NOTA TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE PRIMA,
SENTENZA 10 luglio 2020, n. 3019
Sulla validità del provvedimento amministrativo privo della firma
Di MAURIZIO LUCCA
Sottoscrizione quale elemento essenziale del provvedimento
La sez. I del T.A.R. Campania, Napoli, con la sentenza 10 luglio 2020 n. 3019, espone una soluzione “non del tutto innovativa” alla teoria dell’imputabilità soggettiva degli atti, dove la sottoscrizione mancante viene presunta ai fini di assicurarne gli effetti, piuttosto che dichiarane la nullità (strutturale) per l’assenza (pur non essendo individuati dalla norma) di un “elemento essenziale”, ex art. art. 21 septies, «Nullità del provvedimento» della legge n. 241/1990 (a seguito della novella della legge n. 15/2005).
È noto che i vizi dell’atto amministrativo si declinano nella nullità e nell’annullabilità del provvedimento, alla stregua delle previsioni recate dagli artt. 21 septies e octies della legge n. 241/90, inseriti nell’ambito della legge generale sul procedimento amministrativo, a conferma di come le relative disposizioni, assumono natura sostanziale, regolando lo statuto dell’atto amministrativo[1].
A tal proposito, è noto, altresì, come la giurisprudenza abbia espresso un orientamento rigoroso, che afferma la inesistenza, o quantomeno la nullità, dell’atto amministrativo privo di sottoscrizione, e uno meno rigoroso, che consente di escludere la nullità dell’atto quando la mancanza della sottoscrizione non impedisce comunque la individuazione dell’autore[2].
In base della teoria degli atti amministrativi, e più in generale della teoria degli atti giuridici anche privati (teoria negoziale), la sottoscrizione dell’atto costituisce uno degli elementi essenziali del medesimo, con la conseguenza che la sua mancanza, impedendo di stabilire la provenienza e l’attribuzione dell’atto, è da considerare vizio insanabile: un difetto radicale tale da comportare la nullità dell’atto medesimo[3].
Mancata sottoscrizione nullità dell’atto
Un recentissimo arresto giurisprudenziale[4] si attesta nell’affermare che un atto amministrativo che non risulta sottoscritto dalla persona indicata come firmataria né con firma autografa né con sottoscrizione digitale, né riporta altre indicazioni di conformità rispetto ad un eventuale originale firmato e depositato presso l’Ufficio, deve ritenersi affetto da nullità, in quanto la sottoscrizione costituisce un elemento essenziale del provvedimento amministrativo e dalla sua omissione non può che discenderne la nullità, secondo il tenore della norma all’art. 21 septies, lett. a), della legge n. 241/1990.
La sottoscrizione, ammette tale ultimo orientamento, è un elemento essenziale dell’atto amministrativo in originale e ciò lo si ricava dalla circostanza che in caso contrario ci si trova di fronte a una mera copia, la quale per essere valida al pari dell’originale deve contenere una attestazione di conformità, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R. 445 del 2000[5].
In relazione a ciò si è al cospetto di una nullità di tipo strutturale per mancanza di un requisito, appunto essenziale, e a tale conclusione si perviene anche laddove sia concretamente individuabile l’autore dell’atto e la sua provenienza tramite posta elettronica certificata (sebbene non dall’indirizzo proprio del suo autore), in quanto tale modalità di comunicazione, pur avendo efficacia riconosciuta ex lege, non può intendersi quale succedanea di una sottoscrizione mancante, dato che ciò si tradurrebbe in una violazione del principio di tipicità del provvedimento amministrativo[6].
La sottoscrizione di un atto amministrativo costituisce, in questa visione ermeneutica, un elemento essenziale dello stesso, in quanto rappresenta la volontà del suo autore di assumere il documento così come formato, con l’inevitabile conseguenza che la mancanza della sottoscrizione, più che concernere un problema di imputazione della volontà (problema che si presenta nel caso di sottoscrizione illeggibile), investe piuttosto l’esistenza stessa della volontà di produrre quel determinato atto.
La sottoscrizione del titolare dell’organo costituisce la cerniera tra la volontà della persona fisica titolare dell’organo e la persona giuridica cui tale volontà viene imputata, di talché, in assenza di sottoscrizione, non può ritenersi né che alcuna volontà dell’ente si sia formata, né che la stessa possa essere all’ente imputata: la carenza di sottoscrizione deve essere esaminata alla luce dell’art. 21 septies, laddove si stabilisce che «è nullo il provvedimento che manca degli elementi essenziali»[7].
Attribuibilità soggettiva dell’atto: precisazioni
Ne consegue (ed è questa la questione centrale) che la firma apposta in calce ad un provvedimento, o ad un atto amministrativo, costituisce lo strumento per la sua concreta attribuibilità, psichica e giuridica, all’agente amministrativo che risulta averlo formalmente adottato, anche in omaggio al più generale principio di correttezza e buona fede cui debbono essere improntati i rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadino (con le precisazioni che seguono)[8].
Non solo, va aggiunto che la “non leggibilità” della firma (qualora apposta) non può costituire requisiti di validità dell’atto amministrativo, ove concorrano elementi testuali, che permettono di individuare la sua sicura provenienza[9]: l’atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’Amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell’interessato di chiedere al giudice l’accertamento dell’effettiva provenienza dell’atto stesso dal soggetto autorizzato a firmarlo[10].
In termini diversi, sulla scorta di tali principi, qualora possa non dubitarsi della sicura attribuibilità, psichica e giuridica ad un determinato autore, al di là della mera contestazione formale della mancanza di firma, in presenza di ulteriori elementi di fatto idonei “a non far dubitare” della riferibilità dell’atto al titolare della competenza, è sempre possibile evocare in giudizio l’Amministrazione per il suo riconoscimento (come nel caso di specie).
Il caso: la nullità dichiarata in sede postuma
Infatti, la questione affrontata dal T.A.R. Campania si posta sulla richiesta di annullamento di una determinazione con la quale un dirigente e RUP hanno dichiarato «nullo anche, ai sensi dell’art. 21-septies L. 241/90, l’atto denominato ‘Determinazione …, in quanto, in particolare, manca uno degli elementi essenziali che lo stesso deve possedere per essere considerato valido e cioè la ‘sottoscrizione e quindi l’espressione della volontà’ alla data dell’atto del Dirigente competente per l’assunzione dello stesso, e quindi dichiarare nullo quanto in esso contenuto» (rectius assenza di firma mancanza di imputabilità).
L’operatore economico ricorrente, risultato aggiudicatario di una procedura aperta e dalla conseguente determinazione di aggiudicazione in suo favore, con relativa pubblicazione dell’esito e comunicazione di avvenuta aggiudicazione agli altri partecipanti, diffidava l’Amministrazione alla sottoscrizione del contratto, ricevendo una comunicazione di avvio del procedimento volto alla declaratoria di nullità della determinazione di aggiudicazione per l’assenza della sua sottoscrizione (dalla quale si desumeva il venir meno dell’impegno).
In sede di ricorso, si evidenziava (come sovente nella prassi) che la determinazione «non è “priva di sottoscrizione”, bensì risulta ritualmente sottoscritta in una data…, successiva a quella in cui il provvedimento è stato materialmente confezionato dal funzionario istruttore» (non, quindi, una fattispecie rientrante tra le ipotesi di cui all’art. 21 septies della legge n. 241/1990, costituendo numerus clausus di nullità del provvedimento amministrativo).
La teoria civilistica e pubblicistica della nullità
Il ricorso risulta fondato nel merito.
Il Tribunale, richiama la teoria pubblicistica della nullità, rilevando che a differenza della disciplina civilistica sul contratto, non vi è una previsione legislativa che fissi esplicitamente gli elementi dell’atto amministrativo e, più in particolare, del provvedimento.
Secondo un primo indirizzo, ispirato ad una visione civilistica degli istituti di diritto pubblico, gli elementi essenziali dell’atto amministrativo – in quanto assimilabili, nel contenuto e nella forma, al negozio giuridico – sono individuabili in:
·soggetto;
·oggetto;
·destinatario;
·volontà e forma.
Altro orientamento, fermo restando il carattere essenziale di elementi quali il soggetto, il contenuto, l’oggetto e la forma, ritiene che non sarebbe tuttavia pertinente l’assimilazione tra negozio ed atto amministrativo in quanto, la finalità prevalentemente pubblicistica che persegue quest’ultimo, produce una sensibile attenuazione dell’elemento volontaristico, risultando molto più rilevante la rispondenza della statuizione al perseguimento dell’interesse pubblico, in ogni caso, immanente nell’atto da adottare.
A suffragio dell’impostazione pubblicistica soccorrono le indicazioni contenute agli artt. 7 ed 8 della legge n. 241/1990, le quali impongono che l’atto amministrativo debba contenere le seguenti indicazioni:
·l’Amministrazione competente;
·l’oggetto del procedimento promosso;
·l’ufficio e la persona responsabile del procedimento;
·il termine entro cui l’amministrazione è tenuta a provvedere.
L’approdo porta a valorizzare il profilo soggettivo della funzione esercitata dalla P.A. nel perseguimento del particolare interesse correlato al singolo procedimento amministrativo, dove viene sempre codificato – a livello normativo – il titolare della competenza: il responsabile del procedimento (ex art. 5, comma 2 della legge n. 241/1990, «fino a quando non sia effettuata l’assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa»), ovvero la riconducibilità del provvedimento ad un preciso soggetto o anche organo deliberante.
Questa certezza giuridica risulta espressione di esercizio delle funzioni pubbliche che il legislatore ha demandato alla P.A., e che trova correlato profilo nell’art. 97 Cost.: «Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari».
L’individuazione sempre certa del responsabile
L’art. 2 della legge n. 241/1990 impone che il procedimento si debba concludere con un provvedimento espresso, cristallizzando la regola generale della forma scritta, regola che tuttavia soffre di notevoli eccezioni ogni volta che il silenzio dell’amministrazione assume un valore significativo in senso di diniego o di assenso.
Il provvedimento amministrativo segue una redazione in forma scritta che, di norma, si compone dei seguenti elementi:
·l’intestazione, la quale indica l’Autorità da cui lo stesso promana;
·il preambolo, che contiene l’enunciazione della norma o delle norme di legge sulla base delle quali l’Amministrazione procedente ha assunto la decisione;
·la motivazione, che esplicita le ragioni di fatto e di diritto a fondamento della sua emanazione e, nell’esercizio del potere discrezionale, il bilanciamento degli interessi operati per assumere quella specifica decisione;
·il dispositivo, che contiene la concreta deliberazione dell’Amministrazione emanante;
·la data ed il luogo di emanazione;
·la sottoscrizione dell’organo rappresentativo dell’Amministrazione emanante.
Nei provvedimenti a forma scritta la funzione della sottoscrizione è di consentire l’individuazione dell’Autorità emanante, con la conseguenza che solo la sua totale mancanza rende nullo il provvedimento, perché non consente di stabilire quale Amministrazione lo abbia adottato, altra cosa è, pertanto, la materiale sottoscrizione (alias imputabilità dell’atto al responsabile del procedimento o titolare della competenza in relazione al procedimento seguito, come nella fattispecie: gara d’appalto).
Dunque, si deve concludere (in funzione di quanto già indicato in premessa e in linea con un precedente)[11] che l’autografia della sottoscrizione non è, invece, configurabile come requisito di esistenza giuridica dell’atto amministrativo – e, quindi, di validità – qualora dallo stesso contesto dell’atto sia possibile accertare la provenienza dell’atto e la sicura attribuzione all’autore[12]: la mancanza di sottoscrizione di un atto amministrativo non è idonea a metterne in discussione la validità e gli effetti ove detta omissione non metta in dubbio la riferibilità dello stesso all’organo competente[13].
L’imputabilità preclude la nullità
Si conferma che «non solo la leggibilità della firma ma anche la stessa autografia della sottoscrizione non possono costituire requisiti di validità dell’atto amministrativo, laddove concorrano altri elementi testuali (quali, indicazione dell’ente competente, qualifica, ufficio di appartenenza del funzionario che ha adottato la determinazione), emergenti anche dal complesso dei documenti che lo accompagnano, dai quali è possibile individuare la sicura provenienza dell’atto stesso»: il provvedimento, o l’atto amministrativo, esiste egualmente come tale in tutti i casi nei quali i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentono comunque di attribuirlo ad un’Amministrazione e, al suo interno, all’agente materiale competente in astratto secondo le norme positive.
A margine, viene analizzato un parere legale acquisito dall’Ente comunale ove si indicava una soluzione confermativa di quanto già enunciato «per superare l’irregolarità legata all’assenza di sottoscrizione, che l’atto di chiusura del procedimento dovesse assumere valore meramente confermativo del pregresso provvedimento di aggiudicazione, stante l’assenza di una rinnovata istruttoria circa gli elementi di fatto e di diritto che hanno portato all’aggiudicazione della gara» al ricorrente (soluzione non percorsa dall’Amministrazione, con condanna alle spese).
Parallelismi con l’offerta priva di sottoscrizione
La sentenza 10 luglio 2020 n. 3019, della prima sez. del T.A.R. Campania, Napoli, ripercorre un orientamento giurisprudenziale acquisito e parallelo ad altro, dove vengono ritenute ammissibili le offerte prive di sottoscrizione quando, in base alle circostanze concrete, l’offerta risulta con assoluta certezza riconducibile e imputabile a un determinato soggetto od operatore economico[14]: «la sottoscrizione della domanda o dell’offerta costituisce un elemento essenziale; tuttavia, non impattando sul contenuto e sulla segretezza dell’offerta, la sua eventuale carenza si ritiene sanabile, ferma restando la riconducibilità dell’offerta al concorrente che escluda l’incertezza assoluta sulla provenienza»[15].
In effetti, viene condiviso il principio secondo cui nelle gare pubbliche la funzione della sottoscrizione è quella di rendere riferibile l’offerta al suo presentatore, vincolandolo all’impegno assunto, con la conseguenza che laddove tale finalità risulti in concreto conseguita, con salvaguardia del sotteso interesse dell’Amministrazione, non vi è spazio per interpretazioni puramente formali delle prescrizioni di gara, escludendo l’offerta non sottoscritta[16].
L’offerta, come il provvedimento amministrativo, sarebbe ammissibile (legittimo) proprio perché, seppure priva di sottoscrizione nelle gare on line, il file viene ad essere riconducibile con certezza ad un determinato operatore economico, avendo seguito (questi, secondo le regole della piattaforma digitale) una precisa procedura informatica (con autenticazione) che ne individua la provenienza aliude, riconducendo la verifica della validità della sottoscrizione alla sua idoneità funzionale ad individuare univocamente la volontà dell’autore con l’adesione (ex ante) al procedimento di gara informatica, privilegiando, nei termini esposti, una lettura sostanzialistica di matrice pubblicistica dell’imputabilità soggettiva, idonea a soddisfare i requisiti di validità dell’offerta (e dell’atto amministrativo)[17].
NOTE:
[1] Cons. Stato, sez. VI, 14 aprile 2020, n. 2418.
[2] T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 12 maggio 2011, n. 825.
[3] T.A.R. Veneto, sez. II, 13 novembre 2009, n. 2883, la sottoscrizione autonoma è richiesta come condizione di validità dell’atto originale, non della copia, Cons. Stato, sez. VI, 18 settembre 2009, n. 5622, rilevando che è necessario un minimo di grafia tale da poterlo attribuire, con un processo induttivo, ad una qualsiasi autorità amministrativa, Cons. Stato, sez. II, 24 ottobre 2007, n. 1679.
[4] T.A.R. Abruzzo, Pescara, 8 giugno 2020, n. 174.
[5] Cass. civ., sentenza n. 24119 del 2019.
[6] T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 12 maggio 2020, n. 152.
[7] T.A.R. Liguria, Genova, sez. II, 7 febbraio 2007, n. 169.
[8] T.A.R. Toscana, sez. III, 24 dicembre 2013, n. 1771, il provvedimento dal quale non sia possibile constatare l’identità dall’assenza di firma o l’attribuzione di una sigla, ossia dal quale non è possibile verificare l’identità, è affetto da nullità per l’impossibilità di verificare l’esistenza del potere, anche in virtù di delega, di dare giuridica esistenza all’atto.
[9] Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 200, n. 4356 e sez. VI, 29 luglio 2009, n. 4712.
[10] Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2012, n. 3119; Cass., 15 marzo 2011 n. 6092; Cass., 7 agosto 1996 n. 7234; T.A.R. Lazio, Roma, 28 maggio 2013, n. 5323; T.A.R. Lazio, Roma, 21 ottobre 2010, n. 32942; T.A.R. Toscana, 19 marzo 1999, n. 42.
[11] T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 8 novembre 2017, n. 5245.
[12] T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 12 novembre 2019, n. 2713.
[13] T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 9 dicembre 2014, n. 2078, idem T.A.R. Napoli, sez. III, 4 maggio 2012, n. 2039.
[14] Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2016, n. 4881.
[15] ANAC delibera n. 420 del 15 maggio 2019; contra T.A.R. Toscana, sez. I, 16 settembre 2016, n. 1364, dove si stabilisce che la mancata sottoscrizione di un atto, che costituisce la domanda di partecipazione alla gara, da parte di un concorrente non può essere considerata, in via di principio, un’irregolarità solo formale sanabile nel corso del procedimento, atteso che essa fa venire meno la certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso.
[16] Cfr. ANAC delibera n. 1358 del 20 dicembre 2017; parere n. 24 del 5 agosto 2014; delibera n. 953 del 7 settembre 2016; parere n. 10 del 4 febbraio 2015; Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2016, n. 4881.
[17] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2010, n. 8933; sez. V, 27 aprile 2015, n. 2063 e 3 maggio 2016, n. 1687.
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