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L’ARAN interviene sul preavviso “quota 100”, sugli orari massimi consentiti ad un part-time verticale, sulla sospensione delle ferie e sui permessi

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
L’ARAN ha pubblicato in data 2 settembre 2019 alcuni orientamenti applicativi su specifiche domande poste da alcune amministrazioni centrali ma i cui contenuti sono estensibili anche al comparto delle Funzioni Locali.
Correlazione tra preavviso pensionistico e contrattuale
Nell’orientamento applicativo CFC27, l’ARAN risponde alla richiesta di una possibile correlazione tra i sei mesi di preavviso richiesti dalla normativa pensionistica (“quota cento”) introdotta dal D.L. n. 4/2019 e le preavviso previsto dal contratto. Precisa l’Agenzia come a disciplina del preavviso regolamentato dalla contrattazione collettiva (art. 67 del CCNL del 12 febbraio 2018) non sembrerebbe automaticamente estensibile al più ampio periodo di preavviso con il quale deve essere presentata all’amministrazione la domanda di collocamento a riposo ai sensi dell’art. 14, comma 6, lett. c), D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, tenuto anche conto delle diverse funzioni delle due tipologie di preavviso e della specialità della previsione di legge. Si ricorda come la citata differenza sia stata oggetto di specifica pronuncia della Corte dei conti del Molise (deliberazione n. 98/2019) anche in funzione della possibilità di poter utilizzare le ferie pregresse del dipendente cui il preavviso contrattuale ne differisce il termine finale in caso di dimissioni per pensionamento. Secondo il Collegio contabile, stante i possibili danni erariali in caso di monetizzazione delle ferie al dipendente, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 5D.L. n. 95/2012, una cosa è il preavviso del pensionamento ed altra cosa è il preavviso della norma contrattuale che vieta la fruizione delle ferie durante il preavviso contrattuale (di regola tra i due e i quattro mesi), con la conseguenza che essa non opera per il maggior termine di anticipo. A detta del Collegio contabile molisano, anche la correlazione tra periodo di preavviso contrattuale e impossibilità di fruizione delle ferie va temperata secondo i recenti approdi giurisprudenziali, stante le diverse finalità cui sono preordinati, rispettivamente, l’istituto del preavviso e quello delle ferie. Infatti, mentre il preavviso nel caso di recesso indicato dal datore di lavoro consente al lavoratore di confidare nella possibilità di disporre di un ragionevole spazio temporale per reperire una nuova occupazione, il recesso da parte del dipendente ha la finalità invece di consentire al datore di lavoro di sostituire con tempestività ed efficacia il dipendente recedente. Il giudice di legittimità ha, infatti, riconosciuto una efficacia meramente “obbligatoria” del preavviso, con la conseguenza che, nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve immediatamente (salvo l’obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva); al contrario, se la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, opta – avendone interesse – per la continuazione del rapporto lavorativo, ne protrae l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso, durante il cui decorso proseguono gli effetti del contratto, compresa ovviamente la maturazione delle ferie (Cass. civ., Sez. Unite, sentenza 29 settembre 1994, n. 7914). In altri termini, la circostanza che penda il periodo di preavviso non costituisce ostacolo alla concessione delle ferie, con l’unica conseguenza che, in tal caso, ne deriva il differimento ope legis del termine finale.
Permessi per procedure di mobilità o comandi
Con orientamento applicativo CFC29 l’ARAN risponde ad un altro quesito riguardante la possibilità da parte del dipendente di poter imputare la partecipazione alla procedura di mobilità o di comando indetta da altra PA ai permessi per concorso o esami di cui all’art. 31, comma 1, lett. a), del CCNL Funzioni centrali del 12 febbraio 2018. Secondo i tecnici dell’ARAN la natura delle procedure che gli enti attivano a vantaggio del solo personale già in servizio nella pubblica amministrazione, al fine di selezionare quanti siano interessati ad un passaggio – temporaneo o definitivo – nei propri organici, non appare assimilabile a quella delle procedure selettive di tipo concorsuale né ad un esame, con la conseguenza di non poter attingere ai citati permessi. Resta salva, spiega l’ARAN, la possibilità da parte dei dipendenti che hanno necessità di assentarsi per la partecipazione alle citate procedure di poter ricondurre l’assenza ai permessi retribuito per motivi personali ai sensi dell’art. 32 del richiamato CCNL.
Interruzione ferie per malattia del figlio
Con l’orientamento applicativo CFL 30 l’ARAN si occupa, invece, della possibilità da parte dei genitori di poter sospendere le ferie in caso di malattia del figlio dandone risposta negativa. Precisano i tecnici dell’ARAN che in merito ai congedi per la malattia del figlio, il CCNL al comma 4 dell’art. 44 stabilisce il diritto all’assenza retribuita del genitore per trenta giorni l’anno, fino al compimento dei tre anni del bambino. L’art. 47D.Lgs. n. 151/2001, al comma 4, prevede in modo esplicito che la malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento. Nel caso di semplice della malattia del bambino non assistita dal ricovero, nulla prevedendo il contratto in modo esplicito si deve ritenere non sussista un diritto del dipendente all’interruzione delle ferie in godimento. Altra cosa, precisano sempre i tecnici dell’ARAN, è la possibilità di poter interrompere il periodo di ferie programmato e non ancora fruito. In questo caso, pur non sussistendo un diritto del dipendente allo spostamento del periodo di ferie già programmato per effetto della sopraggiunta malattia del figlio non accompagnata da ricovero, si ritiene che l’amministrazione possa valutare la compatibilità con le esigenze di servizio di una richiesta del dipendente in tal senso, motivata dall’insorgere di esigenze di carattere personale, ed assumere le decisioni conseguenti.
Ore massime nel part-time verticale
Infine, nel parere CFC28 l’ARAN risponde ad un quesito riguardante la possibilità da parte di un dipendente che ha chiesto la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno in part-time a 30 ore di poter effettuare le proprie prestazioni su solo tre giorni settimanali su 10 ore giornaliere. Spiegano l’ARAN come la durata massima dell’orario giornaliero sia fissata dal D.Lgs. n. 66/2003 che supera il contratto collettivo nazionale che ne stabiliva un massimo di nove ore. Mentre resta ancora valida la limitazione del contratto in merito al periodo di riposo del dipendente che non può essere inferiore alle 11 ore. Pertanto sulla base della legge e delle limitazioni del contratto l’ARAN ritiene che la richiesta del dipendente di articolare la propria prestazione di lavoro a tempo parziale su tre giorni a settimana, ciascuno della durata di dieci ore, non contravviene alle disposizioni del richiamato CCNL né del D.Lgs. n. 66/2003, fermo restando il rispetto delle norme in materia di pausa, ai sensi dell’art. 23 del citato CCNL.

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