tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

(Dis)orientamenti giurisprudenziali sulla rilevanza temporale dei gravi illeciti professionali

di Domenico Irollo – Commercialista/revisore contabile/pubblicista

A distanza di un paio di giorni, la V Sezione del Consiglio di Stato, sebbene in diversa composizione, si pronuncia in modo diametralmente opposto sui limiti temporali alla rilevanza della portata escludente da gare pubbliche dei gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), CCP, in un caso negando che ve ne siano, nell’altro ritenendo invece operante il termine triennale contemplato dal successivo comma 10 dello stesso art. 80, sulla scia della normativa eurounitaria di riferimento.

Entrambi i casi al vaglio dei Giudici di Palazzo Spada erano riconducibili alla medesima fattispecie esemplificativa ascrivibile alla categoria dei “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua (del concorrente) integrità e affidabilità”, espressamente enunciata sub art. 80, comma 5, lett. c), CCP, cit., ed in particolare al secondo periodo, ossia “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio”.

Tuttavia nella prima sentenza in commento, la n. 6530/2018, il Supremo Consesso della G.A. ha osservato che la norma in esame non prevede alcuna espressa previsione sulla rilevanza temporale dei gravi illeciti professionali e tale omissione sarebbe coerente, sempre ad avviso del Collegio giudicante, con il potere discrezionale di valutazione di tali fattispecie attribuito alla Stazione Appaltante. La limitazione triennale richiamata dal susseguente comma 10 – che nella versione attualmente vigente, risultante dalla modifica apportata dal D.Lgs. “correttivo” n. 56 del 2017, dispone testualmente che “se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata è pari a cinque anni, salvo che la pena principale sia di durata inferiore, e in tale caso è pari alla durata della pena principale e a tre anni, decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo, nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna” – si riferirebbe alla diversa rilevanza della pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la P.A. (limitazione che ben si giustifica con la natura necessariamente temporanea della sanzione afflittiva) e non attiene in alcun modo all’esercizio del potere della P.A. di escludere l’operatore economico da una procedura d’appalto, ai sensi del ripetuto comma 5, lett. c). Ne discenderebbe pertanto, secondo questa tesi, l’obbligo in capo all’operatore interessato di dichiarare le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne avevano causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, indipendentemente dalla circostanza che le stesse siano contenute o meno nel triennio.

Nel secondo arresto in rassegna, quello n. 6576 del 2018, si sostiene invece la differente tesi in virtù della quale, anche prima della modifica del cennato comma 10 recata dal “Correttivo” che, colmando l’originaria lacuna normativa, ha introdotto l’ultimo inciso contenente il riferimento cronologico al triennio, avrebbe dispiegato efficacia diretta c.d. verticale nell’ordinamento interno (self executing) il disposto dell’art. 57, par. 7, direttiva n. 2014/24/UE, che fissa appunto in tre anni (dalla data del fatto e non dal suo accertamento definitivo, come ha poi disposto il Legislatore interno con il sopravvenuto “Correttivo” al Codice dei contratti pubblici, allo scopo di rendere più certo il dies a quo) la soglia temporale della rilevanza del grave illecito professionale.

Art. 80D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Gazz. Uff. 19 aprile 2016, n. 91, S.O.)

Cons. di Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6530

Cons. di Stato, Sez. V, 21 novembre 2018, n. 6576

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