensione costituisce danno erariale.
Il caso controverso
A seguito di segnalazione dell’illiceità della condotta del Primo cittadino di un Comune, la Procura della Corte dei conti, ha avuto modo di verificare che un dipendente dell’ente, cessato su sua richiesta volontariamente dal servizio, per aver maturato il requisito contributivo, era stato successivamente assunto quale collaboratore esterno ai sensi dell’art. 110 del d.lgs. 267/2000 (TUEL). Secondo la Procura il sindaco, nel caso di specie, avrebbe agito in dispregio al divieto previsto dall’art. 25, comma 1, della legge 724/1994, finalizzato a evitare che i dipendenti, dopo essersi collocati volontariamente in pensione per fruire dei benefici collegati alla risoluzione anticipata del rapporto, riprendano, in qualità di consulenti, a svolgere le medesime funzioni espletate in precedenza. Sempre in tema di incompatibilità, tale collaborazione, secondo la Procura, sarebbe anche in violazione delle disposizioni di cui all’art. 5, comma 9, del d.l. 95/2012, ostativo all’attribuzione da parte delle amministrazioni pubbliche di incarichi di studio e di consulenza a soggetti già appartenenti ai propri ruoli e collocati in quiescenza, impegnati, nel corso dell’ultimo anno di servizio, in funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto di incarico. “
 
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE

SICILIANA

FATTO

Un consigliere del Comune di M., con esposto del 3 aprile 2011, informava la Procura contabile di una situazione di grave illiceità che sarebbe derivata della gestione personalistica dell’ente locale ad opera del sindaco (omissis); il procuratore, quindi, delegava la Guardia di Finanza allo svolgimento di indagini riguardanti le molteplici ipotesi di danno dettagliatamente tratteggiate dal denunciante e, una volta ricevuta, in data 26 ottobre 2016, la relazione in cui erano sintetizzati gli esiti delle investigazioni, indirizzava all’interessata un atto di invito a dedurre riguardante l’incarico retribuito, avente ad oggetto il “disimpegno dei servizi elettorali, demografici ed economato”, conferito, con la determinazione n.24/2008, ad un dipendente in congedo.

La presunta responsabile chiedeva di essere sentita, e, in occasione dall’audizione, sosteneva di aver operato legittimamente e di aver, anzi, garantito al Comune un risparmio di spesa.

Tali argomentazioni non dissuadevano il procuratore dal promuovere il presente giudizio, citando, con atto depositato il 19 gennaio e ritualmente notificato, la presunta responsabile.

In primo luogo, secondo la prospettazione accusatoria, la convenuta avrebbe agito in dispregio al divieto previsto dall’art. 25, comma 1, della L.724/1994, finalizzato a evitare che i dipendenti, dopo essersi collocati volontariamente in pensione per fruire dei benefici collegati alla risoluzione anticipata del rapporto, riprendano, in qualità di consulenti, a svolgere le medesime funzioni espletate in precedenza; inoltre, al fine offrire un inquadramento sistematico della normativa di riferimento, il P.M. richiamava l’art.5, comma 9, del D.L.95/2012, ostativo all’attribuzione da parte delle amministrazioni pubbliche di incarichi di studio e di consulenza a soggetti già appartenenti ai propri ruoli e collocati in quiescenza, impegnati, nel corso dell’ultimo anno di servizio, in funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto di incarico; l’attore pubblico, per altro verso, osservava che la nomina contestata riguardava lo svolgimento di compiti di ordinaria amministrazione, incompatibili sia con il requisito dell’alta specializzazione, prevista dall’art.110 T.U.E.L., sia con la funzione di supporto all’attività d’indirizzo politico, necessariamente connotante gli incarichi conferiti in base all’art. 14 della legge regionale n. 7/1992; la condotta del sindaco, infine, dal punto di vista soggettivo, doveva considerarsi gravemente negligente, e, da quello oggettivo, costituiva l’antecedente causale di un danno erariale pari a tutti i corrispettivi erogati in esecuzione della determinazione sindacale 24/2008, per un totale di euro 54.983,56; la richiesta di condanna, però, era limitata all’importo di euro 12.092,06, cioè alla misura corrispondente alla porzione del presunto danno non coperta dalla prescrizione eventualmente eccepita. La dott. Sidoti si costituiva in data 27 giugno, con il patrocinio dell’avvocato Riccardo Rotigliano, osservando che l’incarico contestato era volto alla formazione del personale contrattista e sostenendo che, per tale caratterizzazione, non sarebbe incappato nel divieto previsto dall’art.25, comma 1, della L.n.724/1994, concernente gli incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca; sottolineava, poi, di essersi ispirata a una logica di risparmio economico, assumendo personalmente la posizione organizzativa dell’area “Servizi Affari Generali”, necessitando, però del supporto di un soggetto qualificato, cui era affidata la formazione del personale, privo di esperienza; negava, inoltre, l’applicabilità al caso in esame dell’art.5, comma 9, del D.L.95/2012, rilevando, comunque, che, trattandosi di norma di difficile comprensione, una sua eventuale violazione non avrebbe integrato il requisito della colpa grave; affermava, ancora, che, data la presenza dei requisiti previsti dall’art. 110 T.U.E.L., integrati dall’indisponibilità di risorse umane qualificate fra il personale in servizio e dall’alta specializzazione maturata sul campo dal collaboratore esterno, la propria condotta non sarebbe stata censurabile; da tali premesse faceva discendere l’assenza di un pregiudizio sofferto dal Comune; in conclusione, chiedeva il rigetto della citazione e, in via subordinata, sollecitava il ricorso al potere riduttivo, segnalando le difficoltà connesse con il sottodimensionamento dell’organico dell’ente locale ed evidenziando che, all’epoca dell’adozione della delibera in questione, si era insediata, senza aver fatto precedenti esperienze politiche, da appena undici giorni.

All’udienza del 18 luglio 2018, il rappresentante dell’ufficio del P.M. e, per la convenuta, su delega del procuratore costituito, l’avvocato Serena Viola, insistevano nelle richieste in precedenza formulate Diritto 1. Il presente giudizio ha per oggetto la valutazione della fondatezza della pretesa del Pubblico Ministero al risarcimento del danno asseritamente patito dal Comune di M. remunerando l’attività prestata, come collaboratore esterno, da un ex dipendente, in quiescenza all’epoca del conferimento dell’incarico da parte della convenuta. 2. La determinazione n.24/2008, di assegnazione dell’incarico dal quale sarebbe derivato il danno erariale ipotizzato dall’accusa, indica quali fonti dell’investitura dei compiti attinenti il “disimpegno dei servizi elettorali, demografici ed economato” l’art.110 del D.lvo 267/00. Seguendo l’ordine che il collegio ritiene di imprimere all’esame delle questioni da affrontare per decidere il merito della controversia, in primo luogo, occorre stabilire se l’incarico in oggetto rispecchi lo schema della disposizione richiamata; e, solo dopo aver dato risposta al quesito prospettato, potrà indagarsi sulla possibilità di indirizzare la nomina a un dipendente a riposo. Il testo dell’art. 110 TUEL, rubricato “Incarichi a contratto”, vigente all’epoca di adozione del provvedimento sindacale di conferimento dell’incarico, al comma 1, prevedeva che”lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire…” e, al comma 2, precisava, poi, che “il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire…”. La norma, secondo la sua evidente esegesi, riguarda l’attribuzione di incarichi dirigenziali, vale a dire di ruoli di vertice nell’ambito degli uffici dell’ente locale, e, per questa ragione, nel caso in esame, non può essere invocata a copertura della nomina di un soggetto che, in servizio, era inquadrato nella categoria C, posizione economica C5, cui con la delibera 24/2008, sono stati affidati, in ragione dell’esperienza maturata, i medesimi compiti svolti prima del congedo.

3. Il procuratore, inoltre, sottolinea come, al fine di legittimare la nomina, non possa farsi ricorso neppure all’articolo 14 della legge della Regione siciliana 26 agosto 1992, n. 7, rubricato “incarichi ad esperti”, che al primo comma, stabilisce che “il Sindaco, per l’espletamento di attività connesse con le materie di sua competenza, può conferire incarichi a tempo determinato che non costituiscono rapporto di pubblico impiego, ad esperti estranei all’amministrazione”, prevedendo, al comma terzo, che ” gli esperti nominati … devono essere dotati di documentata professionalità” e, ancora, che ” in caso di nomina di soggetto non provvisto di laurea, il provvedimento deve essere ampiamente motivato”. La nomina di soggetti esperti da parte del vertice politico, tenuto conto della lettera e della ratio ispiratrice della disposizione, è subordinata a un duplice requisito: deve essere rivolta allo svolgimento di attività connesse con le attribuzioni sindacali e non alla realizzazione di compiti di mera gestione, di competenza degli uffici amministrativi, e, inoltre, deve essere avere come destinatari soggetti con specifica professionalità nel campo in cui è richiesta la loro collaborazione (cfr., la sentenza della locale Sezione d’Appello n. 249/2011, la quale chiarisce come la ratio delle norme richiamate possa essere colta tenendo conto della coeva introduzione del sistema di elezione diretta del sindaco, impegnato in un ruolo di maggiore rilievo nell’ambito dell’amministrazione comunale e posto a capo dell’ente locale in posizione di diretta responsabilità politica nei confronti della cittadinanza, mettendo in evidenza come la facoltà concessa al sindaco di avvalersi di esperti esterni che lo coadiuvino nello svolgimento dei compiti connessi con l’attuazione del programma politico, con particolare riguardo a quelli a prevalentemente a contenuto specialistico, costituisca un corollario del ruolo funzionalmente autonomo assunto dell’organo apicale del comune, nell’ambito rinnovato assetto dell’ente locale). Nella fattispecie concreta, l’assegnazione di mansioni inquadrabili nell’ambito di una concreta attività gestionale, demandata agli uffici burocratici, invece che di compiti riconducibili alla realizzazione di un programma politico, e la mancanza di titoli curriculari attestanti un’elevata professionalità del collaboratore, che non risulta provvisto di laurea, conducono a ritenere insussistenti i presupposti richiesti dalla normativa regionale per l’attribuzione dell’incarico.

4. La collaborazione esterna, per quanto sopra esposto non può considerarsi legittimamente attribuita, sia in ragione del suo oggetto sia in considerazione della qualifica professionale del soggetto investito; ancora un’ulteriore argomento, pure evidenziato nell’atto introduttivo del giudizio, milita in favore dell’accoglimento della tesi attorea: il soggetto prescelto era cessato volontariamente dal servizio prestato presso l’amministrazione dove poi operò quale collaboratore esterno e da ciò consegue che la nomina contestata incappa pure nel divieto sancito dall’art. 25, comma 1 della legge 724/994, il quale dispone che “al fine di garantire la piena e effettiva trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, al personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, che cessa volontariamente dal servizio pur non avendo il requisito previsto per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti previdenziali ma che ha tuttavia il requisito contributivo per l’ottenimento della pensione anticipata di anzianità previsto dai rispettivi ordinamenti, non possono essere conferiti incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca da parte dell’amministrazione di provenienza o di amministrazioni con le quali ha avuto rapporti di lavoro o impiego nei cinque anni precedenti a quello della cessazione dal servizio; dalla documentazione presente al fascicolo di causa risulta, infatti, che il dipendente prescelto per l’incarico, era stato posto in congedo, dopo aver maturato il requisito contributivo, su sua richiesta; inoltre, l’ampio tenore della norma non consente di tener fuori dal novero degli incarichi non dispensabili quello oggetto della determina 24/2008. 5. La difesa del sindaco ha evidenziato che l’incarico aveva ad oggetto la formazione del personale, costituito da “contrattisti” e impiegati prossimi al collocamento in quiescenza.

L’argomento non sortisce effetto, poiché non sminuisce nessuna delle superiori considerazioni; deve, anzi, osservarsi che se, all’epoca dell’adozione del provvedimento contestato, erano in servizio anche lavoratori al termine della propria carriera, non si vede perché non potessero essere questi ad istruire le nuove leve, non comprendendosi neppure perché l’incaricato non abbia potuto trasmettere il proprio sapere ai nuovi assunti prima di andare in congedo, come di regola accade nel fisiologico ricambio generazionale degli uffici.

6. La remunerazione percepita dall’ex dipendente costituisce, quindi, un danno per il Comune che l’ha erogata; detto pregiudizio, causalmente imputabile alla convenuta, autrice della citata determina 24/2008, appare alla stessa imputabile a titolo di colpa grave, dal momento che l’incarico non poteva essere conferito alla luce delle diverse disposizioni esaminate, le quali, per quanto in questa sede rileva, non presentano particolari difficoltà interpretative; deve al riguardo precisarsi come eventuali asperità interpretative dell’art.5, comma 9, del D.L.95/2012, sono ininfluenti ai fini del decidere, trattandosi di una disposizione richiamata dal procuratore solo a fini sistematici.

In capo al Sindaco Sidoti si ravvisano, quindi, i presupposti sia soggettivi che oggettivi necessari a configurarne la responsabilità contabile. 7. In conclusione, in accoglimento della richiesta attorea, va riconosciuta la responsabilità contabile della convenuta, la quale, conseguentemente, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune di M., di euro 12.092,06, da maggiorarsi della rivalutazione monetaria, dalle date degli accrediti fino al deposito della sentenza e degli interessi legali dal deposito della presente sentenza fino al soddisfo, oltre al pagamento, in favore dello Stato, delle spese di giustizia, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità n. 65370, condanna la dott. Sidoti Anna:

• al pagamento, in favore del Comune di M., di euro 12.092,06, da maggiorarsi della rivalutazione monetaria dalle date degli accrediti fino al deposito della sentenza e degli interessi legali, dal deposito della presente sentenza fino al soddisfo;

• al pagamento, in favore dello Stato, delle spese di giustizia, liquidate in euro 214,24 (euro duecentoquattordici/24).

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 18 luglio 2018.

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