13/09/2016 – Considerazioni sugli effetti dello schema di decreto legislativo n. 328, recante disciplina della dirigenza pubblica, rispetto alla figura dei segretari comunali.

Considerazioni sugli effetti dello schema di decreto legislativo n. 328, recante disciplina della dirigenza pubblica, rispetto alla figura dei segretari comunali.

Occorre preliminarmente osservare che, secondo lo schema di decreto, l’art. 15 abroga l’impianto normativo e ordinamentale che costituisce fonte per la definizione del ruolo, delle funzioni e in generale dello stato giuridico del segretario comunale.

Tale figura permane in via transitoria e tendenzialmente si trasforma per effetto di una nuova fonte normativa che sarà appunto costituita dal predetto decreto legislativo, quando entrerà in vigore.

Segmenti e istituti contenuti nelle norme abrogate restano tuttavia in vita in quanto richiamati dalla nuova fonte per garantire la funzionalità del periodo transitorio.   

Partiamo dall’articolo 10 dello schema di decreto che costituisce il cardine attorno al quale muove il tema di nostro interesse.

Recita il comma 1° “…..gli incarichi in corso (con riferimento ai segretari comunali già collocati nelle fasce A e B del relativo albo) alla data di entrata in vigore del presente decreto sono comunque fatti salvi fino alla loro naturale scadenza con mantenimento del relativo trattamento economico”.

Prosegue tuttavia il comma 2° “i soggetti di cui al comma 1 vengono assunti dalle amministrazioni che conferiscono loro incarichi dirigenziali nei limiti delle dotazioni organiche

Preso da solo il primo comma non sembra presentare alcuna difficoltà di lettura, esso infatti prevede semplicemente che gli incarichi, esattamente secondo lo stato giuridico attuale dei segretari, che notoriamente non sono inseriti nelle dotazioni organiche dirigenziali degli enti presso cui prestano servizio,  si proiettano nel futuro e si cristallizzano come tali fino alla data della naturale scadenza che è poi quella della amministrazione presso la quale prestano servizio oppure quella in cui, per altri motivi previsti nell’ordinamento, interrompono il loro rapporto di lavoro con tale amministrazione.

Tuttavia, per ragioni di lettura logico-sistematica non si può evidentemente prescindere dal coniugare il contenuto del primo con quello del secondo comma. E qui gli interrogativi generati dalla non chiarezza del combinato sono molteplici.

Cosa significa infatti la locuzione “nei limiti delle dotazioni organiche”?

Che laddove la dotazione organica dell’ente presso cui il segretario esercita le proprie funzioni non preveda almeno un posto dirigenziale vacante l’incarico conferito non è dirigenziale? E quindi che incarico sarebbe?

Oppure si intende che il comma secondo, come appare più logico, costituisce una condizione ed un limite applicativo a quanto previsto dal comma primo. Di conseguenza gli incarichi in corso sono fatti salvi fino alla loro naturale scadenza con mantenimento del relativo trattamento economico, ma subordinatamente alla disponibilità di almeno una posizione nella dotazione organica dirigenziale dell’ente.

Ogni altra interpretazione del significato della locuzione “nei limiti delle dotazioni organiche” genererebbe una irriducibile antinomia fra i due commi.

Dunque secondo il combinato dei due commi il segretario comunale di fascia A, oppure B, titolare della sede di segreteria generale estintasi per effetto del nuovo ordinamento, dovendo essere assunto per proseguire nel proprio incarico, così come previsto dal comma 1, presso l’amministrazione dove egli tale incarico sta svolgendo, dovrebbe essere necessariamente collocato in una posizione presente nella dotazione organica dirigenziale dell’ente in questione. E ciò è logico e indubitabile visto che il decreto non ipotizza neppure in via transitoria l’esistenza di posizioni “soprannumerarie” generabili dalla peculiarità della situazione. Se tuttavia nella dotazione organica dirigenziale dell’ente non vi fosse alcuna posizione “vuota” e perciò disponibile è evidente che l’assunzione non potrebbe avvenire. Il comma 2 è chiaro: “nei limiti delle dotazioni organiche”.

Per il segretario privo di sede si aprirebbe la porta della odierna “disponibilità” e scatterebbe pertanto  l’applicazione del secondo periodo del comma terzo secondo cui: ”lo stato giuridico e il trattamento economico dei soggetti di cui al comma 1 privi di incarico rimangono comunque disciplinati dalle disposizioni  vigenti alla entrata in vigore del presente decreto e il ministero dell’Interno, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente provvede alla corresponsione dello stesso”.

Tuttavia anche il terzo comma si presta a interpretazioni plurime. Potrebbe essere infatti inteso come destinato a regolare lo status di quei segretari già in “disponibilità” all’entrata in vigore del decreto nel senso che dal combinato del primo col terzo comma si potrebbe (e qui si sottolinea ovviamente il condizionale)  intendere una intenzione di prevedere una sorta di “congelamento” della “fotografia dell’esistente” alla data di entrata in vigore del decreto per cui gli incaricati tali appunto resterebbero fino alla fine naturale dell’incarico mentre i “disponibili” resterebbero tali secondo il previgente ordinamento dei segretari fino a quando, peraltro, non è dato sapere.

Ma accettando questa tesi non si potrebbe spiegare come potrebbero non essere incompatibili il primo e il secondo comma.

Vero è che il terzo comma dell’art.10 diventerebbe univocamente interpretabile facendone una lettura coordinata con l’art. 11 comma 4 della legge delega 7.8.2015 n. 124 laddove è scritto che il decreto legislativo delegato dovrà prevedere “ specifica disciplina per coloro che sono iscritti alle predette fasce professionali e sono privi di incarico alla data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato in attuazione della delega di cui al presente articolo…” (mia è la sottolineatura). Ma è altrettanto vero che  l’uso dei contenuti della delega come stampella per l’interpretazione del decreto legislativo da essa nato complica anziché semplificare il quadro interpretativo generale evidenziando ancor più tutti i limiti del decreto legislativo sottoposto a parere parlamentare.

Sembra esservi quindi una sola e logica spiegazione e interpretazione, per quanto paradossale, del combinato fra i due commi che è la seguente.

All’entrata in vigore del decreto non vi sarà alcuna automatica continuità/continuazione dell’incarico e perciò dell’esercizio delle funzioni dirigenziali da parte dei segretari attualmente collocati nelle fasce A e B del relativo albo. Continuità vi potrà essere subordinatamente al numero di posti dirigenziali vacanti nelle dotazioni organiche degli enti locali italiani sempre al momento della entrata in vigore del decreto.

Ne consegue che nei numerosi casi di enti privi di dirigenza i segretari attualmente collocati nelle fasce A e B, secondo la lettera del decreto, non potranno continuare a svolgere il loro incarico.

E’ tuttavia indispensabile ricordare che l’art. 11 comma 4 della legge delega 7.8.2015 n. 124 prevedeva, fra i contenuti del decreto legislativo delegato al governo, l’ “ obbligo per gli enti locali di nominare comunque un dirigente apicale con compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità della azione amministrativa” e altresì l’obbligo per gli enti locali,  in sede di prima applicazione e per un periodo non superiore ai tre anni dalla entrata in vigore del decreto, in attuazione della delega, di conferire l’incarico di direzione apicale ai soggetti già iscritti alle fasce A, B e C dell’albo dei Segretari comunali. Ed effettivamente l’art. 9 primo comma della bozza dello schema di decreto legislativo attuativo sottoposto a parere parlamentare prevede infatti che “ gli enti locali nominano…..fra i dirigenti appartenenti ai ruoli della dirigenza un dirigente apicale a cui affidano compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità della azione amministrativa. Il dirigente apicale svolge ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto e dai regolamenti dell’ente.” Quindi mentre vi è coerenza fra l’art. 11 comma 4 della legge delega e l’art. 9 primo comma della bozza del decreto legislativo attuativo, contrasta con essi il comma 2° dell’art. 10 del testo del decreto legislativo attuativo.

Ci troviamo perciò di fronte ad una doppia palese violazione dell’art. 76 della Costituzione per il conflitto fra i dettami della legge delega e il contenuto della bozza di decreto legislativo attuativo sottoposto a parere parlamentare.

 Una prima violazione si ha alla luce del chiaro disposto della legge delega secondo la quale gli enti locali, in forma singola o associata hanno comunque l’obbligo di nominare un dirigente apicale (rectius: assumere)  e tale figura deve essere prevista con i suoi contenuti in termini funzionali, obbligatori e facoltativi, dalla disciplina statutaria e regolamentare degli enti  (tenendo conto dei particolari casi rappresentati dai comuni superiori ai 100.000 abitanti in cui sia prevista la nomina alternativa di un direttore generale). Pertanto l’obbligo in questione non può essere sottoposto a condizioni quale appunto quella dell’art. 10 comma 2° che se applicate vanificherebbero l’esecuzione dell’obbligo.

Una seconda violazione è invece rilevabile dal contenuto letterale dell’art. 9 primo comma del decreto sottoposto a parere parlamentare laddove viene previsto che gli enti locali nominino il “dirigente apicale” tra i dirigenti appartenenti ai ruoli della dirigenza e quindi si riferisce a tutti e tre i ruoli della dirigenza e non al solo ruolo dei dirigenti degli enti locali come invece previsto dal chiarissimo combinato dei commi 3° e 4° dall’art. 11 dalla legge delega.

Vi è però un ulteriore elemento che non va sottaciuto a complicare il quadro interpretativo e a rendere perciò complessivamente oscuro il contenuto dello schema di decreto legislativo.

Infatti, insieme al già citato obbligo per gli enti locali “di nominare comunque un dirigente apicale con compiti di attuazione dell’indirizzo politico coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa” previsto dal 4° comma dell’art 11 della legge delega, la stessa legge, nello stesso comma, successivamente dispone la “ previsione per i comuni di minori dimensioni demografiche dell’obbligo di gestire la funzione di direzione apicale in via associata”  (mia è la sottolineatura).

Lo schema di decreto legislativo attua la delega attraverso contenuti che, in questo caso, al contrario del precedente, non paiono in contrasto con la stessa ma la declina in termini che sembrano coerenti con la lettura qui fatta in precedenza secondo la quale all’entrata in vigore del decreto non vi sarà alcuna automatica continuità/continuazione dell’incarico e perciò dell’esercizio delle funzioni dirigenziali da parte dei segretari attualmente in servizio. Continuità vi potrà essere subordinatamente al numero di posti dirigenziali vacanti nelle dotazioni organiche degli enti locali italiani sempre al momento della entrata in vigore del decreto Quindi nei numerosi casi di enti privi di dirigenza i segretari in particolare quelli attualmente collocati nelle fasce A e B non potranno continuare a svolgere il loro incarico.

Ciò trova conferma nel contenuto, questa volta chiaro, del decreto legislativo, sia all’articolo 9 comma 1° che modifica  l’art. 27 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 nei seguenti termini “ i comuni con popolazione inferiore a ……hanno l’obbligo di gestire la funzione di direzione apicale di cui al comma 1 in forma associata”,  che anche all’art. 11 comma 1° che prevede sempre la modifica dell’art. 16 comma 1° del decreto legislativo 165/2001 nei seguenti termini: “ Negli enti locali è denominato dirigente apicale il dirigente al quale sono attribuiti compiti di attuazione dell’indirizzo politico controllo della legalità dell’azione amministrativa …..” Il dirigente apicale costituisce dunque una “denominazione”. Si tratta pertanto di una specie nel genus della dirigenza dell’ente locale, è legato al medesimo da un contratto di assunzione come tutti gli altri dirigenti e come essi deve essere collocato in una posizione prevista dalla dotazione organica dirigenziale dell’ente.

E’ per questo che la surricordata modifica dell’art. 16 comma 1° del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 apportata dallo schema di decreto legislativo appare coerente quando prosegue nei seguenti termini: “Per gli enti locali di minori dimensioni nei quali non sia prevista la posizione dirigenziale la funzione di direzione apicale è svolta in forma associata” .  Si badi bene: la norma non dice che laddove non sia prevista la posizione dirigenziale apicale tale posizione è gestita in forma associata oppure deve essere istituita in forma associata, ma prevede che sia la funzione di direzione apicale ad essere svolta in forma associata. Non dunque la posizione ma la funzione. E fra le due cose, ovviamente, c’è una grande differenza.

La differenza che passa fra una funzione svolta in assenza di una posizione dirigenziale in capo al soggetto che la esercita oppure in presenza di tale posizione facendo in sostanza coincidere contenitore e contenuto.

Tale coincidenza non è prevista dal decreto che esplicitamente fa infatti riferimento gli enti locali di minori dimensioni nei quali non sia prevista la posizione dirigenziale.

Il decreto sconta perciò pacificamente la distinzione fra posizione dirigenziale apicale e funzione dirigenziale apicale, è quest’ultima quella che andrebbe intesa come obbligatoria in tutti gli enti locali, non la prima.

Ma v’è anche di più, infatti sempre l’art. 11 comma 1° che prevede la modifica dell’art. 16 comma 1° del decreto legislativo 165/2001 dispone anche che: “Per gli enti locali di minori dimensioni demografiche nei quali non sia prevista la posizione dirigenziale, la funzione di direzione apicale è svolta in forma associata….salva la possibilità di attribuire le funzioni dirigenziali ai responsabili degli uffici e dei servizi ai sensi…. “

Occorre prestare molta attenzione a questo periodo. Si parla qui ancora una volta, e non casualmente, di funzione di direzione apicale e non di posizione di direzione apicale e la cosa appare logica visto il prosieguo del periodo che prevede la attribuibilità delle funzioni dirigenziali (quindi anche quelle apicali) ai responsabili dei servizi. Ma non solo, viene anche ribadita e quindi legittimata la possibilità che non sia prevista alcuna posizione dirigenziale perlomeno negli enti di minori dimensioni. E ancora: si parla di enti di minori dimensioni e quindi si devono intendere necessariamente enti di una consistenza demografica anche superiore ai 5.000 o 3.000. Non si vedrebbe altrimenti la ragione per cui tali precisi riferimenti demografici non dovrebbero essere utilizzati se all’art. 11 comma 1° del decreto si facesse riferimento allo stesso tipo di enti di cui  all’art. 9 comma 1° del  medesimo decreto che tale identificazione demografica invece utilizza.

Quindi il tenore letterale del  4° comma dell’art 11 della legge delega, che dispone la “ previsione per i comuni di minori dimensioni demografiche dell’obbligo di gestire la funzione di direzione apicale in via associata”  finisce col dare copertura alla deriva interpretativa che abbiamo visto nello schema di decreto legislativo rispetto a quello che avrebbe dovuto essere pacificamente un punto cardine del medesimo e cioè l’obbligo della istituzione della posizione di dirigente apicale in ciascun comune o associazione di comuni e il conseguente obbligo, in via transitoria, all’entrata in vigore del decreto, di “traslare” i soggetti che ricoprono gli incarichi di segretario comunale nella  nuova posizione dirigenziale apicale generata dalla nuova fonte normativa.

Come abbiamo visto l’arduo esercizio ermeneutico e la ricostruzione in chiave logico-sistematica dell’intreccio fra i contenuti della norma delegante e di quella delegata, porta, allo stato attuale, alla esclusione del suddetto obbligo.

Infine è da segnalare il curioso combinato fra i commi 5° e 6° dell’art. 10 del decreto legislativo per quanto concerne i segretari comunali collocati nella fascia professionale C dell’attuale albo. Dal tenore letterale dei due commi infatti non si ricavano limiti di dimensione demografica degli enti presso cui possono essere incaricati della funzione di direzione apicale i segretari comunali attualmente collocati in fascia C dell’albo. Ne consegue che, sempre secondo il tenore letterale della norma (comma 6° ultimo periodo), i suddetti segretari comunali possono essere pacificamente incaricati anche in enti, ad esempio, capoluogo di provincia esercitando una funzione dirigenziale senza essere iscritti al relativo ruolo dei dirigenti degli enti locali prima che siano trascorsi 18 mesi dall’ assunzione dell’incarico.

Sia chiaro, non v’è qui questione di merito. Voglio ricordare che il generale Bonaparte quando inferse una dura e fondamentale sconfitta agli Austriaci, nella battaglia di Marengo, aveva trentun anni ed era affiancato da  generali francesi venticinquenni.

La questione va sottolineata perchè, se ancora fosse necessario, anche questo caso dimostra la separazione concettuale operata dalla norma fra posizione dirigenziale, funzione dirigenziale e addirittura, qui, anche status dirigenziale.

Conclusioni.

Lo schema di decreto legislativo n. 328 recante disciplina della dirigenza pubblica, qui esaminato con riferimento alla figura dei segretari comunali, presenta, come abbiamo visto, sicuri profili di incostituzionalità fra cui, il principale, rappresentato dalla antinomia intrinseca di alcuni suoi fondamentali contenuti e da insormontabili ostacoli interpretativi.

Se il decreto legislativo entrerà in vigore nel testo qui esaminato sarà evidentemente destinato a generare pesanti conflitti e controversie su plurimi piani.

Daniele Perotti – Segretario generale del Comune di Bergamo

  

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto