Print Friendly, PDF & Email

Egr. direttore

Le scrivo in riferimento all’articolo dell’11/07/2015 apparso sul suo quotidiano dal titolo “Epurazione Tecnica in Campidoglio” a firma di Susanna Novelli. Ho apprezzato la lettura data alla vicenda e, sollecitato dagli impliciti spunti di riflessione che essa offriva, vorrei offrirne di ulteriori di più ampio respiro. Il tema è l’equilibrio tra politica e dirigenza e la capacità di quest’ultima di esercitare in piena autonomia il ruolo di direzione tecnica della macchina pubblica e di controllo ex ante del corretto esercizio delle funzioni. L’argomento sembra un po’ noioso, ma in realtà si parla di gestire in modo imparziale la P.A., utilizzare i soldi dei cittadini in modo oculato, appaltare lavori, servizi e forniture in modo da conseguire il miglior risultato possibile per la Comunità. Nell’articolo di Susanna Novelli si sottolinea l’epurazione tecnica dei vertici amministrativi, il segretario generale, facendo intendere come il sapiente lavoro del dr Gabrielli sia riuscito a ritagliare ogni responsabilità “omissiva” in capo ai dirigenti e sollevando da qualsivoglia responsabilità la Politica. La domanda da porsi, per non raccontare bugie agli italiani, è quali poteri e quale autonomia aveva il Segretario generale di Roma. Sotto il primo profilo il dr Iudicello non era stato nominato responsabile dell’auticorruzione. Quella funzione era stata attribuita ad altri. La cosa non è di poco conto se si pensa che con il piano di prevenzione sarebbe stato possibile imporre procedure di affidamento degli appalti più stringenti rispetto alla legge, ad esempio escludendo apriori l’uso della procedura negoziata anche là dove la legge lo ammette. Il responsabile dell’anticorruzione lo avrebbe potuto proporre oppure la Giunta Marino avrebbe potuto sollecitare a suo tempo una misura “draconiana” di questo genere. Nulla è stato fatto e l’epurazione tecnica targata Gabrielli si scatena sull’unico che era estraneo a quello che è stata una omissione poco virtuosa. Il segretario avrebbe comunque potuto o dovuto coordinare quelle attività di controllo sugli atti e sulle società partecipate che il d.l. n.174/2012 di montiana memoria introduceva nel funzionamento dei Comuni. Ma anche su questo fronte sembra che poco o nulla sia stato effettivamente fatto, ed in questo si potrebbe intravedere una responsabilità dell’autorevole dirigente.

Il punto tuttavia è se i vertici tecnici, dal segretario generale del comune al responsabile dell’anticorruzione, fino al prefetto Gabrielli, siano effettivamente in grado di esercitare le loro funzioni in piena autonomia dalla Politica, che oggi, come si scrive nell’articolo, salva sé stessa.

Il Segretario Generale viene nominato dal Sindaco, può essere revocato e decade quando decade il Sindaco. In sostanza la legge Bassanini aveva legato mani e piedi il controllore al controllato. Anche la legge n.190/2012 ci dice che la giunta nomina il Responsabile dell’Anticorruzione, perfezionando l’equazione che il controllore è nominato dal vertice politico che dovrebbe essere controllato. Non finisce qui signor direttore. In realtà gli incarichi ai dirigenti, pur dipendenti del Comune, sono di competenza del Sindaco. Essi in sostanza si occuperanno di un settore anziché di un altro, con differenti trattamenti economici, a seguito di una scelta del vertice politico. In questo quadro la domanda che lei ed i suoi colleghi dovreste porvi è se, in tutta coscienza, tutti questi “burocrati” come li chiama qualcuno, siano effettivamente in grado di operare contro gli “occasionali” bisogni della politica, nel momento in cui è la politica che ha un potere di vitae ac necis, professionale ovviamente, sulla dirigenza a partire dal Segretario Generale.

Dopo la legge contro la corruzione targata Monti, i casi di segretari comunali trattati come novelli Don Chisciotte e trascurati dai quotidiani sono numerosi. Si va dalla vicenda del Segretario della Provincia di Latina che si era opposta all’assunzione di nuovi dirigenti ritenendo assurda questa scelta nel momento in cui si stava procedendo alla riforma “drammatica” delle Provincie, alla vicenda del segretario del comune di Piazza Armerina non confermata, perché aveva avuto l’ardire di contestare al Sindaco una incompatibilità prevista dalla legge, infine il caso del comune di Rovato, dove l’Anac ante Cantone, nonostante elementi documentali di mala gestio, conferma la revoca del segretario che aveva fatto il suo dovere. Queste vicende non hanno trovato eco sui quotidiani, ma sono le ragioni per cui i vertici tecnici di Roma oggi epurati hanno fatto una scelta obbligata perché non tutti sacrificano se stessi per un ideale.

Altro spunto di riflessione è cosa fa oggi la politica per superare lo stato di cose. Alla Camera è in discussione il DDL P.A. dove, per essere tutti più “sereni”, rafforza il potere della politica sulla dirigenza. Il modello del segretario generale nominato, revocabile ed a tempo, viene esteso a tutti i dirigenti. I Segretari comunali vengono puntualmente eliminati, in modo che negli enti locali non vi sia più la scomoda presenza di un dirigente proveniente da un concorso nazionale. I nuovi dirigenti che non troveranno un incarico, magari perché “scomodi” o perché la Politica ha preferito “direttori generali” collaterali a se stessa, saranno messi in disponibilità, anticamera del licenziamento dopo due anni. L’autonomia sarà sicuramente rafforzata.

Direi Italia stai serena perché i mali della pubblica amministrazione saranno accentuati dalla creazione di tante “teste di legno” che si interpongono tra la volontà della Politica di turno e la gestione della macchina amministrativa. In tal modo i primi pagheranno, e la seconda troverà sempre un’altra “testa di legno” che avalli la sua estraneità.

 

Torna in alto